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Autore: Anna Wanderer Love    28/08/2013    3 recensioni
Una ciocca bionda sfugge dal cappuccio che cela il suo volto e mi sfiora lo zigomo. I miei occhi guardano quei lisci capelli d’oro pallido, poi risalgono lentamente e per la seconda volta il mio sguardo si incatena a quello celeste, duro e inflessibile di lui.
-Chi sei?
Le sue dita si stringono con forza attorno ai miei polsi, con tanta forza che riesco a sentire il loro profilo segnare la mia pelle, con tanta forza che penso che me li spezzerà, i miei maledetti polsi. Mi esce una risatina dalla bocca, nonostante tutto, e i suoi occhi ne sembrano sorpresi.
-Se te lo dicessi non farebbe differenza.
-Ah sì?- Ribatte lui, scrollandomi con violenza. La mia testa batte per terra.
Trattengo il respiro quando la vista mi si annebbia per un’istante.
-Sì- sibilo fissandolo con astio.
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Legolas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tre anni dopo


Appena entro in casa mi immobilizzo. Tre figure sono al centro della stanza, oltre a Ronim, il mio maestro. Tre figure alte, slanciate e al tempo stesso minacciose. Capelli biondi, lunghi e lisci. I tre si voltano verso di me. Sono cosciente di non avere un aspetto adatto ad accogliere ospiti, ma mi preoccupo solo di una cosa. Occhi celesti. Il primo elfo a destra è il primo a ricevere la mia attenzione. No, decisamente no. Ha dei lineamenti marcati e occhi grigi che incutono timore. Indossa un'armatura e un'ampio mantello copre le sue spalle larghe. Rivolgo il mio sguardo a quello in mezzo. No, non è un elfo. E'... umano. Decisamente. Occhi color nocciola, barba e capelli marrone scuro. Poi guardo il terzo, e il mio cuore si ferma. Oddio. Oddio. No. Non può essere. Quegli occhi blu sono gli stessi... anche lui mi ha riconosciuta, anche se sono cresciuta, cambiata.

-Savanna.

Con uno sforzo immane distolgo lo sguardo da lui e guardo Ronim. E' seduto sulla poltrona rossa davanti al camino, e le fiamme che ardono cospargono il suo volto bruciato dal sole e segnato da cicatrici profonde di ombre. Non mi guarda, ma sento gli sguardi degli altri tre su di me.

-Chiudi la porta.

Obbedisco e mi ci appoggio, senza forze. Resto in silenzio, loro restano in silenzio... lui resta in silenzio.

-Vai a riposare.

Mi muovo leggera e avanzo silenziosa in mezzo alla stanza, diretta alle scale che portano di sopra, alle camere. Per farlo sono costretta  passare accanto a lui, e il suo sguardo blu mi segue, mi punge la schiena finché non lo sorpasso e sparisco alla sua vista.

La notte non dormo. Resto distesa a rotolarmi da un fianco all'altro in attesa di sentire Ronim salire e andare a riposare. Nascosto dentro la manica della mia veste da notte leggera tengo il pugnale, lo stesso pugnale che ho usato contro di lui per ucciderlo. Fisso il soffitto, tenendo a bada il battito forsennato del mio cuore. Poi, in piena notte, sento dei passi e le assi di legno levigato del pavimento scricchiolare. Ma sono troppi passi perché sia solo Ronim a salire. Infatti sento quattro porte aprirsi e chiudersi. Quattro porte... quindi questo vuol dire che dormirò nella stanza accanto all'elfo. Sento il sangue ribollire di uno strano miscuglio di sentimenti, fra cui l'odio. Non gli ho ancora perdonato il fatto che mi abbia battuta così in fretta e con tanta facilità... sussulto quando sento un ticchettio di nocche contro il legno. Sorrido rassicurata dal saluto di Ronim e finalmente riesco a rilassarmi. Mi addormento guardando fuori dalla finestra spalancata la luna argentata.


La mattina dopo mi alzo tardi, esausta per l'escursione della sera prima e per l'essermi addormentata così tardi. Mi alzo dal letto e mi lavo rapidamente, poi mi vesto come al solito: stivali di pelle scura e morbida, pantaloni, una camicia bianca coperta da una casacca che mi ha regalato Ronim qualche mese fa. Non mi prendo neanche la briga di mettere a posto i capelli, non ci riuscirei mai. Apro la porta e scendo giù. Il mio maestro è seduto sulla poltrona a leggere un libro. Appena sente i miei passi soffici alza lo sguardo e sorride, mettendo in mostra i denti bianchissimi.

-Savanna, vieni qui- dice allargando le braccia. Scendo del tutto le scale ma mi blocco. Non mi ero accorta che sul divano sono seduti l'uomo e i due elfi, che mi fissano con una vaga espressione stupita in volto. Probabilmente non hanno mai visto una donna vestirsi da uomo. Incurante dei loro occhi puntati sulla schiena in un paio di passi arrivo vicino a Ronim e mi chino per salutarlo. Mi abbraccia forte, come al solito, ed è bello sapere che nonostante abbia degli ospiti non cambi le sue abitudini e continui a trattarmi come una figlia. Poi, sciolta dall'abbraccio, resto in piedi accanto a lui, che sospira.

-Savanna, loro saranno nostri ospiti per un paio di settimane o, se sarà necessario, anche di più- mi dice il mio mentore fissandomi negli occhi. Le sue iridi azzurre osservano la mia reazione, e quando resto impassibile vedo che si rattrista, perché sa che quando faccio così mi sento a disagio. A quel punto mi volto verso i tre e serro la mascella, ignorando lo sguardo dell'elfo dagli occhi blu che mi perfora. Ronim si alza e svetta sopra di me, appoggiando una mano sulla mia spalla esile.

-Loro sono Aragorn- l'umano dai capelli castani fa un cenno con la testa e si alza, con un accenno di sorriso sul volto. Ricambio il sorriso. Già mi piace. -Haldir, capitano delle guardie del Bosco Atro- l'elfo con il mantello si alza e mi rivolge un piccolo inchino, ma resta con un'espressione neutra. Faccio scomparire il sorriso. Poi Ronim stringe un po' di più la mia spalla, mentre presenta l'ultimo elfo, il mio elfo. -E lui è Legolas Verdefoglia, principe del Bosco Atro.

Il mio cuore perde un battito e credo di essere impallidita, perché Aragorn e Haldir puntano gli occhi sul mio viso. Merda. Ho attaccato un principe!! Lui però non sembra scomporsi, ma anzi, si alza e mi rivolge un piccolo inchino, osservandomi con un sorriso.

-Incantato di vedervi, Savanna- mi viene la pelle d'oca al suono della sua voce musicale e istintivamente mi stringo a Ronim, ma lo faccio passare per un gesto affettuoso posando la testa sulla sua spalla. Haldir e Aragorn ci cascano, ma il principe no, e continua a guardarmi con quei suoi bellissimi occhi profondi.

-Piacere mio, principe... capitano... e re- aggiungo con un piccolo sorriso per Aragorn.

Il re mi sorride nuovamente, un sorriso caldo che illumina i suoi caldi occhi marroni. Mi volto verso Ronim, che intanto ha preso a parlare a me, indebolendo la presa sulla mia spalla.

-Savanna, cara, ti dispiacerebbe andare a prenderti cura dei cavalli dei nostri ospiti?

Sorrido ai suoi occhi luminosi.

-Certo che no! Vado!

Saluto chinando il capo ed esco rapidamente dalla casa, diretta alle stalle qualche passo lontano dalla casa, dove sento già la mia cara giumenta nitrire affamata.


Legolas:


Dopo che la rag... Savanna esce dalla casa Ronim ci guarda, puntando gli occhi prima in quelli di Aragorn, Haldir e infine me. Mi guarda, e improvvisamente ogni sorriso cordiale dal suo volto è scomparso. Continua a fissarmi, mentre parla a tutti noi.

-Sia chiaro, signori- esordisce con tono inflessibile ma al tempo stesso affabile -chi le farà del male, o anche si limiterà a sfiorarla con un dito senza che lei lo voglia, ringrazierà ampiamente i Valar se si troverà solo con braccia e gambe spezzate.

Trattengo un sorriso. E' evidente che le vuole un gran bene. Rispondo per tutti.

-Non abbiamo nessuna intenzione di farle del male, signore.

Lui non sembra particolarmente rassicurato, ma mi guarda ancora negli occhi per qualche istante e poi annuisce lentamente. Torna a sedersi sulla poltrona, tranquillo, ma noto che i muscoli delle braccia abbronzate sono contratti.

-Ovviamente, ciò di cui avrete bisogno vi sarà dato, mentre saremo qui. Ad una condizione: oltre a non sfiorare Savanna- e a queste parole mi guarda male -non dovete chiederle niente.

-In che senso?- Interviene Haldir con la sua voce calma.

Ronim punta gli occhi su di lui e accenna un sorriso affabile.

-Nel senso che sarà via per gran parte del giorno, e gradirei se non le chiedeste dove è stata, cosa ha fatto, con chi era, e anche che non la seguiste.

-Non ne abbiamo la minima intenzione- lo rassicura Aragorn. -Vi siamo grati per la vostra ospitalità, soprattutto quando Legolas è stato ferito e ha bisogno di riposo.

Sussulto. Non mi piace che mi definiscano debole, ma Ronim non sembra curarsi del mio disagio e mi sorride davvero, questa volta. Ha la sua età, ma è ancora molto bello, mi stupisco a pensare. Chissà se Savanna è sua figlia... ma non mi sembra, dall'aspetto. Anche i capelli sono diversi, lui li ha neri mentre quelli di lei sono di un castano scuro tendente al rosso.

-E magari, se posso permettermi, la presenza di una donna riuscirà a distendere i vostri volti stanchi.

Ridiamo assieme, poi Ronim si alza e va nello studio a leggere, nella parte della casa che non ho ancora visto. Haldir e Aragorn iniziano a curare le loro spade e io, non avendone voglia, esco all'aria aperta. Ripenso alle parole del nostro ospite, e con un brivido mi accorgo che sembra sapere esattamente cos'è successo tre anni fa... un battito di ciglia, per me, ma per loro, umani... ne è passato di tempo. Sembra sapere ogni singolo particolare di quel mattino innevato, compreso il mio gesto istintivo nei confronti di quella ragazza. Alle mie orecchie giunge nel vento un nitrito e una risatina da una voce dolce, e mi volto verso le stalle. Questa casa sembra piccola dall'esterno, ma dentro è enorme. Sembra intrisa di magia... è posta sopra ad un passo, nascosta da una fitta foresta di alberi, in una radura rigogliosa, durante la primavera. Mi dirigo verso le stalle e scosto la porta. La luce di una lampada a olio in fondo al corridoio illumina l'ambiente, e da lì davanti vedo delle dita appoggiate alla porticina in legno che chiude il cavallo nella sua stalla. Mi avvicino e finalmente riesco a vederla. I morbidi capelli marroni le scendono lungo le spalle e la schiena esile, inarcata in quel momento per raggiungere il muso del cavallo. Savanna è piccola ed esile, ma ha un corpo scattante e al tempo stesso pieno di curve, ma non in modo esagerato. Ride abbracciando il... la giumenta, mi accorgo sfiorando i suoi pensieri, color della notte senza luna, e posa la testa sul suo collo morbido.

-Oddio, ho paura, Mitya- sussurra, e la cavalla sbuffa dolcemente sul capo della sua padrona, che continua a restare girata, non accorgendosi della mia presenza nell'ombra.

-Non capisco perché Ronim abbia accettato... quell'elfo mi fa venire i brividi- e, come conferma, rabbrividisce. Socchiudo gli occhi, ma resto in silenzio. Si fa interessante...

-Non capisco che intenzioni abbiano, e come hanno fatto a trovarci! Se me la vuole far pagare per... per...- le trema la voce e non riesce a continuare. Mi viene la pelle d'oca, sentendo la sua voce disperata.

-Meglio che mi dia una calmata- sospira, scostandosi dalla giumenta. -Tanto se ha intenzione di farci del male scoprirà che  sono migliorata rispetto a tre anni fa- intuisco che sorride, ma sono sorpreso. Sta parlando di me. Le faccio paura?

Indietreggio di qualche passo e riprendo a camminare verso di lei, facendo rumore questa volta. Appena sbuco da dietro alla parete lei si gira e mi guarda. La guardo anche io, e vedo che impallidisce lentamente. I suoi occhi celesti, però, non mostrano nemmeno l'ombra di un cedimento mentre mi fissa. Mi avvicino a lei, che è uscita dal box e ormai non può sfuggirmi, dato che con un solo passo indietro è addosso alla piccola porta. Io cammino con calma, senza fretta, e mi fermo a pochi centimetri da lei. Senza smettere di fissare i suoi occhi cristallini allungo una mano e afferro un morbido ricciolo dei suoi capelli, attorcigliandolo attorno al dito. Vedo con piacevole sorpresa che trattiene il fiato per qualche istante.

-Sei cambiata dall'ultima volta che ti ho vista- mormoro, osservando i suoi lineamenti gentili che stonano con l'espressione decisa del volto. Le sue palpebre tremano appena prima che risponda.

-E prima- sussurra. Un sorriso nasce spontaneo sulle mie labbra.

-Giusto... Savanna- a sentirmi pronunciare il suo nome lei trasalisce.

Oh, santo cielo... ha un'aria da bambina adorabile mentre mi guarda sgranando gli occhi.

-Che vuoi, Legolas?- Ribatte bruscamente, allontanando la mia mano dai suoi capelli con uno schiaffo al braccio. Sorrido per niente intimidito, e ho l'impressione che si senta a disagio.

-Ti ricordo che mi devi delle spiegazioni- incassa il colpo senza fiatare, ma alza gli occhi al cielo.

-Ti ricordo che mi devi delle scuse- sbuffo sorpreso, incrociando piano le braccia quando lei si volta senza tanti complimenti, verso la sua cavalla. Mi muovo con cautela. Non voglio rischiare di avere fitte alla spalla, dopo che sono stato ferito. O meglio... non voglio averne davanti a lei.

-E per cosa, sentiamo?

-Mi hai sbattuta a terra.

-Mi hai aggredito.

-Mi hai quasi fatta svenire!

-Mi hai puntato un pugnale alla gola.

-Mi hai messo la mano sulla gamba!

-E tu mi hai graffiato- dico trattenendo un sorriso. Ricordo bene la faccia che fece in quel momento, e credo che anche lei se lo ricordi, quel momento. E pensare che l'avevo solo sfiorata...

Sento che respira profondamente e vedo le sue spalle alzarsi e abbassarsi notevolmente. Mi avvicino ancora di più, finché non c'è solo un sottile velo d'aria che ci separa. Vedo dalle nocche bianche delle sue mani strette sul legno che se n'è accorta, ma mi piace troppo provocarla.

-Mmm... Legolas, se non vuoi un pugno in faccia ti conviene tenere le distanze- dice la sua voce fredda. Scoppio a ridere. Non riesco ad evitarlo. E' così strana, questa situazione... lei si volta di scatto e i suoi capelli mi sfiorano.

-Perché stai ridendo di me?- Chiede seccata.

Scuoto la testa sorridendo.

-Non sto ridendo di te...

Alza un sopracciglio e ricambio con un sorriso malizioso. Arrossisce appena, e noto che sulle guance ha piccole, quasi invisibili lentiggini.

-Comunque... lasciando perdere il nostro assurdo battibecco, mi piacerebbe davvero sapere per quale motivo mi stavi attaccando.

Esita solo un secondo prima di rispondere.

-Eri nel mio territorio. Non sapevo chi eri né se avevi cattive intenzioni. Meglio non rischiare- dice laconica. La guardo sorpreso.

-Nel tuo territoio?

Sbuffa visibilmente incazzata e dentro di me gioisco. La sto facendo arrabbiare!

-Di Ronim, è uguale.

-Mmm. Certo. Scusami, davvero non capisco. Attacchi uno sconosciuto anche se non sei sicura delle sue intenzioni? E poi che ne sai se è più forte di te? Infatti ti ho stesa subito.

-Ero piccola- ribatte fissandomi con astio, le sopracciglia inarcate.

-Lo sei anche adesso. Quanti anni hai? Sedici? Diciassette?

-Diciotto- sibila avvampando di frustrazione.

-Non fa differenza.

-Invece sì.

La guardo serio.

-Per me, no. Sei una neonata al mio confronto.

-Perché scusa? Quanti anni hai?

-Diciamo... verso i tremila.

Sgrana gli occhi celesti, esterrefatta.

-Cosa?

Non rispondo ma mi volto e inizio ad allontanarmi. Lei non mi ferma, forse è meglio così, dato che ho l'impressione che stia per esplodere. A causa mia, penso con un sorrisetto. Esco dalla stalla e il sorriso scompare, sostituito da una smorfia di incredulità. Come mai mi sto comportando così? Non lo so... di solito non mi diverto a stuzzicare la gente, ma con lei è un'altra cosa. Così testarda, orgogliosa, fedele... facile da far innervosire. Forse voglio vedere fino a che punto riuscirà a reggermi...


Savanna:


Sì, mi ha letteralmente fatta uscire di testa, perciò tutti tranne lui si stupiscono quando, di primo pomeriggio, quando finalmente Ronim è uscito dal suo maledettissimo studio ed è apparso sulla soglia del salotto mi alzo, lo afferro per un braccio, e sotto gli occhi attoniti e divertiti dei tre lo trascino di nuovo via. Attraverso la cucina comunicante col salotto e dall'altra parte col corridoio dove ci sono le porta dello studio, della piccola armeria, della sala di esercitazione con le armi e un piccolo ripostiglio. Mi chiudo con forza la porta alle spalle e fisso imbronciata il mio maestro. Si passa una mano tra i folti capelli neri con qualche striatura argentata, sospirando.

-Savanna, quando fai così hai qualcosa che non va, cosa è successo?

-Io. Non. Sopporto. Quel. Maledetto. Elfo!-Alzo la voce, e lui mi fa segno di abbassarla.

-Lo so che non ti sta simpatico, ma non possiamo mandarlo via, in fondo è un principe, non ti ha uccisa quando poteva, tre anni fa, e poi, be', è ferito- conclude infine.

Lo fisso senza capire. -Come, ferito?

Ronim mi guarda sorpreso.

-Vanny, è ferito, non te l'ha detto?

-No!- Mi schiarisco la gola, imbarazzata, visto che la mia voce è diventata più acuta... il mio mentore mi fissa prima sconcertato, poi sospettoso e infine divertito.

-Vanny, mica ti starai prendendo una cotta per lui, spero...

Sento il volto diventare di fuoco e Ronim ridacchia soddisfatto.

-No!!

-Bene allora... porta pazienza mia cara...

Sospiro e annuisco, poi mi volto e sovrappensiero vado in camera mia a prendere il pugnale. Sempre lo stesso fedele amico che ho sempre avuto. Mi ci sono affezionata. Comincio a pulirlo con cura.


AnGoLo DeLl'AuTrIcE:
Allora! Buongiorno a tutti! Per prima cosa ringrazio chi leggerà e magari lascerà una recensione per farmi sapere che ne pensa di questa storia. :) Secondo... be', ditemi se devo continuare a scrivere questa ff oppure no, secondo voi. Confesso che è un po' un esperimento perché non ho mai scritto niente sul Signore degli Anelli e mi sembra un po' difficile rappresentare i personaggi come hafatto Tolkien... quindi scusatemi se modifico un po' i caratteri.
Poi... be', qui siamo a Valinor, e be' Haldir è sopravvissuto alla guerra. Non mi è piaciuta la sua morte...
Fatemi sapere che ne pensate!
Baci,
Anna
   
 
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