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Autore: Amor31    11/08/2013    2 recensioni
Due ragazze da sempre rivali.
Due sconosciuti in attesa del loro arrivo.
Un'avventura che le unirà nel bene e nel male.
*PROSSIMO AGGIORNAMENTO: SABATO 5 APRILE*
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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37.     Risveglio

Acqua.
Acqua dappertutto.
Pioggia scrosciante e vento gli tormentavano il povero viso, mai stato tanto pallido e freddo.
O forse era così bollente da sembrargli di ghiaccio?
Intorno a lui le onde del mare gli lambivano la schiena, incurvata su una piccola lastra di legno che ancora lo teneva a galla; nell’oscurità degli abissi si nascondeva qualcosa. Qualcosa di grande e pericoloso.
“Gli squali no!”, pensò preoccupato. “Non ho la forza per issarmi su questa tavola…”.
Venne sfiorato. E nelle vene gli si gelò quel poco sangue caldo che continuava a tenere in funzione il cuore.
“È la fine! Mi divoreranno! E se non saranno gli squali, a completare l’opera penseranno i gabbiani”.
Ruotò gli occhi verso il cielo e vide uno stormo di uccelli volargli esattamente sopra la testa.
-Avvicinatevi pure-, ebbe la forza di dire. -Tra poco potrete iniziare a banchettare!-.
Quanto tempo era passato? Un giorno? Una settimana? Un mese intero?
Ne aveva perso completamente la concezione. L’unica cosa che sapeva era di trovarsi sperduto nel bel mezzo dell’Atlantico, solo e in balia delle cattive condizioni meteorologiche.
“Chissà dove saranno adesso… E se l’avesse uccisa? Se volesse del denaro per il riscatto?”.
Pianse. Si sentiva distrutto, sia fisicamente sia psicologicamente.
Aveva fallito la missione per cui era stato ingaggiato. L’equipaggio che lo aveva assistito era stato trucidato. Ed ora la giusta punizione era quella che lo stava affliggendo.
“È stata colpa mia… Merito di soffrire, merito di vivere soltanto per prolungare questo dolore! Vivere e implorare che la morte giunga al più presto: questo mi è rimasto”.
Pensò ai suoi cari che lo aspettavano a casa; pensò al suo perduto amore.
“Non ho più nulla”.
Altre lacrime gli solcarono le guance scavate e disidratate per la salsedine. Chiuse gli occhi e abbandonò la testa sulla lastra di legno per tentare di riposare.
Il buio anestetizzò i suoi sensi. Finalmente non percepiva più nulla, eccetto il rumore del mare, che lo cullava incessantemente cantando una malinconica ninna nanna. Poi dall’oscurità emersero due malefici occhi che lo fecero tremare dal terrore: una risata demoniaca riecheggiò nella mente del povero sventurato, tormentato da crudeli immagini e ricordi spaventosi.
-Non ti libererai di me!-, gridò la voce. -Ti perseguiterò finché non vedrò il tuo cadavere marcire sotto il sole o tra le fauci dei pesci!-.
-Ma perché non mi lasci in pace?!-, esclamò esausto il ragazzo. -No ti è bastato strapparmi via tutto ciò che avevo?-.
-Devi soffrire quanto io ho sofferto e vivere tanto a lungo per vedere trucidate tutte le persone che ami, a partire da…-.
-GWEN!-.
Spalancò gli occhi e si drizzò a sedere, madido di sudore. Il respiro ansante lo affaticava meno di quanto si sarebbe aspettato; si massaggiò delicatamente il petto all’altezza del cuore e pian piano si guardò attorno. Sentiva la testa girare furiosamente e temette di stare ancora sognando quando si rese conto di trovarsi in una ricca stanza arredata con armadio e specchiera.
-Ma dove…-.
-Oh, finalmente siete sveglio!-.
Il ragazzo si voltò troppo in fretta e una fitta lancinante gli attraversò da parte a parte il cranio.
-Ah!-, urlò per il dolore, stringendo gli occhi.
-Vi sentite ancora male? C’è qualcosa che puedo hacer para ayudarve?-.
-A… Acqua…-.
-Sì, sì! Agua, agua, agua!-.
L’ammalato ricadde nuovamente sul letto, febbricitante. Poco dopo schiuse lievemente le palpebre e trangugiò il bicchiere che gli veniva porto.
-La temperatura si è alzata un’otra vez! Dovrò ricorrere alle solite bende para hacerla scendere… Ann Maria, riempite aquel catino, presto!-.
-Sì, señora-.
Il ragazzo scrutò i volti delle due donne che gli si affrettavano intorno; c’era qualcosa di strano, in loro. Non parlavano la sua stessa lingua, non lo conoscevano, eppure si stavano occupando di lui come se al mondo non esistesse altro da fare.
-C-chi siete?-, chiese flebilmente.
-Que?-.
-Chi siete?-.
-Señor, no entiendo vuestras palabras. No hablo inglés. Dormite, ahora; yo seré aquí para assisterve-.
Sfinito e incompreso, il giovane richiuse gli occhi e cadde in un sonno profondo, con la speranza che stavolta potesse essere davvero ristoratore.




 
-Gwen! Gwen! Ditemi che siete sana e salva, vi prego… Almeno potrò morire sapendovi al sicuro-.
-Troppo tardi, razza di stupido. Hai lasciato che venisse catturata e torturata da dei folli: pagherai per aver disobbedito agli ordini che ti erano stati impartiti!-.
-Vi prego, Spencer, abbiate pietà! Cosa avrei potuto fare?-.
-Proteggerla! Ma sei stato troppo codardo e hai preferito salvare la tua dannata pellaccia di moribondo!-.
-Perdonatemi, Trent! E voi, Gwen, ascoltate le mie preghiere lì, dall’alto del cielo-.
-Sei solo un traditore…-.
-Clemenza!-.
-Un inutile incapace…-.
-GWEN!-.
Aprì gli occhi e scattò a sedere. Si sentiva decisamente meglio, ma gli incubi continuavano a perseguitarlo.
Si stropicciò gli occhi e esaminò attentamente la stanza in cui si trovava: dedusse di trovarsi nella villa di un qualche aristocratico a lui ignoto. Ma dove era situata quella casa? E come ci era arrivato?
“Non ricordo nulla di quanto accaduto”, pensò continuando a studiare ciò che lo circondava. “Ma quelli sono…”.
Senza provocare il minimo rumore, ma facendo una gran fatica, il ragazzo si alzò dal letto e si avvicinò alla grande finestra che si apriva alla sua destra. Sbirciò attraverso i vetri e finalmente si decise ad aprire: un vento caldo lo investì subito e per la prima volta dopo intere settimane si sentì rigenerato.
“Che posto è mai questo?”, si chiese passando ad ammirare i verdeggianti campi che si distendevano davanti ai suoi occhi.
-Habeis nueva agua, Ann Maria?-.
-Sì, señora. Puedo ayudarve?-.
-No hay bisogno, gracias… Ah! El señor se ha despertado!-.
Il giovane si voltò appena in tempo per vedere entrare nella stanza due giovani donne dalla carnagione scura e dal viso paffuto: una teneva tra le mani delle bende bianche di cotone, l’altra una brocca in coccio contenente acqua.
-Como estais? Podeis caminar?-.
La prima ragazza, alta e snella, aveva lunghi capelli di una particolare sfumatura violacea intrecciati ad un nastro di raso dello stesso colore. Un sorriso radioso le illuminava il viso, rischiarato anche dall’espressività delle profonde iride scure, ma amichevoli.
-Scusate, ma non riesco a capirvi-, provò a dire il giovane scandendo bene ogni singola parola.
-Que quereis? Agua?-.
La ragazza gli indicò la brocca che l’altra sorreggeva.
-No, vi ringrazio-, rispose lui ponendo le mani avanti e scuotendole leggermente.
-Bien. Quereis alguna cosa para comer?-.
Stavolta l’ammalato intuì cosa gli stesse chiedendo da un breve massaggio che l’interlocutrice si era fatta all’altezza dello stomaco e annuì vigorosamente.
-Perfecto! Ann Maria, preparate un poquito de sopa caliente-.
-Sì, señora-.
La seconda ragazza, che il giovane capì essere solo una serva, sparì all’esterno e li lasciò soli.
-Eh-, disse dopo un minuto di silenzio la padrona di casa, -mi nombre es Sierra-. Si indicò rivolgendo entrambe le mani al petto e ripeté una seconda volta: -Sierra-.
-Felice di fare la vostra conoscenza, miss. Io sono Cody-, rispose l’altro riproducendo lo stesso gesto.
-Cody-, sussurrò la nobile calcando bene le due singole che componevano il nome.
-Sì, esatto-, annuì il ragazzo. -È vostra questa villa?-, chiese puntando l’indice prima verso il soffitto, poi contro di lei.
Sierra annuì con un debole cenno del capo e il giovane intuì che ella avesse paura di aver capito male.
-Pero no soy sola; presto mi hermano será aquí-.
Pur non avendo compreso quell’ultima frase, Cody sorrise cortese e rimase a fissarla. I loro sguardi si incontrarono per una manciata di secondi e al ragazzo parve che le gote dell’altra fossero improvvisamente colorite.
-Señora, aquí está la sopa-, disse la serva rientrando nella stanza con un fumante piatto di minestra.
-Gracias, Ann Maria. Cody, sentadeve y comete, por favor-.
Sierra lo accompagnò al letto tenendolo sottobraccio, lo aiutò a coricarsi e gli sistemò bene le lenzuola fino al petto, poi prese il piatto dalle mani della serva e lo diede a Cody.
-Vi ringrazio-, disse il giovane chinando la testa.
-De nada. Ahora… Ann Maria, llamate Alejandro: él habla inglés y entenderà ese hombre-.
“Alejandro? Ho sentito bene?”.
Un brivido corse lungo la schiena del povero ragazzo, che non aveva ancora assaggiato la zuppa servitagli.
-Ve gusta, señor?-, domandò Sierra rimanendo in piedi accanto a lui e guardandolo intensamente.
Cody riempì il cucchiaio fino all’orlo e mandò giù il brodo caldo: sì, doveva ammettere che aveva un ottimo sapore.
-Ottimo-, disse sorridendole e massaggiandosi lievemente la pancia per farle capire quanto avesse gradito il pasto.
La ragazza rispose con un sorriso altrettanto entusiasta.
-Voy a ver donde está mi hermano. Comete todo, por favor-.
Sierra si congedò in fretta e abbandonò la stanza, chiudendosi la porta alle spalle. Non si era mai sentita tanto felice come in quel momento.
“Sento di piacergli”, pensò contenta; gli occhi le brillarono per l’emozione. “Adesso devo solo scoprire cosa gli è accaduto… Ma non sarà difficile: Alejandro tradurrà ogni singola parola e finalmente saprò la verità”.
   
 
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