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Autore: Emily Kingston    20/08/2013    3 recensioni
Era nei momenti di sconforto che Ginny si gettava sulle spalle uno dei vecchi mantelli di lana pesante e sgattaiolava fuori dal villaggio, imboccando il tortuoso sentiero che portava nel bosco e poi verso la grande cascata.
Aveva preso a venirci più spesso soprattutto durante l’anno precedente, dopo aver incontrato Draco Malfoy che lanciava sassi sulla superficie del fiume, nella speranza di farli rimbalzare.
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Questa storia si è classificata seconda al contest 'Il testamento dei libri - Citazioni che restano' indetto da Lui_LucyHP e ha vinto il premio "Favorita della giudiciA"
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley | Coppie: Draco/Ginny
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Nome autore: Emily Kingston
Titolo: The darkest hour is just before the dawn
Tipologia storia: One shot
Rating: Giallo
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico
Avvertimenti: Nessuno
Note: AU
Citazione: "Non esiste uomo che a forza di portare una maschera non finisca per assimilare a questa anche il suo vero volto" - Nathaniel Hawthorne, La lettera scarlatta
Obblighi: AU, drammatico, prompt cascata
Divieti: Harry Potter, magia 
NdA: Il periodo storico in cui è ambientata la storia è il medioevo inglese, all'incirca l'epoca di Re Artù e i cavalieri. La Mercia è una regione nata a seguito dell'eptarchia anglosassone (insieme a Essex, Sussex, Wessex, Anglia, Kent e Northumbria) e corrisponde all'incirca all'attuale Inghilterra centrale. 




The darkest hour is just before the dawn

 
Si dice che l’ora più buia sia quella prima dell’alba, ma Ginny sapeva bene che non era così.
Sentì lo scrosciare ritmico della cascata prima ancora di giungere alla piccola radura che ospitava lo scorrere del fiume. Quel luogo, con i suoi colori e il silenzio, era  uno dei suoi posti preferiti.
Quand’era bambina le capitava spesso di fuggire dal villaggio per rifugiarsi là, nascosta dal rumore della cascata e dal frinire degli insetti che abitavano gli alberi. Nessuno era mai stato in grado di trovarla, tranne il destino. Il destino trova sempre tutti, prima o poi.
Era una fredda giornata d’autunno, con il cielo coperto da una fitta coltre di nubi grigie e la nebbia che si sfilacciava tentando di attraversare i tronchi e le cime degli alberi. Ginny camminava faticosamente tra l’erba alta, sistemandosi di tanto in tanto il vecchio fazzoletto grigio che le teneva indietro i lunghi capelli rossi.
Giunse sulla riva del fiume dopo pochi minuti di cammino e si lasciò subito cadere in ginocchio, affaticata dalla lunga camminata che l’aveva portata fin lì. La prima cosa che fece, dopo aver recuperato un po’di fiato, fu alzare lo sguardo verso l’alta cascata che si buttava a picco nel fiume, producendo una leggera nebbiolina di spruzzi alla base della roccia, dove le acque della cascata si mescolavano a quelle del corso d’acqua producendo grandi rivoli di schiuma bianca. La osservò per qualche minuto, in silenzio, come faceva sempre ogni volta che le capitava di rifugiarsi lì, e poi abbassò gli occhi, scontrandosi col suo riflesso.
Il volto magro e pallido di una giovane ragazzina di diciassette anni le si parò davanti, sbiadito dall’acqua del fiume. Le lentiggini color caffellatte spiccavano sulla sua carnagione chiara, incorniciandole i grandi occhi marroni.
Aveva ancora il volto di una bambina, con i tratti delicati e ingenui dell’infanzia, ma i suoi occhi erano quelli di una donna. Occhi scuri e profondi, palcoscenici d’immagini che solo lei poteva conoscere.
Con uno sbuffò passò frettolosamente le dita sul pelo dell’acqua, distorcendo la sua immagine. Non le piaceva specchiarsi troppo; rimirarsi era una cosa da gente ricca che poteva permettersi di guardarsi e sorridere di fronte a un’immagine perfetta, non era certo il passatempo preferito della settima figlia di un contadino che passava le sue giornate a tessere abiti per la piccola bottega di famiglia.
Ginny Weasley era nata in un piccolo villaggio poco fuori la capitale, uno di quei posti desolati dove non c’erano neanche bambini a correre per le strade. Era un luogo ristretto, con poche case diroccate che ospitavano abitazioni e talvolta botteghe, un’unica locanda da quattro soldi e campi dorati che si srotolavano tutt’intorno a perdita d’occhio. In quanto unica figlia femmina della famiglia, a Ginny spettava il compito di lavorare con sua madre, mentre suo padre e i suoi fratelli si dedicavano alla vita nei campi, come quasi tutti gli uomini del villaggio, eccetto lo speziale, che gestiva la piccola farmacia nella piazza del pozzo, e il macellaio. Tre quarti dei raccolti venivano portati nella capitale da tre enormi carri che giungevano in paese ogni domenica mattina, mentre solo un terzo dei ricavati veniva lasciato alle famiglie del villaggio affinché se lo dividessero equamente.
Per guadagnare qualche soldo in più le donne mettevano spesso su piccole botteghe di ceramiche, stoffe e abiti e, data la vicinanza del villaggio alla città, alle volte i signori o lo stesso principe vi si recavano per comprare qualcosa.
Nonostante ciò la gente del villaggio era molto povera e in molti, ormai, erano costretti a fare la fame, nascosti in decadenti bugigattoli, senza lanterne né sacchi di iuta su cui dormire.
Era nei momenti di sconforto che Ginny si gettava sulle spalle uno dei vecchi mantelli di lana pesante e sgattaiolava fuori dal villaggio, imboccando il tortuoso sentiero che portava nel bosco e poi verso la grande cascata.
Aveva preso a venirci più spesso soprattutto durante l’anno precedente, dopo aver incontrato Draco Malfoy che lanciava sassi sulla superficie del fiume, nella speranza di farli rimbalzare.
Era un pomeriggio come gli altri, la bottega era deserta eccetto per sua madre che rammendava un paio di pantaloni in un angolo, e Ginny aveva imboccato la via per il bosco subito dopo aver servito l’unica cliente della giornata. Aveva attraversato la foresta con passi frettolosi e, giunta nella piccola radura, si era bloccata di colpo alla vista di un ragazzo biondo girato di spalle che lanciava imprecazioni. Sentendo i suoi passi si era voltato e i suoi penetranti occhi grigi le avevano esplorato il volto malcurato, gli abiti semplici e l’espressione stupita.
Non le aveva detto nulla, l’aveva solo guardata per un po’ e poi si era voltato di nuovo verso il fiume, continuando a lanciare pietre, questa volta in silenzio.
Nei giorni successi aveva continuato ad incontrarlo, ma non aveva mai osato rivolgerli la parola, né lui sembrava dare segno di notarla quando arrivava o quando se ne andava. Era probabilmente troppo annoiato dalla sua bassa estrazione sociale per iniziare una conversazione con lei.
Draco Lucius Malfoy era infatti il rampollo della famiglia Malfoy. Figlio del conte Lucius, abitava in un grande palazzotto nel mezzo della campagna; si trattava di un palazzo in mattoncini scuri, con un’alta cerchia di mura che ne proteggeva il perimetro. Tra le mura e la residenza vi era un cortiletto nel quale erano state collocate stalle, scuderie e una zona di cui le serve facevano uso per lavare i panni con l’acqua presa al fiume. Ai lati della residenza, un grande blocco rettangolare posto perfettamente al centro del cerchio formato dalle mura, vi erano due alte torri sulla cui sommità si trovavano i posti di guardia delle sentinelle.
La famiglia Malfoy era una delle più influenti di tutta la contea, se non di tutta la Mercia. Erano imparentati con tutte le casate più ricche e potenti della regione, tra cui quella dei Black, da cui discendeva il re in persona. Lucius Malfoy, infatti, lavorava direttamente presso la corte del re come suo consigliere e primo ministro, l’uomo più fedele a sua maestà, che era responsabile di assisterlo in tutte le sue decisioni più importanti, compito a cui avrebbe dovuto un giorno adempiere il giovane Draco.
Mentre il padre spianava l’ascesa sociale del figlio, Draco passava le sue giornate nell’ozio nella grande casa di famiglia, insieme ad amici altrettanto facoltosi e giovani damigelle che aspiravano alla fortuna di entrare a far parte della casata dei Malfoy. Era quindi impossibile che il giovane Draco potesse avere un qualsiasi interesse nel voler parlare con lei, Ginny, una semplice ragazza di paese.
Ma l’improbabile accadde e, come sempre, le conseguenze furono più grandi di quanto entrambi potessero mai immaginare.
Dopo un primo, caldo bacio all’ombra di uno dei tanti alberi della foresta i due stipularono una specie di tacito accordo e ogni giorno, a partire da quello, s’incontrarono sulla riva del fiume. E mano a mano che i giorni passavano e si facevano più lunghi i loro baci divenivano più intensi, le loro mani più avide e le loro pelli più accaldate; al cadere delle prime foglie le labbra di entrambi erano gonfie per i troppi baci e i loro corpi stanchi per le troppe carezze, finché non giunse un inverno destinato a non finire e con esso la fine eterna di un’estate.
Ginny sospirò, riportando lo sguardo sull’acqua del fiume che scorreva lenta. Questa volta non vide riflesso il suo volto, ma le apparvero davanti gli occhi grigi di Draco e quel freddo pomeriggio d’inverno in cui li aveva guardati per l’ultima volta.
 
Era stato più faticoso del solito percorrere il sentiero che potava alla cascata nel bosco, forse a causa del freddo che le intirizziva le membra o forse a causa del sottile strato di brina che rendeva l’erba e il terreno più scivolosi che in estate o in primavera.
Si trovava a pochi passi dal fiume, stanca e infreddolita ma felice, quando sentì delle voci provenire dalla radura. Si chiese se Draco avesse deciso di portare qualche amico, magari per presentarli a lei come più volte l’aveva pregato di fare. Sapeva bene che la società non avrebbe mai visto di buon occhio la loro relazione, ma Ginny continuava a sperare, nel profondo del suo cuore, che un giorno sarebbero potuti stare insieme alla luce del sole, senza doversi rifugiare all’ombra della foresta.
Perciò sorrise e si sistemò meglio il fazzoletto di stoffa sulla testa, in modo da essere almeno un po’ in ordine, e fece qualche passo avanti, pronta a vedere finalmente in volto gli amici di cui Draco le aveva accennato qualche volta.
“Non te lo dirò una seconda volta, Blaise, vattene via da qui!” sentì Draco sibilare con voce perentoria.
“Non posso, Draco,” sentì rispondere un’altra voce a lei sconosciuta. Il sorriso scomparve dal volto della ragazza che si fermò dietro ad alcuni alberi, in ascolto. “Ti sei spinto troppo in là e lo sai bene.”
“Non ho paura di loro, non ho paura di nessuno di loro,” rispose Draco con fare sprezzante. Ginny avrebbe potuto indovinare la sua posa senza guardarlo: in piedi, con le braccia conserte e lo sguardo altero che guardava altrove con superiorità. “Io sono Draco Malfoy, sono figlio di una famiglia purosangue, non mi faccio mettere i piedi in testa da dei codardi come loro! Quando mio padre verrà a saperlo saranno guai per tutti, lo sai benissimo anche tu Blaise.”
Per qualche secondo nessuno rispose, poi una risata stridula, femminile, ruppe il silenzio e Ginny sentì la voce divertita di una ragazza prendere la parola.
“Sei un purosangue, Draco, eppure ti scopiuna contadina!”
“Chiudi il becco, Pansy!” ribatté Draco e Ginny sentì il cuore stringersi in una morsa.
Era colpa sua. Qualsiasi cosa  stesse per succedere era solo a causa sua.
“Lasciala stare, Draco, ha detto solo la verità,” un’altra voce mai sentita, goffa e profonda, si fece largo tra le altre. “I figli dei Black vogliono toglierti di mezzo da anni per prendere il tuo posto e tu gli stai offrendo la possibilità di farlo su un piatto d’argento.”
“E non devono neanche sporcarsi le mani,” aggiunse la voce del primo ragazzo che Ginny aveva sentito parlare, Blaise.
“Gli basterà solo raccontare di te e la pezzente al re e il gioco sarà fatto,” disse la ragazza, Pansy, e Ginny sentì i suoi passi leggeri muoversi sull’erba.“Racconteranno della tua storiella con Ginny Weasley e sarai costretto a lasciarla se vuoi mantenere il posto che ti spetta,” continuò con voce suadente.
Ginny si sporse leggermente oltre il tronco dell’albero, per vedere cosa stava succedendo. Vide Pansy, una ragazza minuta con corti capelli scuri e pelle di porcellana, che prendeva il mento di Draco tra le dita e lo costringeva a guardarla. “Ragazzi andate, finisco io qui.”
“Pansy, non credo che sia la cosa migliore che tu-”
“Chiudi il becco e vattene Vince, Greg è rimasto al palazzo a giocare a scacchi con Theo, si staranno annoiando senza di voi.”
Vince e Blaise annuirono e, dopo aver guardato Draco un’ultima volta, sparirono nel fitto della foresta.
“Togliti,” disse malamente Draco, scacciando la mano della ragazza e facendo qualche passo indietro.
“Lo sai che finirà così Draco, è solo questione di tempo prima che i Black parlino con tuo padre e il re,” riprese Pansy, appoggiandosi le mani sui fianchi fasciati da un elegante abito di velluto verde intenso. “E quando succederà tu tornerai da me, come hai sempre fatto.”
Ginny strinse la mano a pugno, osservando la scena con gli occhi sgranati.
“Vai così fiera di essere stata la mia sgualdrina, Pansy?” ribatté Draco con disprezzo.
Ginny vide la ragazza vacillare per un attimo a quelle parole, per poi riassumere la sua solita aria nobile e superiore.
“Tu mi ami, Draco,” asserì, decisa. “Lei è solo il tuo ennesimo diversivo.”
“Non lo è, Pansy,” rispose, passandosi una mano tra i capelli biondi. “Lo sai benissimo anche tu.”
Dopo un iniziale momento di silenzio Pansy scoppiò a ridere di gusto, sinceramente divertita da ciò che Draco aveva appena detto, come se un giullare si fosse appena esibito col trucco più divertente che la ragazza avesse mai visto in tutta la vita.
“Io so che tu ami me,” riprese, muovendo qualche passo sull’erba. “E tu sai di amarmi, sai che sono l’unica donna che davvero vuoi.”
“Ginny Weasley è la donna che voglio davvero, ficcatelo bene in testa.”
Accadde tutto troppo velocemente perché Ginny potesse rendersene conto davvero. Un lampo di rabbia negli occhi scuri di Pansy, la ragazza che si avventava su Draco  afferrandolo per il collo e lo percuoteva, cercando di fargli mancare l’aria, Draco che inciampava, lei che gli sbatteva il capo contro una roccia, con rabbia e violenza, e poi l’acqua del fiume che si tingeva di rosso.
La scena si ripeté diverse volte nella testa di Ginny prima che la ragazza riuscisse a capire davvero cos’era appena successo e quando finalmente ogni immagine fu messa al suo posto le lacrime arrivarono prima di ogni altra cosa. Lente e calde le bagnarono le guance lentigginose e poi il collo, entrandole nei vestiti. Soffocò un grido nella stoffa del mantello, combattendo la voglia di correre al fiume e gettarsi sul corpo di Draco.
Vide Pansy ritornare in sé e capire cos’aveva fatto. La vide scoppiare in lacrime sul corpo senza vita di Draco, accarezzargli i capelli insanguinati e il volto pallido e freddo, sussurrargli scuse all’orecchio e poi alzarsi e fuggire via verso il fitto del bosco, nella stessa direzione che, poco tempo prima, avevano preso anche i due ragazzi.
E Ginny attese. Attese che la lotta tra Pansy e Draco smettesse di vorticarle negli occhi e che il fragore del pianto di lei smettesse di rimbombarle nelle orecchie. Poi, con gli occhi gonfi di lacrime, uscì dal suo nascondiglio e si gettò sul corpo di Draco. Gli baciò le guance fredde e gli accarezzò il viso, guardando per un ultima volta quei profondi occhi grigi che nascondevano tutto, prima di abbassargli le palpebre.
Rimase a lungo a piangere su di lui. Pianse finché non calò il sole e sopraggiunse la sera, quando ormai era troppo tardi per restare senza che i suoi familiari venissero a cercarla scoprendo quanto era successo.
Avrebbe voluto che Draco avesse una degna sepoltura, magari con una  bella cerimonia e un’imponente pira di fiamme, ma se avesse portato il corpo via da lì avrebbero dato la colpa a lei, e chi avrebbe mai creduto a una povera contadina di fronte alle accuse di un gruppo di rampolli amici del defunto? Perciò si chinò su di lui e gli accarezzò i capelli, spostandoglieli dalla fronte candida.
“Ti amo, Draco,” sussurrò, trattenendo un singhiozzo. “E avrò sempre ricordo di te. Per tutta la mia vita avrò ricordo di te.” Gli baciò prima la fronte e poi le labbra con gesti tremanti, le lacrime che colavano sul volto di lui. Poi si alzò e lo trascinò verso il punto in cui la cascata s’incontrava con il fiume, e lì lo spinse  dove l’acqua era più profonda e attese di vederlo affondare.
 
Ginny chiuse gli occhi e rimase per qualche minuto in ascolto di ciò che accadeva intorno a lei. La cascata scrosciava impetuosa, il vento frusciava tra le chiome degli alberi e i cespugli si muovevano al passaggio degli animali.
Quel piccolo angolo di foresta era rimasto esattamente uguale da quel giorno d’inverno, nonostante Ginny non vi tornasse ormai da quasi un anno. Era stata più volte tentata di ritornare, magari per ricercare il corpo di Draco tra gli abissi e riportarlo in superficie per seppellirlo sotto uno degli alberi, ma alla fine le era sempre mancato il coraggio per tornare laggiù un’altra volta. Non sapeva bene di cos’avesse paura, ma c’era qualcosa che la teneva ben ancorata al negozio di vestiti della sua famiglia, anche quando non c’erano clienti da servire.
Si era decisa a tornare dopo tanto tempo a causa della nostalgia. Nostalgia di quel luogo carico di bei ricordi e di pace, e nostalgia di Draco, del suo carattere pungente e del suo comportamento altero. Quel carattere e quel comportamento che l’avevano portato alla morte, perché si sa, non c’è uomo che a forza di portare una maschera non finisca per assimilare a questa anche il suo vero volto e Draco, per tutta la durata della sua vita, aveva cercato di essere qualcuno che non era: una persona malvagia e sprezzante verso chiunque altro. Aveva cercato di essere come quei suoi amici che l’avevano ucciso. Aveva deciso di lottare troppo tardi per rivendicare quella libertà che era sua di diritto.
Si dice che l’ora più buia sia quella prima dell’alba, ma Ginny sapeva bene che l’ora più buia non è altro il momento in cui ci sentiamo più soli. 
   
 
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