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Autore: Night Sins    13/08/2013    0 recensioni
Katelyn Moreau era in pericolo. Nonostante tutte le cose che lui e Peter avevano fatto quattro anni prima, Kate era di nuovo in pericolo. Non aveva tempo per seguire le procedure e la legge, nonostante questo significasse mancare alla parola data a Peter, Neal doveva evadere dal carcere e tentare di fare qualcosa.
Ma nessuno lo aveva avvertito che Peter e Kate si erano trasferiti.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Neal Caffrey, Peter Burke, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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The comeback.


Quel mercoledì pomeriggio il sole splendeva alto nel cielo e solo una brezza fresca ricordava che era ancora primavera. Peter e Neal avevano preso un permesso, con molta fatica quest’ultimo, e attendevano l’arrivo di El. Sarebbero voluti andare a prenderle all’aeroporto, ma non avrebbero fatto in tempo.
Erano arrivati anche loro da poco, quando la macchina di Elizabeth si fermò davanti casa Burke e la piccola Debbie saltò giù, correndo tra le braccia del padre che stava in piedi davanti alle scale. El li raggiunse e salutò i due uomini.
“Com’è andata?” chiese Peter.
El indicò con un cenno del mento la bambina che, abbracciata al genitore, non aveva ancora proferito parola. Neal si inginocchiò davanti a lei e le sorrise, scostandogli una ciocca di capelli scuri dal viso. “Buon pomeriggio, principessa. Andato bene il viaggio?”
Debbie lo osservò in silenzio alcuni istanti poi chiese, quasi in un sussurro: “Se-sei papà Neal, vero?”
“Che cos-?”
Peter venne interrotto dal cenno di assenso di Neal e dal suo sorriso tranquillo. “Sì, sono io.”
La bambina iniziò a singhiozzare e Peter la prese in braccio. “Andiamo dentro.”

***

Debbie aveva pianto a lungo, senza dire altro, e alla fine si era addormentata sul divano, la testa appoggiata alle cosce di Peter. Neal ed Elizabeth erano seduti su due poltrone.
A quel punto, il federale alzò la testa verso gli altri due. “Dunque, una cosa per volta. El, cos’è successo a Washington?”
La donna posò lo sguardo sulla piccola, le mani chiuse una nell’altra mentre si stringeva nelle spalle. “Ha avuto alcuni incubi, un paio di volte, ma per il resto è stata abbastanza tranquilla fino ad ieri. Avevo finito prima, così ho pensato di portarla a fare un giro in un centro commerciale e siamo rimaste a cena fuori.” El scrollò il capo. “Forse ha visto qualcosa di cui non mi sono resa conto, ma all’improvviso si è fatta triste e non ha voluto più parlare. Può darsi anche che era solo nostalgia. È la prima volta che ti sta lontana così a lungo.” Elizabeth tentò un lieve sorriso mentre tornò a guardare l’uomo e Peter le fu grato di quella possibile spiegazione logica.
Annuì e accarezzò distrattamente i capelli della figlia, prima di voltarsi verso Neal, serio. “Allora, che cos’è questa storia? Non le stavi solo reggendo il gioco, prima.”
Vedere Debbie così sconvolta lo aveva turbato a sua volta; erano anni che la bambina non aveva crisi del genere, nonostante la presenza di alcuni incubi di quando in quando, e anche se la nostalgia era un motivo plausibile sapeva che c’era dell’altro. Che Neal potesse essere il vero padre della piccola era un’opzione che non aveva mai scartato sul serio, ma non era geloso – Kate era morta, in fondo.
“Se vuoi, ora me ne vado”, disse El.
Neal scosse la testa. “No, sei coinvolta anche tu ormai; non ci sono segreti.” Guardò Peter negli occhi. “Katelyn non è mia figlia. Kate era in fuga, con una bambina in fasce, non era una vita semplice. Io l’aiutavo a volte con dei soldi, altre portandole qualcosa per lei o la figlia.”
Il truffatore osservò la piccola e sorrise. “È stata una bambina molto sveglia e precoce; non credo avesse ancora tre anni quando un giorno, in un parco, vide un uomo comprare un palloncino al figlio e il bambino urlò: «Grazie, papà!»”, ridacchiò. “Dato che anche io le compravo spesso dei regali, fece i suoi conti e mi chiese se io fossi suo padre. Scossi la testa, ma vedendola farsi triste aggiunsi: «Se vuoi, puoi chiamarmi ‘Papà Neal’». Volevo che mi considerasse una sorta di Babbo Natale personale, e da allora sono rimasto ‘Papà Neal’.” Si strinse nelle spalle, la storia era finita.
El guardò a sua volta Debbie. “Perché se ne è ricordata solo ora, però?”
Peter abbassò la testa e non disse niente. Era la prima volta, in più di quattro anni, che Debbie aveva accennato a qualcosa che riguardava il prima del trauma. Era un bene o un male per lei?
“Peter...”
L’uomo alzò lo sguardo e incontrò quello preoccupato di Neal. Tentò di sorridere, ma non fu molto efficace. “È tutto a posto. Devo solo... Credo di dover chiamare il dottor Davidson domani. È lo psicologo che ha seguito Debbie dopo... tutto. Era forse un anno che non ci andava”, cercò con lo sguardo la conferma di El, che annuì.
“Beh, sì... immagino di sì...” Neal si alzò. “Bene, dato che è tutto a posto, vado a preparare la cena. El, mangi con noi?”
La donna scosse la testa e si alzò. “No, grazie, devo andare. Non preoccuparti, Peter, conosco la strada. Ciao, Neal.”
“Ciao.”
Peter osservò entrambi sparire in direzioni diverse e sospirò.


The despair.

Attento a non svegliarla, Peter spostò Debbie e si alzò.
In cucina, Neal stava lavando il coltello che aveva usato per affettare mozzarella e pomodori, disposti in un piatto sul tavolo e decorati con basilico fresco. Peter lo osservò dalla porta alcuni istanti, poi fece un passo in avanti; il cuore gli martellava un po’ troppo velocemente nel petto. “Sei geloso?”
Neal non si mosse. “Di chi? Della tua ex che ha trascorso gli ultimi quattro anni assieme a te e tua figlia? Perché dovrei?”
Non aveva cercato una delle sue mezze verità, e non si era sforzato di nascondere il sarcasmo, Peter quasi lo considerava un passo avanti. Stava per aprire bocca quando Neal riprese a parlare: “E non dire che è colpa mia”.
Il federale sorrise, in effetti era una cosa che poteva passargli in mente di dire, ma non era il momento di scherzare.
“Quando Debbie è venuta a vivere con me, non parlava. Non una parola, e a stento si faceva capire a gesti. Io non avevo mai avuto a che fare con una bambina così piccola... El è una donna, ha più sensibilità e istinto per queste cose. Avevo bisogno di aiuto.”
Sembrava disperato, era stato disperato. Aveva promesso a Neal di prendersi cura di lei, ma all’atto pratico non sapeva nemmeno cosa darle da mangiare. El era stata la sua salvezza.
“Esistono tante babysitter...” replicò il giovane, ma dal suo tono Peter capì che stava provando quanto meno un briciolo di compassione per lui.
“Neal...”
Era ancora disperato.
Il ragazzo si voltò di scatto e lo prese per i risvolti della giacca, fissandolo negli occhi. “Dimmi che non ho motivo di esserlo.”
“Disse quello che si diverte a flirtare con ogni bella donna che vede.”
“Io non sono stato fidanzato con nessuna di loro per cinque anni.”
Sottolineare che non erano stati fidanzati era inutile, vero?
“Hai detto che Debbie non ti ha mai visto con nessuno, ma non è vero. Ti ha visto con lei. Dimmi...”
Peter non avrebbe mai saputo cos’altro volesse sentirsi dire Neal perché lo spinse contro il piano della cucina e lo interruppe con un bacio. Disperato. E irruento, usando la lingua e i denti per fargli dischiudere le labbra, e tutto il proprio peso per tenerlo sotto controllo, contrastare i pugni che lo spingevano fino a che non li sentì rilassarsi, le mani risalire sul suo volto e poi dietro al collo, arrese e partecipi.
“Mai, mai, mai”, ripeté Peter, come un mantra. “Non hai motivo di essere geloso di lei. Mi credi?”
“Ti credo”, rispose contro le sue labbra, tirandolo di più a sé. Peter fece scivolare una mano tra i loro petti, cercando di completare l’operazione di sbottonamento della camicia di Neal che il ragazzo aveva iniziato prima di cucinare. Neal gemette quando le dita si intrufolarono sotto la stoffa e stuzzicarono un capezzolo.
“Piano”, ammonì Peter. Debbie era sempre nella stanca accanto, ma questo era un motivo di forza maggiore. Neal non doveva avere dubbi, alcuno, per nessun motivo.
“Non so se ce la faccio”, ansimò Neal.
Peter ghignò e si sporse in avanti, aiutandolo a fare meno rumore tappandogli la bocca con la propria e facendo scivolare la mano verso la cintura.
In quel momento, il suo cellulare squillò. Imprecò mentalmente e sentì Neal spostare un braccio e recuperare il telefono dalla tasca della giacca.
“È”, bacio, “Jones.”
Peter si raddrizzò e si lisciò i vestiti, come se il suo sottoposto potesse vederlo. Neal rise e gli passò il cellulare, lui si schiarì la voce prima di rispondere.
“Burke.”
“Ehi, capo. So che la signorina Stoker e Debbie dovevano tornare oggi. Com’è andata?”
“Il viaggio è stato tranquillo, grazie.”
“Bene, meno male.”
“Già. C’era altro?”
“No, no. Tutto a posto, volevo solo assicurarmi di quello.”
“Va bene. A domani, allora, Jones.”
“A domani, capo.”
Peter chiuse la comunicazione e sospirò rimettendo il cellulare in tasca.
“Non sei stato troppo brusco con lui?”, chiese Neal, ridacchiando.
“È il meglio che sono riuscito a fare con un’erezione nei pantaloni. Dove eravamo rimasti?”
   
 
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