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Autore: ely_trev    19/08/2013    2 recensioni
[Hélène e i suoi amici]
Avviso subito che la storia sarà comprensibile anche a chi non conosce questo telefilm che Mediaset ha improvvisamente sospeso per non si sa quale motivo ormai più di dieci anni fa. Quest'estate, girovagando su internet, ho scoperto che ne sono stati fatti ben tre seguiti (l'ultimo dei quali, per giunta, in patria, ancora in programmazione a distanza di 20 anni dall'inizio della serie) mai arrivati in Italia; dopo essermi informata a grandi linee sullo svolgimento della storia, ho deciso di riprenderla dal punto di vista di uno dei miei protagonisti preferiti - Christian - provando a portare avanti un mio personalissimo "e se...?".
E se il suo amore verso la fidanzata storica non fosse mai svanito?
E se quell'inaspettato ritorno avesse risvegliato tutti i suoi sentimenti?
E se si fosse reso conto di non essere innamorato della sua attuale fidanzata?
Alcuni personaggi sono stravolti rispetto all'ambientazione originaria, altri (che non conosco bene, non avendo avuto modo di vedere il telefilm tradotto) sono stati eliminati per semplificarmi un po' la vita (anche perché i protagonisti della mia storia sono Johanna e Christian).
Per chi non ha conosciuto la serie, prenda il mio racconto come un originale. Buona lettura!
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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I minuti passavano inesorabili e lui li vedeva scorrere lenti, osservando le lancette di un orologio appeso alla parete. Erano lente, lentissime, quelle lancette. Gli avevano spiegato che l’intervento era molto complesso e delicato e che avrebbe passato in sala operatoria l’intera giornata, ma quella giornata sembrava non passare mai. Il rintocco dell’orologio scandiva ogni secondo, trascorso nell’attesa di vedere aprirsi quella porta dietro la quale avevano portato la sua Johanna, trascorso nell’attesa di vederla tornare indietro sana e salva, di vedere qualcuno uscire a comunicargli che, da quel momento, avrebbe avuto una bella famiglia al suo fianco, una famiglia felice. Non riusciva a stare seduto; le sedie erano scomode, dure. E poi, comunque, era troppo nervoso. Continuava a passeggiare impaziente in quella minuscola sala d’attesa, neanche fosse un animale in gabbia in cerca della via di fuga. A metà mattina, probabilmente, aveva già fatto chilometri, su e giù per quella piccola porzione di edificio. A volte si fermava a fissare il traffico della metropoli che scorreva fuori da quell’ospedale: macchine, camion e autobus transitavano per quelle immense strade, senza fermarsi un attimo. Parigi era grande, ma Houston era una vera metropoli. Era difficile distrarsi, preoccupato com’era per quello che sarebbe potuto succedere. Kate cercava di stargli vicino come meglio poteva, ma lui preferiva comunque ascoltare il rumore dei suoi pensieri, in silenzio. Pensava a come sarebbe stata la sua vita insieme a Johanna: turbolenta, chiassosa, felice. Pensava a come sarebbe stata la sua bambina. Sicuramente, sarebbe stata molto simile a Johanna: forte, decisa… meravigliosa. Sarebbe cresciuta nutrendosi dell’essenza della vita, come la madre. Avrebbe combattuto per quello in cui credeva e non si sarebbe risparmiata, mai. E lui avrebbe fatto di tutto per accompagnarla in questa vita, come meglio poteva. Certo, non era mai stato il massimo della sicurezza, non era mai stato bravo ad offrire certezze. Ma, in quel momento, sentiva che avrebbe potuto fare di tutto per lei e per la sua mamma, una donna che, con la sua sola presenza, era in grado di infondergli una linfa vitale che gli avrebbe permesso di sollevare il mondo, se solo ce ne fosse stato bisogno. Sangue. Due persone di passaggio, forse due medici, appena usciti da dietro quella porta, parlavano uno stretto inglese, che lui non capiva. Ma avevano pronunciato distintamente la parola “sangue”. Guardò Kate, affinché l’aiutasse a interpretare quelle poche sfuggenti parole.
Non lo so, Christian” disse, rispondendo al suo sguardo interrogativo. “Ho capito solo che parlavano di un abbondante sanguinamento” precisò.
Abbondante sanguinamento”. Che cosa voleva dire “abbondante sanguinamento”? Perché non gli facevano sapere niente? Christian faceva fatica a controllare il suo stato d’animo. Aveva giurato di essere forte e si stava impegnando più che poteva, ma non era mai stato capace di tirare fuori tutta quella energia. No, dannazione, no! Aveva promesso a Johanna che non sarebbe crollato. Ma le lancette di quel maledetto orologio sembravano ferme e il tempo sembrava non passare più. Cosa stava succedendo in quella sala operatoria? Non si era allontanato mai, neanche per andare a mangiare. Kate gli aveva portato un panino, ma lui non era riuscito a mangiarne che un paio di morsi. Aveva lo stomaco talmente contratto che non avrebbe potuto ingoiarne di più. E quelle porte continuavano a restare dannatamente chiuse. Di tanto in tanto, aveva visto qualcuno passare, ma nessuno si era fermato a dargli notizie. L’operazione era complessa, sì, lo sapeva, ma un’anima pia avrebbe anche potuto uscire a dirgli se tutto stava procedendo secondo gli schemi naturali dell’intervento. Se Johanna stava bene. Se la sua bambina stava bene. Perché lei sarebbe dovuta uscire prima dalla sala operatoria. Perché nessuno gli diceva se almeno lei era fuori pericolo? Continuava a pensare alle parole di quei due sconosciuti: abbondante sanguinamento. Cos’è un abbondante sanguinamento? Un’emorragia? Chi l’aveva avuta? E cosa era successo dopo?
Christian! Calmati o impazzirai” gli disse Kate, posandogli una mano sulla spalla e fermando il suo cammino senza sosta.
Christian crollò, improvvisamente, su una sedia, totalmente privo di energie.
Lo so, Kate, ma questa attesa mi sta uccidendo” le rispose, passandosi una mano tra i capelli e scompigliandoseli leggermente. “Voglio dire… Sapevo che sarebbe stato molto lungo, ma aspettare è un’altra cosa. Ed è tremendo” le confidò con le lacrime agli occhi.
Kate lo abbracciò, incoraggiandolo; poi, una voce catturò l’attenzione di entrambi.
Christian! Kate!” Hélène era comparsa all’improvviso sulla porta. “Sono arrivata il prima possibile. Come stanno andando le cose?
Oh, Hélène! Come sono felice di vederti!” esclamò Christian, correndole incontro per abbracciarla. “Quando sei arrivata?
Adesso” rispose Hélène con naturalezza. “Vengo direttamente dall’aeroporto” continuò, abbassando lo sguardo verso la propria valigia. “Non potevo non esserci. Ma ditemi di Johanna”.
Non sappiamo niente. Quella maledetta porta sembra essersela inghiottita!” sclamò Christian, pieno di agitazione, tirando fuori tutta la sua angoscia. “Non sappiamo niente! Non sappiamo niente!” ripeté. “E sono già passate ore…”.
Calmati, Christian! agitarti così non serve a niente” cercò di rasserenarlo l’amica. Ma Christian non aveva per niente intenzione di calmarsi. Non ci riusciva.
Mr. Roquier?” disse una voce alle sue spalle, pietrificandolo all’istante. Forse stavano per dargli informazioni. In una frazione di secondo, la paura si impadronì di lui. In una frazione di secondo, quella che bastava a voltarsi verso la persona che lo aveva appena chiamato, riuscì a pregare in tutte le lingue, anche quelle che non conosceva, affinché le notizie che stavano per comunicargli fossero le migliori possibili.
Sì… Sono io” rispose tremante.

   
 
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