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Autore: Black Chandelier    12/08/2013    4 recensioni
[Tratto dal 1° capitolo]
Il sole splendeva a Poway: l’estate era finalmente arrivata.
Le persone organizzavano grigliate, feste e andavano in vacanza, la scuola era terminata e per chi lavorava c’erano le ferie.
Preparare una valigia non era mai stato così facile per me, che di estivo non avevo niente se non una o due canottiere nere, per il resto il mio armadio era composto solo da magliette di gruppi musicali.
Non ero molto amante dell’estate, preferivo l’inverno, le cioccolate calde, la neve e il Natale.
I miei migliori amici, Mark e Tom, mi avevano costretta ad andare in vacanza con loro e, come rifiutare davanti a due ragazzi che ti ripetono in continuazione, facendo gli occhioni, “Dai, vieni con noi!” portandoti all’esaurimento nervoso?
Genere: Romantico, Slice of life, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mark Hoppus, Nuovo personaggio, Scott Raynor, Tom DeLonge
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tuttiiii! :D
Parto subito dicendo che ringrazio chi ha recensito e ha messo nelle seguite/preferite questa storia, mi  fa piacere che l'inizio sia piaciuto (...) e niente... eccomi qua!
Questo capitolo non mi piace molto, mi scuso in anticipo se trovate i tempi un po' accelerati nelle vicende ma non volevo renderlo noioso, poi io con le descrizioni faccio pena e vi ho risparmiato un po' di schifo... 
Niente, vi auguro una buona lettura! p.s scusate per gli eventuali errori, è tardi e i miei genitori rompono. Ho già controllato questo capitolo ma sono mezza rincoglionita e potrei aver fatto qualche errore, scusatemi ^^



 

Did you know? I'm here to stay.
 



2) I'm sorry I have to say it but you look like you're sad, your smile is gone, I've noticed it bad.
 


 

La brezza marina di San Diego ci scompigliò i capelli una volta scesi dal furgoncino.
La struttura di quel che poteva sembrare un hotel era di fronte a noi e dietro di esso si potevano intravedere la spiaggia ed il mare.
“Ragazzi, l’hotel deve essere questo!”, annunciò Tom sventolando al mini-mappa che teneva in mano, su cui vi era tracciato un cerchio rosso che stava a segnalare la destinazione.
Josie guardò con espressione schifata l’hotel e scosse la testa nervosamente.
“Scusa se non è un hotel dove ci sono camerieri che ti lavano la schiena!”, sputai acida rifilandole un’occhiataccia.
Non doveva lamentarsi se voleva, anzi doveva, purtroppo, stare con noi.
Mark, che era al mio fianco, tossì per evitare un litigio fra donne – anche se sapevo gli sarebbe piaciuto – e aggiunse, confermando la frase di Tom: “E’ questo!”
Dopo aver preso i bagagli e parcheggiato il furgoncino, entrammo in quel che era il nostro hotel.
Sulla porta di vetro principale vi erano appesi dei volantini che non lessi ed avvisi vari.
All’interno una signora anziana e magrolina ci venne incontro, dietro di lei c’era un piccolo bancone in cui vi era un PC piuttosto vecchio e moduli vari.
“Oh, voi dovreste essere i ragazzi di Poway!”
Ci sorrise dolcemente e si presentò: si chiamava Rosalba ed era la proprietaria dell’hotel.
Ci disse che in quell’hotel, nonostante si affacciasse sul mare, vi erano pochi clienti ed era sicura che avrebbero chiuso i battenti al più presto.
Mi fece tenerezza e mi venne voglia di abbracciarla, a differenza di mia cugina che la guardava con espressione scocciata.
A volte mi domandavo se aveva un cuore o se al posto di esso aveva uno strano aggeggio che la faceva funzionare.
Questi erano dei veri misteri della vita.
Gli altri due la ascoltavano interessati, Mark si era pure offerto di darle una mano facendole pubblicità ma lei rifiutò dicendo che nonostante tutto era felice così.
Ci mostrò le camere che erano al pian terreno in un mini-corridoio che profumava di rose, dicendoci che eravamo simpatici e giovani.
La nostra stanza era la numero 5, pregai qualcosa per non avere un letto in più, in modo che Josie se ne doveva  andare al più presto, se non voleva dormire da sola.
Ma le mie preghiere non servirono a nulla.
Quando entrammo nella stanza, che a detta della signora era la più grande, un letto a castello era accanto al muro a sinistra, mentre al centro vi erano due letti separati.
Di fronte ai letti vi erano un armadio con accanto una mini televisione, mentre in fondo alla stanza c’era una portafinestra con un piccolo balcone che si affacciava sul mare ed accanto ad essa vi era una piccola porta che portava in bagno.
Ci lasciò le chiavi e la ringraziammo.
“Oh, finalmente!”
Tom si buttò su uno dei due letti con poca grazia, come era solito fare anche a casa sua.
“Devo farmi una doccia …”, cinguettò Josie tutta sorridente.
“Se vuoi ti aiuto io a farla.”, rispose Mark in modo sensuale facendole l’occhiolino.
Sentivo il sangue ribollirsi nelle vene e mi stavo innervosendo di nuovo.
Dovevo iniziare a controllarmi, altrimenti avrebbero sospettato di qualcosa di non vero!
“Hoppus, calma i bollenti spiriti.”, lo guardai malissimo mentre dissi quella frase, maledicendomi subito dopo.
“Scusa, hai qualche problema?”, ribatté la ragazza guardandomi storto.
“E’ il mio fottuto migliore amico, lo conosco da più tempo di te e non ti permetto di far la troia! A malapena lo conosci e te lo vuoi già scopare, ma non ti fai schifo?!”
Urlai con tutta la forza che avevo in me, quella ragazza mi stava stufando e in qualche modo dovevo vendicarmi per ciò che aveva fatto anni prima.
Forse avrei dovuto raccontarlo a mia madre, in modo che lei non sarebbe venuta con noi.
Tom si alzò dal letto quasi ammazzandosi per fermare Josie che si stava già scagliando contro di me.
Che aveva intenzione di fare?! Picchiarmi?!
La guardai facendo una smorfia e la spintonai quasi facendola cadere, poi aprii la porta e me ne andai.
Di sicuro ciò che avevo fatto mia madre lo avrebbe scoperto al più presto, quella stronzetta doveva pur vendicarsi in qualche modo e potevo dichiarare la mia vacanza finita.
Mi immaginai a casa, da sola, mentre loro erano in vacanza e grugnii qualcosa, beccandomi un’occhiataccia dal nostro vicino di stanza che era uscito in quel momento.
“Scusi, ha qualche problema?!”
Dovevo imparare a stare zitta, ma in quel momento era difficile trattenersi.
“Quanta maleducazione!” Urlò l’anziano guardandomi in continuazione mentre io gli passai davanti per uscire dalla porta posteriore.
Volevo andare in spiaggia e rilassarmi.
L’ultima parte del viaggio era stata piuttosto stancante perché non facevo altro che pensare a cosa avevano combinato quei due al bar.
Mi venne il mal di testa a ripensarci, così decisi di non pensarci più.
Percorsi quei pochi metri che distanziavano la spiaggia dall’hotel ignorando il fatto che non avevo un costume ma indossavo solo dei pantaloncini e una maglietta a maniche corte.
Una volta arrivata in spiaggia, l’odore del mare mi fece sorridere.
La spiaggia di San Diego mi era mancata decisamente tanto, non ci andavo da quando ero piccola nonostante avessi la possibilità di andarci durante il fine settimana.
Corsi verso la riva e mi sedetti per terra, osservando il panorama che si presentava davanti ai miei occhi.
I raggi del sole riflettevano sul mare creando quel senso di luminosità che tanto amavo nelle onde.
I ragazzi, gli adulti ed i più anziani si divertivano in acqua fregandosene totalmente del giudizio degli altri.
Perché, effettivamente, il mare è capace di allontanarti dalla realtà, di farti divertire e di farti dimenticare tutti i problemi.
Mi rilassai totalmente, lasciando che  l’aria mi scompigliasse i capelli, in quel momento nessuno doveva disturbarmi.
Osservavo le onde infrangersi sulle mie gambe e i bambini poco più lontani da me costruire un castello di sabbia aiutati dai loro genitori.
Non avevo ancora sbollito del tutto la rabbia, però.
Il comportamento di Josie mi dava fastidio e non sapevo perché, ma soprattutto non sapevo perché me la prendevo solo con Mark e non con Tom, anche lui con le battutine esagerava.
Forse non volevo che lo facesse star male e lo illudesse.
La conoscevo abbastanza per dire ciò, insomma, tutti a scuola conoscevamo la sua reputazione.
Sospirai e cercai di cancellare dalla mia mente la reazione esagerata che avevo avuto 5 minuti prima, quando ad un certo punto sentii qualcuno urlare il mio nome.
“Kaaaaaaaaaaaaaay!”
Mi alzai di scatto scrollandomi di dosso la sabbia e alzai lo sguardo.
Un ragazzo di media statura, con i capelli biondi corti mi corse incontro sventolando dei foglietti.
Confusa cercai di pensare a chi fosse, ma non mi venne in mente nessuno, finché quest’ultimo non mi cadde davanti, attirando l’attenzione di alcuni ragazzi che si stavano rilassando, o meglio cercavano di rilassarsi.
“Scusa ehm … io, volevo …”
Il ragazzo si rialzò e notai che sulla faccia aveva un po’ di sabbia, quando se ne accorse arrossì.
“Dicevo …” si schiarì la voce e tornò a sventolarmi davanti quei foglietti che cominciavano a darmi fastidio.
Ma cosa voleva?
“Sono Scott Raynor, non so se ti ricordi di me, vengo a scuola con Mark e Tom…”
Ecco chi era! Il ragazzo che spesso vedevo con loro, quando io arrivavo a scuola come sempre in ritardo.
Non ci avevo mai parlato ma mi era sempre sembrato un tipo timido rispetto ai miei migliori amici.
“Ah sì! Mi ricordo di te!” Annuisco velocemente cercando di capire perché ha in mano quei biglietti.
“Stasera organizzo una festa qui vicino, perché sono qui da mio padre e vi ho portato gli inviti, sapendo che venivate qui…”
Le feste non erano il mio forte, quando venivo invitata ad una festa solitamente litigavo con qualcuno e finivo per ubriacarmi, per poi svegliarmi con un mal di testa assurdo.
“Oh, va bene..”, mi porse i biglietti e li guardai, notando che c’era un’enorme scritta in rosso che diceva: “Party Raynor.”
Dopo aver parlato del più e del meno, se ne andò dicendo che si era fatto tardi e doveva aiutare suo padre a preparare il materiale per la festa.
Che tipo strano, pensai ridacchiando.
 
 
Il silenzio regnava nella nostra stanza.
Ero rientrata giusto in tempo per farmi una doccia e per avvisarli della festa e, l’unico che si era veramente esaltato era Tom.
Mark non mi aveva nemmeno salutata e aveva accennato un mezzo sorriso – falso – quando ho spiegato di Scott.
Certo, la mia reazione era stata esagerata, ma lui era davvero uno stronzo.
Prima mi prometteva che ci sarebbe stato sempre, mentre in realtà faceva l’offeso perché Josie non gliel’aveva data, a quanto pare.
Quest’ultima non la cagai di striscio, anzi, si era già preparata ed era meglio così.
Decisi di indossare un vestito nero senza spalline che mi arrivava sopra alle ginocchia, accompagnato con dei tacchi semplici, anch’essi neri, che risaltavano ancora di più le mie gambe bianche cadaveriche.
Mi guardai un’ultima volta nello specchio del bagno ed uscii, catturando l’attenzione degli altri che stavano sul letto a guardare la tv.
“Che bomba!” disse Tom ridendo e applaudendo, era sempre il solito.
Arrossii, ringraziandolo.
Insomma, ci tenevo molto a quel vestito, me lo aveva regalato mia madre ed era il regalo più bello che potessi ricevere, insomma, avevo sempre sognato di avere un vestito del genere.
“Beh, voi siete pronti?” Guardai solamente Tom, perché gli altri due sicuramente non mi avrebbero risposto, stronzi com’erano.
“Mh, sì!”
Tom indossava una camicia bianca che risaltava la sua abbronzatura da californiano, mentre Mark indossava la maglia dei Green Day raffigurante la copertina di Kerlpunk, accompagnata dai suoi classici pantaloni larghi da skater.
Presi la mia borsetta contenente tutto il necessario e seguii Tom, fregandomene altamente di ciò che Josie stava sussurrando a Mark.
Cercavo di ignorare le mie sensazioni in quel momento ma allo stesso tempo mi chiedevo perché reagivo così.
Dopo esser usciti dalla nostra stanza avvisammo la proprietaria che per quella sera non mangiavamo in hotel e lei ci disse di stare tranquilli che non c'era problema.
Dovevamo percorrere uno dei viali più famosi di San Diego, dove vi erano i soliti pub/discoteche che rimanevano aperti fino a tardi per arrivare a casa Raynor.
La casa di Scott non era per niente distante, era il nostro silenzio che faceva sembrare il “percorso” piuttosto lento.
Tom faceva battute ma nessuno di noi lo calcolava.
Io ero arrabbiata e odiavo il modo in cui era iniziata la giornata. Ma anche la vacanza.
Mia madre era stata decisamente troppo severa con me e Josie per ripicca mi avrebbe controllato al meglio per riferirle tutto ciò che facevo di sbagliato, rovinandomi così la vacanza.
La conoscevo bene, lei voleva dimostrarsi dolce e simpatica, ma in realtà era stronza e anche tanto.
Ero sicura del fatto che aveva sicuramente apprezzato il fatto che Mark non mi parlasse: d’altronde farmi sentire di merda era il suo divertimento preferito.
Sentivo lo sguardo tagliente di Mark dietro di me e sapevo che era arrabbiato, solo non capivo bene la causa del suo comportamento.
Stava forse difendendo Josie?
La musica pop che ormai andava di moda in quel periodo riportò la mia attenzione su come si sarebbe svolta la serata.
La villa del signor Raynor era illuminata da luci di vario colore e sulla porta di casa vi erano alcuni ragazzini che imploravano il cameriere di farli entrare, nonostante quest’ultimo ripetesse continuamente “No” o “Chiamo il proprietario.”
“Ho proprio bisogno di bere! Finalmente un po’ di divertimento!” Urlò con voce stridula Josie, facendo cenno a quei ragazzini di andarsene.
Loro ovviamente ubbidirono.
Mark la seguì come uno cagnolino affamato e a quanto pare Tom se ne accorse, visto che mi lanciò un’occhiata che capii al volo.
Alzai le spalle in risposta ed entrai stando al suo fianco.
La casa era stracolma di gente, principalmente ragazzi che erano già ubriachi persi e tentavano di sedurre qualche ragazza di cui sicuramente il giorno dopo non avrebbero ricordato il nome.
Cercai di spostare un po’ di gente per raggiungere il banco degli alcolici, la mia parte preferita, pur sapendo che non era una cosa giusta da fare.
Dopo aver preso un po’ di birra, l’unica cosa che era avanzata, mi diressi verso la veranda dove non c’era nessuno e mi sedetti sul dondolo, sorseggiando la mia bevanda.
Mi rilassai totalmente.
Pace.
Sentii qualcuno camminare ma non ci feci troppo caso, mi stavo rilassando.
“Tu non mi scappi.”
Sobbalzai, Tom era di fronte a me e teneva le braccia appoggiate ai fianchi ed aveva un’espressione seria.
“Tom?! Vai a divertirti, non sono in vena di discorsi questa sera…” rispondo cantilenando.
“Sei triste. Il tuo sorriso è scomparso. Sei strana da questa mattina e non capisco perché. Insomma, cosa ti succede?!”
Tom era un genio, capiva tutto al volo.
“Tom, io odio Josie. La odio con tutto il cuore, mi rende e mi ha reso la vita impossibile. Mark non mi parla e questo fa male.. mia madre si è comportata da stronza. Non so più cosa fare.”
“Perché ti preoccupa così tanto Mark? Perché quella reazione?”
Kay 0 – Tom 1.
Colpita e affondata.
“Non lo so.. mi preoccupo del fatto che lei lo voglia solo usare, tutto qui, penso sia normale, no?”
La mia voce tremava ed ero sempre più spaventata dal mio comportamento.
“Sei sicura?”
Mi fissava e mi faceva sentire a disagio. Dove voleva arrivare?
Rimasi in silenzio e abbassai lo sguardo sul bicchiere di carta ormai vuoto.
“Non è che ti piace?”


   
 
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