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Autore: Nihal_Ainwen    28/07/2013    7 recensioni
Kim Jongin è un abile killer in cerca di vendetta;
Park Chanyeol un normale studente universitario;
Oh Sehun è il figlio viziato del capo di una banda di criminali;
Byun Baekhyun è semplicemente autodistruttivo.
Cosa avranno in comune? Niente, apparentemente.
Genere: Angst, Dark, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing | Personaggi: Baekhyun, Baekhyun, Chanyeol, Chanyeol, Kai, Kai, Sehun, Sehun
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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[Ormai ho deciso che l’angolo autrice ve lo porterete per tutta la fic, I’m so sorry. Solo che ho qualcosa da dirvi ad ogni capitolo, che siano premesse o informazioni utili. In questo caso, volevo comunicarvi che, a fine capitolo, ci sono una marea di spoiler sul film “Lemony Snicket - Una serie di sfortunati eventi”. Mi dispiace molto per chi non ha avuto l’occasione di vederlo, sia per gli spoiler, che perché non capiranno dei piccoli particolari. Scusate di nuovo. Ah, un’ultima cosa: se la storia vi piace, potreste farmelo sapere? Non chiedo una vera e propria recensione, perché so che magari non avete voglia... Ma un piccolo commento magari. Detto ciò, chiudo qua che mi sto dilungando decisamente troppo.
XOXO]





“Se continua così, finirà per uccidersi, poco ma sicuro.”
Mi ritrovai a pensare, mentre guardavo nel frigorifero praticamente vuoto dell’appartamento, altrettanto vuoto, in cui mi trovavo al momento. Ormai era un anno e mezzo che avevo le chiavi di casa sua, eppure continuavo a pensare di non conoscerlo per niente. Questo però, non mi aveva impedito di innamorarmene follemente sin dal primo istante in cui l’avevo visto. Sospirai, pensando a quanto fossi stupido e a quanto controproducente fosse quel sentimento, assolutamente non ricambiato da colui che ne era oggetto. Eppure io non riuscivo a smettere di amarlo: ogni volta che lo vedevo, il cuore mi saltava in gola; mi bastava sentire la sua voce al telefono, per togliermi il respiro; ogni volta che mi capitava di sfiorarlo appena, mi sentivo morire. Ma ogni sera, puntualmente, mi ritrovavo solo nel mio letto e piangevo, piangevo come una fontana. Non era facile amare una persona come lui, non perché fosse acido come il latte scaduto o schivo come un gatto randagio –cose che in effetti era-...ma perché non amava se stesso. Avevo imparato sulla mia pelle, che essere innamorati di una persona che non si ama, era il dolore peggiore che si potesse provare. Perché tu vorresti tenerlo al sicuro e vederlo felice, mentre lui si butta via rendendo la sua stessa vita un inferno di sofferenze e atrocità. E tu non puoi farci niente, perché non ti ascolta: ti ignora e continua a farsi del male. A farti del male indirettamente, anche se magari non si rende conto di ferire anche te.
Io l’avevo capito in fretta che Byun Baekhyun non si amava, non ci voleva molto, soprattutto se ti dava le chiavi di casa sua dopo solo un mese che ti conosceva. Sembrava non vergognarsi minimante del mondo assurdo in cui viveva, forse perché in fondo di me e del mio giudizio non gliene fregava un bel niente. Ma a me faceva male vederlo morire giorno per giorno; odiavo trovare bende sporche di sangue per casa e il piano del bagno pieno di farmaci, così come odiavo trovare il letto intanto e il frigo costantemente semi-vuoto. Nonostante ciò, non riuscivo ad odiare lui.
Nella mia mente, ero convinto che avrei potuto amarlo abbastanza per tutti e due, che sarei riuscito a tenerlo in vita usando il mio amore per lui. Che prima o poi avrebbe capito quello che provavo e che, magari, avrebbe trovato la forza di smettere con quella droga...per me. Una parte di me, mi dava dell’idiota e mi ribatteva ogni mattina che erano solo illusioni; però c’era un’altra parte, quella più importante, che appena aprivo gli occhi mi sussurrava che oggi avrebbe potuto essere “il giorno giusto”. Non mi ero mai arreso in vita mia, e non l’avrei fatto nemmeno questa volta, anche perché ero molto più motivato di tutte le altre.
Ero andato a casa di Baek dopo essere passato nel mio appartamento, al campus dell’università per la quale avevo vinto una borsa di studio con tanta fatica. Mentre cominciavo a sistemare la spesa nell’elettrodomestico davanti a me, mi ricordai di un incontro che avevo fatto appena qualche ora prima, e che mi aveva lasciato con un strano sapore di amaro in bocca. Oh Sehun, il cugino di Lily, sembrava davvero un bravo ragazzo alla prima occhiata, nonostante i capelli tinti d’argento e il look dark. Guardando attentamente però, osservandolo più a fondo, si notava qualcosa nei suoi occhi che stonava con tutto il resto. Si mimetizzava bene, nascondesi nei coni d’ombra e svoltando gli angoli dell’iride, eppure c’era qualcosa che non andava in lui, qualcosa di...malato. Ora riuscivo a capire perché la mia amica fosse preoccupata per lui, forse anche lei aveva notato quella sottospecie di infezione che lo affliggeva.
Stavo ancora ragionando su cosa avesse potuto farla nascere, che sentii la porta d’ingresso sbattere e il tintinnio delle chiavi poggiate sulla mensola alla sua destra. Chiusi in fretta il frigo finendo di mettere dentro le ultime cose, per poi raggiungere quasi di corsa la sala, impaziente di posare lo sguardo sulla persona che tanto amavo.
-Chanyeol.- mi accolse lui trasalendo per la sorpresa, probabilmente non aspettandosi la mia presenza all’interno.
-Ti ho fatto la spesa, la stavo sistemando.- gli spiegai, come facevo tutte le volte che mi capitava di incontrarlo a casa.
-Grazie, ma non dovevi. Mi da fastidio che tu spenda soldi per comprarmi da mangiare.- sbuffò togliendosi le scarpe e poggiandole affianco alle mie, di qualche numero più grandi.
Io alzai le spalle come facevo sempre, ignorando altamente tutte le sue inutili lamentale su quello che riguardava il cibo. Ci ero abituato, ma niente mi avrebbe fatto smettere di provare a prendermi cura di lui, nemmeno lui stesso.
-Non ho ancora finito, ti va di farmi comp...- iniziai, per poi bloccarmi a guardarlo meglio, poiché avevo notato solo ora che c’era qualcosa di diverso in lui: non era truccato, nemmeno un filo di eyeliner o matita.
-Che cazzo ti prende adesso?- sbraitò alzando gli occhi al cielo, per poi poggiarsi le mani sui fianchi e incenerirmi con una delle sue occhiate omicide.
-Come mai non sei truccato?- gli chiesi, ignorando sia lo sguardo truce che il modo scortese in cui mi aveva parlato.
-Ho dormito fuori e...non era in programma.- mi liquidò abbassando lo sguardo, superandomi tenendo la testa bassa.
“Ti sei fatto di nuovo fottere da qualche sconosciuto del cazzo, non è così?” avrei voluto urlargli, ferito e deluso.
Invece rimasi in silenzio come tutte le altre volte, cercando di trattenere le lacrime come meglio potevo.
 
Mi faceva già male la testa ed ero solamente al terzo giro di drink, era chiaro e lampante che non reggevo l’alcool né la musica martellante sparata a tutto volume dalle casse di quel locale. Dopo l’incontro con Baekhyun del giorno prima però, l’invito di alcuni compagni di corso ad uscire con loro, mi era sembrato quello che ci voleva per non pensare. Forse avevo accettato anche per sembrare più come loro e non fargli fare domande scomode, tipo perché non uscissi con nessuna o perché non andavo mai a trovare i miei. Io non avevo problemi ad accettare di non essere facoltoso come loro, tanto da non potermi permettere il treno per andare a casa ogni week-end, ma qualcuno di loro di sicuro ne avrebbe avuti. Per non parlare del fatto che fossi attratto dai ragazzi invece che dalle ragazze, in uno stato pieno di omofobi imbecilli come il nostro. E di sicuro nell’università più prestigiosa della capitale dovevano essercene parecchi, perciò meglio sviare le loro attenzione dandogli l’impressione di essere uno completamente negli schemi.
Non so per quanto rimasi lì a chiacchierare con loro del più e del meno, dato che in realtà ero molto più concentrato su uno dei baristi che sui loro discorsi. Era un tipetto strano, che dava l’impressione di essere più piccolo di noi anche se in realtà doveva essere di qualche anno più grande, con i capelli tinti di un rosso rame tirati all’insù. Ogni tanto mi aveva anche beccato a fissarlo e una volta mi era sembrato che mi facesse l’occhiolino, l’unica cosa certa è che fu lui a venirmi a tirare fuori dal bagno in cui avevo rimesso anche l’anima. Non potevo certo prendermela con i miei compagni, dato che gli avevo detto io di andare e che era tutto apposto, però un po’ mi era dispiaciuto comunque che nessuno mi avesse aspettato, come minimo per controllare se stavo bene.
-Per essere uno che non regge l’alcool, ci sei andato giù pesante.- esclamò il ragazzo guardandomi mentre mi sciacquavo la bocca, per poi porgermi una bustina di zucchero per togliere il saporaccio.
-Sono uno stupido, mi dispiace.- mormorai accettandola con immensa gratitudine, quasi mi stesse regalando un diamante da un miliardo e mezzo di won.
-Non scusarti, non c’è motivo.- ribatté lui sorridendo e guardandosi allo specchi con occhio critico. –Kim Minseok, piacere di conoscerti.- si presentò prima di sciacquarsi il viso con l’acqua fredda.
-Park Chanyeol, piacere mio.- gli risposi dopo aver mandando giù lo zucchero, beandomi del suo sapore dolce. –Hai...finito il turno?- gli domandai curioso, dato che stava perdendo tutto quel tempo con me.
-Già, visto che sono il più giovane mi lasciano sempre fare il primo turno.- mi informò sorridendo. –Se fossi in te, me ne andrei in fretta comunque. Dopo una certa ora, questo posto si riempie di gentaccia, per questo sono contento di essere il più giovane.- mi rivelò avviandosi verso l’uscita del bagno.
-Uhm, capito. Grazie del consiglio, credo proprio che lo seguirò.- affermai buttando la bustina vuota nel secchio.
-Non c’è di che, alla prossima.- mi salutò uscendo, mentre sventolava la mano nella mia direzione sorridendomi.
Dopo qualche minuto, che avevo impiegato a sciacquarmi la faccia e il collo dato che morivo dal caldo, uscii anch’io dal bagno del locale, con tutta l’intenzione di filarmene dritto al mio appartamento, soprattutto dopo quello che mi aveva detto Minseok. Purtroppo però le cose non andarono esattamente così.
Appena uscito, andai a sbattere in pieno contro un ragazzo alto almeno quanto me, vestito completamente di nero e con talmente tanti buchi alle orecchie che se provavo a contarli perdevo il conto. Magari era anche perché ero ancora brillo, ma mi venne da ridere e non riuscii a trattenermi, scoppiandogli appunto a ridere in faccia senza motivo. E a lui la cosa non piacque proprio per niente, non gli piacque affatto.
Di sciuro mi avrebbe mollato una di quelle sberle che non si dimenticano, se qualcuno non gli avesse fermato il braccio, trattenendolo per un polso. Ci voltammo entrambi verso il mio salvatore, ma mentre lui sembrava solo leggermente scocciato, io spalancai bocca ed occhi per la sorpresa. Era Oh Sehun, il ragazzo che avevo aiutato quella mattina a trovare Lily, suo cugino, e mi stava guardando con aria di disapprovazione. Una forza misteriosa mi costrinse a chiudere la bocca e ad assumere un certo contegno, mentre mi rimettevo dritto e mi sistemavo la maglietta stropicciata e umida di sudore.
-Non dovresti essere qua a quest’ora.- mormorò con quello che sembrava essere un tono tra l’esasperato e il preoccupato, lasciando andare il braccio del suo amico.
-E tu invece sì?- gli chiesi, avendo la conferma che la mia amica faceva più che bene a preoccuparsi per lui.
-Tao, mi faresti il favore di riaccompagnarlo al campus? Quello dove sta anche mia cugina.- mi ignorò sbuffando e rivolgendosi al ragazzo a cui ero andato addosso.
-Volentieri, tutto pur di stare lontano da quelli.- accettò entusiasta l’altro, sorridendomi improvvisamente, dato che ero stato involontariamente il suo mezzo per lasciare una compagnia sgradita.
-Tu non protestare e vattene a dormire, dritto a letto a fare sogni d’oro.- tornò a dirmi Sehun, alzandosi sulle punte per scompigliarmi i capelli, poiché era di qualche centimetro più basso di me.
Ovviamente non potei fare altro che assecondarlo, mentre il ragazzo dai capelli neri mi guidava verso l’uscita tenendomi saldamente per le spalle, forse per assicurarsi che non gli scappassi da nessuna parte.
 
Avevo mentito al mio autista improvvisato, dicendogli che Sehun si era sbagliato e che io non abitavo al campus, facendomi accompagnare all’appartamento di Baekhyun invece che a casa mia. Avevo voglia di vederlo, o comunque di sentire la sua presenza il più possibile, qualora non l’avessi trovato a casa, com’era già capitato parecchie volte. Certo, in realtà non avevo mai usato le chiavi a quell’ora della notte, dato che non mi consideravo malato fino a quel punto, però quella sera avevo una strana sensazione. Mi chiusi la porta alle spalle, tirando bene il chiavistello, per poi togliermi le scarpe, rendendomi conto con immenso sollievo della presenza di quelle del proprietario di casa.
Lo trovai appoggiato al bancone di marmo della cucina, intento a fissare un bicchiere vuoto davanti a lui, con gli occhi gonfi e le palpebre pesanti di chi ha sonno ma non vuole dormire. Si accorse di me solo quando mi schiarii la voce, girandosi nella mia direzione con gli occhi spalancati per la sorpresa e i capelli in disordine. Sembrò volermi dire qualcosa, perché aprì la bocca, peccato che poi non ne uscì nemmeno mezzo suono e la richiuse, alzandosi dallo sgabello su cui stava appollaiato prima del mio arrivo.
-Uscire la sera non fa per te.- mi sussurrò avvicinandosi. –Si vede lontano un miglio che sei stanco morto, che hai bevuto troppo e che se ne sono sbattuti tutti.- continuò incrociando le braccia fasciate davanti al petto.
Rabbrividii alla vista delle bende, notando per la prima volta quanto fosse minuto e spaurito il ragazzo che amavo, senza i vestiti e il trucco a fargli da scudo. Eppure, c’era una nota di rimprovero nel suo sguardo che non mi sarei mai aspettato: era davvero...preoccupato per me?
-La domanda che mi preme però è questa: che cosa diamine ci fai qui a quest’ora?- sbraitò all’improvviso alzando la voce, facendomi saltare per quell’improvviso cambio di tonalità.
-Volevo vederti, avevo solo voglia di vederti.- confessai abbassando lo sguardo imbarazzato, come se gli stessi confessando che spesso mi toccavo pensando a lui, cosa che in effetti facevo ma che non gli avrei mai detto.
-Tu sei un emerito... Un inguaribile imbecille.- si corresse costringendomi a rialzare lo sguardo, dato che di solito non si faceva nessun problema a darmi del coglione.
-Come stai?-gli domandai andando ad abbracciarlo, come mi aveva permesso di fare solo una manciata di volte.
-Che domanda sarebbe?- sbuffò lasciandomi fare, senza però ricambiare la stretta, esattamente come da copione.
-Una a caso in realtà.- ammisi dondolando sui talloni e costringendolo a seguire il mio movimento, dandomi l’illusione di poterlo cullare. –Ho sonno hyung.- mormorai poggiando la fronte sulla sua spalla.
-Ed io cosa posso farci?- sospirò, facendomi improvvisamente tremare per l’emozione: mi stava...accarezzando.
Una delle sua mani, si muoveva delicatamente sul mio collo e trai miei capelli, ad un ritmo rilassante che riuscì a farmi distendere i muscoli tesi delle spalle in pochi secondi. Volevo baciarlo, più intensamente di tutte le altre volte che l’avevo desiderato, mentre lui continuava a muovere le dita tra le ciocche della mia chioma castana. E dopo averlo baciato avrei voluto rivelargli quello che provavo per lui, vomitandogli addosso quanto tenevo a lui e quanto fosse importante per me. Avrei voluto potergli prendere il viso tra le mani e baciarlo ancora, dolcemente e poi con passione, spogliandolo del pigiama mentre lui continuava ad accarezzarmi. Avrei voluto fare l’amore con lui e rimanere sveglio tutto la notte a vezzeggiarlo, come se fosse un gattino bisognoso d’affetto. Avrei voluto che lui mi dicesse che per lui era lo stesso, che mi amava e che tutto sarebbe andato meglio da quel momento in poi.
Immaginare tutto ciò faceva tremendamente male, ma avevo un retrogusto dolciastro, di qualcosa che può esistere anche se solo nei sogni. Di qualcosa che accettavo di far esistere solo nella mia immaginazione, semplicemente per non rischiare di allontanarlo da me più di quello che già non fosse.
-Tu lo sai di che sa il dolore? Lo sai hyung?- gli chiesi alzando la testa, guardandolo negli occhi dall’alto in basso.
La sua mano si bloccò all’improvviso, ricadendo molle al suo fianco, mentre tutto il resto del suo corpo si irrigidiva tra le mie braccia, trasformandolo in un fascio di nervi. Indietreggiò lentamente, dopo che io ebbi sciolto l’abraccio lasciandolo andare, continuando però a mantenere il contatto visivo.
-Tu...Vattene.- mi ordinò senza distogliere lo sguardo, cominciando a respirare affannosamente facendo rumore.
Io me ne rimasi fermo al mio posto, senza dare il minimo cenno di volergli ubbidire o come minimo di rispondergli.
-Ti ho detto di andartene. Vattene!- mi strillò cominciando a tremare vistosamente, mentre la frequenza del suo respiro aumentava sempre di più.
-Vuoi davvero soffrire?- scattai afferrandolo per un polso. –Prova a vivere con la consapevolezza che la persona che...a cui vuoi bene, non se ne voglia per niente. Prova a pensare a come deve essere, pregare ogni mattina che non faccia qualcosa di estremamente stupido. Prova ad immaginare come ci sente, quando la tua vita rischia di essere rovinata per le cazzate di qualcun altro.- gli urlai contro scuotendolo per il braccio.
Lui fremette dal dolore, mentre il suo fisico già provato si arrendeva sotto le mie scosse, facendogli cedere le ginocchia. Lo lasciai accasciarsi al suolo, superandolo con le lacrime agli occhi mentre mi dirigevo verso la porta, puntando dritto verso le mie scarpe mentre la vista mi si annebbiava.
-Chanyeol, aspetta.- gridò dal salone con una nota di isteria nella voce; lo ignorai, infilandomi le Converse nere.
Stavo già girando la chiave nella toppa per aprire, quando sentii la sua mano tremante intorno al braccio che teneva la maniglia, la sua presa ustionante sulla mia pelle scoperta.
-Ti ho detto di aspettare.- ripeté respirando profondamente. –Dove cazzo pensi di andartene a quest’ora? Lo so che non ce l’hai la macchina, non posso farti andare via.- mi spiegò guardandomi serio. –Non puoi andartene.- sussurrò allentando la stretta e continuando a guardarmi.
-Non sapevo che fossi bipolare hyung.- scherzai scompigliandogli i capelli, per poi togliermi nuovamente le scarpe.
Pace fatta, come tutte le volte. E continuavo a non trovare il coraggio di dirgli che io non gli volevo bene: io lo amavo. Lo amavo con tutte le mie forze, con tutto il mio cuore, con tutta la mia anima.
 
Ormai mi era passato il sonno, litigare mi riempiva sempre di un’adrenalina che molto spesso non riuscivo a scaricare, perciò avevo chiesto a Baekhyun se gli andava di vedere un film. Lui aveva acconsentito facendo scegliere a me cosa guardare, mentre con lo sguardo vagava per la stanza, forse ancora troppo shockato dal fatto che avessimo discusso per la prima volta dopo un anno e mezzo. Ovviamente aveva in casa solo i dvd che gli regalavo io di tanto in tanto, alcuni ancora sigillati, segno che non si era nemmeno dato la pena di guardarli. Erano già le tre di mattina, perciò scartai horror, thriller e sci-fi per evitare di ritrovarci ad urlare di nuovo, dando fastidio ai poveri vicini che probabilmente, come tutte le persone normali, a quell’ora già dormivano da un pezzo.
Alla fine optai per “Una Serie di Sfortunati Eventi”, uno di quelli che lui non aveva mai visto e che io sapevo praticamente a memoria. Non so cosa mi piacesse in particolare di quel film, probabilmente tutto, ma lo adoravo ed ogni occasione era buona per riguardarlo fino alla nausea, che non sarebbe mai arrivata poiché lo amavo troppo.
 
Avevo visto il film intervallando la visione vera e propria, con le occhiate che lanciavo al ragazzo sdraiato al mio fianco sul divano, totalmente rapito dallo svolgersi degli avvenimenti sullo schermo della televisione. Era stato stupendo vederlo così preso, sorridere durante le parti divertenti e spalancare la bocca ai colpi di scena. Mi sembrava anche di avergli visto gli occhi lucidi, nel pezzo in cui lo zio Montgomery, quello con i serpenti e la “Vipera incredibilmente letale”, veniva trovato morto avvelenato in quella specie di serra. Io lì piangevo sempre, e quella volta non aveva fatto eccezione, come piangevo sempre quando moriva la zia Josephine, mangiata dalla sanguisughe carnivore nel lago lacrimoso. E invece Baekhyun no, lui aveva pianto alla fine, quanto i tre orfani ricevettero la lettera che era andata perduta, quella che gli era stata spedita dai genitori dall’Europa e che non gli era mai stata recapitata.
Si era addormentato durante i titoli di coda, poggiando la testa sulla mia spalla e rannicchiandosi contro il mio petto, probabilmente per un riflesso incondizionato e totalmente involontario. Lo presi delicatamente in braccio, stando attento a non svegliarlo ma soprattutto a non fargli male, ringraziando il cielo che avesse già il pigiama. Lo poggiai delicatamente sul letto matrimoniale della sua camera, preparandomi psicologicamente a dormire sul divano, dato che non mi andava assolutamente di fare il letto ad una piazza nella camera degli ospiti. Aveva una casa grande, per essere uno che vive da solo e in quel modo, mi ero sempre chiesto il perché e non avevo mai trovato una risposta plausibile. Non mi era mai passato per la testa di chiederglielo, forse per non risultare invadente.
Ero talmente preso nei miei pensieri che, quando mi afferrò il polso, mi scappò un grido strozzato per lo spavento.
-Dormi con me.- mormorò continuando a trattenermi, sebbene la sua stretta fosse la più flebile che avessi mai sperimentato. –Ho freddo.- aggiunse continuando a tenere gli occhi chiusi.
Sfuggii alla sua presa solo per sfilarmi i pantaloni scuri e la t-shirt, perché se c’era una cosa che odiavo era dormire vestito, per poi sdraiarmi al suo fianco. Lui si strinse immediatamente a me sotto le lenzuola, rivelando davvero quanto fosse gelata la sua pelle al confronto con la mia. Si riaddormentò immediatamente, con le braccia intorno alla mia vita e la guancia poggiata sul mio petto, come se fossi il suo cuscino/stufa personale. Io rimasi per un po’ a guardarlo, ripetendomi nella mente quanto fosse bello per infinite volte, prima di crollare a mia volta con ancora il sorriso stampato sulle labbra.
   
 
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