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Autore: Emily Kingston    23/08/2013    5 recensioni
“Se vuoi posso darti il mio libretto delle ‘frasi romantiche’,” propose l’uomo, ammiccando. “Ne ho una marea, le abbiamo scritte io e Sirius una sera e, credimi, funzionano alla grande! Non c’è strega che possa resistere alle frasi di James Potter,” concluse teatralmente.
“E Sirius Black,” aggiunse Harry ridacchiando.
“E Sirius Black, sì, ma lui ne ha scritte molto poche, figliolo, io sono l’autore principale,” si affrettò a precisare James, sistemandosi gli occhiali sul naso.
“Papà, tanto lo sanno tutti che la mamma ha accettato di uscire con te per esasperazione,” disse Harry, soffocando una risata.
James si riavviò i capelli e alzò il mento.
“La mamma ha accettato di uscire con me perché ero, e sono, molto affascinante, il ragazzo più affascinante che io abbia mai conosciuto.”
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Questa storia si è classificata quarta al contest 'Salviamo i personaggi dall'istinto omicida della Rowling' di RoseDust e ha vinto il Premio Tristezza
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, James Potter
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Nickname sul forum: Emily_Kingston
Nickname su EFP: Emily Kingston
Nome del pacchetto: Burrobirra
Titolo della storia: Lilies
Rating: Verde
Numero di parole: 2.047
Genere: Slice of life, Malinconico
Vostre Note: Volevo fare una piccola precisazione sulla non-morte di James. So che può sembrare assurdo che in un testa a testa Voldemort possa averlo colpito solo di striscio, ma ho voluto pensare che fosse così concentrato nel voler trovare Harry per ucciderlo che, alla fine, non gli importasse così tanto di uccidere James o Lily, se non fossero morti avrebbe potuto finirli dopo. La sua priorità era Harry, morto Harry lui sarebbe stato già vincitore della guerra, quindi trovo plausibile che possa non essersi accorto di aver colpito James solo di striscio e non in pieno petto. Sulla non-morte di James mi sono presa anche una licenza poetica: ho supposto che possa essere possibile che, se l'Avada Kedavra ti colpisce di striscio vi sia una morte apparente, o temporanea. In un certo senso quando l'Avada, nella storia originale, è rimbalzata su Voldemort lui non è morto, una parte di lui è sopravvissuta e lui è potuto rinascere, ed era stato colpito in pieno petto ma di rimbalzo, quindi non trovo assurdo che l'Avada possa colpire la vittima solo di striscio non uccidendola. 

Lilies

 
Un lampo di luce colorata, seguito da un boato fragoroso, fece saltare la grande porta d’ingresso, sollevando una fitta nuvola di polvere.
James strinse forte la bacchetta tra le mani e si accucciò meglio dietro al divano del salotto, pronto a cogliere di sorpresa l’intruso e colpirlo alle spalle.
Il patronus di Sirius era scomparso dal loro salotto appena un’ora prima, dopo aver raccontato a lui e Lily cosa aveva combinato Peter con la parola d’ordine del Fideliusche proteggeva la loro casa. Ancora non riusciva a credere che quello che credeva essere  uno dei loro migliori amici li avesse traditi così, consegnandoli nelle mani di Voldemort come se fossero stati  degli estranei mai visti in volto. Ma doveva calmarsi; doveva calmarsi se voleva salvare se stesso e la sua famiglia.
Sirius si era offerto di venirli a prendere per trasportarli sulla sua moto volante fino a Londra, ma James sapeva bene cosa sarebbe successo se fossero saliti tutti e quattro su quella motocicletta: avrebbe lentamente perso quota e poi sarebbero precipitati e Voldemort li avrebbe trovati comunque. O lui, o i suoi Mangiamorte. Aveva cercato di convincere Lily a fuggire via con Harry, ma quella donna era più testarda di un Ippogrifo e non c’era stato verso di convincerla a lasciarlo, perciò erano rimasti a proteggere la loro casa, con le bacchette pronte per combattere.
Istintivamente, James guardò il soffitto, immaginando Lily al piano di sopra nascosta dentro qualche armadio o dietro a qualche soprammobile con Harry, anche lei con la bacchetta stretta in pugno e quell’aria da guerriera che aveva sempre avuto fin dal giorno in cui l’aveva conosciuta.
Nonostante tutto, James sorrise.
Dalla nuvola di polvere emerse l’ombra di una figura alta e piuttosto slanciata, avvolta da un elegante mantello nero. L’uomo fece qualche passo avanti, si pulì gli abiti costosi con lenti gesti delle mani e poi si tirò giù il cappuccio, scoprendo il volto spigoloso e regale di Tom Riddle.
“Oh, una caccia al tesoro,” esclamò, alzando il viso e guardandosi intorno. “Bene.”
Tutto intorno alla casa taceva e si poteva pensare che i Potter avessero abbandonato il loro villino da giorni, se non fosse stato per le manie di pulizia di Lily, che aveva lucidato ogni angolo della casa appena quella mattina.
Voldemort sorrise, muovendosi verso il salotto con passi strascicati, quasi come fosse stato un serpente che strisciava sul pavimento. Silenzioso, sibilante e calmo.
Esplorò la sala con sguardo attento, cercando di cogliere ogni particolare e poi, con un sogghigno, iniziò a lanciare incantesimi a destra e a manca, facendo esplodere i mobili e deturpando le pareti. La foto del matrimonio di Lily e James cadde a terra e andò in frantumi, così come tante altre immagini di Harry nel suo primo anno di vita. E a ogni colpo, a ogni vetro rotto, James stringeva forte gli occhi, sentendo tante piccole parti di sé andare in pezzi.
Quando rimase solo il piccolo divano a fiori illeso in mezzo al caos, James si sistemò i capelli, impugnò saldamente la bacchetta e uscì allo scoperto, iniziando una lotta a colpi d’incantesimi con il Mago Oscuro, finché un fascio di luce verde non saettò verso di lui, facendolo crollare a terra.
Sentì il corpo farsi pesante e la vista annebbiarsi e l’ultima parola che uscì dalle sue labbra dischiuse fu: “Lily.”
 
James si svegliò di soprassalto nel suo letto. Era madido di sudore e aveva i pugni stretti attorno alle lenzuola.
Per l’ennesima volta aveva fatto quel sogno. Ormai era diventato quasi un caro amico che veniva a trovarlo a notti alterne, ma aveva imparato a conviverci.
Ancora turbato dal ricordo di quella notte, si mise a sedere sul materasso, con la schiena appoggiata ai cuscini, e prese gli occhiali tondi dal comodino.
Rimase in silenzio per un po’, seduto sul letto a rimuginare sul sogno che faceva ormai da anni, e poi spostò lo sguardo sul comò, verso il volto di Lily che rideva da una foto.
Quella notte, dopo un interminabile momento di buio, si era svegliato nel bel mezzo del salotto distrutto, con una ferita al braccio destro che sanguinava e pulsava dolorosamente. Gli era sembrato quasi assurdo che l’incantesimo di Voldemort l’avesse colpito solo di striscio, causandogli una morte temporanea e solo una brutta ferita, e per un primo momento aveva pensato di stare sognando. Lui in realtà era morto stecchito e si trovava nell’aldilà, che somigliava bizzarramente al suo salotto ridotto a cumuli di cenere.
Gli ci erano voluti diversi minuti per realizzare che no, non stava sognando affatto e che non aveva la più pallida idea di cosa fosse accaduto a Lily e Harry. Quel pensiero lo fece subito balzare in piedi – cosa che gli procurò un lieve giramento di testa e una brutta sensazione di vomito – e salì le scale con passo malfermo, raggiungendo il piano di sopra il più in fretta possibile.
Per quanto quella guerra avesse preparato tutti al peggio e avesse reso i loro occhi abili nel sopportare il dolore, lo strazio e la perdita, James non sarebbe mai, in nessun modo, potuto essere preparato a quel che vide nella cameretta di Harry. Lily giaceva stesa sul pavimento, con gli occhi all’indietro e il corpo coperto da lividi e ferite, ma non erano stati quelli ad ucciderla: era bastato un semplice incantesimo ben piazzato, quello a cui lui era scampato per un pelo.
Si era ritrovato a stringerla tra le braccia senza neanche accorgersi di essersi mosso e solo dopo parecchi minuti aveva scorto gli occhietti verdi di Harry che lo osservavano attraverso le sbarre del lettino. Sembrava perfettamente illeso, eccezion fatta per una cicatrice a forma di saetta che gli deturpava la fronte.
Erano passati sedici anni da quel giorno, ma ancora James non era riuscito a superare la morte della moglie. Dentro di lui ci sarebbe sempre stata una parte che l’avrebbe amata e voluta con tutte le sue forze, mentre l’altra parte andava avanti per il bene di Harry e di se stesso.
Sospirò, guardando per un'ultima volta la foto di Lily, e poi si alzò in piedi, diretto al piano di sotto.
Per le scale incrociò un assonnato e disordinato Harry, che lo salutò con uno sbadiglio e un biascicato: “’Giorno pà.”
“Frittelle a colazione?” domandò James, aprendo l’anta del frigo.
Harry annuì e l’uomo tirò fuori il necessario prima di incantare mestolo e padella affinché si cucinassero da sole.
“Pà, dobbiamo andare a Diagon Alley a comprare le cose per la scuola,” ricordò il ragazzo a James, sistemandosi gli occhiali sul naso.
“Già, tra qualche settimana torni ad Hogwarts,” constatò l’uomo sovrappensiero. “Mi raccomando, dovrai dare del filo da torcere a Mocciosus, quest’anno!”
Harry ridacchiò.
“Lo sai benissimo che sono una schiappa in pozioni,” ribatté.
Il fornello si spense e James andò a prendere le frittelle calde. Le mise nei piatti e poi tornò a sedersi al tavolino.
“Allora vorrà dire che ti farai aiutare da Hermione,” concluse James. “Quella ragazza potrebbe essere figlia di tua madre!”
Harry smise di mangiare e guardò il padre con aria attonita.
“Stai cercando di dirmi qualcosa, papà?” domandò, poi entrambi scoppiarono a ridere.
Il resto della colazione si consumò in qualche chiacchiera senza importanza, ma James si sentì stranamente bene. Quei momenti con Harry gli facevano pensare che era felice di poter vedere suo figlio crescere e che Lily sarebbe stata fiera di come si stava prendendo cura di lui (dieta di schifezze e autorità a livelli quasi inesistenti permettendo).
“Allora, quali sono i tuoi programmi di oggi?” chiese al figlio. “Vai dai Weasley a giocare a Quidditch?”
“Ehm, veramente mi vedo con Ginny, oggi,” confessò, abbassando lo sguardo.
In compenso gli occhi di James si fecero vispi e l’uomo, dopo essersi sistemato gli occhiali, si sporse verso il figlio.
“Come amici o come qualcos’altro?”
“Come amici,” rispose Harry e poté vedere la delusione dipingersi sul volto del padre. “Lei mi ha… chiesto di allenarci a Quidditch perché vorrebbe provare a entrare nella squadra come Cacciatrice.”
“Ed è brava?” s’informò James.
Gli occhi di Harry s’illuminarono e iniziò a raccontare di tutte le manovre spettacolari che Ginny sapeva fare, di quant’era veloce e dei suo riflessi stupefacenti. Era la ragazza più brava a Quidditch che avesse mai visto giocare, perfino più brava di Fred e George che, ai loro tempi, erano dei veri fuoriclasse.
Continuò a parlare di lei per un po’, della sua passione per lo sport, di quanto era sveglia e spiritosa e arguta e bellissima, e James riuscì a leggere perfettamente sul suo volto quanto gli piacesse quella ragazza e quanto si maledicesse per essersene accorto solo adesso dopo anni che ce l’aveva sotto al naso.
“Beh, ora dovrei andare a prepararmi,” disse a un certo punto Harry e si alzò, dirigendosi verso le scale.
“Ehi, Harry,” lo richiamò il padre.
“Sì?”
“Dovresti chiederle di uscire.”
Il ragazzo annuì, ma dalla sua espressione si capiva che l’idea non lo convincesse più di tanto.
“Se vuoi posso darti il mio libretto delle ‘frasi romantiche’,” propose l’uomo, ammiccando. “Ne ho una marea, le abbiamo scritte io e Sirius una sera e, credimi, funzionano alla grande! Non c’è strega che possa resistere alle frasi di James Potter,” concluse teatralmente.
“E Sirius Black,” aggiunse Harry ridacchiando.
“E Sirius Black, sì, ma lui ne ha scritte molto poche, figliolo, io sono l’autore principale,” si affrettò a precisare James, sistemandosi gli occhiali sul naso.
 “Papà, tanto lo sanno tutti che la mamma ha accettato di uscire con te per esasperazione,” disse Harry, soffocando una risata.
James si riavviò i capelli e alzò il mento.
“La mamma ha accettato di uscire con me perché ero, e sono, molto affascinante, il ragazzo più affascinante che io abbia mai conosciuto.”
Harry rise e poi corse su per le scale.
Per qualche secondo il rumore dei suoi passi rimbombò per la casa, poi si sentì una porta chiudersi e calò il silenzio.
James sospirò, passandosi una mano tra i capelli, e poi guardò il mazzo di gigli che si trovava sul tavolo di cucina.
“Purtroppo ha il tuo senso dell’umorismo,” disse, immaginando il volto sorridente e dispettoso di sua moglie. “Ma per fortuna che ha il mio fascino, altrimenti saremmo perduti!”
Rise di se stesso e, per un attimo, gli sembrò di sentire la risata di Lily riecheggiare divertita con la sua, più per prenderlo in giro che per dargli ragione.
Sbuffò, sparecchiando la tavola con un colpo di bacchetta. Poi salì al piano superiore e si tolse il pigiama, infilandosi i primi vestiti che gli capitarono sotto mano mentre faceva la spola tra bagno e camera da letto.
Sentì Harry uscire dalla sua stanza e urlare un saluto dal piano di sotto, prima di sparire dentro al camino insieme a una nuvola di Metropolvere Volante.
Quando scese nuovamente al piano di sotto, erano le undici inoltrate. Prese alcuni dei gigli che si trovavano nel vaso sul tavolo della cucina e ne avvolse i gambi attorno a qualche foglio di giornale, per poi dirigersi verso la porta d’ingresso e uscire in strada.
Il piccolo villaggio di Godric’s Hollow era identico a quando lui e Lily si erano trasferiti lì. La vecchia signora Bath abitava ancora in fondo alla via, mentre in quella che era stata la casa dei Silente vivevano ancora i Rogers, una coppia di maghi che si era trasferita lì nello stesso anno in cui avevano comprato casa lui e Lily.
Era tutto uguale ad allora. La tranquillità delle strade, il silenzio, la gentilezza riservata degli abitanti: mancava solo la sua Lily.
James scosse leggermente il capo per liberarsi la testa da quei pensieri e aprì il pesante cancello di metallo del cimitero.
Avrebbe lasciato quel mazzo di gigli sulla tomba di Lily, le avrebbe dato il buongiorno come ogni mattina, raccontandole di Harry e Ginny e prendendola un po’ in giro, e poi se ne sarebbe andato a Diagon Alley, per andare con Remus ai Tiri Vispi Weasley – nonostante ci fossero voluti i secoli per convincerlo ad accompagnarlo, perché se niente era cambiato, neanche il serio e pacato Remus lo era –, e magari, se era il suo giorno fortunato, Fred e George avrebbero avuto qualche nuovo scherzo da mostrargli e da mettere in atto insieme. In fondo, lui e Remus avevano bisogno di due Malandrini in più.  
 
   
 
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