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Autore: xsslender    05/08/2013    0 recensioni
Lui mi diceva ridendo che era un libro aperto. Ma io non la pensavo così, era complessato, complicato e, anche conoscendolo, non riusciresti ad immaginare quello che pensa. Forse si, era un libro aperto, ma scritto in una lingua comprensibile solo a lui. Oppure era un libro aperto davvero ma il problema ero io, il problema eravamo tutti noi, che non sapevamo leggere. Non sapevamo leggere i suoi occhi.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mi svegliai con gli occhi tutti rossi e mi misi la divisa svogliatamente.
Mi misi le scarpe e scesi giù.
«Ella, vuoi mangiare qualcosa?» mi chiese mamma preparandosi il caffè.
«No mamma, grazie.» mi avvicinai allo specchio per mettermi il fondotinta e la matita.
«Sicura? Avrai fame più tardi.» mise il caffè in una tazzina e ci mise un cucchiaino di zucchero che girò.
«Tranquilla.» finii di truccarmi e uscì.
Okay, avevo perso la mia migliore amica. Okay, Justin mi ha baciata. A quel pensiero arrossii. Justin, tra tante ragazze bellissime che gli vanno dietro, ha scelto proprio me. Non so se per lui è così, ma con tutte le probabilità no, quello era il mio primo bacio. Ed è stato fantastico. Faccio una giravolta. Però non so come farmi perdonare da Fanny …
Lo so, dovrei lasciarmi Justin alle spalle. Dovrei, devo. Lo farò.
 
Mi sistemai la giacca della divisa e mi guardai allo specchio. Non riuscivo a non sorridere. Ieri ho dato il mio primo bacio, e l’ho dato ad una ragazza meravigliosa e che mi piaceva davvero. Mi guardai allo specchio di nuovo e vidi il mio volto sorridente. Era da tanto che non sorridevo così e che non mi sentivo così bene. Con un bacio, ha portato via i miei problemi, i miei incubi, i miei genitori. Entrai in cucina e mi presi un toast.
«Justin, buongiorno» mi disse mamma bevendo un po’ di the, mi sedetti a tavola di fronte a lei.
«Buongiorno» le dissi sorridente e lei mi fece un enorme sorriso. Questo sorriso è contagioso, presi la cioccolata e la misi sul toast.
«Oggi tuo padre ti verrà a prendere prima.» mi guardò dolce.
«Perché?» chiesi, non mi rispose. Ci pensai un po’ sopra. «Ah, si, giusto, scusa mamma, me n’ero dimenticato.» persi il sorriso guardando triste il latte caldo davanti a me.
«Sai che non possiamo fare altrimenti,» disse guardandomi triste. «Più tardi non potremmo, dobbiamo andare a lavoro.»
«Lo so mamma.» la guardai e le feci un sorriso falso. «Grazie.» anche lei mi sorrise e mangiai il mio toast in silenzio.
 
E oggi come andrà? Il rapporto tra me e Justin è cambiato? Tante domande ma nessuna risposta. Se oggi mi saluta, lo saluto. No, se mi saluta, faccio la fredda e gli chiedo un appuntamento per Fanny. Si, così è deciso.
«Ehi, Phiss!» mi salutò qualcuno alle mie spalle, mi girai lentamente terrorizzata. Era Cristine. Sospirai. «Che ti prende?»
«Nulla, nulla!» le sorrisi. «Ciao anche a te, Cristine.» entrammo a scuola.
«Che ora devi fare?» le chiesi.
«Biologia.» disse lei triste. «Quella ce l’ha con me! E io non ho nemmeno studiato! Oggi interrogherà a me per prima, sono sicura. Spero a te sia andata meglio»
«Sicuramente,  ho inglese!» le dissi sorridendola. «Anche lei interroga oggi, ma non ce l’ha con me.»
«Ciao, Phiss!» mi disse dolcemente qualcuno alle mie spalle. Mi si illuminarono gli occhi, mi girai, gli buttai le braccia al collo.
«Fanny!» l’abbracciai con così tanta foga che cademmo a terra. Guardai bene e notai che non era Fanny, era Justin. Era a terra, io a cavalcioni su di lui. Era arrossito. Arrossii anche io e mi alzai velocemente. «Scusa.»
Si alzò. «Non ti preoccupare, sto bene.» mi fece un sorriso enorme. «Come stai?» diedi un’occhiata a Cristine, era paralizzata da lui. Fa a tutti questo effetto, a quanto pare.
Mi incupii. «Senti Justin, dobbiamo parlare.» perse il sorriso e mi guardò a lungo.
«O-okay.» disse poi.
«Cristine, tu puoi avviarti.» le sorrise, anche lei mi sorrise annuendo ed entrò nella classe n 18, la classe di fisica. Presi Justin per la mano e lo guidai davanti i bagni. «Justin, io …»
«Scusa, non volevo baciarti ieri.» disse triste.
«No, non è questo …» guardai a terra e poi lo guardai. «Justin, tu piaci alla mia migliore amica, non può funzionare tra di noi, capisci? Io … Non so cosa provo, ma … questo fatto di Fanny  mi blocca … Tu devi stare con lei, abbandonarmi e pensare a lei. E ora per favore, fissiamo una volta per tutto questo fottuto appuntamento!»
Guardò a terra.«Oggi sono impegnato, domani alle otto e mezza al ristorante in piazza?»
«Va bene, grazie.» se ne andò urtandomi la spalla con la sua, mi sentii scendere le lacrime e scappai nel bagno massaggiandomi la spalla.
Entrai nel primo bagno e mi rannicchiai dietro la porta. Presi il cellulare e con le lacrime agli occhi inviai il messaggio a Fanny. “domani alle otto e mezza al ristorante in piazza.:)”
La sua risposta fu rapida. “Non ci credo che tu l’abbia fatto … grazie Phiss! Ti voglio bene.” Sorrisi tra le lacrime.
“Anche io, ma sii puntuale!” posai il cellulare nello zaino e piansi per un altro minuto e mezzo, poi mi alzai, mi asciugai gli occhi e andai in classe.
 
Fanny venne a sedersi vicino a me, le feci un enorme sorriso e ci abbracciamo.
«Mi sei mancata.» le sussurro durante l’ora di inglese.
«Anche tu, scusa per la scenata.» guardò a terra. «Ma ero gelosa e un po’ incazzata.»
«Ho cercato di rimediare.» le sorrisi e tornai ad ascoltare la lezione, ripensando a Justin oggi e ieri.
 
«Ma mamma, ti ho detto che non volevo venire al cimitero a trovare nonno!» dissi e guardai mamma con i fiori in mano avviarsi verso la tomba di nonno. Odiavo il cimitero, mi metteva un’ansia e una paura terribile. Incrociai le braccia.
«Tesoro, sai che saremmo dovute venire la settimana scorsa!» si mise davanti la tomba di nonno e si fece il segno della croce, la imitai.
«Perché papà è potuto rimanere a casa?» dissi mentre la guardavo togliere i fiori secchi e brutti dal vaso.
«Perché è maggiorenne e vaccinato, fa quello che vuole e io non posso obbligarlo.» mi diede il vaso e i fiori vecchi. «Butta i fuori e riempi il vaso d’acqua.» Presi il tutto e mi avviai verso la fontana. Quando arrivai, c’era una persona davanti a me. Finii e quando si girò la riconobbi: era la madre di Justin!
«Signora, che sorpresa vederla qui!» le sorrisi, lei mi guardò e mi sorrise.
«Ehi, Ellaphiss! Che bella sorpresa! Sei da sola?» mi chiese.
«No, c’è mia mamma, siamo venute a trovare nonno. Lei, invece?» le chiesi, sperando di ricevere un no come risposta. Speravo che ci fosse anche Justin.
«Nemmeno io sono sola, ci sono mio marito e Justin.» mi indicò una tomba non troppo lontano dalla tomba di nonno e vidi Justin accanto ad un uomo altissimo. «Sarebbe felice di vederti, perché non lo vai a salutare?» arrossii e lei mi mise una mano sulla spalla sorridendomi. «È un momento difficile, sarebbe felice di vedere una persona amica vicino a sé.»
«Lei dice?» guardai Justin, poi la madre ed annuì. «Non lo disturbo?» mi disse ridendo di no. Riempii il vaso d’acqua e buttai i fiori, poi andai da mamma e le diedi il vaso. «Mamma, vado un attimo da un mio amico, è vicino.»  Lei non mi sentì nemmeno, meglio così.
Vidi la signora Grace avvicinarsi al marito, sussurrargli qualcosa e allontanarsi seguita da lui. Mi avvicinai piano a Justin. Stava guardando la tomba di una donna e di un uomo, si vedeva che stava per piangere. Era così concentrato che non si accorse nemmeno della mia presenza. Solo quando si sedette a terra sui talloni, si accorse di me.
«Ciao.» gli dissi dolcemente e sedendomi vicino a lui. Strabuzzò gli occhi.
«Ehi …» mi rispose freddo, evidentemente ricordandosi di stamattina. Alzò a lungo gli occhi al cielo, forse per ricacciare dentro le lacrime. Guardai anche io la donna e l’uomo. La donna aveva i capelli ramati e un sorriso dolce che ricordava vagamente quello di Justin.
«Che bella donna,» gli disse e lui annuì piano. «Chi è?»
«Mia madre.» disse. Rimasi a bocca aperta notando la somiglianza tra lei e Justin. Guardai la signora Grace che stava parlando col marito molto più lontano da noi. Justin seguì il mio sguardo e parve leggermi nella mente. «No, loro mi hanno adottato.»
Ora si spiegava perché erano così diversi. Guardai anche l’uomo. Sembrava Justin a quarant’anni.
«E quello è tuo padre, giusto?» lo guardai, annuii e le lacrime gli ritornarono. Nessuno nella scuola sapeva che Justin era stato adottato, nientemeno che i suoi genitori fossero morti. Volevo chiedergli di più, su di lui, su i suoi genitori, su come fossero morti, com’erano, se ha ricordi di loro, ma era già abbastanza distrutto.
Lo sentii singhiozzai e notai che era in lacrime. «S-scusa.» si mise le mani nei capelli e guardò a terra, piangendo. Non avevo mai provato il dolore, che stava provando lui, ma potevo capirlo.
Lo abbracciai e lui strabuzzò gli occhi, ma non mi scostò da sé. Lessi la data della loro morte, erano morti quando lui aveva otto anni.
Si alzò, mi alzai anche io, lui mi abbracciò stringendomi forte e mettendomi la testa sulla spalla. Lo strinsi anche io accarezzandogli i capelli. Deglutii e presi forza.
«Justin, come sono morti?» gli chiesi, pentendomi subito.
Smise di singhiozzare per un po’. «Li hanno uccisi ferocemente.»
No, non ci credevo. Justin, una persona così dolce e tranquilla, ha un passato oscuro alle spalle: i genitori uccisi ferocemente. Come si faceva ad uccidere una coppia così adorabile che aveva anche un figlio?
La signora Grace venne vicino a noi accarezzando la spalla di Justin. La guardavo con altri occhi ora, non era la madre naturale di Justin. Però rimane comunque una brava persona: ha ridato una vita ad un ragazzino disorientato che ha visto i genitori morire per chissà quale orrendo motivo.
«Justin, dobbiamo andare.» le disse dolcemente. Si asciugò le lacrime.
«Proprio ora? Non possiamo rimanere un altro po’?» le chiese girandosi per guardarla negli occhi.
«Mi spiace, dobbiamo andare a lavorare, lo sai.» le sorrise e notai che anche il marito dietro stava guardando Justin dolcemente con un sorriso sulle labbra. Era alto, magro, con i capelli castani e gli occhi dello stesso colore.
«Se lei permette, signora, possiamo accompagnarlo io e mia madre a casa. Viviamo vicini e non ce ne andremo così presto.» le dissi audace. «Sempre se lei ci da il permesso.»
«Certo,» disse e mi sorrise sussurrandomi un grazie, bacio la fronte di Justin. «Ci vediamo stasera a casa.»
«Ciao Grace.» notai che invece di chiamarla mamma come al solito, l’aveva chiamata Grace. Se ne andò seguita dal marito. «Non riesco a chiamarla mamma nel giorno della morte dei miei genitori.» mi confessò, di spalle. «E nemmeno Louis riesco a chiamare papà come al solito. Capiscono, c’hanno fatto l’abitudine.» sospirò poi si girò verso di me e mi sorrise. Il primo sorriso del pomeriggio, ed era dedicato a me. «Sei sicura che per tua madre vada bene che ci sia anche io?»
Annuii. «Non ti preoccupare, in macchina siamo solo io e lei, ci andremo tutti!» gli sorrisi, mi sorrise debolmente.
 
Dopo un quarto d’ora, partimmo. Mamma si mise alla guida e io e Justin occupammo i posti di dietro.
«Grazie per il passaggio, signora.» disse a mia madre rivolgendole uno dei suoi splendidi sorrisi. Mamma rimase ipnotizzata per un po’, come tutte, d’altronde, poi gli ricambiò il sorriso.
«Ma figurati, chiamami Claire.» mise in moto la macchina.
«Piacere, Justin.» gli vidi scambiarsi un sorriso attraverso il finestrino retrovisore e per un po’ fui gelosa di mamma.
Justin guardava fuori il finestrino triste, io mi guardavo le mani rimuginando su tutto quello che mi aveva detto oggi pomeriggio, non era molto, ma a me bastava. Per ora.
Lo sentii muoversi e lo guardai avvicinarsi a me e poggiando la testa sulla mia spalla. «Ti dispiace?» mi sussurrò.
«No.» gli sussurrai a mia volta. Chiusi gli occhi e appoggiai la testa sulla sua, chiudendo anch’io gli occhi e rilassandomi.
 
  
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