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Autore: Balthier_Kun    14/08/2013    3 recensioni
Salve a tutti! Questa è la mia prima fan fiction e spero che vi piaccia, sperando che siate in molti. ^-^
La storia è ambientata in Ivalice, mondo del famoso videogioco Final Fantasy XII. I nostri protagonisti potrebbero incontrarsi di nuovo per combattere una nuova minaccia? Non mancheranno scontri e sentimenti. Spero che il mio modo di scrivere sarà gradito da tutti. Buona lettura! E recensite, anche con critiche, sono sempre costruttive! :3
Ci saranno multi rating, e nel caso ci siano rossi, avvertirò all'inizio di ogni capitolo!
Ps. I fatti sono ambientati dopo gli eventi dei due videogiochi.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Balthier, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve! Sono tornato con un nuovo capitolo! ^-^ Spero che il precedente sia piaciuto a tutti, anche se molto generico! Spero di vedere altre recensioni, su su u.u non mi offendo se saranno critiche. Come nel precedente avvertitemi degli eventuali errori, data l'emozione qualcosa potrebbe sfuggire!
... Beh, buona lettura! ^-^




Dopo qualche giorno di convalescenza, Vaan  era pronto per tornare all’avventura e raggiungere il suo prossimo obiettivo. Ma prima di tornare ai suoi affari da aviopirata doveva sbrigare due commissioni a Rabanastre: comprare qualche ingrediente per Penelo e far riparare la sua spada che, sopo la loro ultima avventura, era rimasta senza punta.

Aveva lasciato i suoi compagni ad aspettarlo nella “nuova Galbana”, l’aeronave trovata dopo l’avventura a Lemures, mentre lui si incamminò per la capitale dell’impero Dalmasco.
Arrivato nella vie dei negozi, che si concludeva con la taverna, sentì una strana voce, non famigliare,  chiamarlo più volte, però, girandosi a destra e a manca tra la folla, non vide nessuno intento a guardarlo così, sentendo un brivido surreale percorrergli la schiena, proseguì verso il negozio di Migelo.
 
 
***
 
 
“Penelo, quanto ci vuole? Sono ore che stai in cucina senza dire una parola!” Disse Kytes mentre saltellava con le mani poggiate sul tavolino.

“Un po’ di pazienza! Lo sai che siamo tanti e comunque dovremmo aspettare Vaan, vero Philo?” Penelo si risolve alla sua giovane amica che era intenta ad arrampicarsi su di una credenza per accaparrarsi qualche biscotto.

I due ragazzini non ci vedevano più dalla fame, avrebbero messo sotto i denti qualsiasi cibo e non intendevano aspettare oltre. Si misero a piagnucolare come bambini saltellando intorno a Penelo.

Ma la compagna del giovane capitano della Nuova Galbana non ci fece molto caso, in fondo erano ancora dei ragazzini comportamenti infantili come quelli erano giustificabili. Improvvisamente, però, Penelo si sentì gelare il corpo, rimase paralizzata per un momento e il coltello, che stava usando, le cadde a terra.

“Ma sei impazzita?!” disse infuriata la piccola Philo

“Vuoi forse farci a fettine?!” aggiunse il maghetto

“… Pen?”

Penelo non rispose, rimase impassibile, con gli occhi aperti fissanti il vuoto.

“Ra.. Ragazzi.. Qualcosa.. Qu… Qualcosa mi ha tocca la schiena..” Disse con una voce tremolante, con tono di insicurezza e paura.

“Ma che dici Pen! Non c’è nulla dietro di te, se non il finestrino!... Pen?”

“Io vi dico di si!”
Penelo batté il grembiule sul tavolo e lasciando il coltello a terra si avviò all’uscita.

“P..Pen dove vai?”

“Ho bisogno di un po’ d’aria..”

 
 
***
 
 
Seduto su di un tronco nel bosco di Salika, Balthier era occupato a lucidare la canna del suo fucile; una fresca brezza faceva vibrare il colletto della sua bianca e candida camicia mentre l’ombra delle foglie  che copriva tutto il terreno ballava, creando delle sottili macchie di luce del sole che quel giorno ornava lo splendido cielo limpido.

“Mi dispiace disturbarti in un momento intimo con il tuo tesoro ma avrei una domanda da porti…” intervenne Fran interrompendo quel silenzio magico.

Si piantò dietro di lui con una mano sul fianco mentre la sua lunga coda argentata ondeggiava a ritmo di vento.

“Tu non disturbi mai, dovresti saperlo.” Ribatté Balthier, aspettandosi una domanda interessante vedendo il tempestoso arrivo della compagna.

“Nono è tornato dalla costa con il cambio di vololiti?” disse secca Fran, sapeva che non era la domanda che il suo compagno si aspettava, in questo modo poteva gustarsi a pieno la sua reazione, d’altronde amava stuzzicarlo.

Sentendo le parole appena pronunciate sul viso di Balthier si fece spazio una smorfia di disapprovazione.

“Non lo so, ho visto passare una palla di pelo prima, ma non sono sicuro fosse il nostro piccolo meccanico. Ma se ti interessa tanto, perché non lo cerchi?” si voltò verso la viera con il suo solito sorriso e un sopracciglio alzato.

“E’ quello che sto facendo, speravo solo in un’agevolazione, ma tu non sei mai d’aiuto quando si tratta di cose che non ti spiccano interesse. Ti lascio al tuo lavoro.” Disse avviandosi verso la Strahl.

“Chiamami se ci sarà qualcosa di commestibile da mettere sotto i denti.”
 
 
***
 
 
La regina dalmasca, nel frattempo, stava aspettando l’arrivo del mittente della lettere arrivatagli qualche giorno prima, per rispondergli di persona.

Era affacciata all’enorme finestra di quell’ufficio fissando il cielo, era una stanza grande con al centro una scrivania dove passava la maggior parte delle sue giornate, le pareti erano riempite da delle librerie con su dei libri di legge e vari codici.

Passava tra le dita una delle due estremità del fiocco argentato che le cingeva la vita, intonato ad esso il suo vestito bianco aveva delle delicate spalline e palloncino e le arrivava fin sopra il ginocchio con un tessuto di seta molto raffinato.

Pensava alle parole che avrebbe detto al principe Rozariano, lo aveva invitato, dopotutto erano passati diversi giorni dall’arrivo della lettera e doveva inventarsi una scusa per la mancata risposta, e voleva farlo di persona.  Sapeva che sarebbe arrivato a breve ma non aveva ancora una risposta precisa; le possibilità erano poche ma, anzi, erano solamente due: o sì o no.

I suoi pensieri vennero bruscamente interrotti da un deciso bussare alla porta.

“.. Avanti.” Disse con un pizzico di esitazione mentre si girava verso l’entrata.

“Scusi Maestà, posso disturbarvi?” disse una giovane serva affacciandosi alla porta sorridente.

“E’ arrivato il mio ospite?” chiese ansiosa.

“No, Maestà.”  La giovane rise, ma non fu una risata normale. Fu una risata quasi malefica
.
La regina la fissò incredula, cosa ci trovava di divertente?

“Vi starete chiedendo per quale motivo sto ridendo, immagino. Sto ridendo di voi. Se posso permettermi, credete davvero di essere il punto d’incontro di due nazioni come Rozaria ed Arcadia? Voi, Regina per fortuna e grazie ad altre persone. Voi, insicura persino della vostra ombra. Voi, governante di un punto nella mappa si Ivalice.”

Ashe vide rabbia nel suo sguardo. I suoi occhi si erano colorati di un giallo dorato, acceso. Afferrò d’istinto il tagliacarte posto sopra la scrivania alle sue spalle.

“Chi, o cosa sei tu?”

“La Fine.”

“L..la Fine di cosa?”

Appena Ashe pronunciò quelle parole qualcuno bussò e immediatamente dopo la ragazza di fronte a lei scomparve senza lasciare traccia, così lei non poté fare altro che poggiare il tagliacarte e ricomporsi.

“A..Avanti.”

“Scusi maestà..” La stessa ragazza che poco prima l’aveva aggredita si affacciò alla porta.“il vostro ospite è arrivato maestà.”

Ashe la guardò perplessa, la fissò un attimo negli occhi ma vide che erano di quel verde smeraldo che si intonava al vestito, così si tranquillizzò anche se quelle parole di poco prima le stavano rimbombando in testa.

“M..Maestà vi sentite bene?”

“Sì. Non preoccupatevi. Fatelo entrare grazie.” L’ansia iniziò a prendere il controllo. Tutto quello che aveva pensato  poco prima era come svanito nel nulla, le parole della serva l’avevano sconvolta e per giunta, Al-Cid era arrivato. Non le restava che improvvisare con la sincerità.
 
 
***
 
 
Per le vie di Rabanastre, Vaan, continuava le sue commissioni: dopo aver comperato il richiesto da Penelo la sua prossima tappa sarebbe stata l’armeria.

Aveva legato la sacca in pelle con gli ingredienti alla sua cintura, penzolante su di un fianco sbatteva su di esso ad ogni passo che Vaan faceva. Il giovane aviopirata non si curava del rumore che provocava e proseguiva a passo spedito con le braccia incrociate dietro la nuca.

“Vaan! Ehi aspettami!”

Il giovane si girò e video Tomaj sbracciare che, appena incrociò lo sguardo di Vaan, si precipitò da lui passando tra la folla come un fulmine.

“Tomaj, stai bene?” il giovane lo guardò tutto dai piedi alla punta dei capelli.

“Benissimo perché me lo chiedi compare?”

“Compare? Ma che.. E poi quegli occhiali da sole. Sicuro che vada tutto bene?” disse Vaan non convinto della sanità mentale dell’amico.

“Non vedi che sole che c’è? Spacca le pietre. E poi, scusa, uno trendy come me non può mostrare un nuovo acquisto?” disse sfoggiando, oltre agli occhiali, un sorriso smagliante.

“Si si, però non è da te.”
“Suvvia, Vaan un po’ di divertimento, mica si può essere sempre tristi e preoccupati. Comunque vieni, ti offro da bere che devo parlarti.” Gli mise una mano sulla spalla.

“Ti sei bevuto il cervello a colazione? Tu che vuoi offrirmi da bere? C’è qualcosa sotto.”

“Ma che dici! Non c’è nulla sotto. Non vuoi approfittare dell’occasione?”

“Mmh, voglio sapere che hai.” Disse deciso Vaan.

“Devo parlarti, moccioso.” Rispose secco e con tono serio.

“Moccioso?!” Vaan indietreggiò.

“Si, sei un moccioso, uno stolto inutile bambino che vuole fare il grande.” Disse mentre tendeva il braccio verso il giovane.
Vaan mise istintivamente la sull’impugnatura della spada.

“Che vorresti fare con quella? Non ha forse la punta infranta? Un consiglio da amico se non vuoi che io non lo sia più. Smetti di cercare tesori che non ti appartengono, trovati un posto dove stare non sei tagliato per fare l’aviopirata.” Gli occhi erano rimasti coperti dalle lenti scure ma Vaan poteva avvertire su pelle lo sguardo fisso arrabbiato, infuriato ed irritato di quello, che non sembrava essere il suo amico di sempre.

Non seppe che dire, non sapeva cosa sarebbe accaduto ma, improvvisamente, fu salvato dalla giovane voce di un suo piccolo amico che si stava avvicinando di fretta e furia.

“Vaaaaaaan! Ehi Vaan! Ho bisogno di te!” Disse agitato.

Il neo aviopirata non rispose, aveva gli occhi spalancati, si girò di scatto verso il ragazzino appena arrivato e di Tomaj più nessuna traccia.

“Vaan abbiamo bisogno di te, ma mi ascolti?!” continuò sperando di attirare la sua attenzione strattonandogli il gilet.

“Kytes.. Hai per caso visto Tomaj mentre correvi qui?” Chiese rimanendo con lo sguardo fisso nel vuoto.

“No, non l’ho visto, aveva detto che doveva occuparsi degli affari alla taverna.. Sicuramente cose di soldi, conoscendolo.. Perché?”

Il capitano della nuova Galbana scosse il capo e poi guardò il suo giovane compagno aggiungendo
“Intendo qui, davanti a me prima che arrivassi tu stavamo.. parlando.. poi mi sono voltato a guardarti e in quell’attimo sembra come se… se la sia data a gambe”

“Ma che dici? Non c’era nessuno qui Vaan.” Poi continuò alzando il tono di voce. “Si può sapere che vi prendere a tutti oggi?! Tu che vedi  persone che non ci sono! Penelo per poco non mi taglia lo stivale con piede compreso e poi si sente male..”

Kytes continuò a farfugliare cose da arrabbiato ma non attirarono più l’attenzione di Vaan quanto le parole appena pronunciate.
Prese il giovane amico strattonandolo.

“Che ha Penelo? Cosa aspettavi a dirmelo?”

“Ma se sono minuti che ti dico che abbiamo bisogno di te!”

“Forza non c’è tempo, andiamo!”

Così, tirando il maghetto per la tonaca si mise a correre per arrivare il prima possibile da Penelo.
 
 
***
 
 
“My lord, mi avete fatto chiamare?” Disse Basch sotto il suo elmo che rendeva il suono della sua voce quasi metallico.

“Si, vieni Gabranth.” Larsa rispose sicuro, come d’abitudine.

Basch si tolse l’elmo poi alzò il viso al cielo rimanendo incantato da quel tramonto che lo tingeva di un delicato arancio mentre le aeronavi sfrecciavano come punti appena visibili.

“Gabranth?” il giovane imperatore si girò verso il giudice, rivolgendosi al portico e lasciandosi alle spalle la meravigliosa fontana che decorava il cortile.

“Tutto bene?... B… Basch?”

L’ex capitano dalmasco scosse la testa e cercò subito di riprendersi.

“Mi scusi maestà.. mi ero perso..”

“Nel viale dei ricordi? O in quello dei pensieri?” disse Larsa sorridendo.

“Ah.. No My lord.. Guardavo solo quanto è splendido ora il cielo.. Con l’elmo.. non posso vederlo così bene.” Cercò di giustificarsi.
“Pensando a qualcuno di cui senti la mancanza?”

Basch non rispose si limitò a chinare il capo.

“Domani avrò una giornata molto piena, quindi ho una commissione per te.” Gli porse tra le mani una busta con impresso il sigillo reale, non gli era dato sapere cosa fosse ma poteva immaginare che fosse qualcosa di ufficiale.

“La mia destinazione?”

“Dovrai arrivare fino a Dalmasca…”

 
 
***
 

 
Dopo aver concluso la lucidatura del fucile, Balthier, si era addentrato nel bosco uccidendo qualche mostro e recuperando qualche materiale che potesse, in futuro, tornagli utile. Tutto questo per testare se la spalla si fosse ripresa, ma tornato allo spiazzo dove la Strahl era attraccata si sentì dolorante.

Si sedette mentre sentiva le forze andarsene. Rimase seduto fissando quel poco di cielo che si intravedeva tra le foglie fitte aspettando che il giramento di testo passasse.

Passato qualche minuto, si alzò per andare da Fran. Entrò nella Strahl, guardò al posto di pilotaggio, nelle cabine e persino nella terrazza dove guardavano sempre insieme le stelle di sera, senza trovarla. Si diresse, allora, verso la sala motori.

“Nono?” Chiese sicuro di trovarlo lì.

“Ci sono, ci sono kupò.” Il piccolo moguri uscì di soppiatto mentre, con un asciugamano si puliva le piccole macchie nere che aveva sul muso e sulle zampe.

“Come va la Strahl?” chiese Balthier interessandosi alla sua adorata aeronave.

“Con le nuove vololiti prese alla costa, dal mio mercante di fiducia, dovrebbe sfrecciare più di prima, kupò. Fidati, capitano non avremmo mai rivali in velocità! Kupò!” disse il piccolo fiero di essere il meccanico dell’aeronave e dell’aviopirata più veloci di Ivalice.

“Solo che.. “

“Solo che?” chiese inarcando un sopracciglio, come d’abitudine.

“Fran, mi aveva detto che mi avrebbe aiutato con la calibrazione, kupò.. ma non ho nemmeno sentito passare la sua ombra, kupò.”

“Vuoi dire che non è passata di qui?” disse Balthier con un pizzico di preoccupazione.

“Kupò, no, kupò. Non ti ha detto se doveva andare da qualche parte?”

“L’ultima volta che mi ha rivolto la parola e che, di conseguenza, ho visto cercava te…” Balthier fece una piccola pausa di riflessione abbassando lo sguardo preoccupato. “Vado a cercarla.” Così, fece dietro front e si incamminò verso l’uscita.

“Fai attenzione kupò!”

Passò nella sua cabina, prese le due cinture che andavano incociate appena sotto la vita per avere munizioni in caso gli fossero servite. Si incamminò verso l’uscita.

Dopo essersi addentrato nel bosco, dove quei viali legnosi gli sembravano tutti uguali, notò a terra qualcosa su di un incrocio. Si avvicinò e riconobbe subito l’arma: era l’arco di Fran. Lo mise in spalla e proseguì per la via verso cui era poggiato.

Camminò per un altro paio di minuti finche non sentì qualcosa muoversi che fece muovere le foglie del sottobosco. Caricò il fucile.
“Fran?”
Fece appena in tempo a pronunciare il nome della compagna che sentì il palmo di una mano poggiarsi sulla sua spalla.

“Fran non è qui.” Sentì il fiato di quelle parole pronunciate arrivargli al collo.

 L’unico che avrebbe potuto quelle parole era dietro di lui, con una mano sulla sua spalla. La voce di quell’uomo la conosceva, fin troppo bene. Si voltò di scatto lasciando cadere il fucile.

Lo guardò e sgranò gli occhi mentre le sue mani iniziarono a tremare.

“Non…N.. Chi sei tu?” Furono le uniche cose che seppe dire. 
  
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