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Autore: alwayswithgreenday    26/07/2013    5 recensioni
Quando dici di essere pronto al peggio, non sei mai pronto veramente.
E questo Frank lo capì quando la sua monotona vita fu bellamente mandata a puttane dall’imminente trasferimento a Belleville, citta del suo tanto odiato cugino, e all’incontro di tre ragazzi del posto. In particolare di uno di essi; Gerard. Che oltre a fargli scoprire nuove verità su se stesso, lo porta a vivere per la prima volta la sua vita sul filo del rasoio.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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N.B. : I My chemical romance non mi appartengono ( anche perchè se mi appartenessero sarei qui a casa a scrivere? AHAH, si certo.) Non scrivo a scopo di lucro.

-Frank. Ti do cinque secondi per scendere dalla tua fottutissima camera con in mano le tue fottutissime valigie e salire in macchina o salgo di sopra e ti do fuoco alla chitarra e te la ficco nel c..-

 -LINDA!-
Sbuffai per l’ennesima volta ignorando le continue minacce che mia madre mi lanciava dal salotto e  continuai a suonare la chitarra. Gliel’avevo detto no? Io da mio cugino Ryan a Belleville non ci sarei andato a vivere neanche per tutto l’oro del mondo. Insomma, ma che razza di cittadina del cazzo era? Non se ne parlava. E poi qui ormai tutti si erano abituati ad ignorarmi, e così mi andava più che bene. Si sa che se sei il nuovo arrivato in una scuola di una periferia come quella sarebbe stato preso di mira da tutti. Di amici non ne avevo moltissimi, ma alla fine non me ne importava minimamente. Ne avevo pochi.. più che pochi direi, uno soltanto ed ora avrei perso anche quello. Ma li sicuramente oltre a non trovarne, avrei fatti conoscenza con qualche bullo annoiato pronto a perseguitarmi per il resto dei miei giorni da studente sfigatello.
Sentii i passi pesanti di qualcuno fermarsi davanti alla porta chiusa della mia stanza. –APRI QUESTA DANNATA PORTA.- la voce di mio padre tuonò dall’altro lato della porta facendomi gelare il sangue. Riposi velocemente la chitarra nella custodia e presi i bagagli ai piedi del letto per poi uscire di li dentro a testa bassa. Okay, diciamo che avevo sempre avuto un certo timore delle sue sfuriate, e quel tono deciso che non ammetteva repliche mi fece abbandonare definitivamente l’idea di fuggire di casa e intraprendere la vita da artista per le vie di Newark. Mica male a ripensarci bene….
 –Eccomi.-  asserii a denti stretti. –Ce l’hai fatta. Finalmente. Muoviti.- E direi che non me lo feci ripetere due volte. Feci di tutto per far trasparire il mio disappunto su quell’idea irrazionale del trasferimento, ma ormai era tutto deciso. Il mio destino era segnato. E per non anticipare la fine dei miei giorni avrei fatto meglio a sbrigarmi a raggiungere l’auto.
-Grazie al cielo.- sbraitò inacidita la donna dal posto del passeggero. La ignorai bellamente e dopo aver caricato le borse e riposto la chitarra meglio che potevo, mi andai a sedere nei sedili posteriori infilandomi le cuffie e continuando a non rispondere alla cascata di insulti che continuavano a sgorgare interminabili dalla bocca di mia madre. Misi su un pezzo dei Misfits e alzai il volume delle cuffie al massimo, lasciando che la musica rimpiazzasse quella voce fastidiosa che non la smetteva di blaterare. Abbandonai la testa contro il finestrino fissando le mura bianche di quella che un tempo era stata la mia casa. Avevo molti ricordi li, tanti legati al nonno. Ricordi che non avrei mai voluto che sbiadissero. La malinconia, nonostante il ritmo della musica, prese il sopravvento. Strinsi un lembo di jeans strappati tra le mani e tirai per scaricare la tensione. Mi capitava spesso e in un certo senso funzionava, ma oggi … era diverso, un cambiamento troppo radicale. E la cosa che rendeva la situazione ancora più insostenibile era la consapevolezza che da quel momento in poi la mia vita sarebbe cambiata, così come le mie abitudini, le mie amicizie e che di li a poco tutto si sarebbe trasformato in un inferno. ’ Positività!’ cercai di autoimpormi,  ‘Andrà tutto bene’ mi ripetei. E così feci per tutto il viaggio, finché non vidi comparire all’orizzonte una piccola villetta bianca con tanto di giardino.
Mio padre spense il motore ed uscì dalla vettura a passo svelto insieme a mia madre. Io senza fiatare feci lo stesso per poi dirigermi imbronciato verso il portabagagli.
Mia madre era già sulla soglia, sfoggiando un meraviglioso sorriso, come se quella davanti all’entrata non fosse la stessa Linda Pricolo che fino a un attimo prima imprecava a destra e a manca minacciando chiunque di morte o atroci sofferenze. Sorrisi nel vederla così felice, dopotutto era per lei che lo stavamo facendo. Sua sorella aveva bisogno di una mano con l’azienda di famiglia e lei trovandosi disoccupata e con mia zia con gravi carenze di personale, non aveva potuto far altro che accettare l’impiego. Era stata una vera manna dal cielo quell’opportunità per lei, non aveva intenzione di farsela scappare.
La vidi infilare la chiave e girarla nella serratura con la mano tremante per l’emozione per poi farsi strada impaziente all’interno della casa.
Io la seguii a ruota per poi superarla e gettare un paio di valigie sul parquet di legno scuro. Mi guardai un po’ intorno. Era leggermente diversa da come appariva in foto. Era spaziosa e luminosissima, anche troppo, pensai. Ma non era male. –Insomma? In che cella devo andarmi a rinchiudere per starmene un po’ da solo in questo posto?- chiesi con tono decisamente scocciato per non darle troppa soddisfazione commentando in positivo la nuova abitazione.
-Di sopra ci sono le stanze da letto. Hai l’onore di sceglierti la tua tana.- cinguettò mia madre che già si era piazzata in cucina ad adorare un frigo ultramoderno con miliardi di funzioni totalmente inutili. Così mi avviai verso le scale, salendole il più velocemente possibile, trascinando con me le borse e la chitarra.
-Questa mi fa schifo, non c’è neanche una presa per attaccare l’amplificatore.- costatai richiudendo la porta di una camera dalle pareti color panna. Aprii la seguente. Era ampia, il colore era leggermente più cupo dell’altro. Aveva una grande finestra sul fondo dalla quale si vedevano le fronde di un albero che cresceva  nel giardino sul retro, una scrivania abbastanza piccola, circa due o tre mensole sparse per la parete e un letto ad una piazza e mezzo. Questa poteva decisamente andare. Magari con qualche poster e qualche modifica sarebbe potuta anche essere la camera perfetta. Posai la chitarra sul piedistallo che mi ero portato da casa e sistemai rapidamente i vestiti nei cassetti, poi mi sdraiai. Quella sera avrei rivisto gli zii e quell’idiota di mio cugino. Mi ci sarebbe voluto tanto, tantissimo, autocontrollo per sopportare tutte le critiche e le battutine che mi infliggevano ogni volta che erano obbligati a passare del tempo assieme.
Il pomeriggio passò in fretta, visto che mi addormentai subito dopo aver strimpellato qualche accordo per ammazzare il tempo, e arrivò la sera  e di conseguenza la fatidica cena coi parenti. Mi schiodai dal materasso per piazzarmi di fronte all’armadio. Scelsi la maglia degli Joy Division, una felpa nera, un paio di jeans logori e infilai un paio di scarpe a caso. Mi specchiai, facendo una faccia schifata. Cazzo sembravo fatto. Avevo occhiaie nere e profondissime e la faccia era più pallida del solito. –Avrete qualcosa su cui ridere stasera- mi dissi pensando alle facce dei miei parenti nel vedermi in quello stato catatonico. Mi sciacquai il viso e mi lavai i denti, poi scesi al piano di sotto infilandomi il telefono nella tasca della felpa.
-Santo cielo, sei mostruoso! Ma che hai fatto alla faccia? Sembri un cadavere! Mh, fa niente. Non vorremo fare tardi. Zia Lucy ci sta aspettando. Su dai sali in macchina.- Grazie mamma, grazie davvero. Anche tu sei splendida stasera, e dolcissima, oserei aggiungere. La seguii spedito assieme a mio padre. Prendemmo per la seconda volta l’auto e ci dirigemmo verso casa di quella mummia di zia Lucy. Il viaggio fu stranamente silenzioso, come una lenta marcia verso il patibolo.. almeno così era per me e mio padre. Ma ora eravamo al punto di non ritorno. Il vialetto di ghiaia bianchissima. La porta ci mise neanche un attimo a spalancarsi e a mostrare l’orrida figura di chi l’abitava.
-OH MADRE SANTISSIMA CHIAMATE UN ESORCISTA!- urlò la strega biondo platino sulla soglia della porta non appena mi vide. –Ciao zia, sempre un piacere rivederti.- sputai velenoso alzando gli occhi al cielo.
Posso tornare a casa? Casa mia intendo! Voglio suonare seduto sul mio letto, stare al computer o fumarmi una sigaretta in compagnia solo ed esclusivamente di me stesso. CHIEDO FORSE TROPPO?
Ma no, l’incubo era appena cominciato, perché non appena entrai in casa un odore disgustoso di carne al sangue mi inondò le narici. Per poco non mi liberai sul tappeto. Che razza di complotto era questo? Volevano farmi fuori facendomi morire di fame?
-Vieni Frankie, ti ho preparato una cenetta coi fiocchi, va a sederti a tavola. Tuo cugino ti stava aspettando!- mentì spudoratamente. Ryan? Che aspettava me? Si, per sbattermi al muro e picchiarmi finchè non lo supplicavo e chiedevo pietà. Agnello al forno con patate, pollo, bistecche, polpette, spiedini e salumi vagavano per la tavola. Tutti erano intenti a mangiare, tutti tranne me che cercavo disperatamente una qualche forma di insalata, che non avrei mai e poi mai trovato in quella tavola imbandita.
Ero stanco per il viaggio, inacidito dal pomeriggio passato a litigare con i miei, frustrato per le continue battute di mio zio sul mio taglio di capelli, angosciato per l’imminente inizio della scuola,  malinconico per aver lasciato la mia vecchia vita…. Poteva andare peggio di così?
-Beh, io e Mark avevamo pensato che se per Frank non c’è problema domani, lui e il nostro Ryan, potrebbero andare a scuola assieme. Così gli farà conoscere i suoi amici, sono dei ragazzi d’oro e adoreranno il piccolo Iero. Si sentirà un po’ meno spaesato con accanto un bel gruppetto di suoi nuovi compagni di scuola. Non trovi sia un idea magnifica?- esultò ad un tratto entusiasta mia zia fissandomi con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia. Il mio sguardo corse su quello cupo e irato di mio cugino. La cicatrice sotto il suo occhio aveva cominciato a pulsare pericolosamente per la pressione del sangue che gli ribolliva nelle vene al solo pensiero di dover passare le intere giornate appresso a un ‘moccioso’ (come lui amava definirmi) come me. Deglutii imbarazzatissimo tornando a fissare lo sguardo allegro di mia zia.
Avevo detto che non sarebbe potuto andare tutto peggio di così? Beh, non mi sono mai, e dico MAI, sbagliato tanto in vita mia.

*angolo autrice*
Ciao, questa è la mia prima Frerard. *si nasconde* non immaginate quanto ci ho messo prima di decidermi a pubblicarla. Ho un sacco di idee in testa e mi sembrava emh... carino condivviderle con voi, ed è per questo che alla fine ho iniziato a scriverla!E non frega una beata mazza a nessuno! :'D però okay, compatitemi, mi sto vergognando un sacco. çç
Come inizio non so se sia un gran chè, però spero che il continuo possa piacervi di più! fatemi sapere cosa ne pensate se volete.. con una racensione qui sotto, a me farebbe davvero piacere :3
Beh, che altro dire? niente.
Un bacio, spero che contnuiate a seguirla, ne sarei felicissima. appresto! :3 

*SHIP FRERARD OR DIE*
-Gee. x

  
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