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Autore: Ashbear    30/07/2013    1 recensioni
Rinoa e Squall. È la caduta che definisce il tuo cammino attraverso la vita. È come continui a vivere dopo la caduta che definisce chi sei. In un secondo, un proiettile ha cambiato tutto. Se le parole che hai confessato non dovevano essere sentite, non sarebbe abbastanza cancellare il passato?
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Rinoa Heartilly, Squall Leonheart, Zell Dincht
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo XXXI: If Wishes were Horses ~

Mentre tutto ciò che la circondava svaniva sullo sfondo, tutto ciò che riuscì a fare fu concentrarsi sulla persona in piedi davanti a lei. Rinoa alzò lo sguardo su di lui e tutto ciò che vide fu un uomo cambiato, cosa che rendeva quel momento anche più dolceamaro. Lei non lo conosceva, ma voleva disperatamente ricordarlo.

La sua scusa era sincera e sentita, cosa che contraddiceva molti dei suoi ricordi. A volte era più facile ricordare le cose negative, dato che quelle positive erano troppo dolorose da sopportare. La sua semplicità l'aveva onestamente colta alla sprovvista. Niente frasi prolisse, niente giustificazioni... solo aperta sincerità. Nella sua vita, sentire 'mi dispiace' da qualcuno era di solito una risposta piuttosto vuota e prosaica. Era detto così spesso nella vita di Rinoa che il suo significato aveva perso completamente valore; quell'ultima settimana ne era l'esempio perfetto.

Tutti erano dispiaciuti.

Tutti.

Ma sentirlo dire da un uomo che di solito non si scusava di nulla, la cui mera natura era addestrata proprio per il contrario... beh, quello l'aveva davvero colta di sorpresa.

"I-io non posso... questo è..." iniziò Rinoa, perdendo all'improvviso tutta la capacità di dare voce ai suoi pensieri. "Questo... questo è così... ho bisogno di sedermi."

La sua mente non aveva registrato il fatto che lui la stava ancora toccando, dato che la sua pelle era troppo intorpidita dalla pioggia e dallo shock. Costringendosi a muoversi, iniziò a tremare incontrollabilmente; era un misto di debolezza e dell'umidità che la avvolgeva come un sudario. Le ci volle tutta la sua forza fisica solo per arrivare a una sedia lì vicino. Stringendo la mano intorno a uno dei braccioli in ferro, sentì il suo corpo implorare il supporto che le sue gambe non potevano più dargli.

"Rinoa, sei bagnata fradicia. Devi tornare dentro, possiamo parlare lì," disse Squall, guardandola impotente.

Voleva allungarsi a toccarla, esserci per lei, diamine, portarla dentro e non lasciarla più andare, ma la pazienza e l'autocontrollo erano i suoi migliori alleati in quel momento. Doveva lasciarle il tempo di digerire la verità. Non importava quale sarebbe stato il risultato; avrebbe aspettato con calma. Il tempo si era schiarito temporaneamente, ma sapeva che quella pace momentanea non sarebbe durata - sia nella pioggia che nel temperamento di Rinoa.

"No," sbottò lei fermamente.

Lui non poté valutare quella risposta. Era così definitiva e piena di forza; un brusco contrasto con l'aspetto piuttosto scarmigliato di Rinoa. Le alzò gli occhi su di lui, e lui cercò di leggere la sua espressione, ma tutto quello che poteva vedere erano le ciglia adombrate. I suoi occhi erano persi sotto al velo dell'oscurità. C'era una sottile aria misteriosa nel suo portamento; il tempo e la maturità avevano seguito il loro corso naturale. Lo intrigava e spaventava insieme. Cercò disperatamente di non mettere in dubbio la sua decisione, ma diventava sempre più difficile. Lei non era più la stessa persona che aveva lasciato il Garden tre anni prima...

Forse Zell aveva ragione, e lui aveva buttato all'aria qualsiasi piccola possibilità gli fosse stata offerta. Squall non era mai stato il tipo da permettere alla sua personalità impulsiva di metterlo nei guai. Questo fatto dimostrava solo l'amara ironia. Eppure, doveva aggrapparsi alla speranza. La speranza era ciò che lo aveva portato alla sua porta, ed ecco perché sarebbe rimasto - che venisse giù il cielo e si aprisse l'inferno.

Per quanto riguardava Rinoa, non aveva inteso di rispondergli così bruscamente, ma aveva scoperto che la risposta le era sfuggita dalle labbra di sua spontanea volontà. Era quasi automatico - una risposta difensiva in un tentativo pietoso di evitare ripercussioni emotive. Ah - che battuta del cazzo. Anche dopo solo pochi momenti della presenza di lui, era già nuovamente attirata in una tempesta di sensazioni, quella a cui aveva cercato di scappare ogni giorno degli ultimi anni.

Dannazione a lui.

Quindi l'unica cosa che era riuscita a dire era stato un monosillabo brusco. La sua mente urlava, pretendendo risposte, ma avrebbe dovuto essere paziente. Anche il suo cuore avrebbe dovuto aspettare il suo turno per avere risposte, ma in qualche modo le sue domande erano estremamente contrarie a quelle della sua mente. Era un altro caso di logica contro emozione; una guerra che Rinoa combatteva fin dall'infanzia.

Eppure, in questo momento, in questa battaglia, i fatti erano semplici: non poteva farlo. Diamine, non poteva nemmeno iniziare a capire che si trovava al momento faccia a faccia con un 'uomo morto'. Quelle settimane, anni, erano stati un vortice emotivo e in quel momento la sua sanità mentale affogava velocemente nella sua scia.

Se c'era qualcosa in cui credeva sin dall'infanzia era che le favole erano errori, geni e desideri erano solo immaginari, e che a nessuno era mai concesso un lieto fine, soprattutto a lei.

Apparentemente era seduta in silenzio. Dentro di sé, il suono del suo stesso respiro le echeggiava forte nella mente. Era come se entrambe le orecchie fossero tappate e un solo rantolo le risuonasse in testa. Era un sogno. Era un incubo. E in quel momento, era davvero molto reale.

Lui era vivo.

Fu con quella semplice rivelazione che il suo mondo iniziò ad avere un po', no, pochissimo senso. C'era un'unica cosa che le venne in mente e doveva chiedere, doveva sapere. Era una domanda semplice, ma di cui aveva disperatamente bisogno di conoscere la risposta...

"Perché?" disse con voce rauca, con il tono di voce che suggeriva che non era tanto una domanda, quanto piuttosto una preghiera.

Lui rimase lì, leggermente confuso. Forse non avrebbe dovuto essere così sorpreso, ma qualcosa dentro di lui sentì l'innato bisogno di indietreggiare. Era nella sua natura ritirarsi, mai sul campo di battaglia, ma nel proprio guscio.

"È stata un'idea del Garden," iniziò a rispondere. "Pensavo che-"

"-No, non è quello che intendevo." Le sue parole lo interruppero bruscamente, e il suo tono di voce rispecchiò la sua irritazione. Con una pausa profonda, trovò la voce e ancora una volta lo incalzò con un "perché?"

Niente scuse, non stavolta, si disse lui mentalmente.

Aveva perso già abbastanza. Era una domanda che lei gli aveva fatto tre anni prima. Al presente, comunque, non era intesa nello stesso esatto contesto, ma la risposta era ugualmente importante.

Allora, lui non ne aveva data una - onestamente non ne aveva da dare, o almeno non aveva una risposta che avrebbe ammesso o anche solo capito, a quei tempi. C'era anche una cosa che Squall aveva creduto fin dall'infanzia: le promesse immature spesso venivano fatte con buone intenzioni, ma mantenere quelle promesse non era così facile - volontà e fato di solito avevano obiettivi contrastanti.

Il fatto era che lui sapeva cosa intendeva dire lei. Lo aveva saputo non appena la parola era stata detta. La sua domanda non riguardava la semantica, la politica, o le missioni. Non era mai stato così, ma per lui era più semplice parlare del concreto piuttosto che dell'astratto. A volte, affrontare la verità era ancora doloroso. La sua mente lo aveva già affrontato, ma il suo cuore aveva sempre rifiutato di farlo - almeno completamente. C'erano troppi 'perché' anche solo per contarli, ma lui ci avrebbe dannatamente provato.

Perché aveva allontanato la persona che contava più di chiunque altro per lui?

Perché si era fatto vivo alla sua porta dopo tre anni, cercando perdono?

Perché aveva aspettato fino ad essere ritenuto morto per cercare di ricominciare a vivere?

Perché non lottare prima se qualcosa valeva davvero la lotta?

E perché, perché le aveva rivolto contro la sua più grande paura senza alcun segno esteriore di rimorso?

Non avrebbe mai potuto cancellare il passato, ma poteva cercare di spiegare al meglio delle sue capacità. In realtà non ci sarebbero state parole perfette o spiegazioni, ma qualsiasi cosa era meglio del silenzio codardo che le aveva offerto negli anni.

"Me lo chiedo ogni giorno." La voce gli si spezzò mentre si chinava per guardarla negli occhi. "Vorrei poterti dare una risposta che migliori tutto. non posso. E onestamente, non sono sicuro che potrò mai farlo."

Si costrinse a non dire la frase, 'non eri tu. Ero io'. Perché persino lui sapeva che quella frase era un luogo comune tanto quanto 'voglio solo restare amici'. Il problema era che lui sentiva davvero che era lui, o in questo caso le sue paure, ma cercare di articolare questa cosa con delicatezza era un'altra faccenda.

Lei dovette ammettere che la sua onestà era rinvigorente. Certo, non offriva motivi o consolazione, ma almeno non aveva cercato di avvolgere le sue illusioni in un pacchetto luccicante o un bel fiocco. Era qualcosa che non avrebbe mai potuto essere dimenticato. I ricordi lo avrebbero sempre perseguitato, e non sarebbe mai più stato come prima. Aveva bisogno di imparare a vivere con i suoi demoni, non negarli.

Era sorpreso da quanto facile fosse perdersi ancora nei suoi occhi. La mancanza di luce non offriva dettagli, ma lui poteva vederli. Li conosceva; aveva imparato a vederli nel suo cuore. Almeno lei gli permetteva questa possibilità, adesso.

Il loro contatto visivo non svanì mentre lui continuava, "numeri, percentuali, terapia, medici, farmaci... potrei fare una lista di tutto, e ancora non ti direi niente. Alla fine si riduce tutto a un fattore comune: io. Non so che parole potrei dirti, o anche solo come cominciare. Tutto quello che posso dire è che è stato... beh, è stato un lungo viaggio arrivare fino a qui."

"Con il tempo," mormorò lei, più a se stessa che a lui.

La frase di Rinoa lo confuse. Voleva così fortemente fare domande su quella risposta. Significava che c'era un tempo per loro nel futuro, o leggeva troppo tra le righe di quel commento? Non era da lui saltare alle conclusioni, ma d'altra parte questo era un territorio inesplorato.

Di nuovo, da parte di Rinoa, la risposta non era stata nulla più che automatica. Non ci aveva pensato, aveva solo parlato e se fosse giusto o sbagliato andava ancora stabilito. Lei distolse imbarazzata lo sguardo, rendendosi conto del suo passo falso, ma quanta parte della sua risposta era dovuta al suo cuore che voleva solo essere sentito? Con la testa voltata, cercò di capire anche solo una parte di ciò che stava accadendo.

C'era qualcosa di familiare in questo, non la situazione in sé e per sé, ma lui che cercava di abbattere mura quasi indistruttibili. In un certo parallelismo, lei uguagliò la mancanza di risposta di Squall sulla sua condizione a quel loro primo incontro anni prima. Forse le paure erano le stesse, molto diverse in natura, ma legate a una causa comune. Forse era ottimistico, ma lui aveva superato così tante cose in passato... aveva davvero percorso una lunga distanza per arrivare a questo punto della vita.

In tutta onestà, quanto poteva pressarlo adesso? Si rese velocemente conto che le sue azioni ed emozioni non erano meno complesse. Qual era stata la sua prima reazione nel vederlo, a parte il pensiero che stava probabilmente vedendo una specie di allucinazione?

Era stata correre tra le sue braccia e baciarlo appassionatamente.

Non poteva esattamente sorvolare su quel fatto irritante. Non c'era né giusto né sbagliato in quel momento. Era solo sopravvivenza, o nel suo caso, sopravvivenza emotiva. La mente era complicata e le persone trovavano modi diversi di affrontare le cose, proprio come avevano fatto per secoli. Loro non erano un'eccezione alle regole della natura umana.

Lui rimase in silenzio, dandole tempo. Lei ne era grata. C'erano così tanti ricordi che le attraversavano la mente, dall'infanzia al momento in cui aveva lasciato il Garden. Sapeva che i loro problemi non erano a senso unico, per quanto a lui sarebbe piaciuto darsi completamente la colpa. Lei non era stata innocente, né aveva finto di esserlo. Anche nella loro relazione, aveva testato i limiti, alcuni dei quali non avrebbero mai dovuto essere messi alla prova.

Questo non era il momento di giudicare lui o i suoi demoni; sfortunatamente, lo aveva già fatto per anni. Ora era solo il momento di capire il presente. Cinque minuti prima lui non era altro che un fantasma, ora era inginocchiato davanti a lei, a chiedere qualcosa... perdono, redenzione, o qualche solo una qualche forma di comprensione?

Lei aveva bisogno di sapere come fosse arrivato a quel punto... come era arrivato alla sua porta?

"Allora, era tutto una finzione."

Sfortunatamente, la sua domanda non uscì come tale, più come un'affermazione disgustata. Anche a se stessa era sembrata scocciata. Non lo era davvero, solo confusa.

"Fondamentalmente, il funerale come minimo," rispose lui.

Rinoa evitò ancora di guardarlo, e lui capiva completamente il perché. Lui poteva a malapena guardare se stesso, in quei giorni. Di nuovo, tutto ciò che poteva vedere era ciò che i lampioni permettevano nell'ombra. Espirò, contemplando solo quanto condividere. Non era che volesse tenere delle cose segrete; sapeva solo che lei aveva bisogno di un'idea di base - i minimi dettagli li avrebbe detti dopo... o almeno pregava che ci fosse un 'dopo'.

"Sono davvero andato a Dollet per un servizio di sicurezza con i rappresentanti di Balamb. Una volta che loro sono entrati e la conferenza era in corso, Zell e io ci siamo avviati a pranzo. Ero solo in piedi lì, e poi... Dio, tutta la questione era così dannatamente vigliacca. Era così diverso da quello che pensavo. Non riesco a descriverlo - solo un miscuglio macabro di dolore e pace. Avevo già accettato la cosa, ma... non ho mai proprio pensato che sarebbe finita così... o meglio, quasi finita. Non che non ci avessi pensato, probabilmente ero molto più ossessionato dalla morte di quanto avrei dovuto, ma dato il mio lavoro... pensavo solo che sarebbe stato..."

"In battaglia?" terminò lei la frase. Non sapeva perché lo aveva fatto, era solo istintivo. Ruppe anche quell'ultimo grammo di decisione, e si trovò a voltarsi a guardarlo. Forse il suo subconscio aveva bisogno di verificare che lui fosse davvero lì.

Quando lo guardò negli occhi, fu una lotta contro la sua volontà, anche se sapeva che la sua decisione stava già vacillando. Quando stavano insieme, lui non aveva mai parlato della morte, almeno non diffusamente, oltre a qualche commento casuale. Fino a quel momento, aveva conosciuto solo la sua incertezza basandosi su quello che era successo nella sala d'attesa di Galbadia. Era stato l'unico momento in cui l'aveva visto perdere inusualmente le staffe.

Beh, non l'unica volta, si corresse.

Forse quello sfogo era stato una bandiera rossa che prevedeva gli eventi del futuro. Tristemente, nessuno ci aveva fatto attenzione, perché, molto semplicemente, l'eroe non fallisce - e nessuno scrive una favola a quel modo.

"Sì," fece lui scrollando le spalle.

Non c'era modo di negare la sua paura; era quasi un sollievo che lei capisse. Dio, questo gli mancava. Nessuno lo capiva, capiva la persona che era davvero, o provava anche solo a farlo. Conoscevano la maschera che indossava, ma mai l'uomo che c'era dietro. I terapisti non erano amici; era il loro lavoro capirlo, non per scelta, ma per soldi. Rinoa voleva onestamente sapere esattamente chi era lui; lo aveva sempre voluto, anche se lui non voleva essere conosciuto.

Eccolo lì, a confessare i suoi peccati a un angelo. Poteva non esserci salvezza alla fine, ma almeno ci sarebbe stata onestà. Ad ogni modo, nemmeno i suoi medici gli avevano parlato di questo, o almeno per quanto riuscisse a ricordare.

"In battaglia, era come se stessi combattendo per un motivo, giusto o sbagliato, pagato o no. Era comunque uno scopo e potevo accettarlo, ma questo... una possibilità, credo, ecco cosa mi ha preso quel bastardo. Tutto quello che chiedo in battaglia è una possibilità di avere successo o fallire. In ogni caso, sarebbe per le mie stesse azioni."

Non avrebbe dovuto turbarla il fatto che lui sembrasse così emotivamente vulnerabile... o forse quella era solo la sua emozione che si rifletteva sulle sue percezioni. Non voleva sentirsi così; voleva sentire la rabbia, sentire un po' del risentimento che si era costruito negli anni. Rinoa Heartilly sarebbe stata dannata se gli avesse permesso di entrare lì e senza spiegazioie farla sentire... beh, esattamente quello con cui stava lottando ora.

Aveva bisogno di cambiare argomento. Le si seccò la bocca quando cercò di trovare la voce. "Chi lo sa?"

Per un breve momento, lei non poté evitare di sentirsi un pochino tradita dai suoi amici. Certo, sempre che sapessero di quella farsa. Quando qualcuno tira una riga tra il seguire gli ordini piuttosto che essere una spalla su cui piangere?

E peggio ancora era il fatto che lei glielo aveva detto. Lei aveva detto loro il segreto che aveva giurato di proteggere. Ora, con quel gesto del destino, era passata ancora dal ruolo di vittima al ruolo di traditrice. Non era stato deliberato, ma sapeva che Quistis e Selphie avrebbero visto Squall sotto una luce diversa. Lei era l'unica vera responsabile di quel fatto e lui non l'avrebbe mai perdonata. Lei aveva promesso - non a lui direttamente, ma a Cid appena prima di andarsene, e ora aveva infranto quella fiducia.

"Chi lo sa?" Lui trattenne una risata amara. La domanda era semantica. Onestamente non sapeva quante persone sapessero del suo stato di 'assente ingiustificato'. Quel dettaglio era incerto. Diavolo, per quanto ne sapeva, Zell poteva essere ancora addormentato e non sapere nulla nel furgone. Sperava davvero che lo fosse; non voleva pensare alle conseguenze del domani... non in quel momento, non quella sera. Sapeva anche che non era questo che intendeva Rinoa; la sua domanda riguardava l'intera missione.

"Alcune persone scelte sanno che non sono morto: Cid, Zell, la dottoressa Kadowaki, e alcuni membri dello staff medico di Dollet, anche se sono sicuro che il Garden si è già assicurato il loro silenzio."

"Quindi la bugia era davvero per tutti?" Rinoa si chiese se sembrava sollevata o arrabbiata; onestamente era un miscuglio di entrambe le cose.

"Sì, lo era." Lui si scostò i capelli dal viso. La pioggia stava diventando più un'irritazione che un disagio. Voleva davvero che lei tornasse dentro, ma sapeva che parlarne di nuovo sarebbe stato inutile.

"Hai fatto una pausa," sussurrò cercando di capire - c'era un significato sottinteso nella sua risposta e lei aveva bisogno di sapere.

"Cosa?"

"Un secondo fa hai fatto una pausa quando ti ho chiesto chi sapeva. Perché?"

Anche dopo tutto quel tempo, lui non poteva nascondersi da lei. Voleva sorridere, ma non era il momento di farlo. D'altra parte non era mai stato conosciuto per il suo tempismo. Non poteva evitarlo. Era strano e raro e possibilmente più un segno di sollievo nervoso, ma un sorriso minuscolo gli si formò sulle labbra.

"Perché, Rinoa, non so chi sa che sono qui."

Lei si portò la mano alla bocca per lo shock. Non aveva mai immaginato che lui violasse un ordine, e questo era esattamente quello che lui sottintendeva. Nel loro passato, lui poteva aver 'piegato' le regole a volte, soprattutto riguardo a lei, ma lui non aveva mai apertamente sfidato il Garden di Balamb. Esthar, suo padre, Martine, e svariate altre figure autoritarie sì, ma non aveva mai apertamente sfidato Cid Kramer.

"Squall," disse lei piano, chiudendo brevemente gli occhi.

Non aveva altra risposta. Non c'era nulla che potesse dire che non sarebbe sembrato forzato o stremato. Voleva così tanto credere che questo fosse reale, e accettare le sue parole come la verità. Eppure, era quasi troppo perfetto. Non poteva permettersi di affrontare di nuovo questo dolore.

"Dovevo..." cercò di spiegare lui, ma semplicemente non poteva. Non finì mai la frase.

Alla fine, cedette alla stanchezza del suo corpo e cadde sul suo peso, con le ginocchia a terra. Ignorò la pioggia, l'indolenzimento, e tutte le sensazioni sgradite che gli dilaniavano il corpo. Il suo disagio era irrilevante.

La sua decisione iniziava a vacillare; era ora o mai più. Aveva bisogno di dirle come l'aveva ascoltata al funerale, come aveva sentito le sue parole. Erano state quelle parole a dargli speranza, quelle parole a guidarlo lì. Con un respiro profondo, cercò di riprendere quella scarica di adrenalina che prima lo aveva spinto sempre avanti.

"Il funerale, Rinoa... lì è stato quando è cambiato tutto."

"Squall," ripeté lei, detto come forma di incoraggiamento stavolta. La differenza nella sua voce era sottile, ma lui capiva bene le sue intenzioni.

A un osservatore esterno, la scena avrebbe potuto ricordare un uomo che pregava o implorava perdono. Il Comandante poteva essere in ginocchio, ma era solo dovuto alla debolezza del suo corpo. Non l'avrebbe mai implorata, non era nella sua natura, ma aveva davvero così tante cose che aveva bisogno di confessare.

"Non pensavo che saresti venuta..." Le sue parole erano esitanti; era ancora difficile ammettere quelle cose. "Ti ho visto lì... e in qualche modo è cambiato tutto. Non mi piaceva mentire agli altri... ma a te... non potevo, non di nuovo. Anche in morte avevo trovato il modo di continuare a ferirti e quella non è mai stata la mia intenzione, devi crederlo. Mi ha quasi ucciso vederti così... a un certo punto, Zell è stato costretto a trattenermi fisicamente dal farmi vedere al mio stesso funerale."

"Perché pensavi che non sarei venuta?" riuscì a dire lei con voce strozzata. Lui lo credeva onestamente? Quel semplice fatto la turbava più di quanto lei potesse mai capire.

"Perché ti ho ferito." La sua risposta fu breve e diretta.

Quella di lei lo fu altrettanto. "Sì, l'hai fatto."

Lui distolse lo sguardo, spostando gli occhi sul cemento. Sembrava così vulnerabile, qualcosa che lei desiderava non fosse. Nella sua debolezza, fece l'unica cosa che aveva mentalmente giurato a se stessa che non si sarebbe permessa di fare - allungò una mano tremante.

Per un secondo, le sue dita esitarono sulla fronte di lui. Con il suo viso umido per la pioggia, sembrava così consolante e stranamente proibito. Ora si trovò anche con un minuscolo indizio di sorriso sul volto. Si era aggrappata a questo rancore per abbastanza tempo. Forse si sbagliava, potevano essere amici. Forse in certi sensi, ognuno aveva bisogno di quel fondamento per essere in grado di continuare le loro vite separate...

Dopo tutto quel momento, forse non c'era bisogno di dire addio, ma solo 'sono contenta di averti conosciuto'.

"Squall... certo che ci sarei stata. Sei sempre stato importante per me e lo sarai sempre. Non ho mai voluto che finisse così... mai." La sua voce esitò. Il fatto era che non aveva mai voluto che finisse, ma quello era solo un sogno irrealizzabile.

Lui aveva sentito l'elettricità del contatto. Se lei conoscesse o meno l'effetto che aveva su di lui, lui non sapeva dirlo. Sarebbe potuto restare così per sempre, semplicemente in un eterno stato di non conoscenza, in un posto dove lei non lo stava ancora rifiutando, almeno non del tutto. Lì, in quel momento, lei era vicina e accogliente. Dio, quanto aveva bisogno di questo, aveva bisogno di sentirsi così; si era sentito vuoto così a lungo.

Questo non poteva durare, lo sapeva. Lei gli avrebbe detto di andarsene, di tornare al Garden e alla sua 'missione', a prescindere da quanto approssimativamente lui la definisse. Il problema era che lui non era arrivato fin lì solo per esistere appena. Sapeva che non sarebbe mai potuto tornare, almeno, non alla compiacenza che era arrivato ad accettare.

Il Garden poteva perdonarlo per aver abbandonato la missione, diavolo, sapeva che lo avrebbero fatto ed era quello il problema. Loro non volevano Squall Leonhart, solo il suo personaggio. Ci sarebbe stato un piccolo rimprovero, ma se lui fosse stato un semplice altro SeeD, questo avrebbe significato congedo immediato. Il fatto che le regole non fossero applicate a lui non era necessariamente una buona cosa.

Questa era la sua unica possibilità con lei. Era ora o mai più; doveva dirle la verità, a prescindere da quanto fosse dolorosa.

"Rinoa, ti ho sentito."

"Eh?"

I suoi occhi si mossero dal cemento a lei, in un ultimo disperato tentativo di guardarla ancora per un minuto.

"Non sono venuto fin qui per tornare indietro, ora. Devi sapere perché sono qui, perché sono davvero qui..."

All'improvviso gli sembrò di essere scivolato in uno stato irreale. Miracolosamente, non sentiva alcuna paura; era come se fosse fuori dal suo corpo, a sentire questa conversazione come un passante casuale. Certo, questo era ben lontano dalla verità, ma nonostante questo si sentiva stranamente calmo. Forse sapeva quale sarebbe stata la sua reazione e in un qualche modo malato, sarebbe stato meglio essere rifiutato piuttosto che essere in questo limbo eterno.

"Come ho detto, la parte a Dollet non è stata una finzione. C'è davvero un assassino, e a quanto pare io dovevo essere la prossima vittima... qualche stronzata psicologica diceva che c'era una buona probabilità che chiunque fosse, sarebbe venuto al mio funerale, quindi... Cid ha fatto mettere sicurezza extra ovunque... e includeva avere microfoni nella bara."

"Di cosa stai parlando?" iniziò lei, in qualche modo sconcertata. Il vero senso della sua frase non le era ancora chiaro, anche se aveva una sensazione angosciante ovunque.

Con un profondo respiro, lui appoggiò la guancia contro la sua mano, che gli accarezzava ancora il viso. Solo un ultimo secondo...

"Rinoa, dopo il rito funebre tu... mi hai detto delle cose. So che non pensavi che ti avrei davvero sentita, ma l'ho fatto."

In un battito di cuore, lei capì cosa volesse dire. Ricordava di avergli parlato, ma non poteva affatto ricordare cosa aveva detto. Era stato un momento estremamente emotivo e anche se non poteva ricordare i dettagli, poteva ricordare il sentimento in genere. Lui l'aveva sentita, aveva sentito quello che provava e come lei provasse ancora ogni emozione che aveva cercato di reprimere o di negare.

Lui l'aveva sentita.

La Strega poté sentire la rabbia che saliva. Non era colpa sua, ma sembrava la definitiva invasione della privacy. La mano che aveva posato sulla sua guancia gli spinse via con forza la testa, così che lui non la guardasse. Non aveva voluto spingere così forte, ma d'altra parte non fece alcun tentativo di essere delicata.

"Vattene," ordinò.

Con nuova decisione, si alzò bruscamente. Voleva gridare contro di lui, rimproverarlo per aver violato una santità - quella tra lei e... beh, lui, ma una versione morta di lui. Certo, quel dettaglio tecnico sembrava ridicolo, persino a lei. Eppure dubitava che lui avesse dovuto ascoltare tutto - a meno che lui stesse davvero cercando di toglierla dai sospettati, cosa di cui dubitava fortemente.

Iniziò ad andarsene, ma non seppe perché. Eppure, c'era una minima parte di lei che era quasi sollevata, per quanto fosse impossibile da ammettere, che le sue parole non fossero state vane. Di nuovo, non poteva esattamente ricordare cosa avesse detto alla sua bara, dato che era un completo disastro emotivo in quel momento. Non che ora fosse la ragazza immagine della stabilità mentale, anzi, tutto il contrario.

Allora perché se ne stava andando?

Forse perché era più facile che guardarlo negli occhi e affrontare le sue stesse confessioni. Aveva fatto solo pochi passi prima di sentire qualcuno che le afferrava il braccio. A dire la verità, era segretamente grata che lui non l'avesse ascoltata.

In qualche livello inconscio, forse lo stava mettendo alla prova, per vedere solo quanto facilmente lui avrebbe ceduto o quanto avrebbe lottato. Si odiava per quei pensieri; quella specie di guerriglia mortale non le era valsa a nulla tre anni prima. Avrebbe dovuto imparare la dannata lezione, ormai.

"No."

La sua risposta era ferma. Squall non aveva mollato la presa ed era riuscito a farla voltare, in modo da vedersi faccia a faccia. Lei si era trovata abbastanza vicina alla porta scorrevole da appoggiarcisi contro per avere supporto. Ora, era stretta tra il vetro bagnato e la pressione del corpo di Squall.

"Rinoa, guardami negli occhi e dimmi che non mi ami ancora... e allora me ne andrò."

"Perché, perché mi stai facendo questo? Non mi hai già fatto male abbastanza?" Non poté evitare le lacrime che iniziarono a cadere. Fortunatamente erano camuffate dalla pioggia, o almeno così sperava. Giurò che lui non l'avrebbe mai vista piangere per lui. Mai più.

"Pensavo che tu fossi morto Squall... non dovevi sentirlo."

"Rinoa, questo non è vero. Stavi parlando a me. Avevo ogni diritto di sentirlo. L'unica differenza è che ero ancora vivo e allora ho saputo che c'era una possibilità di salvare noi."

"Squall, non c'è nessun noi. È troppo tardi."

"Davvero? Dammi solo un'unica ragione valida per cui non possiamo riprovarci... non è mai stato facile, ma ne è sempre valsa la pena."

"Basta!" L'ultima cosa che voleva fare era ricordare. "Solo... perché sei qui, davvero? Squall, dimmi cosa vuoi."

"Te, solo te."

Negli ultimi tre anni, le era sembrato che la sua intera esistenza fosse passata a scappare da lui. Dalle bugie, dal dolore, e dal preciso lavoro che gli era caro più di ogni altra cosa. Ora non stava più scappando da lui, ma scappava dal vuoto vago della sua solitudine.

Le loro labbra si incontrarono con passione feroce, qualcosa di sfrenato, qualcosa di conosciuto, una volta. Era tempo di mettere da parte tutti i dubbi e vivere solo nel presente. Sentire le sue braccia intorno a sé, sentire il suo corpo schiacciato forte contro il proprio. La pioggia continuò a cadere a dirotto, ma i due oramai non se ne accorgevano più. Aumentava solo il loro bisogno, mentre le gocce sembravano migliaia di piccole dita che li abbracciavano tutte in una volta.

E poi lui capì...

Anche se era in un posto in cui non era mai stato, in una città in cui andava di rado, Squall Leonhart era finalmente a casa.

*****
Nota della traduttrice: vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear (a cui ho inoltrato già i commenti ricevuti finora; attendete la risposta XD). Inoltre, è da poco attiva anche la pagina fan su Facebook! La trovate qui, e gli aggiornamenti verranno segnalati anche tramite la pagina fan (sia in italiano che in inglese!).
Inoltre, piccolo momento di "promozione" personale: ho aperto anche una pagina Facebook mia, dove segnalo gli aggiornamenti delle traduzioni - tutte, anche di altri fandom - e delle mie storie (i cui aggiornamenti sono più rari, ma vabbè...): la pagina è questa :) E vi ricordo anche l'apertura dell'archivio dedicato esclusivamente a Final Fantasy, Kingdom Hearts e Dissidia, che trovate qui. Alla prossima! - Alessia Heartilly

   
 
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