“È così? Ho capito bene? Stai… davvero aspettando un bambino?” chiese Christian. “È questo il motivo del tuo strano comportamento?” continuò, avvicinandosi, mentre Johanna voltava la faccia dall’altra parte della stanza, incapace di sostenere il suo sguardo e chiudendosi in un assoluto silenzio.
“Johanna, rispondi! Per l’amor di Dio, perché continui a fare così? Parlami, ti prego!” insistette Christian, sempre più incredulo, afferrando le sue braccia. “Johanna! Dimmi qualcosa!”
Johanna continuò a restare in silenzio, con gli occhi bassi e lo sguardo perso nel vuoto. Non sarebbe dovuta andare in questo modo: avrebbe dovuto correre ad abbracciarlo e versare lacrime di gioia insieme a lui, che, ne era certa, sarebbe stato felice di questo miracolo che stava nascendo in lei. Invece, sia lei che il bambino stavano rischiando la vita. Quel maledetto, subdolo male la stava spingendo nuovamente lontano dal suo adorato Cri Cri. Sentiva che Christian stava continuando a parlarle; voleva conferme e le ricordava della promessa scambiata solo pochi giorni prima: niente più bugie, niente più segreti. Sì, ricordava la promessa, ma, al tempo stesso, si chiedeva come avesse potuto Christian superare un trauma così forte, se qualcosa non fosse andato per il verso giusto. Lo sentiva ancora parlare: il medico, l’operazione, i rischi… Era proprio quello il punto: i rischi. La sua vita, ma, soprattutto, la vita di quel figlio tanto desiderato era appesa ad un filo così sottile che erano davvero poche le speranze di riuscire a non farlo spezzare troppo presto; poteva rischiare di procurare all’uomo che amava un dolore tanto grande? Poteva sopravvivere ad un nuovo addio, ma perdere un figlio, ora che, a differenza di un tempo, si sentiva pronto a parlare di famiglia, lo avrebbe devastato.
“Johanna, insomma, parla! Di’ qualcosa!”
Christian pronunciò quelle parole aumentando notevolmente il tono della voce, tanto che Johanna, presa alla sprovvista, voltò istintivamente lo sguardo verso di lui.
“Non è un problema che ti riguardi, Christian” gli disse, lasciandolo di stucco.
“Che vorresti dire, Johanna? Come può non riguardarmi tutto questo? Si tratta di noi! Si tratta di me, di te, della tua salute e… della nostra famiglia, di quella famiglia che abbiamo deciso di costruire insieme!” insistette Christian.
“No, ti sbagli” gli rispose. “Si tratta di me… e di lui” disse, sfiorandosi il ventre ancora piatto. “Quando ti ho fatto quella promessa, non sapevo ancora di lui. Ora le mie priorità sono cambiate: lui è la mia priorità. E lui è la mia famiglia, adesso. Nessun altro” affermò.
“E io non conto niente, Johanna? In tutta questa storia, io sarei solo un “di troppo”?” chiese esterrefatto. “Ma ti rendi conto di quello che stai dicendo?”.
“Io sto dicendo che devi lasciarmi sola” tornò a ripetere “e che quello che mi sta succedendo non ti riguarda. Torna a Parigi, Christian!” gli ordinò subito dopo. “La tua vita è lì, è quella casa tua”.
“Ma come puoi pensare che io possa partire così, a cuor leggero, proprio adesso che hai più bisogno di me? Come puoi pensare che io possa abbandonare te e il nostro bambino?” continuò a insistere Christian.
“È qui che ti sbagli, Christian: questo è il mio bambino, non il nostro” disse, enfatizzando la pronuncia della parola “mio” e guardandolo con degli occhi di ghiaccio.
“Che… cosa vuoi dire con questo?” balbettò Christian.
“Che questo figlio non è tuo” affermò con una freddezza spaventosa. “E adesso vattene, esci da casa mia! E anche dalla mia vita…” gli ordinò, con un filo di voce, che mostrava, però, un’estrema determinatezza.