“Lina, io non ti lascio
andare via.”
Sussultò leggermente
alle mie parole. Mi fissava ancora, ansante e rabbiosa, con i pugni stretti. E
io ricambiavo il suo sguardo, incatenando i suoi occhi ai miei, sperando in un
angolo remoto della mia mente che questo potesse aiutarmi a non farla fuggire.
Lina sospirò e le sue
spalle scesero, come se un peso insopportabile la gravasse. Mi diede la schiena
e si avvicinò alla finestra, in silenzio, mentre la distanza tra noi
cresceva sempre più.
Io, che riuscivo a leggere
nei suoi pensieri, ero completamente isolato, senza idee, inerme di fronte al
muro che si stava innalzando tra me e lei.
Io, che quel muro lo avevo
già superato tra mille difficoltà. Era bastata una piccola
breccia nelle sue difese ed ero riuscito a raggiungerla completamente… mentre
ora…
“Lina…” Non
sapevo cosa dirle. Ero certo di averla scoperta mentre cercava di fuggire e il suo comportamento prima e dopo questo istante me lo
confermava.
C’era qualcosa di
grande e di oscuro che pendeva sulla testa di uno dei due… o di entrambi.
Era turbata, d’accordo, ma Lina, la mia Lina, la ragazzina cocciuta che
conoscevo non mi avrebbe mai lasciato
così.
Mi avvicinai a lei,
desideroso di toccarla, di gettare un ponte tra di noi… e improvvisamente
incazzato. Con lei, che si era chiusa, che mi aveva tagliato fuori.
Con me
stesso, improvvisamente esitante come una vergine alla prima notte di
nozze… tremante come un funambolo a metà della camminata sospeso sul vuoto.
Un passo falso… uno
solo e…
Deglutii dolorosamente,
la gola improvvisamente stretta. Ansia, rabbia, paura.
Soprattutto paura.
Non potevo perderla.
Qualsiasi cosa la sconvolgesse
era grave abbastanza da farle decidere di fuggire. Un gesto di troppo e avrebbe
colto l’occasione per sparire per sempre, per iniziare una litigata
clamorosa che si sarebbe conclusa nel peggiore dei
modi.
Alla fine mi decisi,
avvicinandomi in modo cauto.
Le misi una mano sulla testa,
scompigliandole il ciuffo con delicatezza, nel mio primo gesto di amicizia e
affetto nei suoi confronti. Lei non rispose né si girò.
“Lina, parlami.”
Anche se il mio tono suonava implorante, non mi interessava.
Avevo diritto ad essere furioso con lei e anche se non
conoscevo il suo tormento non volevo la lite, non volevo le scuse. Qualsiasi
cosa ci fosse volevo superarla con lei, all’inferno e ritorno, come tante
volte le avevo promesso.
“Lina, non so cosa ti
succede… ma tu sai che non ho intenzione di lasciarti
andare via così… vero? Ti seguirei fino in capo
al mondo.”
“Questo suona inquietante.”
Le prime parole da quello che mi sembrava un secolo… e la sua voce era
roca e incerta. Come se avesse appena pianto.
Volevo vederle il volto,
asciugare le lacrime che doveva aver versato… ma
non potevo. Lina era troppo orgogliosa. Era in grado di piangere in completo
silenzio, per non farsi sentire. Farle capire che mi ero accorto che lo aveva
fatto avrebbe creato una ferita che il suo orgoglio avrebbe
mal tollerato. E la sua ironia nella risposta mi dava una piccola
speranza…
“Sono molto testardo, quando
mi ci metto.” Volevo mantenere il tono leggero. Volevo che si aprisse a
me. Ceiphied, volevo stringerla forte e assorbire il
suo dolore per farla sorridere di nuovo. Preferivo che mi picchiasse e mi
maltrattasse ma non che mi chiudesse fuori.
Sbuffò, in un mezzo
tentativo di risata. Mi permisi di sorridere anche io.
“A volte non basta, Gourry.” Sussurrò con voce nasale.
“Per me sei
tutto… per te darei la vita, lo sai.” Si irrigidì visibilmente, il suo corpo che tradiva i
pensieri. Risposta sbagliata, Gourry.
Lina si voltò di
scatto, gli occhi rossi e asciutti, le guance arrossate. I pugni di nuovo
stretti, la mascella serrata.
“Non ti rendi conto di
quello che dici. Non hai idea di
quello ti esce dalla bocca!” Ansimava mentre i suoi occhi si inumidivano ancora. “Vuoi dare la tua maledetta
vita per me?”
“Lina, io…”
Volevo rassicurarla, volevo farle capire che intendevo quello che dicevo ma che
sarei stato attento… non ci tenevo a farmi fare a fette da qualche demone pazzo o simili. Ma
non c’era neanche bisogno di dirlo, no? Dopotutto erano più di tre
anni che viaggiavamo insieme.
“E quando tu avrai dato la vita per me… di me cosa ne sarà? Eh? Maledetto idiota!”
Mentre io rimanevo a bocca
aperta, Lina aveva iniziato a piangere per davvero. Non l’avevo mai vista così. Il suo corpo era letteralmente scosso dalla violenza dei singhiozzi.
Mi diede un calcio sullo
stinco così forte che mi parve di sentire l’osso rompersi e con
uno spintone mi buttò fuori dalla porta.
“Lock!”
La sentii gridare dall’interno e così la porta era chiusa
magicamente a chiave, io fuori, ancora spiaccicato contro il muro del
corridoio.
Per un istante mi chiesi se
per caso non fosse in quei giorni ma l’immagine delle sue lacrime,
così poco caratteristiche, così disperate, era ormai stampata a fuoco
nelle mie retine.
Cos’hai, Lina?
“Lina…”
Inutile bussare, non avrebbe aperto… forse potevo tagliare la porta con
la mia nuova spada? Mentre valutavo il da farsi mi resi conto del profondo
silenzio che regnava nella sua stanza.
Una completa e compatta
assenza di suoni che non poteva significare niente di buono.
“Lina?” Nessuna
risposta. “Lina!”
Corsi verso la mia stanza a prendere la spada. Non mi interessava dover ripagare la porta, essere centrato da una Palla di Fuoco, prendermi un altro calcio spezza ossa… Anche se io e Lina non eravamo sposati, per me era già da anni “nella gioia e nel dolore, tutti i giorni della mia vita”…