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Autore: Yoan Seiyryu    19/08/2013    1 recensioni
Red/Hook
Dopo la morte di Milah, Killian Jones tenterà di riportarla in vita, stringendo un patto con Cora. Si addosserà una maledizione che lo priverà dei suoi anni di vita e tenterà di vendicarsi in ogni modo. Sarà la vendetta a fargli incontrare qualcuno che come lui porta sulle spalle una maledizione, Cappuccetto Rosso.
***
-Non permetterò che muoia-
-Dovrai pagare un prezzo molto alto per salvarla- le labbra affusolate si arricciarono in un ghigno.
-Quanto alto?-
-Tanto quanto ciò che desideri salvare-
[...]
E Cappuccetto Rosso riuscirà ad accettare la sua doppia natura?
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Killian Jones/Capitan Uncino, Ruby/Cappuccetto Rosso, Signor Gold/Tremotino
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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XVI. Distanze






Il mattino non tardò a giungere, la luna si era nascosta per lasciare spazio ai primi raggi di sole che comparvero all’orizzonte. Proteo mi aveva consigliato di andare a riposare, ma non volevo in alcun modo lasciare Red da sola sul ponte della nave. Non me la sentivo di svegliare il lupo, non era sicuro e preferivo attendere il giorno seguente per alzarmi da lì.
Quando sorse l’alba Red compì la sua trasformazione, tornando in forma umana, dormiente sulle mie gambe come se non si fosse resa conto di nulla.
Aveva gli occhi chiusi, il respiro era meno forte e più regolare, il calore del corpo era scomparso ed era iniziato a diventare più freddo.
L’espressione del viso era tranquilla, doveva aver sognato molto durante la parte rimanente della notte ed  io non mi ero addormentato, proprio per poter vegliare su di lei.
Avevo concesso alla ciurma un lungo riposo, avremmo perduto un giorno di viaggio avanzando lentamente, ma meritavamo tutti di fermarci per riprendere le forze.
Eravamo esausti e feriti, rimetterci in sesto ci avrebbe aiutato molto. Si poteva udire solo il soffio del vento sulle vele e il canto del mare che si infrangeva sulla linea di galleggiamento.
Fu allora che Red si risvegliò, aprendo lentamente gli occhi per non essere infastidita dal sole. Quando si rese conto di avere il capo appoggiato alle mie gambe, si mise a sedere in fretta, con aria spaesata.

-Ti sei addormentata questa notte, eri stanca per la battaglia- le suggerii la risposta prima che potesse chiedermi spiegazioni.

I suoi occhi azzurri si fermarono a lungo nei miei, con le labbra che tremavano timorose di domandare altro. Sapevo ciò che non voleva sentirsi dire, ma non si può affrontare se stessi se non ci si conosce fino in fondo.

-Ho fatto del male a qualcuno dei nostri?- alla fine non riuscì a resistere.

Scossi il capo. In realtà non ero del tutto certo, ma di sicuro aveva spazzato via molti dei nemici e tanto bastava.
-No, sei stata molto brava. Hai quasi tentato di sbranarmi ma alla fine sei riuscita a controllarti. In realtà incuti più timore in questo modo che non trasformata in lupo- cercai di scherzare per spezzare l’atmosfera che si era appesantita.

Le strappai un mezzo sorriso, ma quando si accorse del sangue che si era attaccato alla mia camicia, si adombrò nuovamente.
-Non sono stata brava. Non ricordo nulla di quello che è accaduto, ho ucciso di nuovo senza rendermene conto-.

Roteai gli occhi al cielo, mentre mi sollevavo per tornare in piedi e sgranchirmi le gambe, facendo rotolare via il boccale vuoto.
-Hai salvato i tuoi compagni da morte certa, senza il tuo intervento probabilmente ci troveremmo tutti in fondo al mare. Per una volta non angustiarti, prova a guardare il lato positivo- le suggerii fermamente convinto.

-E quale dovrebbe essere?- si mise in piedi anche lei, incrociando le braccia. Si sentiva indolenzita e aveva bisogno di riposare, glielo leggevo negli occhi, ma la sua testardaggine le impediva di ammettere quella debolezza.

-Ti sei fermata quando ti ho detto di farlo, hai ubbidito agli ordini senza fare storie. Per un attimo ho creduto che avresti posto fine alla mia vita prima del dovuto- risi di gusto a quella battuta priva di senso, tant’è che fui l’unico a farlo.

Lei rimase in silenzio, sollevando appena un sopracciglio, come a voler dire che non avrebbe riso su una questione simile, visto che mi mancava davvero poco tempo per vivere.
Perché tutti sembravano così presi da quella storia? Non ero io ad esserne il protagonista? L’apprensione mi infastidiva più di ogni altra cosa, per non parlare della compassione.

-In ogni caso, raccontami cosa è accaduto. Proteo è salvo?- domandò speranzosa.

Annuii e mi ritrovai a raccontarle i minimi particolari del salvataggio. Ovviamente fu entusiasta di come si era svolta la questione, ma non le accennai al problema del Libro della Pace, le nostre strade si sarebbero sicuramente divise molto prima.

-Allora voglio andare a vedere come sta- fece per andare via, estremamente curiosa di sapere che cosa aveva affrontato sulla nave di Sinbad, ma prima di farlo ci ripensò e tornò sui suoi passi.
Spostò una ciocca lunga dei capelli scuri dietro l’orecchio e aggiunse –Grazie per avermi fermata, mi hai evitato un grande dolore-.

Inarcai un sopracciglio, non avevo proprio capito a che cosa si riferisse e non riuscii nemmeno a fermarla per spiegare cosa intendesse, tanto era desiderosa di andare da Proteo ad accertarsi che stesse bene.
Io ne approfittai per dirigermi verso il timone, in quel momento sul ponte non vi era quasi nessuno, amavo il momento che si susseguiva ad una battaglia appena conclusa.
Certo, ciò che era accaduto non rappresentava la fine, ma per il momento mi accontentavo di non pensarvi. Assaggiai il legno intagliato del timone, accarezzandolo con l’unica mano con cui avevo conservato il tatto. Davanti a me non c’era che mare e il sole che batteva chiaro nel cielo, era quella la vita che avevo desiderato fin dal principio e così avrei sperato fino alla fine dei miei giorni. Che mancasse poco o meno non mi importava, ero stato libero e nemmeno quella maledizione mi avrebbe incatenato.
Tremotino era vicino, presto avrei compiuto la mia vendetta. In realtà c’erano molte cose da sistemare, Milah insieme al mio vecchio equipaggio era ancora libera tra i mari, senza il suo cuore.
Provai spesso a cercarla, a scoprire informazioni su di lei, ma sembrava essersi nascosta ai miei occhi. Credeva che avrei potuto farle del male? Già gliene avevo procurato, non vi era bisogno di aggiungere altra sofferenza.
Trascorsero quattro settimane dallo scontro con Sinbad, impiegammo più di un mese prima di riuscire ad attraccare sulla terraferma, lì dove sorgeva la Foresta Incantata.
Tutti eravamo stanchi, per ben tre mesi non avevamo fatto altro che affrontare qualcosa che andava oltre le nostre possibilità. Era incredibile, nonostante fosse trascorso così poco tempo, Red ormai faceva parte dell’equipaggio a tutti gli effetti.
Fortunatamente quell’ultimo periodo fu privo di disastri, la vita sulla nave si era dimostrata tranquilla, organizzammo svariate serate di festeggiamenti per accogliere di nuovo Proteo tra noi, anche se era stato via solo per una notte.
Si decise allora di dichiarare la propria identità, non voleva nascondersi più dietro il nome di Abraden e nonostante tutti ormai sapessero delle sue origini regali, nessuno aveva cambiato modo di comportarsi.
Non esistevano re o principi sulla Jolly Roger, eravamo tutti uguali, tranne il Capitano. Non potevo permettere nuovi ammutinamenti.
Grida di felicità esplosero nel momento in cui riuscimmo a vedere la terraferma, aprii il cannocchiale e verificai che ci trovassimo davvero al nostro punto d’attracco.
Ottimo, non avevamo perso tempo, soprattutto dovevamo recuperare vivande e tutto ciò che era utile per un prossimo viaggio.
Mi affrettai ad arrotolare una mappa della Foresta Incantata e ad infilarla nella cintura, sarebbe stata utile una volta lì. Da quando il principe James e Biancaneve avevano preso possesso del Palazzo reale erano riusciti a rendere quel luogo privo di pericoli ed insidie, questo sarebbe stato piuttosto utile.


-Capitano, siamo pronti per gettare l’ancora- mi comunicò Christian in lontananza, pronto ad eseguire gli ordini.

Gli confermai che era il momento giusto e così fece. Calammo le scialuppe e ci dirigemmo sulla terraferma, una spiaggia dalla sabbia bianca antistante ai primi alberi della Foresta. L’equipaggio si divise, ogni gruppo era organizzato in modo tale che compiesse il proprio dovere. Christian e Proteo sarebbero andati avanti, per raggiungere il Palazzo prima di me e Red, per studiare la situazione e le vie di fuga, in caso di insuccessi. Io e Red li avremmo seguiti con qualche giorno di distanza, lei ovviamente non sapeva nulla di tutto quello che sarebbe accaduto né del vero motivo per quella separazione.
Mi resi conto che non indossava più gli abiti che avevo fatto confezionare per Milah ma che era tornata ad indossare i suoi vecchi vestiti e che aveva indossato di nuovo il mantello rosso squarciato al centro.
Corrugai la fronte, ebbi quasi la sensazione che non desiderasse confondersi con noi pirati una volta raggiunta la corte di Biancaneve.
Perché allora quel pensiero mi infastidì? Red era stata con noi tre mesi, tutti la elogiavano e si comportavano con lei come se fosse un membro della Jolly Roger a tutti gli effetti, ma avevano dimenticato la motivazione che l’aveva spinta a seguirci.
La vita di mare non le interessava e forse nemmeno le piaceva.

-Perché mi fissi in quel modo?- mi domandò spezzando il silenzio.

Da quando ci eravamo inoltrati nella Foresta non ci eravamo scambiati nessuna parola, ognuno avvolto nei propri pensieri. Mi resi conto allora che continuavo a guardarla, come a voler comprendere che cosa le girasse per la testa.

-Io non ti fisso in nessun modo- volsi subito lo sguardo altrove, scrollando le spalle.

Lei si limitò a sorridere, ormai era abituata ai miei modi di fare e non trovava strano il comportamento che avevo sempre.
-E così manca poco-.

Era la prima volta che le nostre frasi risultavano corte, smezzate, come se non volessimo parlarci. Probabilmente avremmo preferito fuggire, salutarci frettolosamente e dirci addio, senza badare ai convenevoli.

-A cosa ti riferisci?- mi sentii costretto ad assecondare quella situazione, non potevo fare altro. Avremmo affrontato il viaggio da soli, dovevamo pur interagire.

-Quando arriveremo al Palazzo di  Biancaneve il nostro accordo avrà fine. Non sarai più in debito con me- mi disse, forse riuscii a leggere una sfumatura di dispiacere, ma doveva trattarsi sicuramente di una mia impressione.

Avevo ancora il denaro che le avevo rubato, lo portavo dietro, in realtà difficilmente me ne ero separato. Un po’ mi sentivo in colpa per averle tolto quello che aveva racimolato lavorando alla locanda del Lupo di mare, ma ne avevo bisogno e inoltre le avevo salvato la vita più di una volta, quindi meritavo una degna ricompensa.

-Non mi piace avere debiti, solitamente sono gli altri ad averne con me- mi limitai a rispondere.

Le nostre strade si sarebbero presto divise e non ci saremmo più visti. Da quel che avevo compreso Red desiderava rimanere alla corte di Biancaneve, era l’unico luogo in cui forse non sarebbe stata considerata un pericolo.
Le avrei voluto dire che c’era posto anche sulla Jolly Roger, ma l’inganno che le avrei teso sarebbe stato eccessivo, non mi avrebbe mai perdonato.

-In fondo non sarai più solo, Tremotino ti aiuterà a portare in salvo la tua Milah e potrete ricongiungervi-anche quelle parole avevano un sapore di rancore che si rigirava sul palato come un gusto amaro.

Red non aveva idea che io volessi strappare il cuore di Tremotino per donarlo a Milah e che quindi non avrebbe potuto ricucire il suo mantello. Non sapeva nemmeno che era stato lui a portarla via da me. Avrei rischiato troppo, non potevo permettermi di dire una parola di più.
Però c’era stata una questione che non ancora avevo affrontato: il ritorno di Milah.
Vivere accanto ad una donna completamente diversa da lei mi aveva fatto dimenticare per un momento che la mia missione non era solo volta a salvarmi la vita, ma anche a riportare indietro la donna che amavo più di ogni altra cosa.
E l’amavo? L’amavo ancora come una volta? O mi ero solo crogiolato nell’idea di un fantasma che vorticava nella mia testa?
Per un attimo fui assalito dall’incredibile dubbio che forse non provavo più nulla per Milah. Ma durò così poco che mi costrinsi a scacciare quel pensiero.
Quante sciocchezze mi avevano messo in testa Proteo e Christian riguardo ai miei sentimenti!  Come potevo concedermi di amare un’altra donna che non fosse Milah?

-E’ vero, se tutto andrà per il meglio riuscirò a ricondurla da me. Christian sarà molto dispiaciuto quando saprà della tua decisione di rimanere alla Foresta Incantata- tentai di cambiare argomento, nella speranza di uscirne il prima possibile.

-Mi mancheranno le nostre chiacchierate, mi piaceva ascoltare le sue avventure. Mi mancherà anche Proteo e tutti gli altri. Sarà difficile abituarsi di nuovo ad una vita diversa, ma io non appartengo al mare- aggiunse prima di fermarsi per qualche istante, annusando l’aria. Forse avvertiva qualcosa di strano.

Non diedi troppa importanza alla sua improvvisa aria circospetta, la lasciavo fare, ma sapevo bene che la Foresta Incantata era popolata da tante creature diverse e non sarebbe stato strano incontrarne qualcuna.
Avrei voluto chiederle se le sarei mancato anche io, ma mi sembrò una domanda sin troppo sciocca e fanciullesca per permettermi di farla.

-Credo di aver avvertito qualcosa…- sussurrò Red, iniziando prima a guardarsi intorno, per poi avvicinarsi al cespuglio più vicino per guardare che cosa si fosse nascosto lì, perché aveva avuto l’idea che qualcuno ci stesse seguendo.

Ovviamente non trovò nulla, come avevo immaginato, la Foresta Incantata poteva giocare brutti scherzi e non era il caso di fermarsi. Non volevo perdere tempo, dovevamo incamminarci con il giusto passo verso il Palazzo per appropriarmi di quello che mi spettava.

-Killian- quando ritornò dalla sua perlustrazione mi ritrovò annoiato a scagliare piccoli sassi sui tronchi degli alberi – questa notte preferirei dormire da sola. C’è un fiume nelle vicinanze, andrò lì-.

Sapevo bene che era giunto di nuovo il tempo del lupo, ma non ero così sicuro di volerla lasciare da sola nella Foresta. Dividerci non era una buona idea.

-Per quale motivo vuoi rimanere da sola?- le domandai, anche se conoscevo già la risposta.
Incrociò le braccia al petto,stringendosi nel mantello come se fosse stato uno scudo.
-Preferisco essere certa che non ti accadrà nulla. Non sono sicura di riuscire a controllarmi durante la trasformazione e sarò più tranquilla sapendo che non sei in pericolo. Ci rincontreremo domani mattina al fiume, d’accordo?- la sua voce era così risoluta che non mi imposi, almeno per una volta volevo lasciarla fare.

-Va bene, se proprio insisti- sorrisi, sapendo di farla contenta.

Mi conoscevo bene, sapevo perfettamente che sarei rimasto a dormire nella vicinanze per controllare la situazione e all’alba mi sarei fatto trovare lì da lei come se non l’avessi mai lasciata da sola.
Quando il tramonto sopraggiunse e la luna iniziò a sorgere, fummo costretti a dividerci. Io mi rifugiai in un posto tranquillo, sopra i rami di un albero, per controllare la situazione sotto di me e tenere d’occhio il lupo che sembrava dormire tranquillo accanto alle rive del fiume.
Indisturbato com’era, non somigliava più alla belva feroce che avevo conosciuto le scorse volte. Red si sottovalutava senza alcun motivo, le sarebbe bastato fare uno sforzo di volontà e credere in se stessa per superare quella che era solo una paura.
Le maledizioni possono corromperti l’anima, ma non trascinartela via.
Finii per addormentarmi, la stanchezza che provai mi fece scivolare in un sonno profondo e ciò che sognai fu quasi più simile ad un incubo.
 
 
 


Milah mi guardava con quei suoi occhi di ghiaccio, con una mano appoggiata al fianco e l’altra lasciata pendere lungo la gamba. Era sulla Jolly Roger, come ai vecchi tempi. Il suo sorriso comparve come il sole dopo la tempesta, per rischiarare le mie giornate. Le piaceva tracciare le rotte sulle mappe che le avevo concesso di usare, si divertiva a scegliere i luoghi da vedere ed io, se possibile, cercavo di accontentarla.
Le mancava suo figlio, se non fosse stato per lui, non avrebbe più avuto quello sguardo carico di risentimento. Un giorno glielo avrei riportato indietro, così le avevo promesso. Eppure non ero riuscito a fare nulla di quello che le avevo detto.
Non l’avevo condotta fino ai confini del mondo, non le avevo restituito suo figlio, non ero nemmeno stato in grado di proteggerla.
La vidi scivolare improvvisamente  a terra, quando comparve come un’ombra il Coccodrillo che le strappò il cuore con violenza.
La sua risata mi distruggeva ed io non potevo ribellarmi, non potevo sciogliere le mie catene.
Milah mi era stata portata via in un istante e non avevo cambiato il suo destino, l’avevo condotta soltanto alla morte. Che razza di uomo ero?
Il suo corpo gravava sul ponte della nave, con gli occhi chiusi e le labbra che pronunciavano il mio nome come ultimo respiro.
Poi, accanto a lei comparve la figura di Red. Fresca, con il suo mantello rosso scarlatto che ricordava quasi il colore del sangue, il sangue che avrei dovuto versare per riprendere l’amore della mia vita.
Mi sorrideva come Milah non aveva mai fatto.
Questo ormai lo avevo imparato a mie spese. Milah ed io ci somigliavamo troppo, avevamo gli stessi desideri, la stessa modalità di pensiero, non entravamo mai in conflitto e l’egoismo che ci caratterizzava ci aveva unito così tanto da dimenticarci di tutto il resto del mondo.
Red invece era così diversa, così distante da me, così pura e priva di peccato. Nonostante le sue mani grondassero di vite strappate, il suo cuore era limpido e sincero.
Non si era mai dimostrata egoista, se non per difendere gli altri,  non mi aveva mai concesso un momento di pace quando si rendeva conto che stavo errando.
Grazie a lei avevo imparato ad amare qualità di me stesso che non conoscevo. Aveva tirato fuori la parte migliore di me, quella che credevo non esistesse.
Un velo di rammarico mi passò davanti agli occhi. Come potevo amarla, sapendo che non l’avrei mai meritata?
Dovevo impedirlo, dovevo costringermi a rimanerne distante, a proteggerla dal fantasma che ero diventato.
Fu allora che il Coccodrillo si avvicinò a lei, circondandole il collo con le sue lunghe mani scheletriche, sfiorandolo sensualmente per poi tirare fuori la lama di un coltello. La aggirò, prima di puntarglielo sul cuore, per poterlo estrarre e distruggere al tempo stesso.
Urlai con tutto me stesso di non farlo, sentivo le forze abbandonarmi, non potevo sopportare di perdere anche lei.
Quel sorriso adorabile, quello sguardo di rimprovero che aveva sempre, non doveva sparire. Perché non strappava il mio cuore? Perché non poneva fine alla mia sofferenza?
E quasi senza crederci, riuscii a spezzare le catene. Ripresi tutte le mie forze, scaraventando la mia furia sul Coccodrillo per assalirlo e farlo a pezzi.
L’avevo salvata, lui non l’aveva portata via. Ma avevo ucciso ancora, la vendetta era compiuta.
Red non fu affatto felice come credevo, le avevo dimostrato di non essere cambiato. Ero sempre il Capitano Hook, l’uomo dal cuore nero.
Si allontanò da me, svanendo in una nuvola di fumo.

 
 
 
 
-Red, non lasciarmi…- sussurrai quando poco a poco stavo prendendo coscienza di me stesso, mi strofinai gli occhi per riprendermi.

Non ero riuscito nemmeno ad aprire le palpebre, che udii rumori carichi di confusione, parole sommesse e preghiere scongiurate. Quando riuscii a capire di cosa si trattasse, ripresomi da quel sogno che avrei voluto dimenticare, gettai uno sguardo al di sotto dell’albero.
Red stava parlando con qualcuno, un ragazzo molto giovane. Disse di chiamarsi Quinn e brandiva tra le mani il mantello rosso.
Continuava a tenere tra le mani il mantello , fu allora che Quinn tentò di bruciarlo, ma Red riuscì a fermarlo.

-Credi che non abbia capito chi sei?- disse il ragazzo, abbassando la fiamma.

-Cosa intendi dire?- di rimando Red iniziò ad agitarsi, gli occhi si erano inumiditi di lacrime.

-Sei un lupo- ghignò apertamente, quasi divertito, ma non sembrava una minaccia.

-E tu come lo sai?- Red fece un balzo scaraventandosi sopra di lui, affamata di conoscenza. Gli strappò il mantello tra le mani, credevo quasi che gli stesse ringhiando contro.

-So riconoscere una figlia della luna- rispose aprendo i palmi delle mani, in segno di arresa.

Cosa volevano indicare le sue parole? Corrugai la fronte, indispettito poiché non capivo cosa stesse accadendo. Le voci iniziarono a farsi sempre più confuse, entrambi si rialzarono da terra e senza che potessi fermarli, scomparvero nella foresta.
Non persi un attimo di tempo, scivolai giù dal mio nascondiglio per poterli rincorrere, ma non mi ero aspettato quel colpo alla testa che mi fece perdere i sensi.










// Nda: 

Saaalve a tutti! Questa volta l'immagine di copertina è un disegno creato dalla mia cara amica BlackFool, in cui si può vedere l'orologio tatuato sul petto di Hook. Ormai ci stiamo avvicinando alla fine, non credo di superare i 22 capitoli, ma sono ancora in corso, tutto potrebbe accadere^_^- come promesso, siamo alla Foresta Incantata! 
   
 
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