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Autore: Birra fredda    28/07/2013    2 recensioni
La vita normale non è per tutti. Con vita normale intendo un qualcosa tipo: genitori rompiscatole, non permissivi, che credono i figli adolescenti dai santerelli del sabato sera, scuola odiata, professori visti come satana, compagni di classe con cui combinare solo guai, tanti trip in testa, escogitare modi per andare alla festa del secolo senza dire nulla ai genitori o mettere da parte dei soldi per il nuovo tour degli U2.
Ma io mi chiamo Nicole Haner mica per nulla, eh. E sono la figlia di Brian Elwin Haner Jr., meglio conosciuto come Synyster Gates, chitarrista degli Avenged Sevenfold, mica per nulla.
La mia vita non è normale, e proprio non so come potrebbe esserlo.
Genere: Generale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'You will always be my heart.'
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Oggi è il compleanno di Johnny e siamo a casa sua. Il più piccolo degli Avenged Sevenfold ha appena finito di scartare i regali. La band gli ha fatto un regalo splendido: gli ha lucidato ogni singolo basso da lui in possesso, entrando furtivamente in casa sua la scorsa notte e ‘derubandolo’ dei suoi oggetti più cari. Inizialmente lo gnomo è andato in crisi, ha cominciato a piangere e disperarsi, però stamattina li ha trovati tutti in fila nella sua sala, puliti e luccicanti.
Papà mi ha detto che quando li ha visti ha ricominciato a piangere, da sollievo però. Poi ha mandato tutti a quell’altro paese, per poi ringraziarli e abbracciarli.
Mi sarebbe piaciuto esserci, come sarebbe piaciuto anche agli altri, ma i nostri genitori ci hanno detto che se volevamo partecipare alla festa di stasera saremmo dovuti andare a scuola stamattina.
Noi ragazzi abbiamo messo insieme i soldi e abbiamo regalato a Johnny un teschio da arredamento che gli è piaciuto così tanto che, non appena ha scartato il pacchetto, quasi non lo ha fatto cadere per l’emozione.
Mamma e zia Val gli hanno regalato un set di mutande, con un bigliettino splendido e simpaticissimo, di quelli che suonano o cantano, in cui, aprendolo, si trova una scimmia che ride a crepapelle. Johnny, infatti, ha il vizio di dimenticare sempre le mutande. Le dimentica negli alberghi, si scorda di metterle dopo la doccia, le ruba agli altri ma poi, puntualmente, perde anche quelle.
Johnny è uno di quei tipi a cui piace dare le feste senza un motivo ben preciso, quindi potete immaginare quanto possa la sua casa essere piena di gente e di alcol il giorno del suo compleanno. Papà dice che, da questo punto di vista, somiglia molto a Jimmy. Anche se il Rev, nel periodo dei suoi tempi migliori, dava delle feste che Huntington Beach ricorda e rimpiange ancora adesso.
Un giorno potresti andare dallo gnomo e dirgli: “Hey, sai che è da tanto tempo che non mi rollo una canna?” “Seriamente? Allora dobbiamo organizzare una festa e rollarcene una insieme” risponderebbe lui, col solito sorrisetto di chi vive senza pensieri stampato in faccia, proprio come faceva Jimmy.
Tra tutte le case che i membri della band si sono comprati dopo aver sfondato con la musica e aver accumulato abbastanza soldi da potersi considerare molto più che benestanti, la mia preferita è proprio quella di Johnny. Anche perché si trova nel quartiere più tranquillo della periferia, quel tipo di posto che ti concede di avere vicini sorridenti e benestanti quanto te.
Quel tipo di quartiere in cui è concessa la musica a volume troppo alto almeno una volta la settimana e in cui è normale veder sfrecciare auto costose.
La casa di Johnny è enorme e sviluppata su un solo piano. Dal lato che dà sulla strada c’è la zona giorno: una cucina spaziosa e sempre piena di qualsiasi bevanda alcolica o energizzante tu abbia voglia di scolarti; e una sala a dir poco gigantesca. Adoro il salotto di Johnny, ha davvero un gran bello stile. C’è una poltrona grande, spaziosa e nera che occupa tutta una parete, c’è la televisione enorme a schermo piatto affiancata dallo stereo con delle casse da far concorrenza a quelle delle discoteche, un lungo tavolo di legno che durante le feste è ricoperto da ogni cosa che allo gnomo passi per la testa di offrire agli ospiti.
Comunque, ciò che colpisce di più è la parete dietro il divano, pitturata con un gigantesco Deathbat che attira immediatamente l’attenzione.
Nella zona notte ci sono due bagni spaziosi e sei stanze da letto, tutte con letti matrimoniali. Vi chiederete che diamine ci fa Johnny, che vive da solo, con SEI camere da letto... non l’ho mai capito, ma a volte ho l’impressione che non ne faccia un casto utilizzo.
La parte che più mi piace è un po’ staccata dalle quattro mura dell’abitazione, e ci si arriva percorrendo un vialetto di mattonelle nere lungo il giardino sempre curato. È la veranda, o almeno quella che noi chiamiamo così. È un posto quadrato sul retro della casa, a cui si accede attraverso un vialetto in mattonelle, per tre quarti contornato dalla ringhiera e lo gnomo quando vuole (non stasera, ad esempio) copre il tutto con un tendone, creando l’effetto gazebo. C’è un lampione per ogni angolo, ci sono delle sdraio, delle sedie e qualche tavolino di plastica che, a detta di Zacky, servono solo per poggiare i posacenere. Spesso, durante le serate di gruppo in piena estate, gli Avenged Sevenfold ci offrono proprio qui un bellissimo show acustico.
In genere quando Johnny dà una qualsiasi festa la lista degli invitati non conta più di quaranta persone, a parte in occasioni come questa che sfiora la sessantina di invitati, ma poi, osservando la situazione, ci si rende conto che il numero di persone è nettamente maggiore. Gli imbucati sono per lo più fan sfegatati dei Sevenfold che se ne stanno in disparte, non creano problemi e assumono un colorito biancastro non appena un membro della band passa loro accanto. A volte ci sono ragazzi sui vent’anni in cerca semplicemente di alcol gratuito, mentre a volte ci sono curiosi che non fanno altro che fissare noi ragazzi e la band come se dovessero appuntarsi ogni nostra mossa durante la serata.
La festa di stasera è piuttosto tranquilla se paragonata ad altre che… okay, lasciamo perdere. Io, Alicia e Cherie ce ne stiamo nella veranda, da qui si vede il mare e la luna è piena e lucente. Fumiamo in silenzio, Cherie allungata su una sdraio, Alicia seduta al suo fianco e io in piedi, con la schiena poggiata alla ringhiera. Ci godiamo il venticello fresco che ci bacia la pelle troppo nuda per essere a novembre, ma è noto che in California non è mai davvero inverno e che l’alcol scalda. Le mie amiche sono già alla metà delle loro sigarette, che stanno consumando in fretta dato che i loro genitori non sanno che hanno cominciato a fumare e non vogliono essere scoperte.
Poi, con quello che è successo a Zacky, mi sembra ovvio che non vogliano.
Prima solo papà sapeva che stavo seguendo le sue orme riguardo il vizio del fumo, e lo sapeva solo lui poiché non mi andava che altri lo potessero andare a dire a mamma, la quale mi avrebbe uccisa ancor prima che il fumo potesse annerire i miei polmoni.
Ma mamma tra pochi giorni non sarà più in contatto coi membri della band, dunque non m’importa se gli altri verranno a sapere che fumo. E, in ogni caso, a rimpinzarmi di raccomandazioni ci ha già pensato zio Matt.
“Sicuramente ti pentirai di aver cominciato a fumare, Nicole” mi ha detto. “Proprio come è successo a me. Le sigarette sono un vizio davvero stupido e insensato, dico sul serio, e portano guai” ha aggiunto, alludendo a Zacky.
“Hey, chi diavolo sono quelli?” esclama improvvisamente Alicia, alzandosi e vendendo al mio fianco.
Guarda dritto dinanzi a noi, dal lato opposto della casa, con i gomiti poggiati alla ringhiera e il busto sporto in avanti per vedere il più possibile. Anch’io mi sporgo a guardare nella stessa direzione, ma è troppo buio e si vedono solo due sagome a una centinaio di metri di distanza.
“Credo che quello sia tuo padre, Nicole” dice Cherie, che intanto ha assunto la stessa posizione mia e di Alicia, alla mia destra.
Aguzzo la vista e non posso fare a meno di darle ragione. Il taglio di capelli mi pare proprio quello, e anche come corporatura mi sembra lui. Solo, non capisco chi ci sia al suo fianco.
“Ma cosa starà facendo?” si chiede Cherie, dopo aver tirato una lunga boccata di fumo.
Già, non capisco neanche questo. E, qualsiasi cosa stia facendo, non capisco perché debba farla così immerso nel buio.
Restiamo tutt’e tre in completo silenzio per un po’, fissando i due che continuano a starsene vicinissimi e di spalle a noi. Che stiano semplicemente confabulando?, mi chiedo accigliata e al contempo speranzosa.
Mi smuovo dalla mia postazione solo per andare a gettare il mozzicone della mia Marlboro nel posacenere. Torno velocemente a occupare lo spazio tra le mie amiche, di nuovo con una sigaretta incastrata tra le labbra.
“Sei nervosa?” mi chiede Alicia, andando a gettare il suo mozzicone nel posacenere.
“Un po’. Non capisco cosa stia facendo” rispondo io, aspirando con veemenza il fumo.
“Non dovresti fumare ancora, tua madre e tutti gli altri potrebbero vederti” osserva Cherie.
Io faccio un gesto con la mano per dire che non m’importa, che mi vedano pure. Sono nervosa: ho bisogno di nicotina.
Non appena Alicia torna al mio fianco, anche le due sagome si smuovono. Credo che abbiano finito di fare quello che stavano facendo; dopo qualche secondo, appena mi rendo conto che papà sta tornando verso la casa, ne ho l’assoluta certezza. L’altra figura, invece, si dirige verso destra ancora immersa nel buio. Chissà chi era.
“Dovrei chiedergli che diavolo stava facendo?” domando alle mie amiche.
All’unisono, Alicia mi dice di sì e Cherie di no.
Bene, ottimo consiglio.
Credo che glielo chiederò, al massimo dirà una bugia. Nella mia testa decido che se mi delegherà con un ‘niente, tesoro’ di circostanza, mi metterò d’impegno per scoprire cosa c’è sotto.
Solo quando è a pochi passi da noi, papà si decide a sorridere e venirci incontro con più decisione. “Che combinate qua fuori?” ci chiede.
“Ci rilassiamo” rispondo, buttando fuori il fumo. “Tu, piuttosto, che facevi?” continuo, cercando di far suonare la mia voce rilassata.
Lui scrolla le spalle. “Niente di che, fumavo una sigaretta con un amico.”
Non faccio in tempo a chiedergli chi diamine sia questo amico, che lui si è dileguato ed è tornato in casa, alla festa. Mi ha detto una bugia bella e buona, e anche se non ho prove concrete sono certa che mi abbia mentito.












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Ciao belli :3
Spero che questo capitolo vi piaccia e... recensite, voglio sapere cosa combina Brian secondo voi ;)

Grazie ancora a tutti quelli che leggono, recensiscono e hanno messo questa storia tra le preferite o le seguite.
Echelon_Sun
  
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