Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: emotjon    12/08/2013    19 recensioni
[SOSPESA MOMENTANEAMENTE]
-
-
Lei, Andromeda Tomlinson, per tutti Andie.
Classe 1993. Capelli castani, occhi celesti.
Sorella minore di Louis. Ex ragazza di Liam Payne.
Migliore amica di Harry Styles.
Genitori ricchi sfondati... Ma che bloccano le carte di credito ai fratelli Tomlinson.
La soluzione? Un coinquilino.
E chi meglio di Zayn Jawaad Malik?
Ma soprattutto... Andie, la ragazza acida con la corazza d'acciaio, riuscirà a resistere al fascino del tenebroso quanto sexy e dolce coinquilino?? Sta a voi scoprirlo. E se leggete lasciate una recensione, vero? Vero.
xx Fede.
Accenni Larry. Niente di sconcio, solo due ragazzi innamorati, giuro.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



 

Capitolo 15. Halfbrother.

 

Avete presente quella sensazione di terrore che vi attanaglia lo stomaco quando avete un brutto presentimento? È una sensazione strana, orrenda. Una sensazione che non ti permette di dormire, di mangiare, di fare niente. Una sensazione che ti lascia un senso di agitazione, fino a farti venire la nausea.
Me ne stavo seduta sul divano, con le ginocchia al petto, rannicchiata su me stessa e intenta a fissare la televisione spenta. Interessante. Era il venti dicembre. E avevo cercato di ignorare la strana sensazione che avevo avuto al ritorno di Michelle… ma il fatto che mancassero quattro giorni al compleanno di Louis, il ritorno della stronza e la convocazione della Delgado, erano tre cose che non riuscivano a farmi stare tranquilla.
Louis si comportava in modo a dir poco strano da un paio di settimane. Sembrava mestruato, detto tra noi. Trattava male tutti, compresa me e il suo ragazzo. Ed era proprio quella la cosa strana, che trattasse male Harry. Io in fondo ero abituata al fatto che fosse lunatico.
Nessuno riusciva a capire cosa avesse. Tantomeno io che ero la sorella.
Nemmeno Lottie, che era a New York da una settimana, riusciva a capirlo.
La cosa iniziava ad essere preoccupante.
In più, quella psicopatica della mia professoressa di storia dell’arte, mi aveva dato appuntamento nel suo ufficio. Il ventitré dicembre. Vi sembra normale? A me no, proprio per niente. Anche perché proprio non riuscivo ad immaginare cosa volesse da me, quella stronza.
Ero tornata in modalità acida da quando era apparsa Michelle.
Il che implica la finezza di una scaricatrice di porto, l’irritabilità di una donna in menopausa e la voglia di vivere di un tubero. Sì, un tubero. Avete presente le patate e le carote? O lo zenzero? Ecco, io ero un tubero.
Ed essere in quello stato sotto Natale non era proprio da me.
Io avevo sempre amato il Natale. Anche perché il compleanno di mio fratello era la vigilia. E il compleanno del mio idolo il ventisei dicembre. Erano tante cose felici tutte vicine. Ed era anche per quel motivo che mi piaceva così tanto l’inverno.
Tornando a noi. Era il venti dicembre, e per non soffrire il freddo e scampare alla maledizione Michelle Anita Adams, io e Zayn ce ne stavamo una sopra l’altro sotto il piumone… a parlare. La maggior parte del tempo almeno. Eravamo nel nostro bozzolo da tipo tre giorni, e ne uscivamo solo per mangiare o andare in bagno.
Di solito, almeno.
Ho fame”, mormorai contro le sue labbra sentendo lo stomaco brontolare. Zayn rise, passandomi le dita lungo la schiena, fermandosi sulle fossette di Venere. Il mio punto debole. Ma dopotutto in quei tre giorni gli avevo raccontato tutto. Tutto, davvero tutto quanto. Dal colore preferito, alla storia della mia vita. E ovviamente aveva imparato a conoscere anche il mio corpo, alla perfezione.
Anch’io ho fame, piccola”, mormorò di rimando mordendomi il labbro inferiore.
Pervertito, Malik.
Ma riuscì a farmi ridere. E a farmi arrossire. “Intendevo di cibo”, gli feci notare con un sorriso tirandomi su, sedendomi sul suo bacino.Era incredibile anche spettinato e con una canotta logora addosso. La canotta che era sua e poi era diventata mia per la festa a casa di Liam. “Sei bellissimo, te l'ho mai detto?”.
Lui rise, tirandosi su e sfiorando il mio naso con il suo. “Che ne hai fatto di quell'acida della mia ragazza?”, scherzò succhiandomi il labbro. Alzai gli occhi al cielo, distogliendo il cielo dalla terra, solo per un istante. La mia parte acida era quasi completamente scomparsa quando avevo conosciuto lui, inutile negarlo ormai.
Sai che era solo una facciata, Malik”.
Lui rise ancora, strofinando il naso nell'incavo del mio collo, per poi lasciarmi una scia di baci fino alla punta della spalla, facendomi sfuggire un sospiro. Chiusi gli occhi facendo sfarfallare le ciglia, mentre le sue labbra risalivano, fino a fondersi con le mie, facendomi sorridere. “Ordiniamo cinese?”, mi chiese Zayn tra un bacio e l'altro.
Scossi la testa, allontanandomi appena per rivolgergli un sorriso malizioso, che in un momento fece scurire i suoi occhi dal desiderio. “Veramente...”, mormorai giocando con l'orlo della canottiera. “È da un po' che non mangio pakistano”.
Ma tu non eri vegana?”.
Risi appena, le labbra a qualche millimetro dal suo orecchio, facendolo rabbrividire. “Non quando si tratta di te, dovresti saperlo”, sussurrai in un soffio, liberandolo della maglietta e lanciandola chissà dove.
Il resto, beh... Immagina, puoi.

~

Svegliarsi con l’odore di involtini primavera nelle narici era sempre stato il mio sogno nel cassetto. Okay, ovviamente no, ma suonava bene come metafora, ammettiamolo. “Ciao”, mormorai aprendo gli occhi e trovandomi davanti il sorriso meraviglioso di mister universo, alias Zayn Jawaad Malik.
Mi stropicciai gli occhi al suo sorriso, troppo abbagliante per una che si era appena svegliata. Mi sa che tutto quel sesso mi rincoglioniva. O forse stavo così perché erano tre giorni che non uscivamo di casa.
Sì, forse era per quello.
Ciao”, mormorò Zayn di rimando, tirando fuori i cartoni del ristorante cinese. Eh, sì, il mio naso non mente mai. Sorrisi come un’ebete, coprendomi col lenzuolo e avvicinandomi per dargli un bacio a stampo.
Stiamo diventando troppo smielati, Malik”, gli feci notare mordicchiando un involtino primavera. Lui rise, scompigliandomi i capelli. “Non sto scherzando, magari dovremmo uscire…”.
Piccola, Michelle…”.
Non eri tu a dire che dovevamo ignorarla?”, gli feci notare inarcando un sopracciglio. Non volevo litigare, non dopo quei tre giorni, non dopo quello che avevamo passato. Non con Zayn. “Non lascerò che quella troia mi rovini il Natale, okay?”, gli chiesi mettendo da parte la mia cena e prendendogli il viso tra le mani.
Fissai lo sguardo nei suoi occhi, quasi verdi e quasi lucidi, in quel momento.
Gli lasciai un bacio sulla punta del naso, come per tranquillizzarlo, ma la verità era che Zayn era davvero spaventato. Gli lasciai un altro bacio e scesi dal letto, recuperando le biancheria intima e un paio di jeans stretti, quando la sua voce mi bloccò al mio posto. Ferma, immobile, senza più la forza di muovermi.

~

ZAYN'S POINT OF VIEW.
Feci un respiro profondo, assaporando il sapore delle sue labbra, che era rimasto sulle mie. “Ho paura che possa portarti via da me”, ammisi in un sussurro mentre Andie recuperava i suoi vestiti dal pavimento. Ero quasi convinto che non mi avesse sentito, ma poi la vidi diventare immobile, come una statua.
E non potei far altro se non sorridere, a quella reazione, alzandomi poi dal letto e abbracciandola da dietro, posando il mento nell’incavo del suo collo. Sentii Andie rilassarsi mentre le sfioravo il collo. “Non mi porterà via da te, lo sai…”, la sentii sussurrare mentre cercavo di non scoppiare in lacrime.
Perché sì, anche Zayn Malik ha dei sentimenti.
Sai che ringrazio ancora tuo fratello? Ogni singolo giorno”, riuscii a dire lasciandole un bacio alla base del collo. La sentii sorridere. Ed era vero, ringraziavo Louis ogni giorno, per avermi chiesto di andare a vivere con loro, per avermi fatto conoscere sua sorella.
Per avermi fatto dimenticare Michelle.
Per avermi fatto innamorare di nuovo, quando non lo credevo possibile.
Immagino, amore”, mormorò Andie, strappandomi dai miei pensieri. E facendomi sorridere. E stavo per chiederle di stare attenta a Michelle. Di non farsi imbambolare dalle sue parole. Di non parlarle proprio, nel limite del possibile. “Starò attenta, te lo prometto”, mi disse voltandosi verso di me e prendendomi il viso tra le mani. “Ma non posso prometterti che non le metterò le mani addosso…”, aggiunse con un mezzo sorriso.
E mi fece scoppiare a ridere, con la lingua tra i denti.
Sapevo perfettamente che adorava quando lo facevo, e quando la vidi mordersi il labbro non capii più niente, e la presi in braccio, facendo scontrare le labbra con le sue, nel momento esatto in cui bussavano alla porta.
Cercai di ignorarlo, ma Andie mi mise una mano sul petto, ridendo.
Chi è?”, chiese giocando con il mio labbro inferiore.
Lottie, maialini”, scherzò sua sorella, facendo ridere entrambi. Aprii la porta con Andie ancora in braccio, tenendola su per i glutei e vidi Charlotte inarcare entrambe le sopracciglia a vederci in quello stato. Io in boxer e lei in mutande e avvolta dal lenzuolo, con le gambe avvolte intorno alla mia vita e le braccia unite dietro al mio collo. “Va bene, farò finta di niente… la Delgado al telefono, tesoro”.

~

ANDROMEDA'S POINT OF VIEW.
Sbuffai, non appena sentii le parole di mia sorella.
Che palle. Io e Zayn stavamo da Dio, stavo anche smettendo di pensare a Michelle. E ora la telefonata della Delgado, non mi mancava nient’altro. Diedi un bacio a stampo a Zayn e lo obbligai a farmi scendere, per poi infilarmi una camicia di Zayn e correre al telefono.
Feci un respiro profondo e mi portai la cornetta all’orecchio.
Pronto, signorina Delgado”, dissi passandomi una mano tra i capelli.
Signorina Tomlinson, l’ho chiamata per chiederle di venire prima per il nostro colloquio, ce la farebbe per stasera? Io sono ancora al campus…”. Alzai gli occhi al cielo e mi mordicchiai il labbro pensierosa.
Cosa poteva esserci di tanto urgente da chiamarmi a casa alle sette di sera?
Va bene, io… mi vesto e arrivo”, le dissi mentre Zayn compariva in cucina, seguito da Lottie. Parlavano concitatamente, ma come se non volessero che io li sentissi. E non appena mia sorella si accorse che ero ancora al telefono, scosse la testa, tirando poi una gomitata al mio ragazzo. “A tra poco, signorina Delgado”.
E praticamente le chiusi il telefono in faccia, guardando mia sorella e il mio ragazzo. Un espressione preoccupata aleggiava sul viso di entrambi. Soprattutto sul viso meraviglioso di Zayn. Inarcai un sopracciglio.
Abbiamo un problema”.
Oh, strano. In quel periodo c’erano più problemi che altro, in quell’appartamento. Il ritorno della ex, la professoressa schizzata, il fratello mestruato, la sorella in visita – che a pensarci bene non era tutto questo problema. Che altro poteva esserci?
A Lottie serviva il pc, e ha aperto quello di Louis”, mi spiegò Zayn avvicinandosi e prendendomi una mano. Inclinai la testa da un lato. Non riuscivo a capire, davvero. Guardai negli occhi di Zayn, vedendoci una sfumatura strana, quasi rossa. Una sfumatura che ci avevo visto anche qualche minuto prima.
Paura. Paura di perdere tutto. Di perdere me.
Mi stai facendo preoccupare”, ammisi in un sussurro sfiorandogli una guancia.
Ci sono decine di mail di Michelle… e altrettante risposte di tuo fratello”, mi spiegò, facendomi irrigidire. Immobile, impietrita. Ma non spaventata, sinceramente. Cosa avrebbe potuto fare quella sciacquetta? Insomma, era solo una ragazzina spinta dalla vendetta.
L’amore vince su tutto. Anche sulla vendetta, no?
Le avete lette?”, chiesi in un sospiro camminando verso il bagno e infilandomi nella doccia, seguita da Zayn. Lo vidi scuotere la testa, attraverso il vetro della doccia, allora sorrisi, come a scacciare la preoccupazione che gli stava trasfigurando il viso. “Non lo fate… Michelle non mi porterà via da te, capito?”.
Ti amo, Andromeda”.
Lo disse come fosse un segreto solo nostro, come una promessa che avrebbe cercato di mantenere nonostante tutto, fino alla fine. E forse anche oltre la fine. Con la voce roca, quasi spezzata dalle lacrime. La voce di un ragazzo innamorato. Una voce che mi spezzò il cuore in mille pezzettini.
Sorrisi. “Lo so”, mormorai mentre usciva dal bagno.
Mezz’ora dopo stavo cercando di infilarmi un paio di jeans aderenti senza soffocare. Possibile che fossi ingrassata? Insomma, con tutta l’attività fisica che facevamo io e Zayn mi sembrava impossibile, anche se mangiavo come un maialino all’ingrasso a pensarci bene. Scossi la testa cercando di non pensarci e finii di vestirmi, legandomi poi i capelli in una coda alta, lasciandoli mossi.
Uscii di casa lasciando un bacio rassicurante sulle labbra di Zayn, che stava smezzando la mia cena cinese con mia sorella. Sembrava preoccupata anche lei, per chissà quale motivo. Magari solo per Michelle. Comunque, non indagai, ci sarebbe stato tempo durante le vacanze per rovinarmi le feste.
Durante il viaggio in macchina fino al campus, cercai di non pensarci.
Di non pensare a Michelle, alla Delgado, a Louis, a Lottie. Nemmeno a Zayn. Cercai di non pensare a niente, sparando Closer to the edge ad un volume a dir poco spacca timpani. C’eravamo solo io e la meravigliosa voce di Jared Leto.
Non un pensiero. Non una preoccupazione. Non un problema.
E sarebbe dovuto essere così sempre, nonostante io per natura pensassi davvero troppo. La musica era l’unica cosa che riusciva a farmi evadere per quei quattro minuti. Quattro minuti perfetti, in un mi facevo travolgere dalla tranquillità più assoluta e dalla voce del cantante.
Nient’altro. Io e la musica.
Arrivai al campus con un sorriso rilassato sul volto, camminando per i corridoio totalmente serena, come forse non ero mai stata, nell’ultimo periodo. Ed era strano, visto che stavo andando incontro alla donna che l’anno prima mi aveva fatto ripetere un esame quattro volte.
Bussai alla porta del suo ufficio con sicurezza, quasi con sfrontatezza direi.
Ma di certo non mi aspettavo di aprire la porta e trovarla in lacrime, circondata da decine di fazzoletti appallottolati. Mi chiusi la porta alle spalle e mi avvicinai senza dire una parola. La abbracciai. Chiamatela solidarietà femminile, se vi va, ma quella donna mi faceva una gran pena in quel momento.
La lasciai singhiozzare accarezzandole la schiena.
Non era più la donna sicura di sé che mi trattava di merda a lezione. Era una donna in lacrime, straziata dal dolore, coi capelli scompigliati e il trucco colato, che si era rinchiusa nel suo ufficio e per chissà quale motivo aveva chiamato me.
Va meglio?”, le chiesi dopo un po’, allontanandomi e passandole un fazzoletto.
E’ colpa di suo padre, signorina…”.
Whoa, che? Di che diavolo stava parlando? Così inarcai un sopracciglio, per poi toglierle il fazzoletto di mano e tamponarle le lacrime dal viso. Anche se sinceramente non riuscivo a capire perché lo stessi facendo.
Mi chiami Andie, e mi spieghi di che sta parlando”, aggiunsi portandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio e sorridendole appena. Non sembrava cattiva, in quello stato. E davvero non riuscivo a capire cosa c’entrasse mio padre. Non ci arrivavo. Lui era a Doncaster, a migliaia di chilometri da noi, con la sua amata avarizia.
Suo padre mi ha chiesto di trattarla male, di bocciarla… ha detto che se non l’avessi fatto non avrei rivisto mio figlio”, mi spiegò in breve, mentre altre lacrime scendevano dai suoi occhi celesti. Sgranai gli occhi. Un figlio? “Suo figlio”, aggiunse in un sussurro.
Suo. Suo di chi?
Mi portai una mano alla bocca, quando fissò i suoi occhi nei miei. Quando capii. Suo figlio. Figlio di mio padre. Mi accasciai sul pavimento, la testa tra le mani, le lacrime che scendevano copiose dai miei occhi.
E stavolta fu lei ad abbassarsi al mio livello e ad abbracciarmi.
Avevo proprio bisogno di un abbraccio, lo ammetto. Solo, non avrei mai immaginato di poter abbracciare Carmen Delgado e sentirmi bene. Era come abbracciare una madre, in un certo senso. Una madre che in fondo io non avevo mai avuto. “Mi spieghi…”, le dissi cercando di tornare a respirare normalmente.
La vidi prendere un respiro profondo, come per darsi forza.
Dopodiché iniziò a raccontarmi tutto dall’inizio. Di come lei e mio padre si fossero conosciuti, in Brasile. Mio padre era là per un viaggio di lavoro, e lei ci viveva. Mio padre l’aveva aiutata ad ottenere la cittadinanza americana, a trovare un lavoro… e lei si era innamorata. Innamorata di mio padre, non riuscivo a crederci.
E avevano continuato a frequentarsi, di nascosto da mia madre.
Finchè, comunque, due anni prima era rimasta incinta. L’aveva detto a mio padre, sperando che la aiutasse, che magari lasciasse mia madre e riconoscesse il piccolo. Ma mio padre era sempre stato uno stronzo, non una grande novità.
“Come si chiama?”, le chiesi con un mezzo sorriso.
Parlava di quel bambino come se fosse la sua unica ragione di vita, come fosse l’unica cosa che riusciva ancora a mandarla avanti. Ne parlava con il sorriso sulle labbra, e scuotendo la testa divertita nel descrivere la sua risata, o il suo incredibile sorriso.
Il sorriso del mio fratellastro.
Gabriel”, mormorò passandosi una mano tra i capelli. “Non lo vedo da tre mesi, tuo padre mi impedisce di vederlo, se non ti tratto male agli esami, o a lezione…”. Annuii, capendo tutto al volo. Non andando a lezione, lei non poteva trattarmi male. Di conseguenza mio padre aveva pensato di toglierle l’unica cosa che la faceva sentire viva.
Brutto stronzo.
E’ qui a New York?”, provai a chiedere, cercando di essere il più delicata possibile.
E quando mi sentii dire il nome dell’orfanotrofio in cui mio padre lo teneva segregato, lontano dalla madre, quasi non mi venne un colpo. Era lo stesso orfanotrofio. Lo stesso al quale avrei voluto donare quella cifra nemmeno troppo esorbitante di ritorno dalle vacanze a Doncaster.
Prima di Zayn. Prima di tutto.
Cosa sei disposta a fare per riavere tuo figlio?”, le chiesi alzandomi in piedi e tirando su anche lei. La vidi sorridere timidamente, ma determinata più che mai. E sapevo perfettamente la risposta. Sarebbe stata disposta a tutto, se era disposta a rovinare la mia carriera universitaria.
Tutto, Andie… qualsiasi cosa”.
Allora andiamo a riprenderci Gabriel, non vorrai che passi il Natale lì dentro, vero?”, le chiesi retorica e sarcastica allo stesso tempo, recuperando la borsa e la giacca. E la mia professoressa, che fino al giorno prima detestavo, fece una cosa che non mi sarei aspettata mai e poi mai.
Grazie”, mi disse in un soffio, stringendomi a sé.



 




Allora, grazie alla mia dannata connessione di cacca, è la seconda volta che scrivo questo spazio.
Poi, passando alle cose degne di nota.
Innanzitutto, avevo messo "completa" alla storia. PER SBAGLIO.
Non è finita, proprio per niente.
Grazie a chi ha recensito lo scorso capitolo.
Grazie a Future_Mrs_Direction per aver recensito tutti i capitoli, ti adoro.
Grazie alle preferite, ricordate e seguite, vi amo tutte, dalla prima all'ultima.
Bene, passando al capitolo.
C'è stata una modifica dell'ultimo momento.
Doveva esserci il compleanno di Louis, ma ho pensato di inserire la Delgado, yep.
Che pensate? Me la lasciate una recensione vero?

IMPORTANTE: DOMENICA 18 PARTO PER LE VACANZE, E NON RIUSCIRò A POSTARE PER TIPO TRE SETTIMANE.
QUINDI, ANCHE SE MI DISPIACE DA MATTI, CI RIVEDIAMO A SETTEMBRE.
Per chi invece segue anche "Blind love", ci vediamo venerdì.
Comunque, se vi servo, mi trovate qui:

TWITTER
TUMBLR
FACEBOOK (soprattutto qui c:)

Alla prossima, xx Fede.

   
 
Leggi le 19 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: emotjon