PART ELEVEN –
“THE AGONY OF THE TWILIGHT”
Il silenzio aveva ripreso a regnare incontrastato in quella zona isolata del
parco. Akane fissava Kuno, come per studiarlo. Sembrava più strano del solito.
Pure Tatewaki era tornato zitto, come se stesse cercando le parole più
appropriate per iniziare il suo discorso. Akane si immaginava che avrebbe
ringraziato gli dei per quell’appuntamento o qualcosa del genere. Eppure quella
brutta sensazione non l’aveva ancora abbandonata.
Anche la natura, come per un tacito accordo, rimaneva muta. Non un filo di
vento. Gli uccelli non cinguettavano. Unici a fare una sorta di rumore erano
alcuni piccioni, posatisi sopra un cespuglio: intenti a beccare, forse in cerca
di cibo. Un paio di essi provavano a tirare via quello che pareva un vermetto o
una cosa simile. Ma si trattava di un codino. In quanto al proprietario del
codino, e della testa che gli altri piccioni continuavano incuranti a beccare,
questo non si era paradossalmente neppure accorto della loro presenza: preso
com’era da tutt’altri pensieri.
Kuno finalmente si riscosse.
“Akane.”
“Cosa?” domandò lei, cauta.
“Guarda, guarda i ciliegi!”
I ciliegi? Ma la giovane Tendo era abituata alle stranezze del senpai, così lo
assecondò.
“Le cose belle non durano.” continuò lui. “Guarda questi ciliegi: un tempo erano
in fiore, ed il loro profumo rallegrava l’aria circostante. Ma ora – ora cos’è
rimasto di essi? Se non dei rami secchi e spogli.”
Decisamente non era una dichiarazione d’amore, pensò Akane. Anche Ranma fu
sorpreso da quello strano soliloquio. Entrambi si chiedevano dove quell’idiota
volesse andare a parare.
“Tu eri una ragazza unica, Akane: bella e forte, indomabile. Eppure adesso –
vedi, null’altro domina se non l’agonia dell’autunno.”
I pensieri di quella mattina erano tornati vivi nella mente di Tatewaki.
*La mia rosa rossa… ma anche i fiori più belli finiscono per appassire…*
rifletté ancora una volta.
“Felice utopia è il fiore che non si sgualcisce.” riprese. “Parafrasando il
poeta. Felice, più felice l’Amore, fervido e sempre da godere – quello che
spinge l’audace amante, scolpito nella pietra o dipinto sulla tela, ritratto
nel momento immediatamente antecedente a quello del bacio alla sua amata: mai,
mai egli potrà portare a termine il bramato gesto. E godrà, proprio per questo,
in eterno del suo desiderio insoddisfatto. Nossignore. Non c’è sentimento più
bello che quello rivolto ad una fanciulla irraggiungibile, non credi anche tu?”
Akane sussultò inavvertitamente.
“Il mio cuore piange.” disse Kuno. “Tu non sei più quella d’un tempo. L’estate è
finita. E purtroppo non tornerà.” sospirò in maniera teatrale. “Maledetto fu
quell’incidente. Non perdonerò mai quella sciocca di mia sorella. Credimi, non
volevo che andasse in questo modo: eppure dovevo saperlo, le cose belle non
durano.”
Scostò con grazia la frangia dalla propria fronte.
“Si vede, tuttavia, che questo giorno era segnato dal destino. Il giorno del
nostro appuntamento. Il giorno in cui ho conosciuto colei che mi ha cambiato la
vita.”
Ranma soffocò alla buona uno starnuto improvviso. Non si stava mica riferendo
a…
“Stamane, all’uscita da scuola, ho sistemato quel pazzo del nostro preside. E’
un vero peccato che tu non abbia potuto assistere alle mie grandi gesta. Sai, è
proprio in quel frangente, che l’ho vista.”
Si massaggiò il capo dolente, ricordo dolceamaro del colpo di fulmine – e non
solo – ricevuto quella strana mattina. Bella. Bella quella fanciulla. E forte.
Molto forte. Non era come le altre. L’aveva sconfitto. Lui, nientemeno che il
Tuono Blu. In una singolar tenzone – così interpretava il fatto che la giovane
gli fosse atterrata sulla testa, tramortendolo al suolo. Aveva del fegato, non
c’era che dire. Se quella donzella voleva catturare la sua attenzione, ebbene
lo scopo era stato raggiunto.
“Una ragazza bella e forte. Qual eri tu quando ebbi la fortuna di conoscerti.
Il suo nome lo ignoro: ma ella resterà per sempre nel mio cuore come la soave
fanciulla con la noce di cocco sulla palma.”
Il ragazzo col codino represse il moto istintivo di nausea che si era
impadronito di lui a quelle parole. Ora capì il brivido avvertito prima.
“Un segno divino. Senza ombra di dubbio. Il quale mi ha spinto ad adempiere più
in fretta un triste compito che già da tempo torturava il mio povero animo
sensibile. Un incentivo in più a compiere il mio dovere.”
Un triste compito? Il suo dovere? Akane si morse il labbro, sempre più stufa di
quei vaneggiamenti. E sempre più oppressa da quella sensazione. Temeva che stesse
per accadere qualcosa di spiacevole.
Come tutti i presentimenti di Akane, anche questo si rivelò fondato.
“Adesso che sento di aver trovato alfine il vero amore” disse Kuno “so che
attendere oltre non mi è più lecito.”
Sospirò ancora.
“Le nostre strade” aggiunse poi “sono destinate a separarsi, Akane Tendo."
Ranma osservò sbigottito l’assurda scena cui stava assistendo. Stava sognando
oppure… era successo veramente?
Quel deficiente. Quella sottospecie di samurai depravato.
Aveva. Mollato. Akane.
Un momento prima, credeva di avere visto tutto e il contrario di tutto.
Kuno il suo fidanzato.
Ora, il tutto era niente a confronto di questo.
Come – come si era permesso! Quell’idiota… con la… la fortuna – proprio così,
la fortuna che si trovava davanti…!
Un lampo percorse la mente di Ranma.
I pensieri che ora gli affollavano il cervello… per la prima volta… ma non gli
erano del tutto nuovi…
Perché, paradossalmente, quella situazione gli pareva familiare?
Dov’era che l’aveva già vista?
Quand’era che l’aveva già vissuta?
Si sentì come fuori ruolo. Un altro stava con lei… e lui era nell’ombra… e
dall’ombra poteva vedere più di quanto la luce non permettesse… e le sfumature
diventavano contrasti nettissimi…
Si rese conto di quando aveva vissuto questa situazione. Non una, ma mille
volte. Solo che lui si era sempre trovato dall’altra parte…
Capì improvvisamente tante cose. Molte parole di un Ryoga che, infuriato, gli
si faceva contro col solito ombrello: quale, a detta dello stesso Hibiki,
difensore dell’onta arrecata all’onore di Akane dai suoi stolti comportamenti –
ebbene, adesso gli divennero chiare. Lo comprese. Era questo – questo che si
provava, a stare nell’ombra?
Kuno si girò, dando le spalle ad Akane. Quindi si allontanò in direzione del
sole che, arrossando ogni cosa attorno, cominciava a calare nel suo lento ma
inarrestabile declino.
“Fermo!” disse lei.
Lui si voltò.
“E la tua promessa? L’insegna della palestra?”
Tatewaki non rispose.
“Sai bene” riprese stizzita Akane, con tutta la determinatezza che le restava
“che io sono qui – ho accettato l’appuntamento – solo per questo! Dunque che ne
è della tua parola? Non affronterai più il dojo yaburi?!”
Ranma s’illuminò. A quelle parole rivelatrici, il suo cuore provò una gioia
intima e segreta.
Kuno fissò la giovane Tendo, con un moto di tenerezza.
*Com’è dolce… cerca di mascherare i sentimenti che prova per me, non vuole che
la veda soffrire per la sua prima pena d’amore.*
Si commosse, non voleva veder soffrire la sua rosa rossa. Ma non poteva
cambiare il destino. Nemmeno lui.
“Mi dispiace.” mormorò. “Sto partendo, adesso il mio unico scopo è ritrovare
quella ragazza dalla chioma fulva, dovessi pure girare l’intero Paese: tutto il
resto passa in secondo piano… anche la palestra di tuo padre.”
“Kuno!” la voce di Akane era leggermente tremante.
“Mi dispiace.” l’altro si limitò a ripetere. E riprese il cammino. Triste per
colei che era stata il suo primo amore. Ma anche ben consapevole che la vita di
un samurai comportava questi ed altri sacrifici.
*Cosa aspetta?* si chiedeva nel frattempo, spazientito, Ranma.
Akane, la sua Akane, non avrebbe esitato un solo momento a spedire quel
deficiente in orbita. Non avrebbe mai tollerato quell’affronto. Ed invece – la
vedeva ancora immobile, il volto chinato in basso, i capelli che le coprivano
lo sguardo. Perché quella calma?! Dov’era finito il maschiaccio violento,
l’Akane forte e orgogliosa che conosceva?
Che fine aveva fatto la sua Akane?! Kuno le aveva appena detto in faccia che la
lasciava per un’altra – che poi, ehmm, era lui… aveva interferito ancora…
Comunque. Anche se Akane non si era innamorata di Kuno, la cosa non gli pareva
poi nemmeno concepibile umanamente, Tatewaki le aveva mancato di rispetto. E la
ragazza non reagiva.
Akane, il suo animo era scosso da molte emozioni. Tutte negative.
Kuno se ne stava andando. E con lui, le ultime speranze. Dopo che lei aveva
sacrificato la sua dignità, il suo orgoglio per ottenere che quello
riconquistasse l’insegna. Come dirlo a suo padre? Aveva di nuovo deluso tutti.
Stavolta aveva anche mortificato se stessa, sentiva di essersi, in un certo
qual senso, venduta… e tutto questo per niente. Cosa le rimaneva più da
fare?
*Reagisci!* la incitava Saotome con il pensiero.
E la reazione arrivò. Ma non quale lui se l’aspettava.
Un impercettibile singhiozzo. E poi un altro. Un altro ancora. E le scarpe di
lei cominciavano a bagnarsi, sebbene non piovesse.
*Non… non starà piangendo?!*
Ranma a quel punto non ci vide più. La ragione perse il controllo su di lui.
Quando lo riacquistò, non dovevano essere passati che pochi secondi. Più che
sufficienti. Il ragazzo col codino era uscito dal nascondiglio. Aveva lanciato
la sua sfida a Kuno. Tatewaki l’aveva accolta sorridente.
Adesso il Tuono Blu dell’istituto superiore Furinkan giaceva a terra, privo di
sensi e pieno di lividi.
Per l’ennesima volta, Ranma aveva interferito.
Solo che adesso aveva fatto quello che per tanto tempo non aveva avuto il
coraggio di fare. Aveva lasciato esprimere i propri sentimenti. Aveva difeso
Akane. Esponendosi apertamente.
Tremò in modo impercettibile, rendendosi conto di questo e, allo stesso tempo,
avvertendo due occhi puntati su di lui.
Akane si era asciugata rapidamente le lacrime. Scrutò a fondo quello strano
ragazzo che aveva appena fatto la sua comparsa. Aveva sconfitto Kuno in un
batter d’occhio. Era evidente che si trattava di un artista marziale. Vestito
alla cinese, strano. Forse veniva dalla Cina?
“Chi sei?”
Ranma soffrì. Come quando Akane non ricordava più di lui per via dello shampoo
110. Questa volta non v’era nemmeno rimedio. Ma doveva farsi forza ed
inventarsi qualcosa da rispondere.
“Uhm, io… ho visto Ku… quel tipo trattarti in quel modo e…”
Bene, sbuffò Akane nel suo intimo. Ora magari doveva pure sentirsi obbligata e
ringraziare quello sconosciuto. E lui si sarebbe accontentato? Figurarsi, gli
uomini erano tutti uguali.
“Non c’era alcun bisogno che tu intervenissi.” disse lei, ma con tono tutt’altro
che quello secco e rozzo cui Ranma era solito... piuttosto, freddo. “E poi sei
stato molto fortunato: l’hai vinto perché l’hai colto di sorpresa, ma quel
ragazzo, Kuno, è un combattente molto forte. Non ti conviene sottovalutarlo.”
“Kuno forte?!” non poté trattenersi dal ridere. “Andiamo, forse per una
principiante come te... ma anche il più fasullo degli artisti marziali sarebbe
in grado di metterlo al tappeto ad occhi chiusi.”
Come l’aveva chiamata? Principiante?! Ma come si permetteva…! Un moto di antica
rabbia si mosse in Akane, ebbe l’impulso di controbattere che lei rappresentava
la scuola Tendo e… l’amara realtà le tornò presente e l’aura si sopì.
“Dico solo che faresti meglio a non sfidare ancora la sorte.” riprese nella
stessa maniera distaccata. “Allontanati, prima che rinvenga!”
“Ma per chi mi hai preso?!” sbottò lui, punto nel vivo, scordandosi del tutto
della situazione in cui si trovava. “Con chi credi di avere a che fare,
stupida?!”
“STUPIDA A CHI?!” replicò istintivamente Akane. Dunque si arrestò, che le stava
prendendo? Era da molto tempo che non perdeva più la calma: precisamente, da
quando gli eventi esterni avevano perso per lei ogni interesse. Ma quel ragazzo
– quel ragazzo dai modi arroganti e strafottenti, la stava facendo arrabbiare
di brutto. E pensare che credeva volesse chiederle di uscire o qualche altra
ricompensa di questo genere.
“Tu, cosa ti credi di fare!” aggiunse, cercando vanamente di contenersi. “Credi
forse che mi dovrei sentire obbligata nei tuoi confronti, solo perché sei
sbucato fuori dal nulla con un abito esotico a vendicare torti immaginari, come
un giustiziere mascherato? DOVREI RINGRAZIARTI?!”
“Ed è per caso quello che stai facendo?!” gridò lui, indispettito.
“Certo che no! Non ringrazierò mai uno scemo come te!”
“E ti pare! LO SAI CHE NON SEI PER NIENTE CARINA?!”
Un brivido percorse la schiena di Akane. Ebbe per un attimo una sensazione di dejà
vu. Qualcosa di strano. Come se quella scena fosse tutt’altro che nuova.
Come se… qualcosa, tipo in un’altra vita… La sensazione passò. Ma un pensiero
le rimase in testa. Gli uomini erano tutti stupidi. E quel ragazzo col codino
non faceva eccezione, anzi. Solo che – nessuno le aveva mai tenuto testa, o
voluto tenere testa, nessuno l’aveva mai trattata così alla pari come stava
facendo lui, prima d’allora.
Solo in quel momento Ranma si rese conto della sua enorme gaffe. Non faceva che
complicare le cose, pensò: forse sarebbe dovuto veramente scomparire
definitivamente dalle vite di tutti… Poi un’intuizione. Akane aveva reagito!
Eccome se lo aveva fatto. Allora non rimaneva che tentare una cosa.
Tornò alla realtà appena in tempo per scansare un destro di un’Akane infuriata.
Ne era convinto, doveva continuare su quella strada e avrebbe riavuto il suo
maschiaccio.
“Tutto qui? Questa la tua abilità?” provò ad insistere. “E vuoi farmi credere
che saresti stata capace di tenere testa a Kuno? Tu?!”
“Guarda che anch’io pratico le arti marziali!” replicò la ragazza, con una
punta di orgoglio che teneva represso da ormai troppo tempo.
“Bene, allora dimostramelo!” fece lui, con una linguaccia insolente.
“Con vero piacere!”
Cominciarono a combattere. Meglio, Ranma si limitò a schivare i colpi di Akane
e la cosa gli riusciva ancora più facile, se possibile, del solito. La
fidanzata – l’ex fidanzata – era fuori allenamento, in più era accecata dalla
rabbia.
Infatti, inizialmente, Akane puntò esclusivamente sul piano della forza, con
l’unica intenzione di spaccare la faccia di Ranma. Però, man mano che quel
particolare incontro andava avanti, e Akane si rendeva conto di avere a che
fare con un tipo che era molto meglio di Tatewaki, l’ira sbollì per
lasciare il posto alla determinazione e alla voglia di confrontarsi.
Improvvisamente si trovò a rivivere il duello con Kodachi e lo scontro col dojo
yaburi. La minore delle Tendo cominciò a far ricorso alle proprie tecniche di kempo,
completamente dimentica del proprio proposito di non praticare mai più le arti
marziali. Si rese pian piano conto di sentirsi meglio.
Ranma notò i veloci progressi di Akane, e non poté fare a meno di sorridere
osservando il fuoco dello spirito combattivo tornare a sfavillare nei profondi
occhi castani della ragazza.
Un calcio, un pugno, un salto, un altro calcio. Ranma scansò tutti i colpi. Con
un’agile capriola, si trovò proprio di fronte a lei. La immobilizzò per le
braccia e vi si trovò a quattr’occhi.
“Ecco, è proprio questa l’Akane che volevo.” le sorrise gentilmente. “Violenta,
cocciuta, testarda… forte, intrepida, determinata, che non si arrende mai per
le cose in cui crede.”
Rimasero entrambi in silenzio per parecchi secondi. I volti dei due adolescenti
erano vicinissimi. Akane lo fissò confusa e percepì una strana dolcezza nel suo
sguardo. Chi era quel ragazzo? Come poteva sapere il suo nome? E non solo
quello. Le parlava come se la conoscesse da sempre. La sensazione di poco prima
tornò più forte: era come se… in un’altra realtà… Akane si trovò immersa in un
vortice di emozioni tutte diverse e anche contrastanti tra loro: tra queste,
però, emergeva uno strano sentimento di fiducia per quella persona – la consapevolezza
che poteva far conto su di lui.
Ranma, lui rimase sbalordito dalle sue stesse parole. Non sapeva cosa lo aveva
spinto a comportarsi così. Anzi, lo sapeva. Tutte le sue difese, dettate dalla
timidezza e dall’orgoglio, erano crollate in un solo colpo, come un castello di
sabbia alla prima vera ondata di alta marea. Sentì l’improvviso desiderio di
proteggerla: gli pareva così indifesa, così fragile, in questa realtà più che
mai… Accentuò, inconsapevolmente, la presa, tramutando lentamente la stretta in
un vero e proprio abbraccio. Il battito del suo cuore stava accelerando
vertiginosamente.
Quando, un secondo dopo il suo gesto, si rese conto di quello che aveva fatto,
lo spavento prese il sopravvento su ogni altra cosa. Ma, con sua grande
sorpresa, scoprì di non stare affatto volando in orbita né di rischiare in
alcun modo di essere soggetto ad una qualche reazione violenta da parte della
ragazza col taglio corto di capelli. Akane non aveva opposto la minima
resistenza. Ranma ritrovò la calma. Sentiva nuovamente solo il desiderio di
trasmetterle in qualche modo i propri sentimenti. Lo sguardo di lei lo
calamitò, lo avvicinò sempre di più al suo viso… alle sue labbra…
“Hun… co-cos’è stato?!”
La voce di un Kuno dolorante, che stava lentamente riprendendo conoscenza,
riportò Ranma alla realtà. E proprio allora il suo intuito gli comunicò un
avvertimento: quello che stava per avvenire – era tutto sbagliato. Il
suo intuito non lo aveva mai tradito. Allentò la stretta. Quindi si allontanò
con qualche balzo, prendendo lo slancio proprio sulla testa di Tatewaki: che
tornò nel mondo dei sogni.
Akane rimase immobile e stordita, vivendo ancora nella sua mente le parole di
quel ragazzo; e quel suo abbraccio, avvolta nel quale, per pochi interminabili
secondi, si era sentita per la prima volta in vita sua così protetta.
“E-ehi…” riuscì quindi a balbettare, ma il giovane era ormai sparito. Akane
respirò a pieni polmoni l’aria fresca del parco. Molte erano le cose che si
chiedeva, in quel momento. Eppure finalmente le era chiarissimo ciò che doveva
fare.
Ranma corse via con la maggior velocità possibile. Non era così che voleva
andassero le cose. Era la sua realtà, che voleva: lì, doveva avvenire. In un
mondo dove lui esisteva, dove Akane lo conosceva, dove entrambi avevano
condiviso innumerevoli avventure non mancando mai l’uno all’altro nel momento
del bisogno. Sapeva che qui non era giusto. E aveva deciso. Ora era libero di
scegliere il proprio destino, no? Bene, aveva scelto: adesso che, grazie al
buio, conosceva le sfumature, intendeva immergersi di nuovo nella luce.
Inoltre, le cose senza di lui non andavano in modo esattamente meraviglioso.
Sarebbe tornato. Non importava come. Ma sarebbe tornato.
Poco distante, mentre Akane camminava risoluta verso casa ed i piccioni di
prima erano passati a cercare del cibo sulla carcassa esanime del Tuono Blu,
una figura osservava il ragazzo col codino allontanarsi. Socchiuse gli occhi
color zaffiro puro, giocherellò con qualcosa che teneva al collo.
Sorrise.
“Ci siamo, Ranma Saotome…” mormorò tra i denti.