“Si può sapere come hai fatto convincermi a venire
qui? Lo sai che non mi piacciono questo tipo di feste, soprattutto quando tra
duecento invitati ce ne sono solo sei, anzi sette, che mi fa piacere vedere!” e
gli mise un finto broncio mentre attraversavano il roseto sotto il sole dorato
di fine giugno. Candy aveva un abitino bianco e rosso a maniche corte e le
braccia ed il viso abbronzato risaltavano ancora di più, i capelli erano
raccolti un una coda alta con un gran nastro rosso e scintillavano sotto il
sole almeno quanto quelli Albert che lei teneva a braccetto.
“E si può sapere chi sono queste sette persone?” le
rispose ridendo spingendole via la fronte con un dito.
“Umh vediamo: i Legan, la zia Elroy”
“Siamo solo a cinque, non sai più contare? Credo
che tu abbia fatto l’elenco sbagliato!!”
“ Hai ragione, ma poi ti monti la testa se comincio
l’elenco con te!” e gli fece una linguaccia.
Albert si sentiva felice; dopo quella brutta storia
del matrimonio di Candy con Neal che l’aveva costretto ad una presentazione
anticipata alla famiglia, Candy era tornata alla casa di Pony per dare una mano
con i bambini ed ora era riuscito a
convincerla a partecipare al ricevimento che la zia aveva organizzato per il
suo compleanno.
“Non penserai mica che ti avrei permesso di
lasciarmi solo ad annoiarmi a questa festa? Ci annoieremo insieme!” Albert
rideva, i suoi occhi si confondevano con il cielo terso di quel pomeriggio di
giugno e suoi capelli dorati erano mossi dalla brezza che accarezzava le rose;
portava una camicia di lino di un azzurro chiaro che faceva risaltare ancora di
più i suoi occhi e la sua carnagione e lasciava indovinare il fisico asciutto e
muscoloso.
Candy si sorprendeva sempre più spesso a guardare
Albert con aria incantata, quando l’aveva conosciuto non avrebbe mai immaginato
chi potesse essere in realtà ma, soprattutto, non avrebbe mai pensato che fosse
così bello, “Come una statua greca” le aveva detto una volta Annie arrossendo.
“Allora, che facciamo? Andiamo a prepararci? Fra
non molto arriveranno gli invitati e noi siamo ancora vestiti così…se non ci
togliamo di qui anche i domestici ci sgrideranno, devono preparare i tavoli e
noi gli stiamo tra i piedi”. In effetti in giardino c’era un grande via vai
indaffarato: Albert aveva voluto che la cena si tenesse in giardino, il ballo
invece si sarebbe tenuto nel grande salone a piano terra della villa.
“Vieni..ti faccio vedere il vestito che ho preso
per te!!” e la trascinò correndo in casa.
Candy non aveva più partecipato ad un ballo dal
giorno della festa di maggio e ora si stava guardando allo specchio mentre
Annie, arrivata con Archie da poco meno di un’ora, stava cercando di avere ragione
dei suoi riccioli ribelli, Patty era in arrivo con nonna Martha.
“L’abito che ti ha regalato Albert è magnifico, non
ho mai visto niente di più bello, farai morire tutte d’invidia” ed aveva
ragione.
L’abito da sera era di duchesse di seta blu scura,
cangiante, tempestato di brillantini sullo scollo, che le lasciava
completamente scoperte le spalle. I brillanti si diradavano verso la vita per
poi infittirsi nuovamente sul bordo della gonna leggermente svasata e sulla
piccola coda: sembravano che l’avessero fatto con un pezzo di cielo stellato.
Sempre di seta blu erano i lunghi guanti che le arrivavano oltre i gomiti
mentre era di organza blu cangiante in argento la stola che le avrebbe
ombreggiato le spalle.
“Sembri una principessa” le aveva detto Annie quasi
senza fiato.
“Ehi, dov’è il nastro?”
“Niente nastro stasera, ti ho messo due pettini
d’argento a fermare i capelli sulla nuca, il resto li lasci sciolti sulle
spalle.” Candy le fece una linguaccia ed Annie le rispose con un’altra.
In quel momento entrò Archie.
“Fiiiiu, sei uno splendore! Farai girare la testa a
tutti gli uomini stasera!”
“Smettila di prendermi in giro!” gli rispose Candy
con una linguaccia, ma arrossì.
Albert bussò sulla porta aperta: aveva un completo
bianco avorio per il pomeriggio, per la sera avrebbe indossato un elegantissimo
frac; non vedeva Candy dall’ingresso perché Annie ed Archie la coprivano.
“Ehi non mi hai ancora detto chi sono le sette
pers…” e rimase senza parole quando Candy si alzò e si fece avanti, la seta
della gonna che frusciava.
“Allora?” gli chiese con un sorriso, inclinando la
testa da un lato con fare dolce “come mi sta?”
“…..”
“Albert?”
“….”
“Posso dire in sua vece che stai benissimo! Che ti
avevo detto Candy? Il primo a restare senza parole è stato proprio Albert!” le
disse Archie ridacchiando
“Albert, tutto bene?” gli chiese Annie.
Fece un profondo respiro “Sì, tutto ok! E tu non mi
prendere in giro!” disse ridendo e minacciando scherzosamente Archie.
Aveva avuto bisogno di cinque minuti buoni per
riprendere l’uso della parola: Candy era bellissima, più di quanto non lo fosse
mai stata e quell’abito la faceva davvero sembrare una principessa e molto più
donna, fosse stato per lui avrebbe passato la serata a guardarla.
“Manca ancora una cosa, vieni con me”
“Vi aspettiamo di sotto” disse loro Archie cingendo
la vita di Annie con un braccio e dandole un bacio sulla tempia. Erano
elegantissimi anche loro, Archie con un abito di seta grigia, anche lui avrebbe
messo il frac più tardi, Anni con un abito azzurro chiaro, in organza, con la
gonna a piccole balze. Si sarebbero sposati tra meno di un mese.
“Dove stiamo andando?”
“Vieni” le rispose con aria di mistero.
Salirono le scale, percorsero il lungo corridoio ed
arrivarono nello studio privato di Albert: la stanza era coperta su tre lati da
una libreria continua, di legno scuro alta fino al soffitto, una grande
finestra dava sul lago. Aveva l’odore buono del legno e dei libri. Albert aprì
un piccolo armadio, nascosto dai libri, che conteneva una cassaforte. Candy lo
guardava con aria interrogativa.
Albert ne trasse un astuccio rivestito di velluto
blu con il sigillo degli Andrew impresso sul coperchio e glielo pose in mano.
“Apri”
A Candy tremavano le mani: rimase a bocca aperta
quando vide il contenuto.
“Sono gioielli di famiglia, sono appartenuti alle
donne della famiglia da almeno quatto generazioni; è giusto che ora li porti
tu”
“Ma…”
L’astuccio conteneva una piccola tiara in oro
bianco, con brillanti e zaffiri, talmente delicata ed elegante da sembrare un
arabesco, una collana, anch’essa in oro bianco, con un unico zaffiro
incastonato al centro di una trama sottilissima che la faceva somigliare ad una
ragnatela coperta di rugiada ed una coppia di orecchini, semplicissimi, solo
due grandi zaffiri solitari, tagliati a cuore, montati in oro bianco. Nella
penombra dello studio, illuminato dal tramonto, i gioielli sembravano di
brillare di luce propria.
“Ora capisco il perché dell’abito blu…” disse
sorridendo dolcemente.
Albert prese solo la collana e passandole le braccia intorno al collo gliela allacciò.
Sorrise. Si disse la meraviglia che aveva davanti agli occhi meritava tutto il
fastidio della festa.
“Andiamo…”
“Albert…”
“Sì…”
“Io…”
Si guardarono negli occhi, Albert si perse negli
occhi smeraldo di lei, Candy lo guardava incapace di capire quello che stava
provando…restarono così, mani nelle mani per diversi minuti, ciascuno
incatenato e perso nell’onda di sentimenti contrastanti che stava provando.
“Grazie…” disse arrossendo.
“Di che?” le rispose baciandola sulla fronte.
“Del bene che mi vuoi”
“Vale anche per me”
Si abbracciarono. Lui aveva paura di stringerla
troppo e che così si accorgesse di quanto il cuore gli batteva forte, aveva un
nodo in gola e sperava di riprendersi in tempo per fare i convenevoli ufficiali.
Non avrebbe voluto lasciare la penombra accogliente dello studio ma doveva
farlo. Si consolò pensando che avrebbe ballato con lei per tutta la sera.