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Autore: fers94    29/08/2013    2 recensioni
Raccolta OS Haleb, ambientate in diversi momenti della serie.
"E poi facciamo a gara a chi strappa per primo un sorriso all'altro. Tu accenni a un sorriso alzando di poco le labbra, e ti spuntano le fossette, e mi guardi come se fossi la persona migliore del mondo, anche se io non mi ci sento affatto. Ed io provo a fare la stessa cosa, e a dirla tutta le fossette spuntano anche a me, ma di solito non faccio in tempo a sorridere perché prima che possa farlo mi trovo già nel mezzo di un tuo bacio, e credo che sia meglio che sorridere." [Cap.1; Caleb pov.]
"Tu sei parte di me, anzi... Sei molto di più. Sei almeno la metà di me. Intendo dire che se tu non ci fossi, sarei come mezza Hanna." [Cap.2; Hanna pov.]
"Sei arrivata come arriva una giornata di sole nel bel mezzo dell'inverno più rigido, come arriva il ripieno morbido dopo aver schiacciato tra i denti la caramella più dura: inaspettata ma piacevole." [Cap.6; Caleb pov.]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caleb Rivers, Hanna Marin
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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3x12; Le reazioni di Hanna appena dopo che Caleb è stato ricoverato d'urgenza ferito da un colpo di pistola, ed il loro incontro in ospedale.




"He's fine"



Angosciante è l'unica parola che mi viene in mente per descrivere quella assurda nottata in ospedale ad aspettare notizie di Caleb.
Non facevo altro che ripensare a quando ci eravamo sentiti per telefono mentre stava andando da Emily per salvarla da quel folle che voleva solo farle del male esattamente come aveva fatto con Maya. Gli avevo chiesto di promettermi che sarebbe stato prudente, e la sua risposta era stata "Hanna, ti amo". Non me l'aveva promesso, anche perché con sé aveva quella maledetta pistola che gli avevo supplicato di far sparire, e che invece aveva testardamente tenuto con sé. Immaginavo che alla fine l'avrebbe portata, lo conosco troppo bene.
Non avevo ancora capito cosa esattamente fosse successo subito dopo con quel folle, sapevo solo che lui era morto accoltellato e che Caleb era stato ricoverato con una pallottola conficcata vicino alla milza. Dio solo sa come mi sono sentita quando l'ho visto su quella barella mentre lo caricavano in ambulanza. Credo di non aver mai avuto tanta paura in tutta la mia vita. Anzi, più che paura, quello era terrore allo stato puro. Perdere Caleb è sempre stata la mia più grande preoccupazione, da quando ci siamo conosciuti, e vederlo in quello stato mi ha fatto capire quanto davvero io sia impotente senza di lui. Ho pensato che avrei potuto perderlo per sempre e il solo pensiero mi ha dilaniato l'anima. E ho pensato anche che ci sarei dovuta essere io su quella barella anziché lui. I problemi miei e delle ragazze sono diventati i suoi guai. Vuole aiutarci perché mi ama, e per immischiarsi in simili faccende deve amarmi davvero molto, ma ho sempre temuto che un giorno o l'altro ci avrebbe rimesso lui, e non è giusto.
Come farei senza di Caleb? È nella mia vita da circa un anno, siamo molto giovani, ma il sentimento che ci unisce è qualcosa di ben più forte del semplice volersi bene. La verità è che lui ed io siamo diventati una cosa sola. Lo siamo diventati affrontando qualsiasi cosa insieme, aiutando l'altro nei momenti di bisogno e non, eliminando tutti i segreti che avrebbero potuto dividerci.
Quando l'ho visto su quella barella, ferito e non cosciente, mi sono sentita come una foglia secca che cade giù da un albero; fragile, incapace di reagire, vuota. Non riuscivo a muovermi, a parlare, ero come bloccata. Era una sensazione terribile, quasi come se il cuore mi fosse stato strappato dal petto. L'unica cosa che riuscivo a fare era piangere senza ritegno.
Seduta su quella scomoda seggiola d'ospedale, qualche ora dopo, aspettavo sue notizie. La mia mano era saldamente stretta in quella di Aria, e nonostante un medico fosse passato di lì a dire che Caleb non fosse in pericolo di vita perché la pallottola non aveva reciso organi vitali, non riuscivo a tranquillizzarmi. Dovevo guardarlo negli occhi per mettermi l'anima in pace e per convincermi che stesse davvero bene, non mi bastavano le parole di un medico. 
Dopo qualche minuto, arrivò anche mia madre. L'avevo avvertita ed era corsa in ospedale appena possibile. Alla fine anche lei si è affezionata a Caleb, nonostante gli inizi un po' ostici. Mi sono precipitata da lei e mi sono lasciata stringere forte, cercando consolazione.
- Come sta? -mi chiese lei, scioccata.
- È fuori pericolo... -mormorai con debolezza.
- Ma com'è successo, Hanna? -continuò, ad occhi sbarrati.
A quel punto intervenne Emily, alzandosi dalla sedia e raggiungendo me e mia madre.
- Signora Marin... Caleb mi ha praticamente salvata. Il ragazzo che diceva di essere il cugino di Maya, beh... Non era suo cugino, bensì il suo assassino, e stava per fare del male anche a me e Paige. Caleb è venuto ad aiutarmi, sembrava che quel pazzo fosse già morto, ma... Ma non era così. Improvvisamente è riuscito a prendere la pistola ed ha sparato un colpo. Sa, se non ci fosse stato Caleb, credo che quel colpo l'avrei preso io. È un ragazzo d'oro, Hanna è davvero fortunata, mi creda.
Mia madre annuì con un sorriso amaro, poi mi strinse di nuovo. Fu allora che un medico si avvicinò a noi.
- I parenti di Caleb Rivers? -chiese.
- Non c'è nessun parente, ma... La prego, mi dica come sta. -risposi io, ritrovando tutta la lucidità necessaria.
- D'accordo. Il ragazzo sta bene, ha perso parecchio sangue ma è tutto risolto. L'operazione è riuscita. Ora ha solo bisogno di riposo, non sembrano esserci complicazioni.
A quelle parole tirai un sospiro di sollievo, poi tentai il tutto per tutto; avevo bisogno di vedere Caleb.
- Posso vederlo? -chiesi con timidezza.
- Mi dispiace, mi ha detto che non è una parente... -rispose il medico.
- La prego... Sono la sua fidanzata. Sono la persona più vicina a lui tra tutti i presenti. Per favore, ho bisogno di vedere come sta. Non ci metterò molto, glielo prometto. -continuai, con più decisione.
Dietro di me, le ragazze, mia madre e la madre di Emily rimasero zitte, lasciandomi provare a convincere quel medico. Dopo qualche istante di silenzio, l'uomo mi fece un cenno con la testa, verso una porta socchiusa. Io gli sorrisi, lui non ricambiò, sospirò e sparì dietro un'altra porta. Mi precipitai verso la stanza che mi era stata indicata, poi aprii lentamente la porta.
Caleb era disteso su un letto, con la schiena rialzata grazie al supporto di un cuscino adeguatamente sistemato alle sue spalle. Chiusi la porta e tornai a guardarlo. Era sveglio, anche se sembrava piuttosto debole.
Incrociare il suo sguardo mi fece sentire molto meglio.
- Hanna... -sussurrò con un filo di voce.
- Caleb... -dissi io, avvicinandomi a lui.
Mi appoggiai al suo letto stando attenta a non dargli in alcun modo fastidio.
- Come stai? -gli chiesi abbozzando un sorriso.
- Sto bene. Sono solo un po'... Stanco. Voi come state? Non vi è successo niente, vero?
- No, sta' tranquillo. Noi stiamo tutte bene.
Lui si morse un labbro ed allungò la sua mano verso la mia, per poi stringerla.
- Davvero, è la verità. -continuai, lasciandomi però sfuggire una lacrima dagli occhi.
Caleb sospirò e mi guardò con tenerezza, come se si sentisse in qualche modo responsabile.
- E allora cos'hai? -chiese, stringendomi più forte la mano.
- Caleb, io ho paura. Stavolta -A non c'entrava niente, eppure il mio ragazzo è stato ricoverato d'urgenza e trasportato in ospedale con una ferita d'arma da fuoco. È assurdo, io non riesco a stare tranquilla un attimo che... Non lo so, sembra che il mondo ce l'abbia con me. Quando ti ho visto sulla barella, privo di sensi, mi sono sentita morire e... La verità è che vorrei avere una vita normale, Caleb. Vorrei stare con te a casa a divorare dvd, o magari a fare dolci o ancora a fare finta di studiare, non certo a girare la città per acciuffare degli assassini. Vorrei poter andare al cinema con le ragazze senza doverci guardare le spalle ogni dieci secondi, io... Io non voglio che la mia vita e quella delle persone che amo siano in costante pericolo. Non voglio, okay? Pretendo così tanto? -risposi sfogandomi, smettendola di provare a fermare le lacrime.
Caleb si leccò le labbra, roteando gli occhi, come se stesse cercando una risposta giusta. Dopo qualche istante, mi prese anche l'altra mano e provò a dirmi quello che voleva.
- Senti, Hanna... Tu hai perfettamente ragione. Né tu né le altre ragazze avete fatto niente di così brutto da meritare tutto questo male. Io non so perché le cose vadano in questo modo, non so perché le vostre vite siano diventate così pericolose, ma... Ma una cosa la so, e ne sono più che sicuro. Hanno provato a farmi sbattere in carcere, hanno provato a fare fuori mia madre, ora è successo anche questo, e...
- Ed è tutto a causa mia, Caleb. -lo interruppi.
Lui sorrise e continuò.
- Sì, tutte queste cose sono cominciate da quando tu sei entrata nella mia vita, è vero. E sai, è probabile che mi succedano ancora altre cose brutte, ma quella cosa che so e della quale sono più che sicuro è che niente sarebbe peggio che allontanarmi da te. Hanna, quello che sto cercando di dirti è che non rinuncerò a te perché la tua vita è incasinata. Quando ho deciso di stare con te, ho deciso che l'avrei fatto nel bene e nel male. Questa specie di battaglia che tu e le altre state combattendo con chissà chi è una cosa seria, ed io non ti lascerò sola. Io ti amo da morire, Hanna. E se fosse necessario darei la mia stessa vita per te. Non rinuncerò ad una cosa meravigliosa come stare con te solo perché è qualcosa di pericoloso. Io sono qui al tuo fianco e ci sarò sempre, qualunque cosa accada. Non ci perderemo mai, te lo giuro. Potrai sempre contare su di me. Sempre.
A quel punto il mio diventò un vero e proprio pianto. Non sono mai stata brava a controllare le mie emozioni, specialmente se così forti. Sentire Caleb dire che avrebbe dato la vita per me, mi diede come una scossa; secca, decisa, forte, nitida. Non avrei mai voluto offrirgli una vita così difficile, ma per una volta sentivo di dovermene scolpevolizzare. Tutti quei guai non me li ero mai andati a cercare. Mi dispiaceva dover condividere cose simili con la persona che amavo, ma forse era come diceva lui: nel bene o nel male, insieme. Non sapevo se il mio fosse un pianto di gioia, dolore, paura o cos'altro, so solo che sentivo talmente tante emozioni da sembrare che stessi per esplodere. Tra tutte quelle lacrime, riuscii a sorridere, a guardare Caleb sorridere a sua volta e a ricambiare la stretta delle sue mani.
- Ti amo da morire anch'io... -fu tutto quello che riuscii a dire.
Caleb mi lasciò le mani per far sì che le sue mi asciugassero tutte le lacrime che mi erano rocambolescamente scivolate sul volto.
- Mi dispiace per la pistola, ti avevo detto che non l'avrei portata, ma... -disse poi, prima che lo interrompessi.
- Sei un idiota, ma... Come posso arrabbiarmi con te adesso? -risposi sorridendo.
- Amo le tue fossette! -rigettò Caleb.
Il dottore, in quell'istante, si affacciò nella stanza e mi fece capire che la visita sarebbe dovuta finire lì.
- Devo andare. Tornerò non appena possibile. -sussurrai a Caleb.
- La prossima volta mi porti un Dong Po? -fece lui, con un sorriso malizioso.
Gli risposi con un altro sorriso, poi raggiunsi la porta. Mi voltai un'ultima volta e mi resi conto di dover fare ancora una cosa. Restai però ferma sul ciglio della porta per qualche istante senza fare nulla.
- Beh? -chiese Caleb, con aria interrogativa.
- Ho dimenticato una cosa. -risposi decisa.
Mi avvicinai nuovamente a lui e mi distesi quanto bastava sul letto per afferrare la sua testa e congiungere le mie labbra con le sue. Lo baciai con passione, lasciando che le nostre lingue si accarezzassero lentamente. Le sue labbra morbide erano talmente perfette che non avrei mai voluto separarmene. Purtroppo però, quel momento arrivò ben presto: il dottore si rifece vivo sul ciglio della porta e si schiarì la voce. Solo allora mollai la presa su Caleb, imbarazzata, dunque arrossii e mi alzai.
- Ti amo, Hanna. -disse lui, per salutarmi.
- Ti amo anch'io, Caleb. -conclusi io, per poi voltarmi ed uscire di lì evitando lo sguardo del dottore.

- Caleb sta bene. -fu quello che dissi alle altre, uscendo dalla sua stanza con il sorriso sulle labbra ed il mascara sbavato.

   
 
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