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Autore: GingerHair_    24/08/2013    9 recensioni
Emma Gant è una liceale diciassettenne che vive a Londra con la sua famiglia.
È una normalissima ragazza come tutti gli altri, odia andare a scuola, litiga con i propri genitori, ha una migliore amica, una cotta per un ragazzo e non ha acnora un'idea precisa di ciò che farà in futuro.
Il suo penultimo anno di scuola, Emma rischia di essere bocciata, per cui dovrà impegnarsi più che potrà, dovrà coordinare il suo studio con le amicizie, l'amore e la famiglia.
Come se tutto ciò non bastasse, il suo cuore si troverà a battere per due ragazzi, così diversi fra loro ma che le piacciono tanto.
Ripensai un momento a quanto mi piacevano i contrasti.
Forse era per quello che amavo due ragazzi così diversi fra loro.
Uno dagli occhi color miele, mi trasmettevano calma e tranquillità, potevo perdermici per ore.
L'altro dagli occhi azzurri come due schegge di vetro, si muovevano rapidi e mi incutevano terrore, a volte.
Erano così diversi, ma li amavo così tanto entrambi.
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
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C’era di nuovo la lezione del professor Tomlinson ed io ero di nuovo distratta. Gli avevo promesso che sarei stata più attenta, ma era più forte di me. Da quando avevo tentato di capire perché piacesse alle mie compagne, mi ero resa conto di esserne attratta io, inoltre quei suoi occhi così contrastanti con il resto del corpo erano davvero una meraviglia.
Tentai di disegnarli ma, date le mie scarse abilità, assomigliavano di più a due salami; nonostante fossi disattenta lo fissavo in continuazione e forse questo era il motivo per cui non mi riprendeva più, perché credeva di avere la mia attenzione.
Inoltre ora le oche della mia classe che gli sbavavano dietro erano totalmente disinteressate a lui, come se dalla notizia che lui era sposato avesse fatto perdere di colpo l’interesse a tutte; cosa che invece ai miei occhi l’aveva reso ancora più attraente.
Dal canto mio sapevo che le storie alunna-professore non portavano da nessuna parte: si doveva contare il fatto che lui fosse sposato, che era il mio professore e che, sicuramente, non era nemmeno minimamente attratto da una come me.
La lezione finì; sarei dovuta andare a pranzo, ma il professore mi fece cenno di andare verso lui: voleva parlarmi di qualcosa.
« Oggi ti ho visto molto attenta alla mia lezione, sono felice di questo » mi disse sorridente.
Sorrisi anche io, più che altro perché io ero stata attenta a lui, rispetto alla sua lezione, ma non era essenziale che lui venisse a conoscenza di questo dettaglio.
« Spero che al test del secondo trimestre riuscirai a prendere un bel voto: se ce la farai quello dell’ultimo sarà una vera passeggiata per te ».
Trovavo davvero molto carino il fatto che si preoccupasse per me: sapeva che inglese e storia erano le materie in cui rischiavo di non passare e aveva la premura di rassicurami.
« Lo so professore, ma non si preoccupi; come le ho già detto mi sto preparando davvero molto, studio un sacco di ore ogni pomeriggio, la sufficienza sarà facile da prendere » lo rassicurai.
Lui sorrise.
« Emma, posso chiamarti così, giusto? » io annuii « Ho visto che bene o male nella tua classe ognuno ha le idee decise sul futuro, mentre tu sei l’unica… come dire… apatica, a cui non importa nulla. Come tuo insegnante, devo ricordati che frequenti il penultimo anno di questa scuola e che fra poco ti troverai davanti ad una scelta difficile, quella del college, per cui volevo sapere se avevi dei progetti ».
Mi morsi il labbro e riflettei prima di rispondergli: dei progetti li avevo, era vero, ma i miei genitori erano totalmente contrari a un’opzione che non avessero programmato, inoltre non avevo parlato a nessuno dei miei piani, nemmeno a Nina.
Però c’era qualcosa negli occhi del signor Tomlinson che mi fece venire voglia di confessargli tutto:  forse perché era adulto e in quanto tale aveva già compiuto delle scelte, forse perché non faceva parte della mia famiglia, quindi non mi avrebbe imposto qualcosa di diverso, forse perché avevo bisogno di parlare e basta… insomma, fui sincera con lui.
« I miei vorrebbero che prendessi qualcosa per costruirmi un solido futuro, tipo medicina o economia, ma a me non piace nessuna delle due cose. Il mio futuro è la musica » gli dissi guardandolo negli occhi.
« Vuoi diventare una cantante? » mi chiese.
« No, no, io sono stonatissima. Però mi piace la musica, vorrei aprire un negozio in cui vendere cd e in cui si possano esibire i nuovi talenti, per poi farli scoprire anche a manager che potrebbero offrirgli un contratto ».
In quel momento il mio cervello mi urlava “Non pensare a Zayn, non pensare a Zayn”, ma era inutile, quell’idea mi era venuta proprio grazie a lui.
« È un progetto ambizioso » mi disse mettendosi le mani dietro la testa.
« Lo so professore, ma la musica è l’unica cosa che riesce a rendermi felice » contrariamente a ciò che mi aspettavo, il professore scoppiò a ridere.
« Scusami » mi disse « Ma avevo dimenticato come i liceali si sentissero sempre afflitti e tristi »
« Cosa vorrebbe dire? » gli chiesi alzando un sopracciglio.
« È facile: tu credi di avere una brutta vita, magari non vai d’accordo con i tuoi, non hai un ragazzo, sei scontrosa con tutti e odi la scuola. Tutto questo ti sembra negativo e credi di essere infelice, invece non capisci che questo non è nulla rispetto a ciò che ti aspetta là fuori, non è nulla rispetto al mondo » il suo tono di voce era amaro, come se, nonostante fosse giovane, avesse già sofferto abbastanza.
Lo guardai negli occhi e per un attimo mi sembrò che l’azzurro fosse diventato più intenso, quasi glaciale, come se volesse nascondere una parte di sé; ma poi lui tornò a sorridere e i suoi occhi tornarono celeste chiaro, per cui fui propensa a credere di essermi immaginata tutto.
Salutai gentilmente il professore e mi avviai verso la mensa, anche se ormai il tempo per pranzare era quasi finito.
Vidi Harry seduto da solo su un tavolo e, dato che non c’erano tracce di Nina, andai a sedermi vicino a lui.
« Ehi » lo salutai. Lui stava ancora finendo di mangiare, aveva hamburger e patatine.
« Emma, dove sei stata tutto questo tempo? Nina ti stava cercando » mi lanciò un’occhiataccia quando presi una delle sue patatine, ma non mi disse nulla in proposito.
« Stavo parlando con il professor Tomlinson ».
« Ah » disse, poi aggrottò la fronte « È tutto ok? ».
« Sì, abbiamo solo parlato… uhm… in generale, ecco tutto » non mi andava di raccontargli che cosa c’eravamo detti io e il professore. Nonostante non fosse stato nulla di importante non volevo parlarne con Harry.
« Quindi sai che il compito…» lo interruppi prima che potesse continuare.
« Sì, sì lo so, è inutile che me lo continui a dire ».
Probabilmente lo dissi con un tono più brusco di quello che avrei voluto, perché lui non parlò più, ma fissò il suo piatto.
« Scusami, lo dico solo perché sono preoccupato per te e non voglio che tu venga bocciata »
« Grazie Harry, lo so, ma tutto questo stress mi sta facendo impazzire. Non faccio altro che studiare e tutti mi ricordano quanto sia facile che io fallisca… mi viene naturale essere brusca, per cui scusa tu » accennai un mezzo sorriso.
« Ah, ecco dov’eri! » in quel momento Nina stava venendo con fare minaccioso verso di me.
« Ti ho cercata ovunque e poi scopro che eri qui in mensa a parlare con Harry? » si sedette dal lato opposto del tavolo.
A Nina non stava molto simpatico: non perché non fosse un bravo ragazzo, ma perché sapeva che da poco aveva messo la testa apposto, prima era un combina guai.
« Sono arrivata adesso, prima ero a parlare con il professor Tomlinson » le spiegai pazientemente.
« Oh, beh, ora devi venire con me, dobbiamo parlare di una cosa » si alzò e venne nella mia direzione.
« Non possiamo parlarne qui? ».
« Assolutamente no! » prima che potessi replicare mi prese per il braccio e mi trascinò via da quel posto; riuscii a sentire Harry che mi mormorava un ‘Ciao’ e io lo salutai con la mano, mentre seguivo Nina.
« Allora, cosa dovevi dirmi? » le chiesi.
« Mi ha chiamato Niall, a quanto pare suo cugino, o un altro suo parente, non ricordo, sta per sposarsi, per cui questo fine settimana è occupato e non può venire a Londra, l’uscita di venerdì sera salta ».
« Beh, possiamo andarci anche solo noi due, no? » mi sembrava la soluzione più logica e non capivo come mai lei non ci avesse ancora pensato.
Vidi che lei esitò un attimo prima di rispondermi.
« Sì, ma non so… forse non ci saresti voluta venire » mentre parlava si mordeva il labbro.
« Guarda che per me è anche meglio senza Niall, senza offesa, ovviamente » sbuffai.
Ero certa che mi stesse nascondendo qualcosa, conoscevo la mia migliore amica e questo era il comportamento che aveva quando stava per fare qualcosa di sbagliato.
Avevamo già litigato, per cui preferii non dirle nulla, mi limitai a lanciarle un’occhiataccia, ma lei sembrò non cogliere.
Ci avviamo verso la classe e  non parlammo più dell’argomento.
 
Trascorsi tutto il pomeriggio a studiare, come avevo fatto in tutti i pomeriggi dell’ultima settimana. Ormai il mio cervello era fuso e mi sembrava che più studiavo meno mi ricordavo le cose: a storia non riuscivo mai a memorizzare una data, in inglese mi confondevo le epoche in cui gli scrittori nascevano… ero una frana.
Verso le sei decisi che per quel giorno avevo fatto anche troppo, così chiusi il libro e accesi il computer.
Vagai un po’ per facebook, non ero una di quelle che ci passava molto tempo, però mi piaceva andarci per vedere le stupidaggini che ci scriveva la gente. Dopo dieci minuti già mi ero annoiata a morte, ero sul punto di chiuderlo quando vidi una cosa che non mi piacque affatto: ‘Nina Robins e Liam Payne sono diventati amici’.
Sapevo che averlo solo aggiunto su Facebook non era un danno così grave, sapevo che per lei i ragazzi erano irresistibili e purtroppo faceva sempre di tutto per conquistarli, per questo avevo paura di ciò che sarebbe successo. Sapevo che non era così idiota da scrivergli in bacheca, ma temevo di ciò che si sarebbero detti in chat, soprattutto perché Nina era fidanzata e amava Niall, sarebbe stata malissimo se lui l’avesse scoperta.
Il problema era che lei non capiva: aveva tutto, per questo le sembrava infinitamente noioso, invece era una delle persone più fortunate del mondo.
Ero sicura che non fosse veramente attratta da Liam, ma flirtava con lui solo per dimostrare a se stessa che c’era ancora qualcosa di eccitante nella sua vita, qualcosa che avrebbe tenuto nascosto.
Dal canto mio, se avessi avuto un ragazzo che mi amava come Niall amava Nina sarei stata ben attenta a tenermelo stretto, invece di provarci con il primo che passava.
In quel momento sentii le urla di mia madre che stava sgridando Derek, così scesi per vedere cosa stava succedendo.
« Non ci posso credere, cosa significa tutto ciò? » gli stava urlando mia madre.
« Insomma, è solo una festa…» lui era piuttosto seccato.
« Una festa in discoteca! E tu hai solo tredici anni, se pensi che ti ci mandi ti sbagli di grosso! » mia madre era davvero furente, ma Derek era decisamente ingenuo: non lasciava andare me in discoteca e avevo diciassette anni e mezzo, come sperava di andarci lui?
« Fra un mese ne compio quattordici! » ribadì lui.
« Oh, allora sì che la cosa cambia molto » disse mia madre sarcastica.
Mi sembrava che non fosse solo arrabbiata per lui, perché di solito non faceva mai del sarcasmo, per cui mi preoccupai.
« Cosa succede? » le chiesi.
Lei mi guardò, vidi che aveva gli occhi rossi, come se avesse pianto e questo mi fece preoccupare ancora di più: non avevo mai visto mia madre piangere.
« Niente, tuo fratello non capisce » mi rispose, poi andò a prendere i panni per lavarli.
Fissai Derek, non si era mosso di un centimetro e guardava con astio il punto in cui prima era mamma.
« Andiamo, sai com’è fatta, non fa uscire nemmeno me » tentai di consolarlo.
« Lo so, ma è il compleanno di un mio amico, ormai tutti vanno in discoteca…» vidi che stava per piangere, così lo abbracciai.
Per un attimo fui tentata di rivelargli il modo in cui io sgattaiolavo fuori la notte, ma poi decisi che se gliel’avessi detto lui ne avrebbe approfittato e sarebbe uscito anche troppo spesso, per cui mi limitai ad abbracciarlo e sussurrargli « Troveremo una soluzione, vedrai ».
 
Il giorno dopo, a scuola, trovai Harry davanti al suo armadietto con la faccia preoccupata.
« Cos’hai? » gli chiesi.
« Oggi è il gran giorno » mi rispose.
Non mi ricordavo nemmeno che numero fosse, sapevo solo che era giovedì, per cui immaginai che potesse essere di tutto: il suo compleanno, il compleanno di uno dei suoi parenti, il suo onomastico, il giorno in cui aveva un’interrogazione importante… non ero molto brava a ricordami le date.
« Non è il tuo compleanno, vero? » gli chiesi sperando di non essermelo dimenticato. Mi sembrava che lui fosse di gennaio, ma potevo sbagliarmi.
Lui mi guardò sgranando gli occhi, come se gli avessi detto che i marziani mi avevano rapita.
« Spero che tu stai scherzando, Emma, oggi abbiamo il test di inglese e storia ».
« Eh? » ero totalmente sconvolta. Speravo che fosse uno scherzo, doveva essere uno scherzo. Perché non lo sapevo? Il test ci sarebbe stato il mercoledì successivo…
« Lo sapevo, io ho provato di avvertirti ieri a mensa… avevo visto che non eri attenta mentre il professor Tomlinson lo diceva » Harry era sconvolto quasi quanto me.
Era una delle peggiori notizie che mi avevano dato, a quel test era appesa tutta la mia carriera scolastica e io avevo studiato solo la prima parte del programma, ero totalmente all’oscuro della seconda. Il cuore iniziò a battermi all’impazzata e dovetti trattenere le lacrime, altrimenti mi sarei messa a piangere come una fontana davanti ad Harry.
« Cazzo, sono fottuta ».
« Torna a casa, no? Di’ che non ti sei sentita bene e che hai la febbre… inventati qualcosa ».
« Non posso, il professore mi ha già vista, poi mio padre mi porterebbe all’ospedale se gli dicessi una cosa del genere » mi tolsi gli occhiali e mi massaggiai le tempie; dovevo escogitare qualcosa.
« Allora potresti… mh… beh…» ormai anche lui era a corto di idee.
« Non posso nulla, Harry, sono morta; prenderò un’insufficienza a questo test, verrò bocciata e i miei mi seppelliranno viva » facevo un tremendo sforzo a trattenere le lacrime.
« Non essere così melodrammatica, dai » lui mi accarezzò il volto con la mano.
In qualsiasi altra situazione mi sarei imbarazzata e l’avrei allontanato, ma in quel momento mi sentivo così distrutta che un po’ di attenzioni non potevano che farmi bene.
« Ascoltami » mi disse dolcemente.
Io guardavo per terra, mi uscì una lacrima, fui svelta ad asciugarmela con la manica del maglione, ma Harry la notò lo stesso.
Mi prese il viso tra le mani e mi costrinse a guardarlo negli occhi.
« Hai studiato già una parte del programma, per cui qualcosa saprai, tutto ciò che non hai studiato lo potrai chiedere a me, per altro potrai andare a intuito, tanto il test è a crocette… per cui non preoccuparti, va bene? ».
« Grazie di tutto Harry » gli dissi tirando su col naso e abbracciandolo.
 
C’era una possibilità per il mio compito, cioè che sarebbe stato più sulla prima parte del programma e non sulla seconda, ma solo se la fortuna mi avesse assistito.
E così accadde, cioè, la fortuna assistette senza fare nulla, infatti mi capitò un compito incentrato quasi tutto sulla seconda parte, in cui, oltre alle domande a crocette, ce n’erano tre aperte difficilissime a cui era obbligatorio rispondere, se si puntava alla sufficienza.
Ovviamente il professore non era seduto in cattedra a farsi gli affari suoi come faceva la Loren, ma si aggirava per i banchi con fare minaccioso e gli studenti erano concentrati suoi propri compiti.
Cercai di rispondere a tutte le domande a crocette e lasciai che Harry terminasse di fare il suo prima di chiedergli qualcosa: aveva iniziato a scrivere da subito e ancora non aveva finito.
Il tempo passò velocemente e, quando mancavano solo trenta minuti al termine, Harry alzò lo sguardo dal suo foglio e mi fece cenno di stare tranquilla, mi avrebbe aiutato lui.
Mi disse un po’ di risposte con le crocette, che erano quelle più facili da suggerire, ma il nostro vero problema erano le risposte aperte, come avremmo fatto?
“Fidati di me” mi disse con le labbra, poi fece cadere il suo foglio delle risposte aperte a terra, si chinò a raccoglierlo, però lo mise sul mio banco e prese il mio. Io lo guardai allarmata, ma lui aveva già iniziato a scrivere le risposte e, incredibile ma vero, il professore non si era accorto di nulla.
Scrisse fino a quando non terminò il tempo a nostra disposizione, poi ci alzammo tutti e, nella confusione generale, ci passammo i fogli delle risposte, per poi darli al professore in tutta calma.
« Ora si accorgerà che tu hai scritto le mie risposte…» dissi a Harry quando uscimmo dall’aula.
« Non preoccuparti, ho cercato di scrivere con un’altra calligrafia le tue risposte, inoltre lui non sa come scrivi, è nuovo e…» non lo lasciai parlare, mi aveva aiutato così tanto che lo abbracciai forte.
« Cosa farei senza di te? » gli chiesi.
Lui rise e mi strinse fra le sue braccia, in quel momento passò di lì il professor Tomlinson, che mi sorrise, anche se non capii il perché.
Il giorno dopo ci riportò i compiti, ero in preda all’ansia, non avevo chiuso occhio per tutta la notte. Harry prese una B+ e fui felicissima del suo voto, perché se lo meritava… guardai il mio e poco ci mancò che cadessi dalla sedia: C-.
Era la sufficienza, questo voleva dire che c’ero riuscita, ora avrei potuto prendere anche una D e avrei passato l’anno lo stesso… mi sentivo al settimo cielo. Appena la lezione sarebbe finita avrei fatto una statua ad Harry, per aver reso possibile che i miracoli accadessero.
Il professor Tomlinson si congratulò con noi, ci disse che eravamo stati tutti molto bravi, che non c’erano state insufficienze e che era soddisfatto che il test fosse andato così bene. Aggiunse che ora avrebbe spigato il resto del programma, in modo che ci saremmo rimessi in paro e che per la fine dell’anno saremmo riusciti a fare tutto ciò che era previsto.
Durante la lezione mandai un messaggio a Nina che si congratulò con me; volevo scrivere anche ai miei, ma preferivo chiamarli, lo avrei fatto durante il pranzo.
La campanella suonò e tutti noi raccogliemmo i libri per andare alla prossima lezione, io fui l’ultima ad uscire, come al solito.
« Gant, aspetta! » mi chiamò il professore.
« Cosa c’è? ».
Lui mi fece segno di chiudere la porta e di prendere una sedia, voleva parlarmi.
Iniziai a sentirmi male di nuovo, non sapevo il perché della sua richiesta e temevo il peggio, magari aveva scoperto tutto e mi avrebbe cambiato il voto del compito…
« Dobbiamo fra quattro chiacchiere » iniziò.
« A proposito di cosa? » gli chiesi con la gola secca.
« Non hai davvero nessuna idea in mente? » il suo tono era glaciale, inoltre ero piuttosto spaventata.
Feci di no con la testa.
« Allora ti rinfresco la memoria: parleremo del compito che hai copiato da Harry Styles ».


 
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Allora, vi chiedo scusa per l'enorme ritardo con cui ho pubblicato il capitolo, ma in questi giorni ho davvero avuto pochissima ispirazione, per cui ci ho messo molto a scriverlo.
Ho deciso di ingtrandire un po' il carattere, passando da 14 a 16, non so credo che sia meglio, ma poi mi farete sapere voi.
Spero che comunque la storia vi piaccia, è successo finalemente qualcosa e il prossimo sarà il capitolo in cui accadrà la cosa principale di tutte, per cui spero continuiate a seguire la storia.
Vi dico già da ora che sarà di quindici capitoli più l'epilogo, non riesco a tirare troppo per le lunghe le mie storie.
Il titolo del capitolo è tratto dalla canzone della bellissima, bravissima, talentuosissima (vabbè, si è capito che mi piace un sacco?) Nina Nesbitt, Stay Out.

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