# 21 - Try
Posa
il cordless, con cui ha chiamato Jacinta, nella sua base ed estrae
dalla tasca
il cellulare.
Ha
promesso di non chiamare Kate. Di lasciarle ventiquattrore per pensare.
Pensare
a cosa? A come lasciarlo?
Fissa
ancora per qualche istante il suo i-Phone e poi lo rimette via.
“Cosa
ha detto?” la domanda di Martha lo riporta alla
realtà.
“Verrà
qui tra un’ora”.
Martha
gli poggia amorevolmente una mano sull’avambraccio
“Le hai anticipato il motivo
del tuo invito?”.
Castle
nega con la testa “Non mi sembrava giusto, glielo
chiederò di persona, faccia a
faccia”.
Sua
madre annuisce “Capisco” mormora comprensiva.
Lui
la guarda negli occhi “So che chiedere il test di
paternità è la cosa più
giusta e responsabile da fare in questo caso ma, mamma, è
come incolpare solo lei. Che mi
piaccia o no,
eravamo in due. Io... sono sicuro di essere stato...attento...ma non si
sa mai,
giusto?”
“Richard...”
sua madre tenta di calmarlo.
“No,
no, sai... me lo merito! Ricordi? Credevo di avere solo sprecato tempo
in
questi anni... che a Kate non importasse di me, così le ho
voltato le spalle.
Come tu stessa mi hai fatto notare, la stavo punendo e ora il karma
punisce me.
Mi sta bene”.
Martha
scuote la testa “Tesoro nessuno ti sta punendo e Jacinta e il
bambino saranno i
benvenuti nella nostra famiglia se il test sarà positivo. Ma
è nostro dovere
esserne sicuri”.
“Già”
sospira Castle, guardando nel vuoto.
Con
una piccola carezza tra i capelli, Martha lo lascia un po’ da
solo con i suoi
pensieri.
Al
piano di sopra, Anche Alexis è pensierosa.
“Arancia”
Peter,
seduto alla scrivania, osserva la ragazza che sta a gambe incrociate
sul letto.
“Albero”
Nulla.
Alexis non accenna a distogliere lo sguardo dal copriletto.
“Cibo”
tenta Peter un’ultima volta.
I
loro occhi finalmente si incontrano “Lo so che tenti di
attirare la mia
attenzione sparando parole a caso”.
“Non
sono parole a caso. Io... ho voglia di un’arancia e... sto
pensando a piantare
un albero per... avere sempre del cibo a portata di mano. Visto? Ha
senso!”
ribatte Peter con orgoglio.
“L’arancia
è un frutto!” lo corregge lei.
“E
la frutta è cibo!” aggiunge subito “E
sono riuscito a distrarti. Missione
compiuta!” si avvicina e si siede anche lui sul letto.
“Scusa”
mormora Alexis “Non ci sono molto con la testa”.
“Direi,
tra tre mesi avrai un fratellino” Peter vede che lei non dice
nulla “O una
sorellina”.
“Dovrei
esserne felice, vero?” domanda Alexis, quasi a sé
stessa.
Peter
corruccia la bocca “Più o meno...non lo so.
È un bel casino...”.
“Ho
sempre voluto un fratellino” confessa poco dopo “Ma
non in questo modo”.
“Sai...”
Peter esita un attimo, poi prosegue “...Kate mi ha raccontato
di tua madre...
ero curioso e ammetto di averti googlata mentre non avevo niente da
fare in
ospedale” si ferma e aspetta fino a che non vede spuntare un
piccolo sorriso
sul volto di Alexis “Ma non c’era scritto
granchè, così ho chiesto a mia
cugina... ti dispiace?”.
La
ragazza scuote la testa “Cosa vuoi sapere?”.
“Come
fai a stare lontana da tua madre? Cioè, anche io non ho un
genitore, ma non
l’ho mai avuto, mai visto in vita mia... il mio vuoto è relativo. Non ti manca
una cosa che non hai mai avuto”.
Alexis
capisce benissimo. È la stessa cosa che Castle le ha sempre
detto in merito a
suo padre.
“Ma
tu una mamma ce l’hai e immagino che il fratellino che hai
sempre voluto
rientrasse nel quadretto mamma/papà/fratello/sorella,
no?” domanda Peter con sincero interesse.
“No”
risponde di getto, Alexis “Peter, non sono io che sto lontana
da mia madre. È
lei che sta lontana da me. Salvo un paio di volte
l’anno...”.
“Oh...”.
“Kate
non te l’ha detto” nonostante le due donne non ne
avessero mai parlato, Alexis
era certa che Kate sapesse.
“Mi
ha detto solo che tua madre è un’attrice e che
quindi gira molto il paese”
spiega Peter.
“È
stata troppo buona” sussurra Alexis, lasciandosi sfuggire un
piccolo sorriso
“Ad ogni modo mi è stato subito chiaro che non
saremmo mai stati una classica
famiglia. Ma poi papà si è risposato e non lo
so... la voglia di un fratellino
è rimasta. Certo, sono cresciuta, non ci penso ogni
minuto...”
“Quindi
diciamo che un po’ ti piacerebbe se il bambino fosse di tuo
padre”.
“Non
conosco quella donna, sono protettiva nei confronti di papà
e avrei preferito
mille volte che ad essere incinta fosse Kate ma, sì, un
po’ sono contenta”.
Peter
sorride.
“Solo
un po’... un 20% diciamo” si affretta ad aggiungere
“In fondo il bambino non ha
colpe, no?”.
Peter
annuisce “Così si fa! Ora che sei di umore
migliore vogliamo spendere due
minuti per notare che siamo in camera tua e per di più sul
tuo letto?”.
“Scordatelo!
Mia nonna e mia padre sono di sotto e c’è una
tragedia in atto!!”.
Peter
sgrana gli occhi “Ma quanto sei maliziosa?! Io intendevo
schiacciare un pisolino
e basta!”.
“Si,
certo” risponde ridendo, l’unica cosa, in effetti,
a cui Peter stesse mirando.
“Sai,
siete voi ragazze quelle che stanno sempre a pensare al sesso in
verità, non
noi poveri maschietti!”.
“Ah
si? Perciò se io ora casualmente mi sdraiassi a letto tu
schiacceresti
veramente un pisolino, anziché iniziare a
baciarmi?”.
Peter
alza vigorosamente le spalle “Certamente”.
Sfidandolo,
Alexis si sdraia molto lentamente, con sguardo languido. Un braccio
alzato
sulla testa, l’altro morbido sulla pancia. Le gambe semi
stese.
Poteva
essere la copertina di luglio di un calendario per uomini, se non fosse
per
tutti quei vestiti.
“Lo
vedi? Mi stai provocando!” esclama Peter, sentendosi
già accaldato.
“Non
è colpa mia, io dormo così!” dice con
innocenza, cercando di non ridere.
È
già passata un’ora?
Voleva
prepararsi un discorso prima dell’arrivo di Jacinta. Cercare
le parole giuste
per dirle che avrebbe riconosciuto quel bambino solo dopo aver
accertato un
reale legame di parentela. Ma ogni pensiero finiva per ricondurlo a
Kate.
A
passi pesanti va verso la porta e una volta aperta, resta di sasso.
Non
è la donna che sta aspettando, quella davanti a lui.
“Kate...”
mormora appena.
Da
un lato è felice di vederla e di procrastinare
l’incontro con Jacinta,
dall’altro non è sicuro di voler sentire quello
che Kate ha da dire.
“Posso
entrare?” chiede la detective, quasi con timore.
Le
ventiquattrore da lei richieste non sono ancora passate.
A
malapena è trascorsa mezza giornata.
Come
può aver già preso una decisione?
È
così semplice per lei scegliere di lasciarlo?
Rick
non dice nulla. Si limita a spostarsi di lato facendole segno di
entrare.
Quel
piccolo moto d’orgoglio misto a rabbia che si è
insinuato in lui, arriva presto
alle sue labbra “Non sono ancora passate ventiquattrore, hai
fatto presto”.
Kate
percepisce dell’astio in quella frase e capisce quanto gli ha
fatto male.
“Scusa
per stamattina” pronuncia Kate “E per essermene
andata”.
Castle
la osserva in silenzio.
“La
mia prima reazione a caldo è stata quella di scappare.
Ammetto di aver
sbagliato. Ti ho lasciato da solo senza nemmeno chiederti come stavi.
Ho
pensato solo a me stessa come... prima...come
quando mi trinceravo dietro al mio muro”.
“E
non è stato così?” domanda Castle,
lievemente sprezzante.
Kate
scuote la testa “No, l’esatto contrario. Ora sono
vulnerabile, senza corazza.
Ora le possibilità di soffrire sono infinite e quando
l’ho vista... l’unico mio
pensiero era che ormai ti avevo perso, che avresti avuto una famiglia
con lei e
non ci sarebbe più stato posto per me” cerca di
spiegarsi, deglutendo con forza
“Ho pensato che non era servito a nulla fare la terapia e
risolvere i miei
problemi emotivi perché tanto ho finito per soffrire
comunque”.
Castle
è confuso. Vorrebbe abbracciarla e consolarla ma ancora non
sa perché lei sia
lì “Non capisco, sei qui per dirmi che resti o per
lasciarmi?” domanda serio.
Kate
tira un grosso sospiro “Sono qui perché ti
amo” lo dice come se fosse la cosa
più facile al mondo da dire e allo stesso tempo
più difficile “Non mi importa
di niente, ti amo e basta. Non sarà facile, ma voglio
esserci” e con il dorso
della mano si asciuga una lacrima ormai senza controllo.
Castle
non sa che dire. Si aspettava di essere lasciato e non di sentire
quelle due
parole tanto agogniate.
“Ti
prego dì qualcosa” sussurra con un filo di voce
Kate, dondolandosi tesa, da un
piede all’altro.
“Credevo
che fossi venuta per lasciarmi” le risponde, fissandola negli
occhi con
stupore.
Lei
annuisce appena “L’intenzione era quella, la testa
mi diceva di lasciarti
andare...” accenna un debole sorriso al pensiero, si tocca il
piccolo anellino
e il sorriso si allarga di più “...ma il cuore non
ne ha voluto sapere”.
“Non
so cosa dire io...”.
Lo
scrittore è visibilmente senza parole, cosa che fa ridere la
detective “Un ‘ti amo
anch’ io’ non mi dispiacerebbe”
scherza Kate, allentando così la tensione.
Lui
la attira a sé avvolgendola in un caldo abbraccio e la
accontenta “Ti amo” le
sussurra all’orecchio.
Nel
sentirlo, un brivido le scorre dalla nuca lungo tutta la spina dorsale
e
d’istinto lo bacia. Forte. Come se non lo facesse da un
secolo.
“Non
voglio vedere, non voglio vedere”.
L’urlo
alle loro spalle li costringe a staccarsi di colpo.
Voltandosi
verso le scale vedono Peter con le mani davanti agli occhi e Alexis che
gli dà
uno scappellotto.
La
ragazzina sorride e abbraccia Kate e il padre, Peter invece si sistema
su uno
degli sgabelli vicini al bancone “Deduco che avete fatto
pace?”.
Castle
si volta verso Kate, perplesso “Abbiamo litigato?”
domanda, con l’ovvio intento
di chiudere la questione una volta per tutte.
Kate
coglie al volo l’opportunità lanciatale e risponde
a tono “Non mi risulta”.
I
quattro si sorridono guardandosi tra di loro e quando lo sguardo di
Castle si
posa su Peter, un piccolo segno rosso sul suo collo attira la sua
attenzione.
Tutto
considerato, quel momento di allegria potrebbe tornare utile per
affrontare un certo discorso in
maniera serena.
Così,
come se niente fosse, Castle esclama “Data la situazione
attuale in cui la
nostra famiglia si trova, non c’è bisogno che dica
a voi due...” si ferma per
indicare bene i due giovani fidanzatini con il dito indice puntato
“...di
prendere precauzioni, vero?”.
Non
solo Alexis e Peter, ma persino Kate è sbalordita.
“Che
c’è, pensate che sia stupido?” domanda,
vedendoli così sorpresi.
“N-no...”
balbetta Alexis diventando completamente rossa dalla testa ai piedi.
Peter,
con molta nonchalance si allontana, da Castle, cercando di mantenersi
ad una
distanza di sicurezza.
Kate
se ne accorge e una piccola risata le nasce spontanea, consentendo
così a Rick
e Alexis di notare il gesto autoconservatore di Peter.
“Tranquillo,
per tua fortuna non ho armi in casa. Sei più fortunato di
Ashley” lo rassicura
Castle, cercando di non mettersi a ridere.
“Si?
Beh se non vi spiace, sto qui lontano ancora per un
po’” borbotta Peter
sentendosi un po’ agitato.
“Siete
tutti qui?” Martha scende le scale, sempre con gran stile, e
mentre passa
davanti all’ingresso si sente suonare alla porta.
Come
se il tempo si fosse fermato, le cinque persone di quella casa si
immobilizzano. Congelate sul posto.
Questo
è il potere che quella donna ha su di loro.
“E’
Jacinta...” spiega Castle “...le ho chiesto di
venire...per parlare...”.
Nessuno
osa aprire bocca. Anche perché non c’è
molto da dire.
Rick
prende la mano di Kate “Non devi restare se non te la
senti” le dice con tono
dolce.
“Voglio
esserci” risponde Kate, con fermezza.
Rick
le bacia il dorso della mano e poi fa segno a Martha di aprire.
“Signora
Rodgers” Jacinta saluta con distacco mentre entra, forse
memore
dell’atteggiamento tenuto dall’attrice, il giorno
prima.
Martha
accenna un sorriso tirato e la lascia accomodare.
Di
più non può fare. Anche la recitazione ha un
limite.
Quando
l’assistente di volo arriva al centro del salotto si guarda
attorno “Wow,
cinque contro uno, sembra quasi un’esecuzione”.
“Nessuna
esecuzione, vogliamo solo parlare un po’” Castle
prende in mano la situazione
conducendola verso il divano, seguito da Martha e Kate.
I
due ragazzi restano in disparte in cucina, con le orecchie ben tese.
“Mi
sembra che mi abbiate detto tutto ieri” esclama sprezzante
guardando Martha.
Prima
di scatenare un altro scontro verbale, Castle precede sua madre
“Ieri ci hai
presi un po’ in contropiede... ma adesso possiamo parlare con
calma e serenità”
Rick si volta verso Martha “Giusto?”.
La
donna sfodera un fintissimo sorriso “Ma certo”.
“Siamo
stati a letto insieme e ora sono incinta, cos’altro
c’è da dire?” sbotta
frettolosamente.
A
quell’affermazione, Kate si irrigidisce di colpo.
“Capisco
che tu ti senta sotto accusa ma vogliamo solo capire come possa essere
successo” ritenta Castle, con calma e gentilezza.
“Davvero?
Vuoi un disegnino?” ribatte lei con tono offeso.
“Dove
sei stata fino ad ora?”.
La
voce di Kate stupisce anche sé stessa, ma non è
riuscita a trattenersi.
La
domanda è lecita e tutti si voltano verso la diretta
interessata, in attesa di
una risposta.
“Quando
ho scoperto di essere incinta ero in Brasile con la compagnia aerea.
Per
precauzione mi è stato sconsigliato di prendere
l’aereo e
di affrontare lunghi viaggi” spiega
rilassandosi, parola dopo parola.
“Potevi
telefonare” anche Kate ribatte calma, poi si accorge di
quello che sta facendo.
Sta
conducendo un interrogatorio?
Sta
marcando il territorio?
“Ma
tu chi diavolo sei?” domanda Jacinta, scocciata dalle sue
domande.
“Kate
fa parte della famiglia” risponde Martha, con il velato
sott’inteso ‘tu invece
no’.
Jacinta
assottiglia lo sguardo, scrutando la detective
“Kate...capisco...” poi scocca
uno sguardo eloquente a Richard.
In
quel momento, Kate si ricorda una frase detta da Castle, la sera che
hanno
fatto l’amore la prima volta.
...Peccato
che chiamarla
Kate una ventina di volte non ha fatto che sbattermi in faccia
l’amara
verità...
Le
carte sono in tavola, un re e due regine.
“Perché
non mi hai chiamato?” chiede Castle.
Jacinta
diventa seria, non più sarcastica
“Perché ci siamo visti solo un paio di
volte... e non è una cosa che si può certo dire
al telefono, dal Brasile per
giunta”.
“Avrei
preferito saperlo subito, anche per telefono”.
“Per
avere la possibilità di convincermi ad abortire? O credete
forse di poter dare
in adozione il mio bambino?!!” Jacinta si alza di colpo, in
preda
all’agitazione.
“No,
no non me lo sognerei mai” Castle la vede accarezzarsi
furiosamente la pancia
respirando a fondo “Calmati per favore” la prende
per le spalle con delicatezza
e la aiuta a calmarsi.
Kate
sistema un cuscino e la fa riaccomodare sul divano mentre Jacinta
riprende la
normale respirazione “So di non essere la benvenuta, ma non
cambia il fatto che
questo sia tuo figlio”.
“Io...
mi dispiace, ma devo esserne sicuro” le dice, sperando di non
causarle un’altra
crisi.
“Cosa
significa?” domanda, avendo ben capito il senso della frase.
Rick
esita un secondo e poi parla “Voglio fare il test di
paternità”.
Jacinta
stringe con forza la pelle del divano e punta gli occhi in quelli di
Castle.
“È
per questo che mi hai chiamata? Bene, e sia! Ti farò sapere
dove e quando!” si
alza e con cipiglio fiero se ne va.
Martha
si passa le mani in volto, affranta.
“Mamma,
stai bene?”.
La
donna guarda il figlio in volto “Speravo che vacillasse
almeno un po’ alla tua
richiesta”.
Castle
dondola un po’ la testa “Lo speravo anche
io”.
Ivi’s
Corner:
Ok,
lo so, me ne sto nel bunker ho capito t__t
Faccio
un saltino all’Ikea per cercare almeno un paio di mobili per
arredarlo come si
deve. Un minimo di confort me lo dovete concedere u.u
Anyway...
Kate è tornata!! Contente???!!! Solo per questo voglio poter
mettere la tv e
qualche libro nel bunker
u.u
Ma
Jacinta resta... quindi immagino che non mi posso prendere un divano x
stare
comoda vero? Magari un pouf.. :-P
Al
prossimo :-***
Buona
weekend
Ivi87