Christian scacciò quel pensiero, credendo che fosse solo un modo per autoconsolarsi del fatto di essersi ritrovato di nuovo solo, in una casa silenziosa, vuota. Ripose tutto ciò che potesse ricordargli quell’assurdo viaggio che Angèle l’aveva spinto a fare. Ma perché le aveva dato ascolto? Perché quella sera, sul divano, non era rimasto a crogiolarsi nel ricordo di una bella giornata trascorsa insieme alla propria ex, considerandolo un momento estemporaneo, senza pensare neanche lontanamente che quella visita inaspettata potesse avere un altro valore? Vivrebbe ancora nella sua beata ignoranza e continuerebbe la sua vita fatta della solita routine. Forse poco coinvolto a livello emozionale, è vero, ma fuori da ulteriori sofferenze. Si trovava punto e a capo, dopo aver assaporato nuovamente gioia e felicità, però. E, soprattutto, dopo essersi ricordato che quelle sensazioni positive non facevano più parte della sua vita da tempo. Richiuse il cassetto dei ricordi, sperando di poter mettere una serratura a doppia mandata anche al suo cuore. Johanna gli aveva detto addio. Di nuovo. Questa volta, per sempre.
Johanna, invece, era insolitamente indaffarata per una donna inoccupata e senza famiglia. Sapeva che presto non avrebbe avuto più il pieno controllo della situazione e avvertiva già i primi sintomi peggiorativi della malattia che si portava dietro: stanchezza perenne, formicolii agli arti, ridotta sensibilità al braccio destro. Ne aveva parlato con il dott. Miller, aveva effettuato ulteriori controlli ed il risultato era che il tumore stava iniziando a crescere a livelli esponenziali. Ma la sua scelta era rimasta immutata: avrebbe fatto di tutto pur di dare una possibilità al suo bambino. A qualunque costo. Voleva assicurarsi che, considerate le circostanze, tutto procedesse per il meglio, almeno per lui. O forse voleva solo evitare di pensare, soprattutto a Christian. Anche se era dannatamente difficile. Alla prima ecografia, effettuata un paio di settimane dopo, l’accompagnò Kate. Era difficile riconoscere in quell’immagine scura il profilo di quel fagiolino, lungo nemmeno cinque millimetri, ma ascoltare il suo cuoricino che batteva, con un ritmo più che doppio rispetto a quello di un adulto medio, la fece commuovere fino alle lacrime. Il suo miracolo stava prendendo forma, era vivo. Dentro di lei, stava nascendo una vita. Il suo bambino era la vita. Il ginecologo le confermò che, almeno dal punto di vista della gravidanza, la situazione procedeva più che bene, ma era chiaro che il contesto restava del tutto particolare.
“Dovresti chiamare Christian”.
Le parole di Kate le giunsero improvvisamente, mentre, con fatica, camminava verso la macchina posteggiata qualche centinaio di metri più avanti. Si notava appena, ma già cominciava a camminare incerta, barcollando leggermente.
“Che fai? Non mi rispondi?” la incalzò l’amica.
“Perché mi dici questo, ora? Ti ho spiegato perché ho deciso di lasciare Christian fuori da tutto questo” le rispose Johanna.
“Sì, me l’hai spiegato, è vero. Ma più ti guardo e più sono convinta che questo non sia il mio posto, ma il suo. Non fraintendermi, Johanna; sai che sono felice di poterti aiutare. Ma penso che l’aiuto che ti può offrire Christian sia molto più grande del mio e che, oltre tutto, sia un suo preciso diritto, oltre che un dovere, occuparsi di suo figlio e starti vicino in questo particolare momento” spiegò.
“Già, solo che Christian non è una persona che, di solito, reagisce bene al dolore, quindi no, non metterò a rischio il suo equilibrio mentale più di quanto non abbia già fatto. Christian non deve essere coinvolto, almeno per ora” replicò Johanna “e tu mi hai promesso che mi avresti aiutato”.
“Almeno per ora… Cosa vuol dire “almeno per ora”? Che domani andrai da lui e gli dirai “scusa, ma mi sono sbagliata, questo è tuo figlio”?" la provocò Kate.
Johanna alzò gli occhi al cielo; era evidente che quella conversazione la infastidiva. O forse, in quel momento, non era più abbastanza forte per sopportarla a lungo.
“Non lo so” rispose, abbassando lo sguardo e incupendosi all’improvviso. “Non so cosa farò domani. Non so neanche se ci sarà un domani. Quindi, ti prego: lasciami fare a modo mio”.
“Va bene, va bene!” si arrese Kate. “D’accordo. Andiamo” le disse, seppure in disaccordo, esortandola a salire in auto, prima di riaccompagnarla a casa.