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Autore: myricae_    12/08/2013    4 recensioni
[REVISIONATO FINO AL CAPITOLO 20 E CAPITOLO 41] [REVISIONE IN CORSO]
Estate.
La stagione delle lunghe notti punteggiate di stelle e delle risate spontanee.
La stagione perfetta per dimenticare una relazione difficile e andare avanti.
La stagione perfetta per incontrare una persona speciale, magari innamorarsi e rimanere segnati per il resto della vita.
O, almeno, così è stato per Marco e Alisea.
Ma cosa possono saperne due giovani cuori dell'amore?
Della distanza?
Della morte?
E di un passato che è deciso a ritornare, forse, separandoli per sempre?
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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16

 «Ha spento il cellulare!» sbottò Alis.
 «Deve essersi scaricato» le disse Davide.
Da quando Marco era partito, i due avevano passato molto tempo insieme. Davide era simpatico e molto premuroso nei confronti della ragazza. Più volte, in quei giorni, le aveva fatto tornare il sorriso con una delle sue sciocche battute.
 «Da tre giorni?! Esiste una cosa chiamata caricabatteria!». Non riusciva più a controllarsi. Si lasciò andare con la schiena alla scogliera. Lei e Davide passavano la maggior parte del tempo in quel posto. Aveva un qualcosa di sicuro che in un certo senso tranquillizzava Alis.
 «Adesso calmati!».
 «Come posso calmarmi? Eh? No, spiegamelo, perché proprio non riesco a capirlo! Hai idea di quanto sia preoccupata in questo momento? Non riesco… non riesco ancora a realizzare il fatto che lui sia lontano centinaia di chilometri da me e che… » aveva iniziato a gesticolare in una maniera che Davide trovò alquanto buffa.
Il ragazzo la prese per le spalle facendola voltare verso di sé, interrompendo così il fiume di parole. «Calmati – scandì prima di proseguire -. Siamo tutti preoccupati quanto te e non…» Davide si interruppe osservando il viso della ragazza. Le labbra erano pallide; gli occhi verdi erano arrossati e circondati da violacee occhiaie.
 «Che c’è?».
  «Alis, hai dormito stanotte?».
La ragazza abbassò lo sguardo, mentre dalle sue labbra usciva un debole «sì».
 «Sei una pessima bugiarda».
 «Senti…» iniziò alzando gli occhi su di lui.
 «No, ascoltami tu. Adesso vai a casa a risposare».
 «Ma io…».
 «Nessun ma. Hai bisogno di dormire».
La ragazza sbuffò.
«Posso… dormire nella camera di Marco?». Aveva bisogno di qualcosa che le facesse capire che lui esisteva, che c’era e che sarebbe tornato.
 «No» e quando la ragazza sgranò gli occhi lui spiegò: «Hai bisogno di una pausa. Da tutto. Vai a riposare, a casa tua».
 «Ma ho bisogno…».
 «Tutto ciò di cui hai bisogno è riposare!».
Alis si staccò dalla presa di Davide. «Tu non sai quello di cui ho bisogno» commentò, acida.
 «Oh, sì, invece».
 «Non trattarmi come una bambina!» sbottò allontanandosi ancora di più dal ragazzo.
 «In questo momento lo sei!».
 «Non capisci niente» continuò lei, sempre più tagliente.
 «Ah, invece tu sei quella che capisce sempre tutto, non è vero?» esclamò Davide, visibilmente esasperato.
 «Vattene».
 «E tu vai a casa a risposare».
 «Vattene» ripeté.
Il ragazzo si girò di spalle e fece per andarsene quando continuò: «L’hai voluto tu». Andò verso Alis e la sollevò di peso scendendo dalla scogliera. La ragazza si dimenò per tutto il tragitto. Davide entrò in casa di Alis portandola in camera da letto sotto lo sguardo basito del fratello. La poggiò sul letto con molta poca delicatezza. Alis incrociò le braccia al petto, infuriata. «Ecco fatto» si disse il ragazzo, visibilmente compiaciuto.
 «Perché ti comporti così?» gli chiese dopo che si fu calmata.
 «Così come?».
 «Come se… fossi preoccupato per me».
«Non voglio lasciarti sola in un momento simile. O forse, sono io che non voglio rimanere solo».   
 
Marco li contò rapidamente. Arrivavano a malapena a una dozzina. 
Tutti gli altri erano amici e vicini di casa. Era venuto persino il dottore, con la guancia ancora arrossata.
Erano radunati intorno alla bara, nel cimitero del santuario Divino Amore, pronta per essere calata nella fossa spalancata. Marco strinse il foglio che teneva in mano e si avvicinò alla cassa. Lo aprì e cominciò a leggere con voce strozzata: « Voglio ricordati bella come lo sei sempre stata, con quella voglia di sorridere contagiosa. Voglio ricordati con quegli occhi che sembravano avessero rubato un pezzo di cielo. Voglio ricordare i tuoi consigli, le lunghe chiacchierate sul balcone. Voglio ricordare i tuoi lunghi capelli al vento. Voglio ricordare ogni singola parola che hai detto. Registrarle, per poi custodirle nel mio cuore Vorrei abbracciarti, non per l’ultima volta ma per sempre. A te piaceva, il per sempre. Quelle storie belle da impazzire che piacciono solo ai bambini. Ma tu me le hai raccontate anche mentre crescevo. Tu vivrai per sempre. Vivrai, quando le nostre labbra pronunceranno il tuo nome. Vivrai, per ogni lacrima versata per te. Vedi? Tu sei come il per sempre, come le favole a lieto fine. Ciao, nonna».
Sotto gli sguardi in lacrime dei presenti, arrotolò il foglio da quale a aveva letto per incastrarlo in uno dei fiori posati sulla bara. Calde e lente lacrime caddero su alcuni petali, come rugiada primaverile. Marco non provò neanche a fermarle, mentre si rimetteva al fianco del nonno.
 
Dopo che la funzione ebbe termine, Marco diede un’ultima occhiata alla fossa ormai colmata ricacciando indietro le lacrime.
«Andiamo a casa» disse suo nonno prendendogli la mano. Il ragazzo annuì lentamente, lasciandosi guidare. Fuori dalle mura del cimitero trovò il dottore. Giovanni lo salutò cordialmente, mentre Marco lo ignorò.
 «Marco» lo chiamò. «Posso parlarti un minuto?».
 «Ti aspetto al parcheggio» gli disse il nonno, lasciandogli la mano. Marco lo guardò allontanarsi, prima di riportare l’attenzione sull’uomo che aveva di fronte. Quel  indossava un vestito dai toni scuri, anonimo.
 «Non ho intenzione di chiederle scusa» iniziò il ragazzo con tono tagliente.
 «Mia moglie morì per la stessa malattia di Arianna» arrivò subito al punto. «Cancro al cuore. Colpisce una cinque persone su un milione. E la maggior parte delle volte è benigno. Invece no, non nel mio caso. Ti assicuro che feci l’impossibile per trovare una cura. Studiavo ogni libro di medicina mi capitasse di trovare. Ero arrivato al punto di non riuscire a dormire la notte e di trascurare mia figlia. Portai mia moglie in diversi ospedali per paura che io non fossi sufficiente per guarirla. E quando morì mi arrabbiai con uno degli ultimi medici che l’avevano seguita».
 «Mi dispiace per sua moglie».
 Il dottore rise, alzando gli occhi chiari al cielo. «Buffo. È la stessa cosa che ti ho detto io qualche giorno fa».
Marco serrò la mascella. «Mi dispiace davvero».
«Ti credo, ragazzo» rispose prontamente l’uomo. «Se ti fa sentire meglio, prenditela pure con me. Insultami, se questo ti fa stare bene».
 «Ero… arrabbiato».
 «No. Eri ferito e distrutto».
«Mi dispiace» disse con voce strozzata. E, senza un motivo preciso, calde lacrime bagnarono il suo viso. Il dottore lo strinse a sé, mentre era scosso dai singhiozzi.
 
Mangiarono poco quella sera, nonno e nipote. Dalla finestra aperta soffiava dolce aria estiva e le risate di alcuni ragazzi sul marciapiede.
 «Quando parti?» chiese Giovanni, rompendo il silenzio.
 «Come?».
 «Quando ritorni al mare, dai tuoi amici?».
Marco si rabbuiò. «Non parto più». All’espressione interrogativa dell’anziano, Marco proseguì: «Voglio rimanere qui con te».
«Io me la caverò».
«Non posso lasciarti solo» tagliò corto il ragazzo, alzandosi. «E ora, scusami, ma sono molto stanco». Andò a chiudersi in camera sua dove, per la prima volta dopo due giorni, accese il cellulare. Aveva almeno una ventina di messaggi non letti e chiamate senza risposta. Tutte di Alisea.

Alis stava tornando a casa quando sentì il cellulare vibrare nella tasca dei pantaloncini. Il suo cuore perse un battito quando vide il nome di Marco brillare sul display.
 «Marco! Finalmente ti sei deciso a richiamare! Hai idea di quanto mi abbia fatto preoccupare? Come stai? Sono così contenta di sentirti!» le parole le uscirono una dopo l’altra, senza controllo.
 «Mi dispiace, non volevo farti preoccupare» la voce del ragazzo era stanca; velata di malinconia; tremendamente distante e fredda come… per un attimo Alis le parve di star parlando ancora una volta con il bastardo.
 «Marco, che succede?!».
 «Io… sono tornato dal funerale».
 «Oh, tesoro, perché non mi hai chiamata?».
 «Perché non avevo nulla da dirti».
Un pungo nello stomaco, ne era certa, avrebbe fatto meno male di quelle parole. Ad Alis parve di ritornare indietro di un anno. Non era Marco, non era il suo Marco.
 «Ma cosa…? Marco, che cosa dici?».
 «Alisea, ascoltami» il suo tono era supplichevole. Lei rimase in silenzio aspettando che proseguisse. «Io…» un sospiro, poi: «… non tornerò».
Quelle parole la stordirono così tanto che per un attimo le sembrò di barcollare, di cadere. Dovette sedersi sulla sabbia per calmarsi.
 «Non posso abbandonare mio nonno. Ha bisogno di me, lo capisci?».
 «Mi avevi promesso che saresti tornato!» gli ricordò, rifiutandosi di accettare il fatto di non rivederlo mai più.
 «Lo so».
 «E allora? Quella promessa non vale niente per te? E noi? Io! Io non valgo niente, vero? Tutto quello che mi hai detto era una bugia!».
 «Alisea, tu sei… unica».
 «Bugiardo!».
 «Ti prego…» sussurrò lui con voce spezzata. «Mi dispiace davvero, credimi».
Aspettò. Ma dall’altra parte non sentì niente, a parte deboli respiri.
 «Alisea?».
 «Ti odio!» gli urlò senza contegno, senza pensarci, senza cuore.

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Eeeed eccoci qua!
Partiamo dai ringraziamente:
-ai lettori silenziosi ♥
-a quelli che hanno aggiunto la storia nelle preferite/ricordate/seguite ♥
-e ai miei adorati recensori, "vecchi" e nuovi ♥ 
GRAZIE MILLE AD OGNUNO DI VOI.

I capitoli verranno pubblicati nell'arco di 10 giorni. 

E adesso la parola a voi!
Vi è piaciuto?
L'avete trovato noioso, interessante? 
Sono migliorata, peggiorata?
Cosa pensate della coppia Alis e Marco?
E di Davide, questo nuovo personaggio che è sempre più presente?



 

   
 
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