Fanfic su attori > Robert Pattinson
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Autore: Starsshine    14/08/2013    2 recensioni
Sarah e Robert. Lei psicologa, lui attore. Si incontrano, o meglio lui va da lei. Lui ha bisogno di lei, come lei di lui. Sullo sfondo una meravigliosa città: Londra.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti!

Ritorno con questo piccolo e breve capitolo.

Non nascondo che è stato difficile affrontare il terzo capitolo, visto che una parte di me voleva dare una sfumatura romantica, mentre l'altra parte voleva un qualcosa di malinconico, triste. Spero di esserci riuscita, se non è così, beh... sarà per la prossima volta.

Bene, a voi la sentenza.

Alla prossima!

Federica.

 

 

Mi catapultai davanti al armadio non appena vidi che l'orologio segnava le sette e mezza, aprii le ante e fissai ogni singolo indumento presente.

“Pantaloni e camicia bianca..... Professionale e distante”

“Vestito blu.... Sarah Cooper non vai ad una cena di gala!”

“Gonna aderente e camicia..... No, sembro una professoressa sexy”.

Passai in rassegna ogni singolo scaffale e appendino , prima di trovare l'abito giusto.

“Eccolo! Mono spalla blu elettrico, scarpe nere e trench.... Può andare”

Tornai davanti allo specchio e fissai l'immagine riflessa.

“Non puoi andare a cena con un tuo paziente, non è giusto.... Se capita il transfert? Se lui si innamora di te, ma, tu non lo ricambi? Se invece ti odia?”

Presa dai sensi dalla paura, dai sensi di colpa, dall'insicurezza, mi sedetti sul letto.

“No! Non posso, non puoi. Sei una persona professionale e così sarai. Capirà” abbozzai un sorriso.

“No, no e no” continuai a ripetermi come un'automa mentre il vestito scivolava verso terra.

Ritornai a vestire i panni della psicologa dottoressa Cooper, così com'era scritto sulla targhetta fuori dalla porta del mio studio.

Mi sdraiai sul letto e chiusi gli occhi.

 

Girai per la quarta volta la chiave nella toppa, ed entrai in casa.

Il profumo di vaniglia rigenerò le mie cellule, la giornata era stata pesante ed era trascorsa molto lentamente.

Lasciai il sacchetto della spesa sul tavolo in cucina e mi fiondai in doccia.

L'acqua calda rilassò ogni fibra del mio corpo.

Mi avvolsi nell'accappatoio blu regalato da mia madre per il mio compleanno, il profumo di lavanda inebriò i miei sensi. Stranamente sorrisi ricordando la festa che aveva organizzato l'anno scorso. Chissà quest'anno cosa avrebbe pensato.

Andai verso la porta, quando qualcuno suonò il campanello.

“Ciao”

“Ciao Cris” mi fiondai verso di lei e l'abbracciai.

Entrò in casa e si sedette sul divano.

“Allora com'è andata l'appuntamento con il paziente misterioso?”

Presi una maglietta, la infilai, intanto la mia mente ritornò a ieri sera.

“Non sono andata” risposi con il poco fiato in bocca.

“Che cosa?!” urlò, scattando in piedi.

Sgranai gli occhi appena vidi la sua reazione.

“Spiegami come mai non sei andata a cena da lui?”.

Camminai verso la cucina, presi un bicchiere di vetro, mi voltai verso di lei, era appoggiata allo stipite dell'arcata che sovrastava l'entrata.

“ Lui è un mio paziente.”

“Con questo?”

Bevvi un po' d'acqua.

“Sai che non posso avere una relazione con un paziente. Posso correre dei rischi.”

“Hai paura dei rischi?”

Non risposi.

“Strano perché con Thomas non hai guardato in faccia i rischi”

Respirai profondamente, incrociai le braccia e le portai verso il petto.

“Guarda poi com'è andata a finire”

“Ti ha tradita, ti ha messo incinta, è tornato, tu hai abortito e lui se ne andato”

“Esatto! Se ne andato e non voglio che qualcuno se ne vada un'altra volta com'è successo con lui!” urlai con tutto il fiato che avevo in gola.

“Bene, allora non amerai mai nessuno se ti comporti così!”

Si sistemò una ciocca dietro l'orecchio ed uscì dalla porta di casa.

Le lacrime che prima avevo trattenuto a stento scesero lungo il viso. Odiavo litigare con la mia migliore amica, anche solo alzare la voce verso di lei.

 

Decisi di parlare con lui, di affrontarlo.

Non sarei più stata la sua psicologa, non avrei più parlato con lui. Semplice, avrei risolto così il problema. Semplice

Aprii la porta del mio studio per l'ennesima volta.

Accolsi Mr. R con un sorriso, mentre camminava verso di me con passo spedito.

“Mi dispiace di non esser venuta l'altra sera a casa tua” dissi sedendomi e distruggendo quel muro di silenzio e imbarazzo.

“Non fa niente, sarà per un'altra volta”.

“Forse, non ci sarà una prossima volta”

“In che senso?”

Mi schiarì la voce.

“Nel senso che non posso più essere la tua terapista”

Si alzò.

“Bene” allungò la mano verso di me.

“Bene” gli strinsi la mano.

Si voltò verso la porta, la aprii ed uscii.

“Visto è stato semplice” disse la mia piccola vocina dentro di me.

 

   
 
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