Fumetti/Cartoni americani > Giovani Vendicatori/Young Avengers
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Autore: Hawkette97    10/08/2013    2 recensioni
''Quindi ora che si fa?'' esordì con tono piuttosto avvilito il ragazzo con i capelli castani, seduto su di una panchina al centro di New York. Gli altri, coloro con cui stava parlando -o almeno con cui tentava di parlare tra un singhiozzo e l'altro, non poteva trattenere le lacrime- caddero in un tombale silenzio. Avrebbero voluto controbattere ogni sua tesi ma non ci riuscirono, erano tutti intenti a fissare il marciapiede sotto le panchine, assorti nei loro pensieri. Era davvero la fine dei Giovani Vendicatori.
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Billy Kaplan/Wiccan, Elijah Bradley/Patriot, Kate Bishop/Hawkeye, Teddy Altman/Hulkling, Thomas Shepherd/Speed
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Triangolo
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Kate prende una sbandata.
 
 
‘’Come ci sono finita qui?’’ pensava Kate nella luce fioca di quella stanza.
‘’Cosa diamine ci faccio io qui?’’ chiese a se stessa sempre più incredula di ciò che stava succedendo. Per la verità, non era perfettamente cosciente da poter descrivere ciò che stava vivendo in quel momento.
La stanza in cui si trovava in quel momento pullulava di cartacce disposte disordinatamente su ogni singolo pezzo di mobilio; cartacce dall’aspetto piuttosto antiquato a mal ridotto. Evidentemente erano passate sotto le mani di molte persone prima di poter giungere in un luogo tranquillo dove poter finalmente riposare. La luce era soffusa e rendeva ogni singolo oggetto quasi invisibile e impercettibile ai sensi anche se la ragazza avrebbe giurato di aver visto una scrivania sotto quella moltitudine di vecchia carta straccia , magari anche una sedia. Aveva giurato di aver percepito perfino il pavimento quando più e più volte aveva affondato i piedi a circa 10 centimetri dentro quella specie di mare giallognolo.
Al muro poteva facilmente distinguere il poster di qualche cantante rock vecchio stampo di cui aveva sentito certamente il nome per la notorietà ma che non avrebbe mai riconosciuto se non fosse stato per il nome scritto a caratteri cubitali nel centro di quel pezzo di carta. Il cantante non aveva l’aria molto socievole, piuttosto emanava una sensazione di poco gradimento che ispirava violenza e rudezza in chiunque lo fissasse a lungo. Con una leggera scrollata di capo , distolse lo sguardo da quella visione, il solo pensiero di poter scatenare quella parte remota e feroce di lei, la fece rabbrividire.
Spostò lo sguardo nuovamente a terra, verso quello che sembrava essere il pavimento, e scorse una lattina vuota gettata ai piedi della sedia, leggermente ammaccata e senza valore. Un oggetto del genere non poteva assolutamente appartenere a lei. La ragazza che teneva perfettamente in ordine la propria camera dal primo all’ultimo angolo.
Allungò gli occhi verso la fonte di luce più evidente, una finestra dai contorni gialli leggermente provati dal tempo e da cui si poteva scorgere il mondo all’esterno. Assottigliò lo sguardo da quella posizione scomoda in cui si trovava e scorse una grande costruzione nera totalmente abbellita da mille e mille lucine che avrebbero fatto invidia al cielo più stellato.
Un sussulto e riconobbe la costruzione.
Era a la Tour Eiffel e lei si trovava a Parigi .
Ci volle un secondo perché anche nella sua mente potesse accendersi una lucina , il lume della ragione.
‘’ Che diamine ci faccio a Parigi?’’ pensò mentre cercava di scorgere altri oggetti in quella camera ce potessero aiutarla a capire come mai si trovasse lì in quel momento e dove fosse di preciso. A Parigi, questo era sicuro. Il problema era con chi. Perché ricordava perfettamente che vi fosse un ‘’chi’’.
Mosse gli occhi a vuoto nella stanza e poté scorgere qualcosa in più. Eccolo, l’indizio! O meglio, erano più indizi. Riconobbe quei pennacchi ovunque e dopo quelli, delle frecce.
Frecce conficcate a caso in alcune zone delle pareti che davano l’impressione di essere state scoccate a caso.
Allora doveva trovarsi per forza in camera sua , essendo lei stessa l’unica persona che conoscesse con quella passione del tiro con l’arco. Aveva un senso anche se ancora non riusciva a capire perché proprio Parigi. E i suoi pensieri non riuscirono a terminarsi perché interrotti da un rumore improvviso, e quel rumore proveniva proprio dalla bocca della ragazza. Socchiuse gli occhi nel tentativo di potersi calmare e di poter incanalare tutte quelle forti emozioni in un flusso logico di pensieri. Quei rumori erano particolari, diversi dai soliti, e quando riacquistò piena lucidità riconobbe ciò che le bloccava la visuale sulla grande torre.
’’ Fortuna che te la cavi con diversi tipi di frecce,’’ sorrise teneramente quella figura mentre le porgeva sul piatto d’argento una battutina a doppio senso. Il suo non era un sorriso malvagio, piuttosto sembrava divertito e sincero ; Kate lo avrebbe riconosciuto ovunque, era Clint Barton e quella stanza doveva essere di sua proprietà.
‘’M-mi avevi detto tu di centrare il bersaglio.’’ Sorrise maliziosa la ragazza a quella battutina mentre l’uomo continuava a muoversi sopra di lei con aria effettivamente esausta.
Cosa ci faceva a letto con Occhio di Falco?
Era iniziato tutto qualche mese prima, probabilmente a Febbraio. Lo ricordava perché fu il primo san Valentino che trascorse da sola , rinchiusa in una piscina di palline colorate per bambini.
Ricordava perfettamente il proprio passato tanto che ogni singola memoria rimaneva perfettamente lucida e vivida davanti ai propri occhi ogni volta che la sognava. Ricordava dei nomi, nomi in codice il cui solo pensiero scatenava in lei una piacevole sensazione di torpore familiare,  quel genere di sensazione che provi quando d’inverno ti rifugi a casa di amici a bere cioccolata per evitare che la bufera vi sorprenda.
In un secondo momento le fu tutto più chiaro.
Captain America e Iron man , consapevoli dello scioglimento dei giovani vendicatori, avevano inviato ognuno dei membri restanti in qualche parte del mondo possibilmente lontana dagli altri ad affrontare allenamenti intensi finché non sarebbero tornati utili come supereroi dichiarati. Avevano concesso loro un addestramento e una casa in cui vivere ma improvvisamente tutto ciò per cui avevano lottato non era altro che una sorta di delusione. Era pur sempre un addestramento, certo, ma che senso ha continuare a giocare da soli?
Un gemito roco si fece spazio tra le labbra dell’uomo e dalla sua espressione soddisfatta , con un lieve tono di malizia in quel sorriso, Kate capì a che punto fossero arrivati e non esitò un secondo a spingere l’uomo nel letto accanto a se’.
‘’W-wow.. dovremmo concederci una pausa prima di continuare..t-tiro con l’arco intendo.’’ Si affrettò a precisare Clint mentre ansimava e grondava di sudore come se fosse reduce di uno sforzo sovrumano .
Clint era probabilmente uno dei pochissimi adulti sulla faccia della Terra che a Kate non dispiacevano. Ed erano così pochi da poterli contare sulle dita di una mano.
Clint era speciale : il suo modo di essere tanto ribelle era a dir poco irresistibile, la sua spavalderia, la poca modestia, rendevano di lui un tipo davvero accattivante. E poi tirava con l’arco, il che sarebbe bastato a fargli guadagnare almeno cento punti. Un maestro con i fiocchi, severo al punto giusto ma sempre con un sorriso smagliante in viso. Non era da tutti saper sorridere anche nei brutti momenti.
Per quanto potesse sentirsi stanca e sudata, a Kate non andava di fermarsi proprio quando aveva ripreso coscienza e in meno di un secondo si ritrovò con il petto contro quello dell’uomo mentre copriva i corpi di entrambi con il lenzuolo. Iniziò a muoversi freneticamente su quel fisico scolpito e dopo aver avvicinato il viso al suo, gli lasciò qualche bacio intenso sulle labbra.
’’ti va di—‘’ Non riuscì a terminare la frase che l’uomo la cinse per i fianchi e con delicatezza la pose al proprio fianco, accarezzandole poi una guancia con gli occhi che incontravano quelli della ragazza. La ragazza che immediatamente abbassò lo sguardo verso un punto non definito delle lenzuola con un rossore poco piacevole in viso, e poche persone sapevano quanto detestasse imbarazzarsi.
’’Katie, no. Con tutto il bene che ti voglio, non posso farti un simile danno.’’ Ammise con franchezza l’uomo mentre le accarezzava dolcemente una guancia nel tentativo di farle sollevare lo sguardo.
‘’Non hai neanche 18 anni e per questo non posso fare a meno di pensare che questa situazione sia totalmente sbagliata. Mi spiace per ciò che è successo, piccoletta.’’
Quel soprannome la fece rabbrividire , così come ogni volta che l’uomo lo pronunciasse anche se non capiva l’effettivo motivo di tanta vergogna.  Affondò il viso tra le braccia prima ancora che l’uomo dai capelli biondi potesse continuare a giustificarsi. Aveva ragione, tutta quella situazione che avevano creato era davvero troppo inverosimile e se la ragazza tenne lo sguardo sempre più basso su quel letto era perché non aveva il coraggio di ammettere quanto l’uomo avesse ragione, non a voce alta in modo che lei stessa potesse ascoltare le proprie parole.
‘’Hai ragione Clint, sono solo una ragazzina.’’ Rispose lei frettolosamente con un lieve tono di freddezza nella voce dovuto a tanto imbarazzo. Non esitò un istante a scendere dal letto, cercando di coprire il proprio corpo il più possibile in quella situazione tremendamente imbarazzante mentre cercava i vestiti sparsi per la camera. Fu velocemente in intimo .
’’Piccoletta, sai che non mi sbaglio. In ogni caso sei speciale, voglio che tu lo sappia.’’ Le sorrise l’uomo mentre lei infilava una gamba nei pantaloncini di jeans e poco dopo aveva addosso anche la canottiera viola. Ciò che la sorprese fu che l’uomo non tentò in alcun modo di fermarla se non verbalmente , evidentemente sapeva che avrebbe peggiorato la situazione e in un certo senso Kate apprezzò quel gesto.
Infilate le ballerine nere ai piedi, afferrò la borsa a terra e la felpa accanto a quella mentre faceva per andarsene.
’’Ehm.. ciao Clint.. Fammi sapere tu per il prossimo allenamento, ok?’’ Il suo cervello era riuscito a macchinare solo poche parole importanti mentre rivolgeva un ultimo sguardo all’uomo ancora steso sul letto che le sorrideva come segno di approvazione.
La ragazza girò a gran velocità sui tacchi , affrettando sempre più il passo finché non divenne corsa verso la prima uscita disponibile, o meglio, una corsa per sfuggire a quella situazione che proprio non voleva saperne di uscire dalla sua mente. Che diamine le era passato per la testa? Per cominciare la differenza d’età di entrambi era piuttosto notevole tanto che l’uomo sarebbe potuto passare benissimo per suo fratello maggiore o addirittura per suo padre. E il solo pensiero la fece trasalire. Inoltre Clint era impegnato e , chiunque fosse la donna con cui aveva una relazione, non aveva voglia di ritrovarsi con una pallottola o un’asta nel petto. Infine quell’uomo era anche suo maestro , una persona da cui ti aspetti un minimo di contegno e che consideri superiore a te. E allora perché lo aveva fatto? Probabilmente perché in 4 mesi era stato l’unica persona che conoscesse il suo nome e che le volesse un minimo di bene , una persona che si prendesse cura di una ragazzina che aveva solo bisogno di un po’ d’affetto e di un volto amico. Questo era ciò che desiderasse di più al momento. E poi senza Clint non aveva neanche una casa, dato che negli ultimi tempi aveva vissuto sotto il suo tetto. Mosse qualche passo prima di ritrovarsi al di fuori del portone con i contorni dorati, di prima mattina. Dovevano essere le 2:00 circa vista la fresca brezza che scuoteva i suoi capelli scuri nel vuoto. Si sedette su di un rialzo di una gelateria in quel momento chiusa e dopo aver indossato la felpa lilla , prese a frugare nella borsa alla ricerca di qualcosa che anche lei doveva ancora riconoscere. Uno sbuffo piuttosto seccato e distese la testa contro il vetro della gelateria. Socchiuse gli occhi e respirò più volte affannosamente prima che qualche lacrima scendesse a rigarle il viso. Non aveva più una casa, o quel volto amico che era contento di accoglierla . Non aveva più neanche uno dei suoi amici, non sentiva nessuno di loro da più di quattro mesi ormai. Affondò il viso tra le ginocchia e improvvisamente si sentì sola al mondo.
Una piccola scossa la fece sobbalzare, qualcosa che proveniva dalla tasca posteriore dei suoi jeans. Si fece scivolare una mano su un fianco a prendere il cellulare . La copertina di Captain America lo rivestiva ancora mentre una K viola scendeva a penzoloni su di essa. Un bel ricordo di quei tempi con Eli che ormai sembrava scomparso in un altro emisfero. Inserito il codice pin, tastò la nuvoletta rossa sulla casella ‘’messaggi’’ e finalmente quel cielo uggioso si schiarì.
‘’Ehy dolcezza, che fai di bello?’’ era Thomas. Il ragazzo atletico che qualche mese prima aveva baciato. Il solo pensiero di lui le fece tornare un sorriso sereno sul volto mentre interpretava il messaggio come era solito parlare al ragazzo.
‘’ Scappo, tu? Come va con tuo zio?’’ Sapeva che Thomas era stato confinato in Inghilterra con suo zio Pietro , il che la sorprese molto nel sentirlo così divertito visto l’evidente fastidio che gli recava lo zietto dai capelli bianchi, simile a lui. Si sorprese di come non le fosse arrivata notizia che avesse fatto esplodere qualche sede del governo.
‘’ Va tutto stranamente bene, Kat. Allora vieni a trovarmi?’’ il ragazzo rispose in una frazione di secondo, giusto il tempo di far viaggiare il messaggio da Londra a Parigi che subito se lo ritrovò davanti agli occhi. Non poteva darlo per certo ma poteva benissimo immaginare che il ragazzo stesse celando un sorrisetto soddisfatto dall’altra parte del cavo. Quel suo sorriso candido che evidenziava i suoi occhi chiari e magnetici . Improvvisamente immaginò Thomas nel suo fisico atletico , con i capelli scompigliati al vento e un sorriso beffardo sul volto. I suoi occhi erano rivolti a quella ragazza intenta a scrivere messaggi e ,per quanto irreale, non poté non crederlo vivo lì di fronte ai suoi occhi. Ed era una bellissima visione.
‘’Certo, ho tutto il tempo per visitare l’Europa, sono giovane.’’
  
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