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Autore: Ohra_W    13/08/2013    1 recensioni
"A volte in un momento buio si può trovare un barlume di felicità... basta solo saperla riconoscere..ed essere nel posto giusto al momento giusto!"
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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“Cosa ci fai qui?” chiese lui, secco. “Rob… ho bisogno di parlarti, io…” “Non abbiamo niente da dirci” tuonò lui, categorico. “Ma lasciami spiegare! Lascia che almeno ti chiarisca i motivi del mio essere sparita così.” “Non ho voglia di sentire un bel niente, e adesso scusami, ma ho un volo da prendere” la interruppe bruscamente, eludendola e dirigendosi verso la sala d’aspetto. Poi tornò sui suoi passi, si avvicinò ad Asia e le disse a bassa voce: “Ci sentiamo stasera. Adesso vai. E stai tranquilla, io e lei non abbiamo niente da chiarire”.
“Io invece penso che tu abbia bisogno dei suoi chiarimenti! Prova a vedere cosa ha da dirti!” Ma brava Asia, scavati la fossa da sola! Che cavolo le veniva in mente?
“Non ho voglia di stare a sentire cosa ha da dirmi. E tu comunque vai, altrimenti perdi il volo”. Fu secco, laconico, sfuggente. E lei sentì le sue gambe cedere. Ma senza dire un fiato, si allontanò da lui, con la sensazione che da quel momento in poi sarebbe cambiato tutto.
Ma perché gli idilli con quell’uomo dovevano durare così poco? Perché ogni volta che le cose sembravano andare per il verso giusto doveva succedere qualcosa che sconvolgeva completamente gli equilibri che si erano creati?
Sola e sconvolta, una volta al gate prese il cellulare per chiamare la cugina. Aveva bisogno di sentire una voce amica.
“Tesoro, come va? Com’è andata la mini vacanza? Suppongo benone visto che non ti sento da tre giorni!” Maya aveva una voce allegra e squillante. Lei, invece, si sentiva morire. “Maya, vorrei buttarmi dall’ultimo piano di un grattacielo, ecco come va. Ma con la sfiga che ho, so che al massimo mi romperei una gamba e farei la figura dell’idiota!”. Le raccontò tutto, dalle illusorie dichiarazioni di Rob all’incontro finale con la sua ex. Maya restò di stucco. “Ma che cavolo vuole questa adesso?? Da dove spunta fuori?”. Asia piagnucolò disperata: “Non hai idea di quanto sia bella, Maya! È una stangona biondissima dagli occhi di ghiaccio, e ha delle gambe che sono lunghe più di me e te messe insieme. Non ho speranze, sento che non lo rivedrò più, sento che sta per finire tutto”. Maya cercò di rincuorarla per quanto poteva dall’altro capo del telefono, ma era abbastanza scettica anche lei. “Ma cosa ti ha detto Rob? Avete avuto modo di parlare?” “Lui ha detto di stare tranquilla, che non ha niente da chiarire con lei, e io come una scema gli ho anche detto di provare ad ascoltare cosa avesse da dire!!!”. Maya scosse la testa. “Certo che tu sei proprio brava a darti la zappa sui piedi da sola!!” la rimproverò la cugina. “E cosa dovevo fare? Iniziare a sbraitare come una pazza in aeroporto davanti a tutta la gente che guardava? Già la loro è stata una scena pietosa: lei che lo implorava e lui che cercava di ignorarla. Se avessi dovuto seguire il mio istinto sarei andata lì per sotterrarla nel punto più profondo della terra, per farla sparire”. “Però lui ti ha detto di stare tranquilla. E ha detto che ti avrebbe chiamata stasera. Ha fatto dei programmi, questo è un grosso passo avanti” “Si, ma questo è stato prima che spuntasse dal nulla Miss "Claudia Schiffer"! Adesso… chissà che succederà” frignò lei. “E cosa deve succedere? Stai tranquilla e aspetta stasera! Noi ci vediamo tra un’oretta in aeroporto, ti aspetto fuori in macchina!” “ok… ci proverò. Vado, stanno chiamando il mio volo. A dopo!”.
Asia salì sull’aereo con un gran magone allo stomaco. Chissà cosa stava facendo adesso Rob, e soprattutto, a chi stava pensando sul suo volo per Copenaghen!
Di una cosa era certa: da quell’incontro maledetto qualcosa sarebbe cambiato, se lo sentiva.
 
Intanto, a Monza, Marta si stava rilassando dopo pranzo a casa dei suoi genitori. Pensava e ripensava a Mark, mentre sdraiata sul letto ascoltava la sua musica. E pensare che lei, prima di incontrarlo in quell’hotel a Londra qualche anno prima, non aveva mai nemmeno ascoltato una sua canzone! Adesso anche soltanto ascoltare la sua voce in un cd la faceva sentire più vicina all’uomo che le aveva rubato il cuore, il corpo e l’anima.
Ripensò alla prima volta che si erano incontrati. Lei stava lavorando, e lui arrivò alla reception tutto trafelato alla disperata ricerca di un taxi per raggiungere i ragazzi alle prove. Per l’ennesima volta era in ritardo, e non era proprio da lui.
Quando i suoi occhi incontrarono quelli del biondino sexy che aveva di fronte, sentì immediatamente un colpo al cuore. Era bello come il sole, aveva le guance arrossate ed era sbarbato di fresco. Da dietro al bancone poteva sentire il suo buon odore di pulito e di uomo. Lui la fissò a lungo prima di rispondere alla sua domanda “Come posso aiutarla, signore?”. Restarono per un’indefinita manciata di secondi a fissarsi e a sorridersi in silenzio, poi lui sussultò come se si fosse svegliato da uno stato di trance: “Per favore… PER FAVORE… ho bisogno di un taxi per Wembley quanto prima, sono in tremendo ritardo”. Lei fu incapace di parlare. I suoi occhi erano pezzi di cielo infinito in cui poteva specchiarsi, tanto erano limpidi, e avevano ai lati delle rughette di espressione che gli davano un’aria vissuta, da uomo maturo.   
Tuttavia aveva il viso di un bambino smarrito, bisognoso di protezione e di cure, veniva voglia di abbracciarlo solo guardandolo. La sua bocca rossa e grande era aperta in un dolcissimo sorriso, mostrando denti bianchissimi e perfetti. “È bellissimo” pensò lei, poi alzò la cornetta del telefono componendo il numero della società di taxi, mentre farfugliava un imbarazzatissimo “Controllo subito, signore”.
Da quella volta Mark era tornato quasi ogni giorno al bancone per fare le richieste più insulse ed assurde, tanto che lei pensò che fosse la classica popstar viziata che, annoiandosi, si divertiva a rendere la vita difficile alle persone che lavoravano per lui, tanto per passare il tempo.
La verità è che lui, dopo quell’incontro, continuava ad avere il viso di Marta stampato in faccia notte e giorno, e non sapeva come farle capire che gli piaceva da morire, finché una notte, durante l’ennesimo soggiorno del cantante in quell’hotel, chiamò il servizio di housekeeping per farsi portare un termometro per misurare la febbre, poiché stava talmente male da non riuscire a dormire.
Il collega dell’ Housekeeping chiamò Marta che aveva appena iniziato il suo turno: “Marta, porta un termometro alla stanza 520, il tizio dice che ha la febbre e qui sono solo, non mi posso muovere”. Lei eseguì l’ordine senza chiedere spiegazioni, in fondo era una nottata abbastanza tranquilla e l’hotel non era nemmeno tanto pieno. Salì lentamente le scale, non era abituata a prendere l’ascensore, e una volta giunta davanti alla stanza, bussò senza esitare. “Housekeeping!” disse a bassa voce, avvicinando la bocca alla porta chiusa.
Ciò che vide quando la porta si aprì per poco non le fece cadere il termometro dalle mani: un Mark a petto nudo, con indosso solo i calzoncini e i capelli bagnati di sudore. “Oh… signorina… è lei! Mi perdoni, non volevo disturbarla, è solo che credo di avere la febbre alta e ho bisogno di misurarla. Sto sudando parecchio da una mezz’ora. Mi scusi, sono in condizioni pietose…”. Marta lo osservò attentamente: a lei sembrava bellissimo. E incredibilmente sexy, con quei capelli umidi che gli scendevano sul viso e il suo fisico perfetto e asciutto. Restò a guardarlo col termometro in mano, e lui guardava lei. Poi, all’improvviso, lui riuscì a rompere il ghiaccio: “È bellissima, lo sa?” Marta fece un’espressione di stupore ma non riuscì a replicare, e lui continuò: “Per la verità, sono mesi che tornando in quest’albergo la osservo e non ho mai avuto il coraggio di parlarle. Ma la trovo davvero incredibilmente bella.” Poi si riprese, spaventato: “Oddio, mi scusi, io… ho parlato di getto senza sapere se lei ha un fidanzato, un marito… mi perdoni, davvero…”. Marta non lo stava più ascoltando. Più lo guardava e più sentiva che aveva voglia di baciarlo, toccarlo, spogliarlo. Improvvisamente, come presa da un raptus, gli si avvicinò e afferrandogli la nuca con le mani, lo baciò, lasciando cadere il termometro a terra. Lui rimase rigido per un paio di secondi, giusto il tempo di realizzare cosa stava succedendo, poi si lasciò andare e ricambiò il bacio, pervaso da una voglia irrefrenabile di toglierle i vestiti di dosso. La prese in braccio, e la adagiò sul pavimento. Lì c’era molto più spazio per dimostrarle quanto l’aveva desiderata, in silenzio, negli ultimi mesi.
 
Sospirando con in testa questi pensieri a luci rosse, Marta tornò alla vita reale risvegliata bruscamente dal suono del campanello.
Dopo qualche minuto, sentì la voce di sua madre che la chiamava: “Marta, Marta! C’è un tuo amico che ti è venuto a trovare! Scendi per favore? Non capisco cosa dice perché non parla italiano!”. Il cuore le uscì dal petto. Scese le scale a due a due e in un batter d’occhio fu in salotto. Suo padre e suo fratello erano seduti sul divano, e avevano abbandonato la visione della partita di calcio, troppo presi a domandarsi chi fosse l'inglesotto in questione. Lui era lì, in piedi accanto a sua madre, col suo tipico sorriso da orsacchiotto stampato in faccia. Gli si avvicinò, imbarazzatissima: “Cosa ci fai qui? Non eri a Copenaghen?”. Lui le accostò la bocca all’orecchio: “Avevo un disperato bisogno di vederti, di toccarti, di…” Lei lo bloccò, prendendolo per mano, e sibilò, con un filo di voce: “Mamma, andiamo di sopra, ci vediamo tra un po’ ”, lasciando allibiti tutti i presenti, che continuavano a guardarsi l'un l'altro con aria interrogativa.
In men che non si dica sgattaiolarono fuori dal salotto, e poi salirono le scale mentre lui, ridacchiando come un ragazzino, le metteva le mani dappertutto. Non fecero in tempo ad entrare nella camera di Marta, che lui già la stava baciando con trasporto. Lei lo fermò e gli sorrise: “Hey, vacci piano, straniero! I miei non sono abituati a vedere questo tipo di scene… per la verità non sanno nemmeno della tua esistenza, anzi, sono sicura che in questo momento in salotto siano nel pieno del toto scommesse per vedere chi indovina più informazioni possibile!”. Mark non fiatò; la guardò con fervore, e mentre chiudeva a chiave la porta della stanza, riuscì a dirle uno strozzato “Ho una voglia matta di te”, prima di spingerla sul letto e toglierle i vesiti di dosso, pronto a portarla in un’altra dimensione.

  
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