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Autore: Silence_within    19/08/2013    0 recensioni
Questo è l'addio di una diciassettenne che era troppo stanca di ciò che le accadeva, per capire che in fondo, lui l'amava e voleva aiutarla, ma non sapeva come.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Le tre del mattino. Si sveglia come sempre, non riesce più a dormire, a quell’ora i sogni finiscono. Prende il cellulare dal comodino con lo scopo di mettersi a giocare, o forse di scrivere sulla sua depressione, sul suo bisogno di qualcuno. Sono passati tre mesi, da quando Troy l’ha lasciata, con l’accusa di essere cambiata. Le tornano in mente quelle parole, due lacrime le solcano il volto. Le manca terribilmente. “scusa se esisto, scusa se mi sono intromessa nella tua vita, scusa se sono depressa e se avrei voluto averti affianco per poter superare tutto insieme, come d'altronde mi avevi promesso…” pensa. Lui non le aveva nemmeno parlato in faccia, l’aveva lasciata con un SMS, lei non aveva nemmeno risposto.

Altre lacrime accompagnano i ricordi del vero amore di una diciassettenne, purtroppo non ricambiato come avrebbe voluto. Prende il cellulare, con mano talmente debole che cade a terra, mentre il filo del carica batterie tira giù altre cianfrusaglie lasciando un rumore tremendo all’impatto, rompendo il silenzio notturno, di un estate tanto odiata dalla diciassettenne con le braccia coperte tutto l’anno. La madre irrompe nella sua camera, urlando di averla svegliata. Lynn risponde a tono, con tutta la forza che ha, in fondo non è la prima volta. La cupa figura di suo padre compare dalla porta, e si fa spiegare l’accaduto. Dopo la risposta di sua moglie, egli guarda sua figlia, con un misto di rabbia, delusione, fallimento negli occhi. Invita allora sua moglie a raggiungerlo in cucina, Lynn lo sente farfugliare qualcosa a proposito di un mostro al posto di una figlia, facendola ancor più sprofondare in neri sentimenti neri che la annegano, non lasciandola respirare. Raccoglie insicura il cellulare, ha ancora il numero di Troy, non ha mai nemmeno eliminato i messaggi e le foto che rivedere le procura un tuffo al cuore. Respira profondamente, nemmeno alla richiesta di tornare insieme, lo aveva degnato di risposta, quella mattina. Ma forse era ora di rispondere. “Senti, io non posso tornare con te. E il motivo è che ti amo. Troppo. Ma tu non ami me, e sai perché lo so? Perché guardandomi non ti sei mai accorto, che io cercavo una ragione per non fare ciò che sto per fare. Io non ti ho mai dimenticato… non l’ho mai fatto, non ci ho nemmeno mai provato. Ma quando stai in una relazione stabile, una di quelle dove c’è vero amore reciproco, hai la ragione per non morire, e tu non mi davi quella ragione, perché forse ora ti senti legato a me, ma non è amore…. Grazie per quelle emozioni che mi hai dato. Mi dispiace se la mia depressione ti ha portato a lasciarmi. Ora sono io che lascio, non te, ma tutti. Addio Troy, ti ho sempre amato.”

Si alza dal letto in preda a silenziose lacrime, aprendo l’enorme armadio ombroso, situato di fronte al suo letto. Apre il cassetto della biancheria, prende il coltello nascosto sotto la roba. Lo fissa. Per tutto quel tempo è stato nascosto lì, perché nessuno guarda nel posto più ovvio e comico. Guarda il riflesso degli occhi, spenti e scuri, morti prima del suo corpo.

S’incide una X sul polso, il sangue ne sgorga, riempiendo il pavimento. Prende carta e penna. Inizia a scrivere. Sa che mancano pochi minuti, e deve sbrigarsi, la testa già pesa. Si siede alla scrivania, inizia a scrivere velocemente.

<< So che molti crederanno che lo faccio per Troy. No. Io oggi sto perdendo la vita, perché sono depressa, cazzo. Sono depressa e ho bisogno di qualcuno. Quel qualcuno che non ho. Non c’è mai stato nessuno, qui, per me, davvero. Nessuno che guardandomi negli occhi dicesse “no, non stai bene”. Nessuno che si accorgesse dei segni sul mio corpo, segni di sfogo autolesionistico. Io non muoio di suicidio, no. Io muoio di depressione, e di solitudine. Una canzone diceva “non avevo mai capito, che tutti moriamo soli”. Ora capisco cosa intendeva. E poi state tutti lì a dirmi che mi capite, a dirmi che esagero, a dirmi “ehi, smettila di fare l’acida”. No, voi non capite nulla. Nessuno capisce e lo dimostra il fatto che oggi dovrebbe essere il giorno più felice della mia vita, dato che divento maggiorenne. Lo diventerò in tomba, bello. Sentite, fatevi tutti un esame di coscienza, e non perché mi abbiate fatto che cosa, non perché mi aspettavo che avreste capito, ma perché avete tutti rigirato il coltello nella piaga. E non si senta santo nessuno, perché io so chi non ne è responsabile. Ma in fondo, l'errore è stato mio, che pensavo che tutto si sarebbe aggiustato.>>

La lucina dell’alba filtrava in quella finestra, dalla persiana non totalmente chiusa. Un flebile “addio” viene pronunciato da quella debolissima voce, prima che il collo smetta di reggere la testa, gli occhi si chiudono, il respiro si blocca, e gli occhi si chiudono per l’ultima volta, in quella sedia dura, mentre la pelle già bianca, sbianca ancora, il sangue si sta arrestando ed è ormai secco.

Troy legge il messaggio, troppo tardi, mentre le lacrime sgorgano. Ma un secondo messaggio era giunto al suo numero, prima dell’atto della ragazza che amava, ma a cui non sapeva come parlare di ciò che le accadeva: “Vivi. Vivi al mio posto. Sii felice. Fallo per me, Trova la persona giusta. Fai tutto questo, anche da parte mia.” Lui vuole obbedire, e così si costringe a smettere di piangere…
 

***
 

Viola: Ciao a tutti, vi presento "Sadness". Da dove mi è venuta l'ispirazione non lo so, so solo che si è praticamente scritta da sola, e mi piace anche. Avete mai pensato a quelle cose che non vengono mai dette? Quelle cose che non si sa come dire, o come far slenziosamente capire, sono terribili. Ma lasciamo perdere certi discorsi perché potrei straparlare per ore se non mi metto il blocco. Pertanto, grazie a chi letto, a voi i commenti.

  
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