29/07/2013
3 recensioniContinuo a guardare la sua bocca che rimane leggermente socchiusa mentre aspetta che io gli dia una risposta.
“Io? Tardi.” Farfuglio “No, presto, cioè, fra mezz’ora.”Non capisco cosa ci sia di tanto divertente nell’avere una ragazza a un metro da te che fa di tutto per non sembrare una completa idiota.
“Bene, l’aspetterò fuori.”
Più che un invito a me sembra un obbligo. Ma nemmeno riesco a respingerlo che lui inizia a parlare in inglese con uno dei tanti ospiti a cena.
Io non sono abituata a certe cose, non sono abituata alle star del cinema, ad essere corteggiata, non sono mai stata la persona più bella e popolare della città.
Ho passato una vita ad essere giudicata come una persona strana, silenziosa, asociale, ma io più che asociale sono proprio socio fobica. Ho sempre visto tanti essere umani e poca umanità, ho visto persone perdersi per invidia, gelosia, ho avuto affianco persone che piangevano per la mia amicizia e poi dietro me ne dicevano di tutti i colori. Ora immaginate quanto sia difficile credere che un Dio del cinema voglia parlare con me, una semplice ragazzina che serve agli altri per guadagnarsi da vivere.
“Gin, tutto okay? Se sei stanca puoi andare, finisco io.”
La voce di Davide suona più calda del solito, dopo tutta la confusione è come se la sua voce fosse l’unica cosa che mi facesse tornare con i piedi per terra.
Mentre gli spiego tutta la conversazione con Johnny, inizio a pulire qua e là il ristorante. In un batter d’occhio ho finito di sistemare.
“Ragazzi potete andare, ci vediamo domani. Buonanotte!”
Le luci si spengono, mentre io corro in bagno a rendermi presentabile. Mi guardo allo specchio e mi passo un filo di Labello sulle labbra, sistemo i capelli, ed esco fuori.
Lui è la appoggiato alla sua Range Rover, quale macchina più adatta al suo spirito libero.
“Hai finito finalmente? Scusa ma devo smettere di darti del Lei, è troppo difficile.”
Un sorriso è l’unica cosa che la mia bocca riesce ad imitare. Fuori fa freddo stranamente, ed io non ho preso la giacca dal ristorante ormai chiuso.
“Hai freddo?”
“Ho dimenticato la giacca dentro, ma sto bene.”
A lui scappa un sorriso.
“Tieni la mia giacca.”
Mi posa la sua giacca sulle spalle, un brivido mi passa lungo la schiena.
“Sai, nella mia macchina farà sicuramente meno freddo.”
Lentamente mi passa la mano sulla spalla e la porta allo sportello della macchina aprendolo.
“Andiamo a bere qualcosa di caldo nella mia camera.”
Entrando nella macchina mi accorgo di una collezione di dischi dei Rolling Stones, inutile dire che io sono fan dei loro acerrimi antagonisti nella storia del rock, i Beatles.
Mette su il primo CD che gli passa in mano.
“Posso scegliere io la canzone?”
Non so da dove sia uscito tutto d’un tratto il coraggio di parlare.
Metto un live vecchissimo in cui fanno una cover di “Like a rolling stone” di Bob Dylan.
“Amo questa cover.”
Lui mi fa uno sguardo che mi passa di traverso, quasi sorpreso.
“Sì, anch’io.”
Arriviamo nell’hotel modesto poco fuori Roma.
“Stanza numero 3, per favore.”
“Ecco signore.”
Saliamo su nella stanza.