Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: coldcoffee    19/08/2013    5 recensioni
– Tratto dalla storia –
«Harry!» esclamai mentre salivo in macchina. «Piantala, per piacere. Niall si è beccato un fottuto proiettile per me. Forse sarei morta, capisci? So che non ti piace molto, ma mi ha salvato la vita. Ed è sempre stato gentile con la sottoscritta, anche al liceo. Quindi lo voglio nella mia vita. Non pretendo che ti vada a genio, ma dovete smetterla di litigare per me! Anche perché non so nemmeno chi cazzo sono, tra un po'. Questa storia della memoria è frustrante. Vorrei tanto capirci qualcosa, porca troia. E, tanto per la cronaca, anche lui avrà la sua occasione.»
«Nemmeno per me è piacevole. Lo sai quanto ci sto male? Il colpo che mi hai fatto prendere quando ho trovato la tua fottuta lettera, eh? Ero distrutto! Te ne sei andata così come sei entrata nella mia vita, per caso. Poi sono venuto in quel quartiere schifoso, sono stato scortato dalla polizia, ho preso a pugni tuo padre per cosa? Niente. Non ricordi niente. Come cazzo faccio io? Dimmelo, perché non ci arrivo. Cathe, io ti amo.»
Non gli diedi il tempo di dire altro.
Scesi dall'auto subito e corsi via.
____________________________
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


 

Assunsi un’espressione interrogativa, sembrava che ci fosse qualcosa di strano, qualcosa che non avrebbe dovuto esserci. Ricordavo quel tizio come un deficiente ubriaco marcio, che si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato. Non sapevo il perché ma mi sembrava di averlo già visto. Aveva la pelle olivastra e dei capelli neri.
Ripetei a me stessa che ero pazza, mentre guardavo Harold sudare freddo ed assumere una posizione più comoda, con la schiena appoggiata al divano.
 
“Devine.” Deglutii. “Josh Devine. Perché?”
 
“Perché sono fottuto.” Abbassò la testa.
 
“Che vuol dire?”
“Oh, merda. Scusami. Ti prego, scusa.”
“Per cosa? Che stai dicendo?”
“Non so come spiegartelo, perché probabilmente dopo prenderai i tuoi vestiti, mi urlerai contro qualcosa e te ne andrai. E io morirò qua.”
“Stai bene? Perché dovrei farlo?”
 
Ero confusa. Non ci stavo capendo più nulla, che voleva dire che era fottuto? Avevo paura di cosa avrebbe ammesso, ma ero curiosa. Mi rannicchiai accanto a lui, con lo sguardo interessato al lampadario che pendeva dal soffitto, di color argento.
 
“Te lo dico in poche parole o … ?”
“Dillo e basta, non me ne andrò.”
“Oh, tra qualche secondo cambierai idea. Ed avrai ragione.”
“Josh è un mio amico. Lo conosco dal liceo e …”
“Che?”
“Non interrompermi, che scoppio in lacrime. Beh, tu sei certa che fosse lui, quello accanto a te, nel letto?”
“Sì, la mattina mi sono svegliata e c’era un suo biglietto. La sera prima era lui che mi ha portata in camera.”
“Merda, come faccio a spiegartelo? Insomma, eravate già amici?”
“No, io stavo per iniziare a lavorare lì, per scusarsi mi ha presentato lui al capo.”
“Abbiamo messo in scena quella scenetta. Io non sapevo fossi tu, non ci stavo con la testa.
Troppi drink. Cathe, quella sera non c’era Josh accanto a te, c’ero io.”
 
Un brivido scosse tutte le mie ossa, mi si chiuse lo stomaco e mi venne una nausea improvvisa. Josh mi aveva mentito, ma perché avrebbe dovuto farlo?
 
“Calma. Spiegami perché! Non capisco il motivo!”
“Lui era innamorato di una sua amica, si chiama Meredith ed era lì. Io gli ho dato una mano ad abbordarla, beh, ripeto, ero ubriaco. Per ringraziarmi, quando a tirato un pugno a quel maniaco, dopo averti …” Prese un grosso respiro “Rimorchiata e messa sul letto, ci siamo scambiati. Poi sono sparito prima che ti svegliassi. Mi sono innamorato di te, da quella sera. Quando ti ho rivista, in quel centro commerciale, non sapevo che fossi tu, non ne ero sicuro.
Ma dentro di me ho subito capito che ti amavo. Sono stato io, è colpa mia. Non volevo, non ero lucido. Tu nemmeno, se non te ne sei accorta.”
 
Avevo l’espressione di un’ameba. Completamente assente. Ricapitolando, Josh mi aveva mentito, io mi ero fatta uno sconosciuto, all’epoca, senza accorgermene. Io ero ignara di tutto ed ero comunque una stupida ingenua. Perché mi cacciavo in quelle situazioni impossibili per chiunque? Alla fine risposi, mezza frastornata.
 
“Harry, meglio così.”
“Come?”
“Meglio averlo fatto con te. Sei l’unica persona con la quale avrei voluto farlo.”
*HARRY’S POV*
 
Non mi odiava, non mi aveva picchiato, non se n’era andata, ma era felice.
Mi aveva appena detto che era stato meglio così, anche se io ero stato una carogna assurda, me lo sarei portato dietro per sempre.
 
“Siamo la prima coppia che si innamora dopo aver fatto sesso senza conoscersi e senza saperlo.”
“Credo di sì.”
“E’ un tantino strano.”
“Non per me, ci sono abituata, la mia vita non può essere normale.”
“A volte è un bene.”
“Se questo mi ha portata a te, lo è di sicuro.”
 
Avevo un braccio intorno alle sue spalle ed entrambi stavamo guardando lontano, senza sapere che dire. A volte ci sono momenti in cui non importa parlare, ci si capisce ugualmente.
Nonostante mi sforzassi di ricordare quella sera, non ci riuscivo.
Io ero così, o non sapevo, o sapevo tutto. Non ero una di quelle persone che hanno mezzi ricordi offuscati, i miei erano limpidi o semplicemente non c’erano.
Tutti se lo spiegavano affermando che avessi la memoria fotografica, ma non era vero.
Decisi che era meglio lavarsi, stava iniziando a fare freddo, fuori tirava molto vento e c’era aria di pioggia. Piuttosto normale, in Inghilterra.
Avrei voluto portarla fuori a cena, ma dopo tutto quello che era successo non me la sentivo di sottoporla ad un’uscita. Avremmo ordinato cinese, tanto per fare qualcosa di diverso.
Glielo chiesi e lei ne fu contenta, pregandomi però di indicarle la doccia.
La portai di sopra, porgendole un asciugamano pulito. Quando sentii la serratura scattare, andai a sedermi sul letto, con gli occhi fissi sulla parete crema adiacente al comodino.
Il mio sguardo si posò poi sulla libreria, piena di romanzi polverosi e mi catapultò con la mente nel mio paese d’origine, Holmes Chapel, quando passavo ore ad osservare i grossi volumi di mio nonno, che aveva una fissazione per i racconti medioevali. Personalmente li trovavo barbari, ma lui era abbagliato dal loro fascino fantasy.
Sentii un tuono e mi girai di scatto, in tempo per scorgere un lampo abbattersi poco lontano.
Una fitta pioggia bagnava il suolo, spostata diagonalmente dalle raffiche di vento che la facevano infrangere in maniera violenta sul vetro, creando il tipico picchiettio.
Avvicinandomi alla finestra l’odore dell’acqua diventò evidente, ricordandomi Cathe nella doccia ed affrettandomi ad occupare l’altro bagno.
 
*CATHE’S POV*
 
Mentre il vapore caldo si disperdeva per tutto il bagno, ebbi modo di osservare bene le chiazze violaceo/giallastre che decoravano il mio corpo.
Il sapone che stavo usando aveva il profumo di zucchero filato, anche io ne avevo uno simile, quando ero piccola. Veniva voglia di mangiarlo.
Una volta uscita dalla doccia ed indossata la biancheria, pensai di “prendere in prestito” una maglietta di Harry, perché i miei vestiti erano ridotti maluccio.
Ne vidi una appoggiata al termosifone, probabilmente ad asciugare, e la infilai senza pensarci troppo. Aveva il suo odore. Era una T-shirt con il triangolo dei Pink Floyd, di un colore blu scuro. A me stava grande, mi arrivava a metà coscia, ma tutto sommato ero presentabile.
Aprii il mobiletto sotto al lavandino, trovando il phon e asciugando i capelli quanto era necessario, mentre osservavo il mosaico di piastrelle marroni, color nocciola ed oro incastonate perfettamente nel pavimento e nelle pareti, fino a metà muro.
Aveva un gusto micidiale, nell’arredare case, almeno che non avesse scelto un pacchetto completo o che si fosse fatto consigliare dall’arredatrice stessa. Ridacchia tra me e me.
Spensi l’asciugacapelli, riponendolo dove l’avevo trovato. Uscii e vidi Harry disteso sul letto, già lavato e profumato, con indosso i pantaloni grigi di una tuta e una delle sue adorate maglie bianche, che lasciavano trasparire molti dei suoi tatuaggi, decisamente inadatti per una specie di bibliotecario.
Era immerso in qualche tipo di riflessione e così, in punta di piedi, mi lanciai sopra di lui, facendogli il solletico. Aveva uno di quei sorrisi che ti rapisce l’anima, uno di quegli che ti rimangono nel cuore per sempre.
Quando rideva davvero, agli angoli della sua bocca comparivano due fossette, che lo rendevano degno di essere paragonato ad un angelo.
Dato la forza di cui ero dotata, ribaltò velocemente le posizioni e quella che rideva come una pazza diventai io, perché soffrivo tantissimo il solletico.
 
“Ehi, ma quella è la mia maglia!” Bofonchiò sorridendo.
 
“Sì, beh, i miei vestiti sono ridotti maluccio, l’ho trovata in bagno e l’ho indossata. Ti dispiace?”
“No, ma temo che mi ruberai tutti i vestiti, perché stanno meglio a te.”
“Ma cosa dici? Sembro una naufraga.”
“Stai zitta, te lo ripeterò all’infinito: sei bellissima.”
“Tu lo sei. Ma sul serio, posso usarla? Non te l’ho chiesto.”
“Certo che puoi, tanto sei mia, quindi puoi metterti le mie maglie.”
“Logico come ragionamento.”
 
Presi il suo viso tra le mani, avvicinandolo a me e lasciando sfiorare i nostri nasi, prima di baciarlo, come solo noi sapevamo fare.
Tutto era perfetto, eravamo quell’amore indistruttibile, quell’amore che non può smettere di esistere. E non avrei desiderato vita migliore, anche se innamorarmi perdutamente di qualcuno non era nei piani.
Semplicemente vedevo la mia vita come una scaletta di cose da fare ogni giorno:
Alzarsi, mangiare, vestirsi, andare a lavoro, tornare a casa, lavarsi, vestirsi, mangiare, dormire.
Così avrei tenuto tutto sotto controllo, non ero pronta ad incontrare con qualcuno, a socializzare, ad amare. Ma, soprattutto, non credevo che qualcuno volesse passare del tempo con me, perché tiravo su una barriera, appena qualcuno tentava di avvicinarmi.
Ma questo era prima.
 
[…]
 
Cenammo con degli involtini primavera, dei ravioli al vapore, dei gamberetti fritti ed altre cose il cui nome è impronunciabile per un essere umano che non sa il cinese.
Avevo davvero voglia di guardare un film spaparanzata sul divano, ma non sarebbe stato molto elegante farlo sapere a Harry, quindi mi limitai ad accettare con enfasi la su proposta.
Prima di cercare un DVD carino, trovai dei chupa chups dentro ad una scatola in un ripiano nascosto e proposi di mangiarne uno. Ovviamente acconsentì, ammettendo che non sapeva fossero lì, che non li trovava da settimane.
Trovavo buffo il fatto che avesse perfino i classici Disney, come Biancaneve, Cenerentola, La Bella e La Bestia, La Bella Addormentata, Peter Pan e Monsters & Co.
Siccome tutta la mia infanzia si era basata sulla saga di Harry Potter e lui aveva l’intera collezione, decidemmo di guardarne uno a sera, iniziando dal primo.
Aveva un divano ad angolo, io distesi le gambe sulla parte apposita ed Harry sul lato fatto sedersi, con la testa appoggiata sul mio ventre.
I suoi ricci mi facevano il solletico e non resistetti alla tentazione di passare minuti interi giocandoci.
 
“Rimarrò pelato, se continui così.” Esclamò ad un certo punto, sgranando gli occhi.
 
Risi a crepapelle, piegandomi in due dalle risate e quasi scivolando dal divano.
 
“Scusami, ma sono troppi morbidi, ahahah.” Feci spallucce, facendolo ridere.
 
Il nostro momento spensierato fu interrotto da una telefonata, proveniente dal mio cellulare.
Lo sconosciuto usava un numero privato, che non compariva sullo schermo.
Trasalii, perché avevo intuito chi potesse essere. La maledizione avrebbe potuto ricominciare.


------CONTINUA------ 
 
Nota dell'autrice: Ebbene, che ve ne pare? Spiazzate dalla prima parte? In effetti spero che vi incuriosisca e, anche in caso contrario, fatemelo sapere. A presto! xx
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: coldcoffee