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Autore: rosaleona    30/08/2013    4 recensioni
- Ma tu non dormi mai? E' pieno giorno, a quest'ora i vampiri dovrebbero riposare nelle bare! -
- Master, ho dormito per vent'anni. Come posso avere sonno, dopo essermi riposato per così tanto tempo? Sono pieno di energia e sento il bisogno di sfogarla. Giocare con Richard e i suoi uomini non mi è bastato, ho bisogno di molta più azione. Finchè non avrò scaricato tutta l'adrenalina accumulata in due decenni di letargo, non mi sentirò stanco, nè desidererò dormire. -
Negli anni successivi, ogni volta che Integra ripensava a quella conversazione, un sorriso le increspava il volto.
"Mi aveva avvertita. A modo suo, mi aveva spiegato cos'avrei dovuto attendermi di lì a pochi giorni" diceva a se stessa Sir Hellsing.
Ma la ragazzina di dodici anni che sedeva di fronte ad Alucard non poteva capire fino in fondo le parole di un individuo che conosceva appena. Non poteva sapere che il vampiro stava solo mordendo il freno, nell'attesa che la nuova Sir Hellsing si riprendesse dalla morte del padre e dal tentativo di omicidio per mano dello zio. E una volta che Integra fosse stata in grado di tenergli testa, Alucard si sarebbe divertito a metterla alla prova
Genere: Comico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alucard, Integra Farburke Wingates Hellsing, Walter C. Dorneaz
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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1) Nonostante il titolo diverso (mi scocciava intitolarlo "In pigiama fino a mezzogiorno parte II") questo è il seguito del capitolo precedente e come tale dovete considerarlo.
2) Non so se nei boschi della Gran Bretagna crescano gli asparagi selvatici ma siccome parte di questo capitolo l'ho ideata durante il pomeriggio di Pasqua, mentre con i miei genitori passeggiavamo per i boschi alla ricerca di asparagi selvatici, ho deciso di inserirli come omaggio a quella giornata ^^.

- - -

Spesso il vampiro senza più nome si divertiva a fare il verso alla nipote del suo Dio. L'espressione non tragga in inganno: il cane a due gambe di master Abraham non imitava la voce della ragazza, sarebbe stata una concessione troppo grande ammettere che le parole della giovane avessero un qualche valore, tanto da prendersi la briga di ripeterle, per quanto storpiate.
Siccome per il vampiro la suffragetta era poco più di una gallina, alla fine di ogni discorso solenne della ragazza faceva echeggiare un:
- Co-co-coccodè! -
Tanto per sottolineare che ciò che diceva la giovane non valeva più di uno starnazzamento da pollaio, avesse pure appena concluso una dissertazione di due ore sui Massimi Sistemi.
Eva non si lasciava smontare e replicava piegando le braccia davanti al petto, stampandosi sul viso un'espressione di ottusa felicità e imitando l'abbaiare di un cane.
Il vampiro era consapevole di essere il cane di Van Helsing ma reputava che il suo Dio fosse l'unico individuo al mondo che potesse permettersi di definirlo così. Nessun'altro doveva osare sottolineare la cosa. Per questo all'abbaiare festoso di Eva replicava chiocciando come una gallina a voce ancora più alta, al che la suffragetta rispondeva a sua volta latrando ancora più forte e per questa ragione capitava che master Abraham, aprendo la porta del suo ufficio, trovasse la nipote e lo schiavo l'una di fronte all'altro, intenti a fissarsi con occhi colmi d'odio e la faccia paonazza, il ritratto stesso di chi discute animatamente da almeno mezz'ora con la differenza che dalle loro labbra non uscivano parole ma gli stessi schiamazzi che si sarebbero uditi in una fattoria.
Non li aveva presi per matti solo perchè, vedendosi scoperti, i due tacevano all'istante, con le facce contrite per la vergogna, dimostrando così di essere ancora in possesso della facoltà di distinguere il lecito dall'illecito.

L'imitazione di un cane fornisce indubbiamente un numero di varianti superiore a quella di una gallina. Se tutto ciò che il vampiro poteva fare consisteva nello starnazzare come un pollo, Eva apportava continue modifiche al proprio spettacolo. Certe volte lasciava penzolare la lingua sul mento per imitare il modo di respirare di un cane, altre si appoggiava una mano sul sedere e l'agitava a mo' di scodinzolamento e un giorno decise di non mettersi ad abbaiare ma di alzare il naso al cielo ed emettere un lungo ululato.
In quell'occasione il nosferatu scelse di replicare allo sfottò non con l'ira ma con l'ironia e in tono professionale affermò:
- Si vede che sei una novellina. So ululare molto meglio di te. -
Ciò detto puntò il naso per aria e cacciò un ululato che sovrastò quello della donna. Eva aumentò i decibel del suo verso, il non-morto fece altrettanto e quando Abraham aprì la porta, trovò vampiro e nipote fermi l'uno di fronte all'altra, con gli occhi chiusi e la testa al cielo che ululavano con tutte le loro forze. Il grande vecchio mollò contro lo stipite della porta una bastonata così forte che risuonò per la stanza fragorosamente e i due invasati si zittirono pieni di vergogna. L'uomo li guardò con severità:
- Mi auguro per voi che non mi facciate pentire di quello che sto per annunciare. E' stata segnalata la presenza di un Changelling in una casa di Regent's Park. Voglio provare a mandarvi in missione da soli, sono curioso di vedere come ve la caverete senza la presenza di Maestro Abraham a dirimere le vostre controversie. Attenderò qui in casa, sveglio, il vostro ritorno. Attenti a non combinare disastri o saprò come punirvi. -

Dalla prima missione a caccia di Banshee, Van Helsing aveva sempre condotto la nipote con sè, in modo che si impratichisse nell'eliminazione dei mostri.
Il vampiro era il cane che cercava, stanava e distruggeva ma i due umani che attendevano il suo ritorno alla macchina si tenevano comunque all'erta, nell'eventualità che le creature non-umane presenti nella zona da disinfestare fossero più numerose di quelle segnalate. Poteva capitare che mentre il vampiro era impegnato a lottare contro un mostro, Abraham ed Eva ne vedessero un secondo avanzare verso di loro. In quei casi non restava che affrontarlo, impugnando la rivoltella caricata a proiettili d'argento tenuta nel cruscotto della vettura.
Van Helsing constatava con piacere come la nipote avesse sufficiente sangue freddo da imparare alla svelta a trattare quelle situazioni. Teoricamente, la ragazza già dopo un anno sarebbe stata capace di andare a caccia di mostri da sola ma c'era un problema: il cane a due zampe rifiutava di obbedire alla giovane e questo costringeva il forte vecchio a rimandare la notte in cui avrebbe potuto spedire erede e schiavo allo sbaraglio da soli. Abraham continuò a tergiversare fino alla sera in cui il vampiro non accettò i vestiti donatigli da Eva, evento che venne interpretato dal master come indice che il nosferatu cominciava a tollerare la presenza della giovane. Al medico olandese tanto bastò per giudicare che fosse finalmente giunto il momento di vedere come se la cavasse Eva a tu per tu col vampiro.
Per evitare di complicarle eccessivamente la vita, il grande vecchio aveva pensato che la prima caccia al freak senza di lui andasse scelta fra i casi più facili, cioè mostri non particolarmente pericolosi segnalati nell'area di Londra, così da evitare alla ragazza di mangiarsi per troppe ore il fegato dalla rabbia in compagnia del succhiasangue. Il Changelling di Regent's Park gli sembrò l'occasione perfetta per testare l'efficacia della futura coppia di master e monster e fu con sollievo che vide la nipote rincasare all'alba, imbestialita oltre ogni dire per le angherie subite dal cagnaccio ma ancora viva, vegeta e per di più vittoriosa, essendo stato il piccolo Troll eliminato. Fu così che a quella prima spedizione in solitaria ne seguirono molte altre, sempre circoscritte all'area di Londra e rivolte contro i mostri meno pericolosi.

Prima di far partire quei due alla ventura, il forte vecchio obbligava il cane a prendere la forma di un pipistrello e a rimanere chiuso nella scatola, ordinandogli di non uscire finchè la sua padrona non glielo avesse consentito.
Il vampiro non contravveniva agli ordini di Dio. Restava chiuso nella scatola fino a quando Eva non lo tirava fuori, dicendo:
- Riprendi la tua vera forma. -
Ma dato che al succhiasangue viaggiare stretto in quello spazio angusto lo annoiavano mortalmente, terminata l'eliminazione del nemico non ne voleva sapere di ritrasformarsi in pipistrello per lasciarsi nuovamente imprigionare nella scatola. Si sedeva così sul sedile del passeggero, affermando:
- Dio mi ha detto di restare chiuso nella scatola finchè non mi facevi uscire, non ha accennato nulla al fatto che dovessi rientrarvi prima di tornare a casa. -
Era vero ma ciò non era dettato da una dimenticanza di Abraham. Il forte vecchio voleva constatare come l'erede riuscisse a cavarsela nella gestione del vampiro. Era capace di convincerlo a rientrare nella scatola a missione completata? In caso negativo, riusciva a far star seduto il cagnaccio accanto a lei senza fargli combinare danni?
Eva si sentiva umiliata all'idea di ammettere davanti allo zio che nè con le minacce nè con le blandizie c'era verso di ricacciare il vampiro nella scatola, così mentiva affermando:
- Sono io stessa a consentirgli di mantenere la sua vera forma durante il viaggio di ritorno. Non mi crea problemi, quindi perchè non dovrei concedergli questo piacere? -
Sull'ultima frase, Eva non mentiva. Il vampiro davvero trascorreva il tragitto guardando il paesaggio scorrere dal finestrino. La forza del Patto di Cromwell, tenuta sempre al massimo da master Abraham, faceva sì che durante il viaggio di ritorno il cane spesso fosse troppo stanco, o troppo dolorante per le ferite riportate, per aver voglia di punzecchiare la suffragetta.
Abraham meditò su quanto detto dalla nipote. Gli anni trascorsi da quando aveva addomesticato il cane erano diventati ormai ventiquattro e si chiese se non fosse il caso di apportare qualche modifica alla gestione del suo animale a due zampe, in previsione del fatto che Eva, succedendogli, indubbiamente avrebbe cambiato qualcosa, così un giorno le chiese:
- Cosa ne diresti se ci limitassimo a rinchiudere il cane nella scatola solo per le missioni più lunghe, che richiedono molte ore di strada per giungere sui luoghi infestati e lo lasciassimo libero di sedersi come una persona negli altri casi? -
Incoscientemente, Eva rispose:
- Va bene, tanto lui mi fa imbestialire solo quando siamo sulle tracce del mostro. Allora non fa altro che sbeffeggiare i miei sensi umani che mi impediscono di di percepire ciò che per lui è lampante. -
Non la sfiorò l'idea che durante il viaggio di andata il cagnaccio, riposato e nel pieno delle forze, potesse divertirsi a indispettirla in mille modi. Lo comprese quando ormai era troppo tardi cioè quando, guidando per una delle arterie principali di Londra, il vampiro seduto accanto a lei si divertì a tenerle premuto col proprio il piede sull'accelleratore, obbligando la suffragetta a fare lo slalom fra vetture, carrozze e pedoni per evitare di investirli e rimediando un scia di sprezzanti:
- Donna al volante! -
Quella notte, quando rientrò a casa, lo zio le domandò:
- Allora nipote, com'è andata? -
Il desiderio di vendicarsi dello scherzo del vampiro raccontando tutto al legittimo master, evento che avrebbe spinto Abraham a continuare a rinchiudere il cane nella scatola ad ogni partenza, era forte. Altrettanto forte però era l'orgoglio di Eva, desideroso di non fare la figura della scolaretta bisognosa dell'intervento del maestro per far cessare i dispetti del compagno. Fu quest'ultimo ad avere il sopravvento:
- E' andata bene, zio. -
- Allora possiamo far affrontare al cane il viaggio in macchina senza che sia più necessario chiuderlo nella scatola? -
Le ginocchia di Eva quasi cedettero dalla paura mentre, incredula, udiva la propria voce rispondere:
- Sì. -
E quello, fu l'inizio dei guai.

Il vampiro indegno di ricevere un nome aveva rinunciato al progetto di buttare fuori da Van Helsing Manor a calci nel sedere la nipote del suo Dio. Ormai si era arreso all'evidenza: la donna era un osso duro e non se la sarebbe scrollata di dosso neanche sgroppando come un cavallo imbizzarrito. Questo però non voleva dire che si fosse arreso su tutta la linea. Era ben deciso a continuare a complicarle la vita in tutti i modi possibili e immaginabili, e anche in quelli inimmaginabili, tanto più che far imbestialire la suffragetta era l'unico elemento divertente della sua altrimenti monotona non-esistenza, trascorsa a mantenere calmo Dio fra una bastonatura e l'altra.
Si accorse presto che non esisteva modo più divertente per galvanizzare un viaggio in macchina che appoggiare una manona guantata sullo sterzo e girarlo bruscamente verso una traversa.
La suffragetta non poteva contrastare la forza sovraumana del cagnaccio quindi non le restava che assecondare la sterzata, pur sudando sette camicie per non perdere il controllo della vettura ed evitare di investire i molti passanti e ciclisti, o di travolgere i tanti carretti che a qualsiasi ora del giorno e della notte affollavano le strade della capitale. A parte questo, invariabilmente, il vampiro, con la sua sterzata, conduceva la macchina in una strada in cui l'accesso delle automobili era vietato.
- Dannazione, lo fai apposta! Ti rendi conto in quali guai rischiamo di cacciarci, se incappiamo in un poliziotto? -
- Immagino. - rispondeva il vampiro con indifferenza dato che ai suoi occhi i poliziotti rappresentavano molte cose, ma non certamente un guaio.
E arrivò la notte in cui, imboccando una strada contromano per colpa della sterzata a tradimento del vampiro, monster e apprendista master si ritrovarono al cospetto di un tutore dell'ordine.
Il poliziotto li squadrò indispettito. Una donna al volante che lo guardava con aria tesa e un uomo dall'espressione annoiata seduto al posto del passeggero. Il rappresentante della legge scosse il capo, contrariato: da che mondo era mondo, doveva essere l'uomo a condurre e la donna ad essere condotta!
- Mi sembra di capire che siate una coppia moderna. - disse quindi, avvicinandosi allo sportello della guidatrice.
Eva non perse tempo a spiegare che il tizio accanto a lei non era suo marito. La situazione era già sufficientemente inguaiata, non sentiva il bisogno di complicarla ulteriormente spingendo il poliziotto a chiedersi cosa ci facesse una donna borghese a spasso nel bel mezzo della notte con un uomo che non era nè suo marito nè suo parente. E proprio in quel momento il vampiro, rimasto zitto fino ad allora, se ne uscì con un serafico:
- Lei non è mia moglie. -
Ecco, perfetto! Proprio ciò che bisognava evitare di rivelare!
Il poliziotto inarcò le sopracciglia mentre tutto il male che poteva pensare di quella situazione si affastellava nella sua mente.
- Penso che dovrete seguirmi in centrale per accertamenti. - sibilò l'uomo ma già Eva tentava di salvare se stessa, il vampiro e la segretezza dell'Organizzazione con una scusa inventata al momento:
- Non fraintenda, siamo fratelli! -
- E perchè non vi somigliate per niente? -
- Perchè mio padre si è prima sposato con una donna ed è nato mio fratello. Poi la moglie è morta, si è risposato e sono nata io! -
- E' così, agente. - annuì il vampiro, perdendo un'altra occasione per stare zitto - Sto riportando questa scalmanata della mia sorellina da quel povero vecchio di nostro padre. Non immagina quante preoccupazioni dia questa ribelle alla nostra famiglia. Pensi, è persino scappata di casa per unirsi alle suffragette! -
- No! - esclamò il poliziotto, calando sulla giovane uno sguardo colmo di riprovazione.
Eva, dal canto suo, era troppo sbalordita dalla menzogna del cagnaccio per sapere cosa replicare. No, meglio non intervenire, il fragile castello di carte messo su dal vampiro poteva cadere con una sola parola avventata.
Il nosferatu, intanto, era sceso dalla macchina e avvicinandosi al poliziotto, col tono di un vecchio pettegolo, proseguiva a narrare:
- Si è incatenata davanti al Buckingham Palace, ha preso a pugni il fabbro che ha spezzato la catena per consentire ai tutori della legge di portarla in prigione, ha rotto il naso con una testata a uno dei suoi colleghi che la conduceva sul cellulare della polizia... -
- Caro signore, dica a suo padre che l'unica cura con queste scalmanate è trattarle come le bambine che sono, punendole dalla mattina alla sera! - esclamò con calore il poliziotto, interrompendo quel fuoco di fila di parole - Credono forse di dimostrare la maturità di una persona degna di votare rompendo le vetrine e bruciando le cassette della posta come dei ragazzacci di strada? -
- Sante parole! Però mio padre è troppo vecchio, non ha più l'energia necessaria per prenderla a sculaccioni. -
- E allora se ne occupi lei! Se avessi una sorella così, saprei come farla rigare dritta! Una settimana chiusa in camera a pane e acqua e poi vorrei vedere se andrebbe ancora in giro a giocare alla rivoluzionaria! -
Eva sentì l'ira salirle in un'ondata di calore dallo stomaco al collo, fino ad invaderle il cranio. Per lei, abituata a dire sempre ciò che pensava, tenere la bocca chiusa in quel momento era davvero dura. Quanto avrebbe voluto scendere dalla macchina e cantarne quattro a quell'uomo ottuso! E quel maledetto vampiro, consapevole di quanto la ragazza stesse rodendosi il fegato in quel momento, si divertiva a buttare altra benzina sul fuoco, dando spago alle sentenze del piedipiatti. Era serissimo, il cane di Van Helsing ma Eva non s'ingannava. Capiva che sotto quell'apparente maschera di compostezza, il nosferatu stava sghignazzando a più non posso di lei, del poliziotto, del movimento delle suffragette e anche di chi si opponeva all'idea di far votare le donne.
Agli occhi del vampiro, gli umani erano spassosi tutti allo stesso modo e metteva sullo stesso piano i rivoluzionari con i conservatori. Intanto il poliziotto continuava ad arringare:
- E trovatele un marito, al più presto! -
- Ma chi vuole che se la pigli una canaglia come questa! -
- Il mondo è pieno di domatori e amanti delle sfide, caro signore! Non ha un'idea di quanti uomini esistano dispostissimi ad accapparrarsi una donna bisbetica per insegnarle a stare al suo posto! -
- Uhm...sì, devo darle ragione. -
Sarà stato quell'ultimo scambio di battute, sarà stato lo sguardo d'intesa che si erano lanciati i due uomini ( e niente imbestialiva più Eva degli sguardi di solidarietà fra uomini ai danni di una donna ), fattostà che la suffragetta a quel punto esplose. Scese dall'automobile, si piantò davanti al poliziotto e cominciò a sciorinargli sul muso tutto quel che pensava di lui, della sua educazione e della sua mentalità. L'alterco fece avvicinare un folto gruppo di nottambuli che con le mani nelle tasche o fumando la pipa, assistevano alla scena con vivo interesse.
- Credi di essere forte, signorina? Be', vedremo se lo penserai anche in centrale! Oltraggio a pubblico ufficiale, così impari ad insultare un tutore dell'ordine! - minacciò il poliziotto, tirando fuori le manette.
- Credi che abbia paura di finire in prigione? Non mi conosci! - ringhiò di rimando Eva.
Attese la reazione del poliziotto ma questa non venne. Il tutore della legge rimaneva immobile davanti a lei, le manette in mano.
- Allora? Il gatto ti ha mangiato la lingua? - incalzò la giovane.
- No, l'ho bloccato con i miei poteri. - rispose il vampiro alle sue spalle.
Eva si guardò intorno. Sia il poliziotto che gli sfaccendati che si erano stretti attorno a loro per assistere al litigio come ad una prima teatrale, sembravano diventati delle statue, ognuno congelato nel gesto che stava compiendo, fosse arricciarsi un baffo o esplorare una narice con l'indice.
- Ma come hai fatto? E perchè l'hai fatto? - chiese stupita Eva.
- Come ho fatto? Controllo della mente. Mi sono insinuato nei loro pensieri ordinandogli di immobilizzarsi. Perchè? La situazione cominciava a precipitare. Non voglio che Dio Abraham venga a riprenderci al commissariato, si arrabbierebbe e mi riempirebbe di bastonate. Sali in macchina e rechiamoci in questa benedetta casa da disinfestare. -
- E questa gente? La lasciamo così? -
- Fra un minuto si sveglieranno e non ricorderanno né le nostre facce né quel che è accaduto. -
Eva ubbidì e tornò al posto di guida. Il vampiro, senza farsi vedere dalla nipote del suo Dio, lesto ammanettò un tizio immobilizzato vicino al poliziotto. Lo sbirro avrebbe scordato la sua faccia e quella della Gallina ma si sarebbe ricordato di aver estratto le manette per arrestare qualcuno che lo aveva insultato. Bene, il vampiro gli avrebbe offerto comunque una preda. Il cane di Van Helsing salì in automobile e si rammaricò di non poter assistere al risveglio del gruppetto che aveva congelato. Sarebbe stato davvero spassoso veder trascinare un innocente al commissariato.
Alcune parole del poliziotto avevano colpito profondamente l'immaginazione del vampiro:
- Davvero voi suffragette spaccate le finestre a sassate e bruciate le cassette della posta? -
- Erano azioni dimostrative che venivano fatte soprattutto agli inizi del movimento. Vedere una signora comportarsi come un teppistello incuriosiva i passanti, si avvicinavano alla tizia per osservarla come un fenomeno da baraccone e la donna cominciava allora a declamare perchè bisognerebbe dare il voto alle donne. Sono atti che non condivido, danno ragione a gentaglia come quel poliziotto, convinto che non bisogna far votare chi si comporta in maniera così immatura. -
Eva passò poi a raccontare di atti dimostrativi ben più seri e rischiosi, come le manifestazioni pacifiche o l'incatenarsi di fronte a qualche luogo pubblico, dimostrazioni regolarmente interrotte dalla polizia, spesso con la forza e che comportavano l'arresto delle partecipanti. Molte fra le arrestate attuavano lo sciopero della fame nel tentativo di essere inserite nella prima divisione, come si addiceva a chi si macchiava di reati politici ma dato che il governo non aveva intenzione di attribuire un simile rilevanza a manifestanti arrestate con l'accusa ufficiale di “disturbo della quiete pubblica e atti di vandalismo” e nemmeno voleva ritrovarsi con una suffragetta sulla coscienza, aveva risolto il problema autorizzando la pratica dell'alimentazione forzata con la sonda.
Al vampiro non interessava un fico secco di quelle faccende e le parole della giovane gli scivolarono addosso con indifferenza. Al vandalo che era in lui interessavano solamente quelle due frasi: “Finestre infrante” e “cassette bruciate” e con esse la suffragetta dovette presto fare i conti.

Un atto di vandalismo che Eva approvava era scrivere sui muri dei luoghi pubblici "Votes for women" e dopo le prime settimane di lavoro condotte in solitaria col cagnaccio, decise di tenere nel bagagliaio dell'auto un secchio di vernice e un pennello. Completata la missione, lungo la strada del ritorno, quando Eva avvistava una strada o una piazza che a suo giudizio offriva un'ottima ribalta per il suo messaggio, scendeva, svelta scriveva con la vernice “Voto alle donne”, risaliva in macchina e riprendeva il viaggio.
Poche notti dopo lo scontro con il poliziotto, di ritorno da una caccia a un Redcap, Eva si fermò ad un angolo della strada e tirò fuori dal bagagliaio secchiello e pennello. Con suo grande stupore vide il vampiro, che solitamente l'attendeva seduto sulla macchina ad annoiarsi, scendere a sua volta, inginocchiarsi sulla strada e strappare a mani nude due mattonelle dal selciato.
- Tò, una per te e una per me. - disse amichevolmente, tendendo una pietra alla ragazza.
- Non vorrai prendere a sassate le vetrine! - esclamò questa, scandalizzata - E' un comportamento che non approvo! -
- Per quel che mi riguarda, è l'unica cosa che approvo del movimento delle suffragette. Va bene, se non vuoi rompere i vetri con me vorrà dire che lo farò da solo. -
- Azzardati a farlo e lo dico allo zio! -
- Ha parlato la santerellina imbratta-muri! -
- Imbrattare una parete non è vandalico quanto spaccare una finestra! -
- Chissà se tuo zio è daccordo. Azzardati a spifferargli che rompo le vetrate e gli racconto che scrivi sui muri! -
- Non ti azzardare a tirare quei sassi! -
- Se tu scrivi sul muro, io ho il diritto di lanciarli. Se non vuoi che li tiri, allora neanche tu devi imbrattare quella parete! -
Eva digrignò i denti. Il vampiro aveva ragione purtroppo, se lei infrangeva il decoro pubblico allora anche lui poteva farlo. Una breve battaglia si svolse nel suo cervello: risalire in macchina senza che nessuno dei due avesse fatto niente o sfogarsi entrambi? Infine si arrese:
- Vai a lanciare i sassi solo quando ho finito di scrivere, così mi dai il tempo di mettere in moto la macchina e scappiamo appena torni. -
Il vampiro accettò la proposta e quella sera segnò l'inizio di una lunga collaborazione. Per mesi il rito si svolse sempre allo stesso modo, prima la scritta, poi le vetrine infrante e infine la fuga in auto e sarebbe continuato così per chissà quanto tempo se una notte, aprendo il bagagliaio, Eva non avesse visto con sgomento che accanto al suo secchiello di vernice giacevano un barattolo di petrolio e una scatola di fiammiferi.
- Non vorrai dare fuoco a una cassetta postale?! - chiese sgomenta la suffragetta.
- Sì, rompere le finestre mi è venuto a noia. - annuì il cane di Van Helsing.
- No, non te lo permetto, è troppo pericoloso! Io non scrivo sul muro e tu non bruci niente. Risaliamo in macchina e torniamo a casa. -
Una smorfia indispettita apparve sul volto del vampiro. Pensieroso, riflettè sul daffare. E' vero, se Eva non vandalizzava nulla allora neanche lui, per parità, doveva fare il teppista. Però aveva così tanta voglia di dare fuoco a qualcosa!
Prese il petrolio e i fiammiferi e si avviò verso una cassetta della posta.
- Maledetto! - esclamò la suffragetta e nel tentativo di fermarlo, si aggrappò alle falde della giacca del cagnaccio, puntando i piedi a terra nel tentativo di ostacolarne il passo. Massì, ci voleva altro per fermare quel colosso! Il vampiro continuò per la sua strada, trascinandosi appresso Eva con la stessa facilità con cui un cavallo da tiro trainerebbe un aratro leggero. La giovane riflettè freneticamente su come fermar...

Eva sbattè le palpebre, stupita di trovarsi seduta al volante. Cos'era successo? Un momento prima stava cercando di fermare il cane dello zio e adesso era sulla macchina.
- Ti sei svegliata finalmente! - esclamò il vampiro, impegnato a spingere a forza di braccia l'automobile.
- Cos'è successo? -
- Ti ho addormentata con i miei poteri. - spiegò il mostro, risalendo sull'automobile - Adesso metti in moto e torniamo a casa. -
- Maledetto! Mi hai messa K.O. E hai bruciato la cassetta! -
- Vedessi che bel falò ho fatto! - annuì con convinzione il cane - per questo ho spinto via l'auto, meglio non farsi trovare nei paraggi di quel barbecue dai pompieri. -
- Lo dirò allo zio! -
- La tua parola contro la mia. Dirò a Dio che i miasmi che hai respirato nella casa che abbiamo disinfestato ti hanno fatto avere le allucinazioni. Finirà in parità, non crederà a nessuno dei due e non verrò punito. -
- Non sperare di fregarmi una seconda volta! - ringhiò la suffragetta e fu di parola. Eva smise di portarsi dietro vernice e pennello. Le seccava non poter più scrivere "Votes for women" ma non vedeva come altro impedire alla bestiaccia di far danni. Il cane effettivamente si trovò con le mani legate. Capiva che era troppo rischioso ripetere una seconda volta lo scherzetto del controllo della mente per poter fare quel che gli pareva, la gallina stavolta avrebbe smosso mari e monti per convincere lo zio dell'autenticità della propria storia e il vampiro non osava pensare a cosa avrebbe potuto fargli Dio Abraham.
Ogni tanto però non poteva fare a meno di tentare:
- Ma almeno un sassetto lo posso lanciare? -
- No! -

Scoppiò una guerra nel 1914. All'inizio sembrava una bagatella, una cosa senza importanza ma nel giro di poco tempo vi si trovarono invischiati tutti gli Stati europei, che si trascinarono appresso le colonie sparse per il pianeta.
Master Abraham, che era vecchio e credeva di averne viste di tutti i colori nella sua vita, non si capacitava della vastità del conflitto.
- E' una guerra mondiale. - ripeteva a voce alta a sè stesso, tentando di convincersi con le parole dell'enormità di quel che stava accadendo e che sfuggiva alla sua comprensione.
I generali guidavano le truppe con metodi desueti che non tenevano conto delle nuove e devastanti armi che erano state inventate. I soldati venivano falciati dalle mitragliatrici, dai mortai, dalle granate e dai gas tossici e cercavano di salvarsi nascondendosi come topi fra le viscere della terra, scavando le trincee.
Uno dopo l'atro, tutti gli uomini validi di casa Wingates vennero arruolati ed Eva vide partire fratelli e cognati. Dopo ogni partenza, il vampiro per qualche settimana evitava di stuzzicare la suffragetta, rispettando la sua tensione per le proprie vicende private. Eva invece non finiva mai di stupirsi per l'indifferenza con cui il vampiro ascoltava ogni notizia dal fronte.
- Ma a te non importa un fico secco di qualsiasi cosa? - ringhiò una notte la ragazza, mentre guidava verso un tratto del Tamigi in cui era stato segnalato un Each Uisge - Non ti interessa nulla delle sorti della Gran bretagna, non te ne frega niente neanche del Regno di Romania! T'importa solo di avere lo stomaco pieno? -
Era stata volutamente provocatoria perchè desiderava litigare e sfogare l'angoscia che in quei giorni le divorava l'anima. Il vampiro però la sorprese. Invece di rispondere in modo iracondo, con calma replicò:
- Ogni generazione è convinta che la guerra che sta affrontando sia la peggiore di tutte. Di guerre ne ho viste tante, sia da umano che da vampiro. Per questo non mi preoccupo di questo conflitto perchè so che sono tutti tremendi allo stesso modo, in rapporto alla vita che conducono le persone in quel momento. Alla Gran Bretagna non accadrà niente, al Regno di Romania non so ma quel che conta, Eva, è che gli umani riescono sempre a rimettersi in piedi e a proseguire le loro vite. -
La giovane rimase ammutolita dallo stupore, sia per quel che il vampiro aveva detto che perchè per la prima volta l'aveva chiamata per nome. Il nosferatu osservò il paesaggio scorrere dal finestrino grattandosi il dorso delle mani e il resto del viaggio proseguì in silenzio.

La maggior parte degli introiti dell'Organizzazione Van Helsing non erano dati dalla caccia ai Cani Neri o ai mostri acquatici ma dall'eliminazione dei Redcap.
I Redcap non erano altro che i folletti maligni che infestavano le case abbandonate e che si divertivano ad uccidere gli umani che entravano nelle loro dimore.
Molti privati, desiderosi di vendere la casa in campagna del bisnonno e impossibilitati a concludere l'affare per la presenza dell'elfo spietato, contattavano l'Ordine dei Cavalieri Protestanti per sbarazzarsi dell'invadente intruso. Fra tutte le missioni lavorative, erano quelle che Eva detestava maggiormente:

Il vampiro non si ribella mai allo zio e questo vuol dire che quando il padrone gli ordina di andare a stanare e distruggere i Redcap, non fa una piega. In compenso, quando è sull'automobile con me, dà sfogo a tutta la sua frustrazione per quell'incombenza con bronci lunghi fino a terra e sospironi stizziti.
Per il vampiro non c'è niente di più umiliante che andare a caccia di folletti. Ai suoi occhi non conta che l'avversario, a dispetto della piccola taglia, sia un osso duro, un mostro di crudeltà e forza capace di uccidere un umano molto più grande di lui. Agli occhi del vampiro, conta solo che i Redcap siano dei nanerottoli emaciati e dai capelli spelacchiati, un aspetto che giudica indegno per un avversario di colui che fu il Conte.
Quando arriviamo alla dimora da ripulire, il cagnaccio, per sottolineare quanto quei lillipuziani siano inferiori al suo valore, si ficca le mani nelle tasche dei pantaloni e da allora in poi l'intera caccia si svolge in quella posizione.
Spalanca la porta della dimora con un calcio, entra nell'atrio e si mette in silenzioso ascolto. Dopo una mezz'ora qualcosa di piccolo e velocissimo attraversa il pavimento. Il cane scatta, ancora più veloce, allunga una gamba e l'elfo viene spiaccicato sotto la suola dello stivale, nè più nè meno che se si trattasse di uno scarafaggio.
Altre volte il Redcap corre sulle pareti e ciò costringe il vampiro a tirare fuori dalle tasche una mano per spiaccicare l'essere sulla parete, come fosse una zanzara.
Purtroppo, a differenza di quanto avviene con scarafaggi e zanzare, gli elfi, sotto le pedate o le manate del vampiro, esplodono letteralmente, spandendo viscere e sangue per ogni dove. Un po' per questo, un po' perchè la mia presenza nella casa infestata è di dubbia utilità (i Redcap sono talmente veloci e talmente forti che non posso sperare di ucciderli con la mia pistola) e per tutta la durata della disinfestazione rimango appartata in un angolino con la Bibbia in mano (l'unico modo per far fuggire un folletto consiste nel leggergli un versetto e nell'eventualità che il mostriciattolo pensi di farmi del male, posso sperare di cavarmela non con un'arma ma col Vecchio Testamento), ho cominciato a chiedermi cosa rimanessi a fare nella casa infestata in quelle situazioni.
Per mesi e mesi ho continuato ad agire così, sopportando le esplosioni dei folletti, finchè non siamo capitati in un maniero infestato da un osso veramente duro. Dopo averlo mancato sia con la pedata che con la manata, il vampiro è andato fuori dai gangheri: per lui è inammissibile farsi fregare da un folletto! Così si è lanciato all'inseguimento del Redcap a fauci spalancate, con l'intenzione di frantumarlo fra le zanne. L'idea di vedere un elfo esplodere fra le labbra del cagnaccio mi ha nauseata alquanto, così sono uscita dalla dimora e ho atteso che la belva dello zio terminasse il suo lavoro. Da allora, considerando che la mia utilità nella caccia ai Redcap consiste solamente nello scarrozzare il vampiro dalla cuccia al territorio di caccia, ho preso l'abitudine di attenderlo sempre sulla macchina.

Non trascorse molto tempo che il cane di Van Helsing decise di tramutare le attese di Eva nell'automobile in un nuovo dispetto. Se fino ad allora le cacce al folletto erano state sbrigative, adesso diventarono esasperatamente lunghe, così da far preoccupare e annoiare la suffragetta che lo aspettava nella notte, a malapena protetta dal freddo dalla sottile lamiera della carrozzeria.
- Era ora che tornassi! - esclamava la giovane quando vedeva il vampiro senza nome avvicinarsi all'automobile con passo indolente - Si può sapere cos'hai fatto in tutte queste ore? Hai giocato a carte col folletto? -
- Sì, ho tentato di vincergli la pentola d'oro che tiene nascosta ai piedi dell'arcobaleno, ma il fottuto bastardo barava e non rimediato neanche uno scellino arrugginito. Metti in moto, Gallina. -
Per settimane la ragazza riflettè in silenzio su come restituire al vampiro quella "cortesia" e un giorno di primavera giudicò che fosse giunta l'occasione propizia alla vendetta. Lo zio chiamò lei e lo schiavo nello studio, annunciando:
- E' giunta una segnalazione urgente da Kensington. Un Redcap ha deciso di infestare una casa abitata. La famiglia che vi abita si è trasferita in fretta e furia presso amici ma prima la loro dimora viene liberata, meglio è quindi anche se c'è ancora luce vi recherete laggiù per cercare ed eliminare quel mostriciattolo. Tenete l'indirizzo. -

La casa di Kensington si trovava vicina ad un tratto di campagna alberato.
- Chissà quanto resisterà questo fazzoletto di verde, prima che vengano a costruire case anche qui. - commentò Eva spegnendo l'automobile.
Il vampiro, indifferente al quesito, entrò nella dimora da disinfestare e come le altre volte se la prese molto, molto comoda, così da far spazientire più che poteva la nipote di Dio. Quando finalmente uscì all'aria aperta, constatò con stupore che Eva gli aveva fatto una sorpresa. La ragazza non era in macchina ad attenderlo annoiandosi. Il vampiro si guardò intorno, con un filo di preoccupazione fra le viscere: e se i Redcap fossero stati due? E se mentre lui perdeva tempo in casa dietro a un folletto, il secondo era uscito per rapire e torturare la gallina? Erano talmente forti, quei nanerottoli, da essere capacissimi di trascinare fra gli alberi una ragazza.
Il cane di Van Helsing si chiese con terrore cosa gli avrebbe fatto Dio, se a sua nipote fosse capitato qualcosa. Doveva assolutamente trovare quell'incosciente, se voleva evitare nuove torture!
Si buttò così sulle sue tracce e dopo molto cercare, trovò la giovane che passeggiava fra le frasche. Niente rapimento, nessun Redcap, Eva camminava lentamente, aguzzando la vista nel folto del sottobosco, spostando cautamente con il bastone cespugli e rampicanti, come se cercasse qualcosa.
- Che fai? - chiese il vampiro, la voce ancora un po' alterata dalla paura provata poc'anzi.
- Cerco asparagi selvatici. - rispose lei, mostrando l'altra mano in cui impugnava un mazzone di asparagi, la cui ricerca doveva averle richiesto un tempo non indifferente - Stavi tardando a venire e ho deciso di impiegare costruttivamente quest'attesa. -
Al vampiro quella messa in scena sembrò una presa in giro nemmeno troppo velata. Sentì un senso di irritazione in fondo all'anima: lo seccava terribilmente essere vittima del dileggio altrui. In tono duro, replicò:
- Be', adesso ci sono. Possiamo andarcene. -
Eva scostò col bastone una frasca e i suoi occhi si illuminarono di soddisfazione. Posò il legno per terra, si accocolò al suolo e con la mano libera sfilò delicatamente l'asparago dalla sua sede. Lo aggiunse al mazzo che teneva nell'altra mano, riprese il bastone e si rialzò. Ricominciò a camminare, setacciando con gli occhi il sottobosco e in tono placido rispose:
- Andarcene? Perchè? E' così presto. Voglio vedere se trovo qualche altro asparago. -
La voce del nosferatu giunse rabbiosa alle sue spalle:
- Ho detto andiamocene! Voglio tornare nella mia segreta e riposare nella mia bara! Sono stanco! -
Eva appoggiò il bastone contro un albero e frugandosi nella cintura, intimò:
- Allunga la mano. -
Il nosferatu obbedì, pur se con una punta di diffidenza in fondo agli occhi. La donna estrasse dalla cintura la chiave della macchina e la depose sul palmo della mano del servo insieme al mazzo di asparagi, dicendo:
- Apri lo sportello e appoggia gli asparagi sul cruscotto. Mi raccomando, attento a non rompere le punte, sono la parte più delicata e saporita, sarebbe un vero peccato sciuparle, quindi adagiale con cura. Terminato questo compito, sdraiati pure a riposare sul sedile e aspetta finchè non torno. -
- Che cosa?! - sbraitò il vampiro, incredulo e irato di fronte a una simile provocazione.
- Ragazzo, ti ho atteso per così tanto tempo che se adesso mordi il freno tu per una mezz'oretta non crolla il mondo, non ti pare? Il tempo di trovare qualche altro asparago e rincasiamo. -
- Gallina, come osi parlarmi in questo modo?! -
- Oso perchè io so guidare la macchina e tu no quindi o ti adatti a fare quello che dico io, o non rivedrai la tua bara prima di molte ore. Ti avverto, non stritolare quegli asparagi nel pugno in un accesso d'ira e non scagliarli a terra. Se quando torno non li ritrovo, o li ritrovo danneggiati, faccio dietro-front nel bosco a cercarne ancora e ci rimango fino all'imbrunire! -
- Cos'è, una minaccia? - chiese il nosferatu, ilare - Non ti passa per la testa che in questo momento potrei afferrarti per i capelli e trascinarti fino alla macchina? -
- Indubbiamente, potresti trascinarmi per i capelli fino alla macchina ma volta raggiunta, dovrei aprire lo sportello con la chiave, azione che non voglio fare solo perchè tu vuoi tornare a casa adesso. Come pensi di risolvere la situazione? Picchiandomi? Sì, immagino che riusciresti a farti ubbidire tirandomi uno scapaccione ma una volta saliti sulla macchina, dovrei girare la chiave per accendere il motore, altra azione che non ho nessuna intenzione di fare in questo momento. Immagino che mi picchieresti nuovamente per costringermi ad avviare la macchina così come saresti obbligato a suonarmele per farmi ingranare la marcia, per farmi togliere il freno, per farmi pigiare il piede sull'accelleratore...Il viaggio fino a casa è lungo, questi gesti li compirò centinaia di volte nel corso del tragitto e dato che in questo momento non ho nessuna intenzione di guidare perchè voglio rimanere qui a cercare asparagi, saresti obbligato a picchiarmi centinaia di volte durante il viaggio. Sinceramente, vampiro: o con un pugno dopo l'altro finirai per ammazzarmi prima di arrivare a casa, e allora sarà un problema tuo giustificare la faccenda con lo zio, o ti verrà a noia mollarmi una media di una sberla al minuto e dovrai arrenderti, fermo restando che tornerei a casa conciata comunque in uno stato tale che non vorrei trovarmi nei tuoi panni quando dovrai giustificare la mia condizione al tuo padrone. Credo che la soluzione che ti dia meno rogne sia quella di attendermi una mezz'oretta, giusto il tempo per farmi trovare qualche altro asparago, e poi ce ne torneremo a casa felici e contenti. -
- Sei davvero stupida! Non pensi che esistano anche altri modi per tornare a Van Helsing Manor? Posso trasformarmi in un segugio e correre fino a casa. E posso portarti via con me, tenendoti fra le fauci. Come vedi, non hai il coltello dalla parte del manico! -
- Caro il mio saccente, che tu torni alla villa con o senza di me, come pensi di giustificare allo zio l'assenza della macchina? Fammi indovinare: adesso mi dirai che sei forte abbastanza da caricarti l'automobile sulla schiena e riportare a casa anche quella, vero? E di quanta forza credi di aver bisogno per tapparmi la bocca e impedirmi di raccontare della tua ribellione allo zio? -
Il vampiro assottigliò gli occhi. Sapeva che quando una persona è decisa a parlare, niente la può fermare, nè minacce nè blandizie. No, la gallina aveva ragione, neanche con tutta la forza a sua disposizione sarebbe riuscito a impedire a quella lingua di spifferare la verità. Esisteva ancora un'ultima speranza e cioè che là dove non arrivava la forza bruta potesse arrivare l'orgoglio così insinuò:
- La bambina ha bisogno di farsi difendere dal maestro Van Helsing? Non è capace di cavarsela da sola? -
- No, non ne sono capace. - ammise senza vergogna la giovane, incrinando le ultime speranze del vampiro - Quindi perchè non dovrei approfittare dell'ascendente che lo zio ha su di te? -
Il nosferatu indegno di avere un nome ammise a sè stesso di aver perso quella battaglia e si avviò verso l'automobile con gli asparagi ancora stretti nel pugno. Eva tornò dopo mezz'ora. Il vampiro l'attendeva in piedi, appoggiato con le braccia incrociate alla macchina, intento a masticare rabbiosamente una croce metallica. Il non-morto calò sulla giovane uno sguardo colmo d'astio che Eva ignorò bellamente. Preferì invece chinarsi sul cruscotto, per controllare che gli asparagi ci fossero ancora e tutti interi.
Sì, il mazzo che aveva raccolto era sano e salvo. La futura Sir Hellsing gongolò al pensiero del travaso di bile che doveva essere costato al mostro adagiare il più delicatamente possibile quelle verdure, a cui certamente desiderava far fare ben altra fine.
Eva si premunì di mascherare la sua soddisfazione. Il vampiro era fin troppo irritato, aumentare la sua ira poteva essere deleterio. Preferì quindi piantare sul volto del Re-senza-vita due occhi indifferenti e in tono ancor più distaccato annunciare:
- Sali in macchina, torniamo a casa. -
Da quel giorno, Eva Wingates Hellsing si assicurò sempre che nel bagagliaio della sua macchina fosse presente un cestino. Quando il vampiro tardava a tornare, la donna prendeva il paniere e si avventurava per boschi e campi, cercando a seconda della stagione castagne, funghi, fragoline di bosco o more e ripagando il mostro strafottente della sua stessa carta.
Inizialmente il vampiro continuò ad agire come aveva sempre fatto ma ben presto dovette riconoscere che attendere sull'automobile anche per un paio d'ore che la suffragetta tornasse dalle sue ricerche era sommamente scocciante. Fu così che lentamente cominciò a diminuire il tempo che impiegava per cercare e distruggere i Redcap finchè non tornarono ad essere le cacce di mezz'ora dei primi tempi.

Quell'alba, Eva guidava verso Van Helsing Manor in silenzio. Erano andati a caccia di Cani Neri, la giovane ne aveva ucciso uno con la rivoltella mentre il secondo animale era stato eliminato dal vampiro e adesso, completata la missione, stavano rincasando.
Da qualche giorno il non-morto evitava di punzecchiare l'erede del suo master. Sapeva che la donna aveva le sue preoccupazioni, causate da un fratello risultato disperso dopo la battaglia della Somme. Abraham, come il resto del parentado, si aggrappava al fatto che disperso non volesse dire morto.
- Sarà ricoverato in un ospedale, ferito, privo di conoscienza...Sai quanto tempo occorrerà prima che i medici scoprano la sua identità e ci comunichino che è ancora vivo? - continuavano a ripetersi l'un l'altro i parenti.
Eva era sempre rimasta zitta, evitando di commentare, non volendo avvelenare le legittime speranze dei suoi genitori ormai anziani, della cognata e dei nipotini ma con qualcuno doveva pur sputare il rospo e sentiva che il vampiro era l'unico disposto ad accogliere le sue parole senza lanciarsi in patetici tentativi di consolarla, così interruppe il silenzio di quel viaggio per sbottare:
- Penso che mio fratello sia stato dilaniato da una granata, il suo corpo si è sparso in tanti pezzi in mezzo al fango e nessuno può più essere in grado di riconoscerlo. Se avrà fortuna, qualche suo pezzo verrà seppellito in un ossario dedicato ai soldati non identificati. Tutto questo ammettendo che non se lo siano già mangiato i corvi. -
In tono calmo, il vampiro rispose:
- Probabilmente è andata così. -

Nel corso dei primi anni del suo apprendistato, molte cose non erano andate giù ad Eva.
- Quando ti ferisci, lascia che il vampiro lecchi il tuo sangue. Cementerà il vostro legame. Io lo faccio sempre. -
Eva aveva ubbidito a malincuore al suggerimento dello zio perchè sentire la lingua del vampiro passarle sulla pelle non rientrava fra le esperienze che catalogava come piacevoli ed era certa che quel farabutto, avvertendo la sua repulsione, impiegasse più tempo del dovuto a ripulirle la ferita, tanto per farle un dispetto gratuito.
Allo stesso modo ad Eva non andava giù che lo zio, una o due volte alla settimana, concedesse al cagnaccio la serata libera, consentendogli di uscire dalla Villa senza il master alle calcagna.
- Come puoi fidarti di lasciarlo libero e solo? - chiedeva costernata la nipote.
- Ancora sei giovane e certe cose non le puoi capire. Devo allentare il guinzaglio, ogni tanto. Mi fido a lasciarlo da solo nella misura in cui gli ordino di bazzicare esclusivamente i quartieri malfamati, così che se proprio non fosse capace di resistere a infilare le zanne nel collo di qualcuno, sbarazzerebbe il Regno Unito da un parassita. Più in là, quando sarai pronta, ti affiderò la pratica "uscite del vampiro" e allora capirai. -
Arrivò il giorno in cui Master Abraham giudicò la nipote sufficientemente matura da affidarle quell'incombenza ed Eva finalmente comprese il senso delle parole dello zio. Quelle uscite erano uno dei tanti premi con cui invogliare il cane ad ubbidire e chinare la testa e dal momento in cui la gestione delle sue serate libere passò in mano alla suffragetta, i dispetti del cagnaccio nei confronti della ragazza diminuirono, temendo probabilmente che irritando Eva avrebbe corso il rischio di restare chiuso in casa.
L'erede gongolò nel constatare quanto il rispetto del vampiro senza nome fosse aumentato e per molto tempo considerò la pratica "uscite del vampiro" unicamente da questo punto di vista, una comoda arma con cui ricattarlo per tappargli la bocca, finchè una sera la belva di Van Helsing le capovolse il mondo.

Ieri sera ho chiamato il vampiro in ufficio, gli ho concesso la serata libera e allungato qualche sterlina per divertirsi. Invece di intascare i soldi e uscire alla svelta come fa solitamente, è rimasto fermo davanti a me, osservando le banconote che teneva in mano, infine ha ghignato:
- Proprio come la paghetta di un bambino! -
- O come lo stipendio di un adulto. - ho risposto, annotando quella spesa nel registro delle uscite.
Il vampiro ha scosso la testa:
- Non prendiamoci in giro, gli schiavi non percepiscono stipendio. Questa è proprio come la paghetta di un bimbo, con l'aggravante che la mamma sa benissimo come verranno spesi i soldi. -
Non mi piaceva la piega che stava prendendo la conversazione, così ho finto di essere assorbita dai miei conti, sperando che ciò bastasse a far desistere il vampiro dal continuarla. Ci vuol altro però per far demordere quel mostro! Certamente stava godendo del mio disagio e ghignando, ha aggiunto:
- Sai che la maggior parte di questi soldi finirà in mano ad una prostituta. -
Più che una domanda, era un'affermazione.
Certo che lo sapevo. Quando, ormai un paio di anni fa, lo zio mi mise in mano la gestione della pratica "uscite e soldi al vampiro", la prima cosa che mi disse fu:
- Ricorda sempre che il nosferatu non è un angelo asessuato. E' un maschio. Ogni TOT giorni è bene che tu gli metta in mano qualche spicciolo e lo mandi a sfogarsi dove vuole.-
Non per questo avevo voglia di parlare della questione col mostro così, in tono seccato, ho replicato:
- Come spendi quei soldi è affar tuo, a me non interessa. -
Ciò detto, sono tornata a immergermi nel registro, sperando di aver chiuso lì la discussione.
Il vampiro è rimasto in piedi, il capo chino a guardare le banconote che teneva fra le dita, come se le vedesse per la prima volta. O come se per la prima volta vedesse la situazione da un'angolazione diversa. Infine, ha parlato:
- Sono a cavallo. E' sera. Un vento fresco si insinua fra i miei capelli come una carezza. Porta con sè il profumo della resina degli alberi e della terra smossa dagli aratri. Sono fermo sul ciglio di una scarpata. Sotto di me, davanti a me, si apre un paesaggio sconfinato. Colline, strette valli e montagne si alternano lungo tutta la linea dell'orizzonte, coperte di foreste e campi coltivati, punteggiate dai borghi degli umani. Tutto questo, fin dove spazia lo sguardo e anche oltre, mi appartiene. E' il territorio di Vlad il vampiro. Alle mie spalle sento un rumore di zoccoli. Sono le mie compagne che mi stanno raggiungendo, facendo procedere le giumente a passo lento. -
Ascoltavo con la pelle d'oca e un vago groppo in gola.
- Da sovrano di un territorio con tre spose al seguito, a schiavo che prende la paghetta per andare a puttane. -
Ha alzato su di me uno sguardo stanco:
- Che caduta di stile, eh? -
- Notevole! - non ho potuto fare a meno di replicare.
Mi ha sorriso, grato che non abbia tentato di indorargli la pillola con qualche pietosa bugia. Ha intascato i soldi ed è uscito con calma dall'ufficio.
E' da ieri sera che ripenso a questa conversazione e più rifletto su quanto mi ha raccontato il vampiro, più mi convinvo che io, e lo zio prima di me, siamo rei di colpevole leggerezza.
Per noi le uscite del vampiro sono solo il più efficacie dei modi per farlo rigare dritto. Ubbidisci? Ti premiamo facendoti uscire più spesso o mettendoti in mano più soldi, così che possa spassartela alla grande. Disobbedisci? Ti puniamo centellinandoti le uscite o mettendoti in mano una somma risicata.
E in questo giocare col bastone e la carota non abbiamo considerato quanto possa essere degradante per chiunque, incluso il vampiro, vedere la propria vita privata gestita da qualcun'altro.
Di questo dialogo non ho fatto parola con lo zio, tanto so già come mi risponderebbe:
- Non è forse normale che un padrone programmi gli accoppiamenti del suo cane? -
No zio, sarà anche normale ma più ci penso, più mi sembra che sia una pratica profondamente ingiusta nei confronti degli animali, soprattutto di quelli capaci di parlare.
"E' solo un mostro" non facciamo altro che ripeterci e in quanto tale, diamo per scontato che non gli pesi che sia qualcun altro a decidere se, come e quando può accoppiarsi.
Ma un mostro avrebbe parlato con tanto amore del suo regno perduto? E nei suoi occhi sarebbe passato quel lampo di gioia mentre ricordava le compagne che lo seguivano? Quanta parte della malvagità di quest'essere gli è connaturata e quanta è il risultato dell'abbrutimento causato dalla sua condizione di schiavo?
Temo che noi Hellsing siamo colpevoli di aver reso mostruoso questo mostro.

Da tempo il cane di Van Helsing aveva cessato di vedere l'erede del suo Dio come una rivale da schiacciare o contro cui competere. La donna aveva tenuto testa a tutte le sue angherie, guadagnandosi il rispetto del vampiro e le tante disinfestazioni compiute assieme li avevano lentamente affiatati. Agli occhi della belva addomesticata, Eva appariva ormai come una compagnona di bisboccia. Gradualmente, aveva cessato di chiamarla "Gallina" per cominciare ad usare il suo vero nome.
Van Helsing, notando che i rapporti fra nipote e cane miglioravano, aveva cominciato ad estendere il raggio d'azione delle missioni in cui li spediva da soli. Ormai monster e aspirante master partivano alla ventura su tutto il territorio della Gran Bretagna, affrontando qualsiasi tipo di freak.
Una notte si ritrovarono in Cornovaglia, per eliminare due creature acquatiche che infestavano un fiume, divorando gli incauti che si avvicinavano troppo alle sue sponde. Purtroppo per Eva, il vampiro adorava aumentare il livello di pericolosità dello scontro e in più di un'occasione aveva lasciato che l'avversario prendesse vantaggio su di lui, così da allungare il tempo della lotta. Anche quella volta, le cose non andarono diversamente.
Il cane a due gambe, ghignando soddisfatto, lasciò che i tentacoli del suo squamoso rivale lo avvinghiassero per le gambe e le braccia, nel tentativo di trascinarlo in acqua. Per il vampiro era come fare braccio di ferro: lui tirava la sirena verdastra e zannuta verso di sè, il mostro tirava a più non posso il vampiro verso l'acqua.
Eva, con rabbia, vide che gli stivali del cagnaccio affondare fino alle caviglie nella corrente.
- Smettila di giocare e vieni a darmi una mano! - ringhiò la giovane, voltando le spalle al camerata e puntando la pistola contro il mostro che la fronteggiava.
- Ancora cinque minuti! - rispose il vampiro, in tono giulivo.
Eva mirò alla testa e al cuore della sirena, sparando colpi a ripetizione, fino a svuotare il caricatore. Niente da fare, le pallottole d'argento sembravano solleticarla. Per quanto tentasse di divincolarsi, Eva non potè impedire che i tentacoli della creatura, situati al posto dei capelli, si avvinghiassero attorno alle sue caviglie e ai suoi polsi. Il mostro cominciò a tirarla a sè, la giovane tentò di resistere ma non aveva la forza del vampiro. Perse l'equilibrio e si ritrovò seduta a terra. Trascinandosi sulle braccia e sulle mani armate di artigli ricurvi, la sirena si avvicinò alla sua preda, a fauci spalancate ma la giovane era decisa a vendere cara la pelle. Dimentica di tutto, del vampiro, dell'altro mostro, in quel momento per Eva esistevano soltanto lei e la sirena. Riuscì a divincolare il polso della mano che impugnava la pistola e lanciò l'arma in faccia all'essere, poi cominciò ad afferrare tutti i sassi che le capitavano a tiro e prese a scagliare anche quelli ma per quanto ciò infastidisse il mostro, non ne frenava l'avanzata. La sirena era ormai talmente vicina che la giovane si disponeva a prenderla a calci in faccia quando si sentì spingere a terra. Chi la teneva ferma a quel modo era davvero troppo forte per poterlo battere ma testardamente Eva continuò a scalciare, finchè nel suo campo visivo non entrò una mano guantata che come una lancia trafisse il cuore della sirena. Il mostro si liquefece in una gelatina verde e il vampiro, che solo dopo aver constatato quanto stesse rischiando la giovane si era deciso a sbarazzarsi alla svelta del proprio avversario per occuparsi anche della seconda sirena, aiutò Eva a rialzarsi.
- Tutto bene, master? -
- Sì, tutto bene. - ansò in risposta la giovane, troppo sconvolta per far caso alle parole del vampiro.
Solo nei giorni successivi, ripensando a quegli istanti concitati, si rese conto che il vampiro l'aveva chiamata master. Master! La parola gli era sfuggita, certo, ma dimostrava comunque che nella sua testa cominciava già a classificarla come tale. Eva non potè far a meno di gongolare e gongolò così tanto e per così tanti giorni che il vampiro, infastidito, decise di fargliela pagare. Già era irritato con se stesso per quell'incauto "padrona" scappatogli dalle labbra ( detestava dar soddisfazione alla gente! ) non tollerava che la sua compagna di bisboccia potesse montarsi la testa a quel modo solo perchè gli era sfuggito uno stramaledetto "master"!
Per il vampiro, l'occasione della vendetta capitò poche settimane dopo l'eliminazione delle sirene, quando un Cane Nero venne segnalato nei dintorni del Vallo Adriano, in Scozia. Van Helsing, notando il deteriorarsi dei rapporti fra nipote e cane in quegli ultimi giorni, decise di semplificare la vita di Eva obbligando il vampiro ad affrontare il viaggio chiuso sottoforma di pipistrello nella scatola.
Due giorni impiegò Eva a guidare fino al sito infestato. Capiva che il vampiro, nella scatola, si annoiava mortalmente ma non osava alzare il coperchio per controllare come stava, timorosa di non riuscire a ricacciarvelo dentro se per caso fosse uscito. Fortuna volle che al tramonto, giunti di fronte al muro romano, sulla sua sommità Eva vide seduto il Cane Nero. Il vampiro avrebbe potuto sfogare all'istante la sua noia e così fu. Appena uscito dalla scatola, dalla gola del nosferatu scaturì quello che ad Eva sembrò un nitrito di giubilo, dopo di che il vampiro balzò sul muro. Il Cane Nero fuggì e il vampiro gli corse dietro come una locomotiva. Procedendo sempre sulla sommità del muro come il Signor Uovo di Alice nel Paese delle Meraviglie, Eva vide i due mostri sparire nel tramonto.
Salì sulla macchina ad attendere il ritorno del nosferatu. Le ore passarono lente e la giovane, considerando il fatto che il Vallo tagliava il Regno da parte a parte, terminando sul Mare d'Irlanda da un lato e sul Mare del Nord dall'altro, e che lei in quel momento si trovavano nei pressi quest'ultimo, si chiese se i due mostri non fossero capaci di correre fino alla costa opposta.
Tentò di quantificare per quante ore, o giorni, avrebbe dovuto attendere il ritorno del vampiro se davvero fosse arrivato sulla costa atlantica ma infine si arrese, concludendo che non le restava che attendere e basta.
Verso l'alba scese dalla macchina per sgranchirsi le gambe, ottenendo di inciampare in un sasso e tagliarsi un ginocchio. Perfetto, anche questa! Tornò zoppicando verso la vettura e con un tuffo al cuore si accorse che lo sportello del passeggero era spalancato e una sagoma si intravedeva al posto di guida. Chi mai poteva incontrare lì, in quel luogo sperduto e lontano da ogni consorzio umano?
Tolse la sicura alla pistola e si avvicinò furtivamente prima di rendersi conto con sollievo che si trattava del vampiro.
- Sei arrivato fino al Mare d'Irlanda? - chiese Eva, avvicinandosi al finestrino del guidatore.
- No, ho raggiunto la preda molto prima. Cos'è questo odore di sangue? -
- Mi sono tagliata. Togliti quello sguardo interessato dagli occhi, mi sono ferita un ginocchio e non ho alcuna intenzione di alzarmi la gonna fino alle cosce e farti vedere le mie gambe per consentirti di leccare questo sangue. Adesso siediti al tuo posto e avviamoci sulla strada del ritorno. -
Il vampiro scosse la testa:
- Siediti tu al posto del passeggero e io guido. -
- Ma tu non sai guidare! -
- Ti sbagli, ho imparato. -
- Quando?! -
- Leccare il sangue non è fine a se stesso. Assorbo anche le abilità della persona a cui appartiene. In tutti questi anni, a furia di inghiottire il tuo sangue, ho appreso anche le competenze necessarie per guidare. Mi sono annoiato mortalmente chiuso in quella scatolaper due giorni filati, inseguire il Cane Nero non è bastato a sfogarmi, ho bisogno di agire ancora, per questo ho deciso che guiderò fino a Van Helsing Manor. -
- Non puoi metterti al volante per la prima volta in vita tua pretendendo di compiere un viaggio così lungo! - esclamò la suffragetta, preoccupata per la sorte di sè e dell'auto ma per tutta risposta il vampiro mise in moto il mezzo.
- Non ho voglia di stare a discutere, è noioso. Fra tre secondi parto. Se non sali a bordo ti mollo qui. -
Eva tentò freneticamente di capire come agire. Era un bluff? Se sì, restando dov'era, forse il cagnaccio si sarebbe arreso a cederle il volante. E se invece parlava sul serio?
Mentre cercava di valutare quale carta giocare, il vampiro partì sgommando ed Eva si ritrovò a galoppare dietro l'automobile con la foga di un centometrista. Non voleva macinare miglia e miglia a piedi nella gelida brughiera per raggiungere il primo centro abitato! Immaginò il vampiro sghignazzare osservandola trottare dallo specchietto retrovisore e lo maledì mentalmente, spostando poi tutta la sua attenzione verso lo sportello del sedile del passeggero che, spalancato, ballonzolava rassicurante, dando l'idea di poter essere facilmente raggiunto. Se solo fosse riuscita ad aggrapparvisi!
Il vampiro rallentò, dando modo alla ragazza di salire sulla vettura per poi riaccellerare bruscamente quando lo sportello venne finalmente chiuso. Nella mezz'ora che seguì Eva tentò di convincere il vampiro, che guidava bene, sì, ma veloce come un pilota di corse automobilistiche, a restituirle il comando della vettura. Nè con le blandizie, nè con le minacce ci fu verso di farlo desistere e alla fine la ragazza si arrese, trascorrendo in silenzio i successivi venti minuti, dopo i quali disse:
- Rallenta e alla prima traversa svolta a destra. -
- Perchè? -
- Perchè lì c'è la pensione in cui ho preso alloggio. -
- E allora? -
- E allora dobbiamo fermarci lì. -
- Perchè? -
- Sei rincitrullito? Dovrò farmi medicare il ginocchio, no? -
- Non è una ferita grave, puoi fartela medicare a casa. -
- Ma non saremo a casa prima di due giorni! -
- Ti sbagli. Abbiamo impiegato due giorni per arrivare fin qui perchè ti sei voluta intestardire a fermarti in un ostello per la notte. -
- Non si chiama "intestardire" ma "dormire". Pretendi che guidassi da Londra fino al confine con la Scozia senza fermarmi? Sono un essere umano, ho bisogno di riposare e nutrirmi! -
- Io invece sono un vampiro e posso guidare senza sentire il bisogno di interruzioni dalla Scozia fino a Londra. Tutto questo ci farà risparmiare tempo e torneremo a casa molto prima di due giorni. -
- E pretendi che neanche io faccia interruzioni?! -
- Puoi dormire sulla macchina. -
- E per mangiare e per bere? -
- Non morirai di fame e di sete se rimarrai a stecchetto per qualche ora. -
- Dannazione, ma cosa ti costa passare dalla pensione? Giusto il tempo di prendere il bagaglio e comprare una borraccia d'acqua e qualche panino. -
- M'annoia aspettarti mentre fai tutte queste cose. Ho già atteso abbastanza. Tu e Dio Abraham mi avete costretto a trascorrere tutto il viaggio rinchiuso in quella scatola angusta sotto forma di pipistrello. Mi sono annoiato terribilmente lì dentro. Quindi, adesso tiriamo a diritto. -
Il vampiro fu di parola. Giunti vicino alla traversa che conduceva alla pensione, tirò innanzi, sfrecciando come un treno alla massima velocità verso Londra.
- Dovevo saldare il conto! -
- Lo spediranno a casa. -
- Dovevo andare in bagno! -
- E meno male che dovevo aspettarti "giusto il tempo" di comprare una borraccia d'acqua e un panino! Visto quante cose avevi da fare, in realtà? E pretendi che ti attendessi annoiandomi per tutto questo tempo? -
- Sei tu che mi obblighi a fare tante cose insieme! Se pretendi di guidare senza fermarti fino a Londra, dovrò pur approfittarne ora per andare in bagno, no? -
Il vampiro lanciò un'occhiata in tralice alla giovane:
- Stringi le cosce. Non la farai finchè non arriveremo a Van Helsing Manor. -

Non era solo l'idea di fermarsi ad attendere che Eva sbrigasse le proprie faccende, a ripugnare al vampiro. Sembrava che il nosferatu fosse allergico anche a concetti come "andare piano", "guidare con prudenza", "tirare il freno a mano". Filava veloce come un treno e la nipote di Van Helsing si rese conto di quanto l'idea di rallentare urtasse il sistema nervoso del vampiro nel momento in cui, sulla strada di campagna che percorrevano, si materializzò un gregge di pecore.
- Rallenta. Fermati! FRENA! - ammonì in un crescendo di tensione la donna, notando le pecore avvicinarsi sempre più.
L'ultimo avvertimento terminò in un urlo strozzato quando vide gli animali volare in aria, travolti dal bolide, lasciando ampie chiazze di saliva e sangue sul parabrezza e sulla carrozzeria.
- Perchè non ti sei fermato? - ringhiò Eva in tono isterico, quando gregge e carneficina furono alle loro spalle.
- Erano pecore. Prima o poi le avresti riviste cadaveri comunque. Credi ci sia molta differenza fra incontrarle sottoforma di arrosto sulla tua tavola e vederle investite da una macchina? - chiese serafico il servo, azionando il tergicristallo per pulire il parabrezza dal sangue.
- Sì, c'è differenza invece e molta più di quanto tu possa supporre! E a parte questo, chi li ripaga i danni al pastore? -
- Già, il pastore! - esclamò il vampiro, tirandosi una manata sulla fronte.
Riflettè qualche istante, poi riabbassò la mano sul volante e con aria serafica rispose:
- Pazienza, andrà in rovina. -
Meno di un'ora dopo, la donna e il vampiro s'imbatterono in un nuovo gregge di pecore. Eva non urlò di fermarsi. A quale scopo? Sapeva che il cagnaccio non l'avrebbe ascoltata. Non per questo però era rassegnata all'idea di mandare in fallimento un altro mandriano.
Nel poco tempo a disposizione per ideare un piano d'azione, la futura Sir Hellsing non trovò soluzione migliore che applicare al vampiro lo stesso scherzetto che lui le aveva fatto tante volte. Afferrò con la mano lo sterzo e cominciò a muoverlo freneticamente. Il nosferatu, preso alla sprovista, non attendensosi quella mossa, perse il controllo della vettura. Eva vide il mondo ruotare vorticosamente intorno a sè. L'urto improvviso non la sbalzò fuori dall'abitacolo solo perchè ebbe la prontezza di aggrapparsi con le mani al sedile e di puntellarsi con i piedi al cruscotto. Quando la sua mente sottosopra si fu ripresa, la donna si rese conto che la vettura aveva sfondato un recinto, finendo in un campo. Accanto a lei, il vampiro rideva di cuore:
- E' divertentissimo! Rifallo ancora! - disse, con gli occhi sfavillanti di gioia.
- No, una volta è più che sufficiente. - ansimò l'umana.
Il vampiro s'imbronciò, deluso che Eva rifiutasse di replicare il bis. Uscì dal campo ingranando la retromarcia e investendo due pecore. Altre quindici ne travolse riprendendo la direzione per Londra. Il broncio sparì dal viso del vampiro: in fondo, il viaggio verso la capitale riservava ancora nuove fonti di divertimento. 

Stavano attraversando un'ampia vallata quando videro svettare vicino al ciglio di una curva un'alta quercia e accostato al suo tronco, voltando le spalle alla strada, un uomo. Che l'uomo in questione stesse facendo pipì contro l'albero, era chiaro e in tono serio, il vampiro annunciò:
- E' dalla parte del tuo finestrino. Appena gli passiamo accanto, fagli una pernacchia. -
- Che cosa?! -
- Non è difficile, devi solo accostare alle labbra la parte della mano compresa fra il pollice e l'indice e soffiare più che puoi. -
- Ma...ma... - balbettò Eva, spiazzata da quella nuova follia.
- Se non ti riescono le pernacchie, fischiagli. Sì, fagli un bel fischio di apprezzamento, di quelli che lanciano i marinai alle spalle delle belle pupe che passano per la strada. -
- Perchè dovrei fare una cosa simile? -
- Perchè è divertente. -
- Divertente un corno! Pensa se lo facessero a te, come reagiresti? -
- Mi girerei e gli staccherei la testa con un morso. -
- Vedi quanto è offensivo? E allora perchè vorresti farlo agli altri? -
- Perchè io sono io e gli altri sono gli altri. - rispose il vampiro, certo di essere in diritto di poter fare quel che gli pareva in qualsiasi momento - Adesso attenta, gli passiamo dietro. Mi raccomando, fischiagli! -
L'automobile sfrecciò alle spalle del signore senza che Eva si sognasse di sporgersi dal finestrino e fischiare come il nosferatu pretendeva.
- Non hai fischiato! - protestò questi, indignato.
- Certo, non mi abbasso a simili scherzi da trivio! -
Il vampiro, arrabbiato, frenò bruscamente, ingranò la retromarcia e tornò indietro, arrestandosi esattamente alle spalle del signore, ancora impegnato nella sua attività. In tono severo, intimò ad Eva:
- Adesso gli fischi! Non sai fischiare? Allora sfottilo! Possibile non ti passi per la testa neanche un insulto da dirgli? -
L'uomo girò la testa verso di loro, guardandoli allibito. Davanti alle sue pupille, apparvero un omone enorme al posto di guida e una donna che paonazza di vergogna, si lasciava scivolare giù per il sedile, tentando di nascondersi alla sua vista.
Il vampiro scrollò la testa, sprezzante: quella doveva essere la master del suo futuro? Non aveva neanche il coraggio di fare una pernacchia alle spalle di un uomo voltato contro un albero, come poteva essere in grado di condurlo al massacro di Kelpie e Cani Neri? Siccome agli occhi del vampiro il problema non era costituito dal fatto Eva insultasse il pover'uomo ma, al contrario, che non riuscisse a prenderlo in giro, si sentì in dovere di giustificare la situazione al signore che stavano importunando spiegandogli in tono contrito:
- Deve scusarla, è una ragazza timida. -
- Non si preoccupi, la cosa non mi dispiace. - rispose il tizio che, certo di trovarsi di fronte a un pazzo scatenato, si abbottonò in fretta i pantaloni, per spiccare poi una corsa veloce in mezzo ai campi e allontanarsi dal pericolo più lesto che poteva.
Il vampiro lo guardò fuggire con aria afflitta.
- Guarda cos'hai combinato, Eva! Lo hai fatto scappare! E senza nemmeno avergli spernacchiato alle spalle! -
Avvilito, ingranò la marcia e riprese la direzione verso Londra.

Erano in viaggio da tre ore quando all'orizzonte si profilò una cittadina. Eva sentì il sangue gelarsi nelle vene. Ripensò ai due greggi di pecore investiti, all'infinità di carretti che avevano schivato con sorpassi azzardati, facendo imbizzarrire i cavalli. Come potevano passare attraverso una cittadina senza che il vampiro compisse una strage fra i passanti?
L'unico modo per convincere il cagnaccio a guidare col giusto criterio consisteva nel minacciarlo fisicamente e dato che nelle mani non aveva forza sufficiente per raggiungere un simile scopo, la giovane tirò fuori dal cruscotto la pistola, tolse la sicura e puntò la canna contro la mandibola del mostro:
- Te la terrò addosso per tutto il tempo che impiegherai ad attraversare questa cittadina. Azzardati a non andare piano, a non frenare, a investire qualcuno o qualcosa, e premo il grilletto! -
Il vampiro ridacchiò:
- Non ti passa per la mente che se mi stacchi la testa con un colpo di pistola, perdo il controllo della vettura, andiamo a schiantarci da qualche parte e tu, in compagnia di chissà quanti altri passanti, tirate le cuoia? -
Eva dovette ammettere a sè stessa che quella probabilità esisteva. Allontanò dalla mandibola del non-morto la pistola, rimise la sicura e tornò a riflettere. Qualcosa doveva pur inventarsi, se non voleva rischiare di vedere quel nosferatu sfrecciare come un bolide per la via principale, travolgendo tutto e tutti al suo passaggio!
Un'idea si accese nel suo cervello.
Tolse nuovamente la sicura e puntò la canna della pistola contro il cavallo dei pantaloni del vampiro. Il ghigno svanì di colpo dal viso del mostro per lasciare spazio ad un'espressione mortalmente seria:
- E' seccante ammetterlo ma devo riconoscerlo, hai inventiva. -
- Te la terrò addosso per tutto il tempo che impiegherai ad attraversare questa cittadina. Azzardati a non andare piano, a non frenare, a investire qualcuno o qualcosa, e premo il grilletto. E stavolta voglio vedere se perderesti il controllo della vettura! -
- Non ti passa per la mente che se ti azzardi a sparare, potrei vendicarmi uccidendoti ferocemente? -
- Sì, ma sono pronta ad affrontare il martirio. Morirei contenta, sapendo di averti menomato per l'eternità! -
La ragazza faceva sul serio, il vampiro lo capiva, così si arrese ad attraversare la cittadina rispettando tutte le regole della guida civile e arrivando perfino a fermarsi per lasciar attraversare le vecchiette. Usciti dal paese, Eva rimise la sicura all'arma e la ripose nuovamente nel cruscotto. Era stata tentata dall'idea di tenere sotto tiro il vampiro per tutta la durata del viaggio ma infine l'aveva scartata. C'era ancora mezza Gran Bretagna da attraversare, un tragitto troppo lungo perchè lei potesse resistere tante ore impugnando una pistola. Le sarebbe venuto un crampo al braccio, e a quel punto per il cagnaccio sarebbe stato facile disarmarla. No, la pistola andava usata solo in situazioni critiche, come quando attraversavano i centri abitati. Eva avvisò il vampiro che gli avrebbe usato lo stesso trattamento ogni volta che fossero passati per un paese. Il nosferatu inizialmente non le credette ma giunti in prossimità della terza cittadina, non potè fare a meno di esclamare:
- Donna, hai bisogno di un marito, non si spiega in nessun altro modo il tuo accanimento contro i miei gingilli! -
- Da un medievale come te non mi attendevo che un commento simile. Sfottimi pure quanto vuoi, sono io quella che impugna la pistola. -
Quando avvistarono la quarta cittadina, il vampiro sterzò bruscamente verso una strada di campagna che l'aggirava.
- Perchè passi da qui? Allungheremo il tragitto. -
- Fattene una ragione, non attraverseremo più nessun centro abitato. Passeremo loro accanto. Se questo vuol dire trascorrere più ore su questa carretta, pazienza, lo preferisco al sentirmi puntare una pistola sui gioielli ogni volta che ci avviciniamo ad un gruppo di case. -
Il vampiro mantenne la parola. Non passarono più attraverso i centri abitati e allungarono il viaggio di molte miglia.

Diciotto ore dopo essere partiti dal Vallo Adriano, era calata la notte e umana e vampiro erano ancora in viaggio.
Eva era esausta. Da quando erano partiti non aveva mangiato, bevuto e nemmeno dormito. Come poteva assopirsi, con quel mostro che guidava a zig-zag per spiattellare sulla strada tutti i ricci, le anatre, le bisce, i pulcini, i rospi, i gatti, i cani e le lucertole che vedeva far capolino dal ciglio della carreggiata?
Aveva tentato di investire anche uno scoiattolo ma il veloce animaletto in tre balzi si era lasciato la strada alle spalle, continuando poi a correre lesto attraverso un campo nel tentativo di raggiungere un filare di olmi che lo bordava. Il vampiro, amareggiato per non essere riuscito a investire lo scoiattolo, aveva deciso di riscattarsi dallo smacco sterzando e inseguendo l'animale attraverso il campo. La folle corsa, che aveva sbatacchiato Eva in qua e in là (pareva che il nosferatu si facesse un dovere di prendere in pieno tutte le buche) si era risolta in un nulla di fatto: il roditore aveva raggiunto gli alberi proprio quando il vampiro era stato a una sgommata dallo spiattellarlo. Al succhiasangue non era rimasto che frenare bruscamente per non spalmarsi contro il tronco dell'olmo e dopo aver guardato con disappunto la preda svanire fra le fronde, aveva riportato l'automobile sulla carreggiata, rituffandola più volte nelle buche del campo.
No, Eva non aveva avuto modo di dormire e nemmeno aveva avute molte occasioni per sgranchirsi le gambe. Nel corso di quell'interminabile viaggio, il vampiro aveva scoperto con disappunto che la capacità di autonomia delle macchine è sì superiore a quella degli umani ma nettamente inferiore a quella dei vampiri. Lui che voleva guidare senza interruzioni fino a casa, si era dovuto arrendere e fermarsi tre volte per rifornire l'auto di benzina. La nipote di Van Helsing ne aveva approfittato e con la scusa di riempire il serbatoio, era finalmente scesa dall'abitacolo. Siccome non si fidava a lasciare la rivoltella da sola in compagnia del vampiro, ogni volta l'aveva portata con sè e per questo i gestori delle stazioni di servizio si vedevano presentare davanti una donna dall'aria stravolta e con i capelli castani che le cadevano scompostamente sul viso (probabilmente un'oppiomane, che altro poteva essere?), con una pistola in pugno. La reazione dei tre uomini era stata sempre la solita. Avevano alzato le braccia dicendo:
- I soldi sono nel primo cassetto! -
- Ma no, metta giù le mani. - rispondeva Eva in tono fiacco - Ho bisogno di fare benzina. Le chiedo anche un favore. Vede quella faccia da schiaffi al volante della mia macchina? Mi ha costretta ad andare via dall'albergo senza il bagaglio quindi non ho con me il borsellino per pagare il carburante... -
Il gestore, che aveva abbassato le mani con titubanza, sentendo quelle parole, le rialzava, convinto di aver compreso le intenzioni dell'oppiomane:
- Faccia pure il pieno gratis ma mi lasci stare! -
La futura Sir Hellsing si metteva una mano sugli occhi, controllandosi a stento:
- Mi lasci parlare senza interruzioni, per piacere! Sono stanca, affamata, assetata e con una pistola in pugno. E' rischioso stuzzicarmi in questo frangente! Ciò che voglio dire è: dato che non ho il borsellino, può darmi carta e penna, così le scrivo il mio indirizzo? Potrà mandare il conto del carburante lì e le spedirò la cifra appena possibile. Adesso mi dica dov'è un bagno. -
Oltre che recarsi in bagno, Eva non aveva potuto fare altro. I minuti erano contati, il tempo di riempire il serbatoio e Faccia-da-schiaffi sarebbe stato capace di ripartire lasciando la nipote del suo Dio alla stazione di servizio. Eva tremava al pensiero di come il cagnaccio avrebbe attraversato i paesi, senze lei e la sua pistola a mitigarlo, così risaliva in fretta sulla macchina senza preoccuparsi di prendere da bere o da mangiare.
Adesso erano trascorse alcune ore dall'ultimo rifornimento e la suffragetta capiva che la benzina sarebbe bastata per arrivare fino a Van Helsing Manor. Questo voleva dire niente più stazioni di servizio, niente più sgranchimento di gambe ma soprattutto niente più bagno e quest'ultima mancanza costituiva una vero dramma. Inutile chiedere alla bestiaccia di fermarsi vicino a un cespuglio, non l'avrebbe mai accontentata. Eva si stava arrendendo all'idea di farsi la pipì addosso lì, sulla macchina. Non le interessava se il vampiro l'avrebbe presa in giro finchè campava, non riusciva più a trattenerla.
Qualcosa di grande e su quattro zampe si materializzò sulla strada. Eva tornò ad afferrarsi al sedile e a puntellare i piedi sul cruscotto, evitando così di rompersi la testa contro il parabrezza quando l'automobile cozzò contro l'animale. Dopo aver investito il bestione, il vampiro frenò: stavolta la preda era di suo interesse e non voleva abbandonarla sul selciato.
A Eva non interessò scoprire di che animale si trattasse, si preoccupò solo di aprire la portiera e correre a perdifiato nell'oscurità. Era rischioso avventurarsi a quel modo nella notte, poteva sprofondare in un fosso, inciampare in chissà quale ostacolo, rompersi una gamba ma in quel momento l'urgenza della vescica era più forte di qualsiasi prudenza.
Ehi, un momento!
Non aveva bisogno di allontanarsi tanto, era buio pesto, il cagnaccio non poteva vederla!
Eva si fermò, si calò, si liberò.
Ah! Che sollievo! Che beatitudine! Che...
- Dimentichi che posso vedere al buio come i gatti? - sghignazzò il vampiro, da un punto lontano alle sue spalle. Sì dannazione, l'aveva scordato!
- Girati dall'altro lato, cagnaccio! - ringhiò Eva.
- Io mi giro, però te lo devo dire: hai veramente un gran bel culo! -

L'animale abbattuto era un cervo e il vampiro l'aveva caricato sul sedile posteriore. La bestia era più lunga dell'auto, tant'è che le corna sporgevano da un finestrino e le zampe posteriori dall'altro. Eva non protestò: ormai aveva accettato di sopportare quel viaggio con cristiana rassegnazione, certa di stare scontando tutti i peccati commessi da quand'era nata. Però voleva capire perchè il cervo sì e le pecore no.
- Un'arrosto di pecora potete acquistarlo in qualsiasi macelleria, la cacciagione è molto più difficile da trovare. Voglio regalare questo cervo al mio Dio. -
In poco tempo l'abitacolo fu impregnato dell'odore di selvatico e di sangue del cervo. Tempo un'altra mezz'ora e le zampe anteriori dell'animale scivolarono sulla spalla di Eva. Non tentò nemmeno di scostarle da sè: capiva che sarebbero tornare a scivolarle addosso ad ogni sobbalzo della vettura, quindi perchè tentare di combattere contro il Destino? Eva trascorse così le rimanenti due ore di viaggio con lo sguardo imbambolato dalla stanchezza e i piedi del cervo a un palmo dal naso.
Quando l'automobile finalmente si fermò sul retro di Van Helsing Manor, erano le due di notte.
Eva scese dalla vettura con le gambe tremanti e si inginocchiò a baciare la terra, commossa e grata a tutti gli Dei dell'universo per averla fatta arrivare viva alla fine di quella prova.
Il vampiro afferrò il cervo per le zampe posteriori e lo tirò giù dall'automobile. Le corna dell'animale scivolarono dal finestrino per atterrare sul sedile, infilzandolo con le loro punte. Agli occhi del vampiro, costituiva un inconveniente che poteva risolversi facilmente, tirando con un po' più di forza le zampe del cervo. Fu così che le corna squarciarono il cuoio del sedile in tutta la sua lunghezza.
Fischiettando, il nosferatu trascinò il bestione nella cucina della villa, entrando da una delle porte posteriori. Eva lo seguì strascicando i piedi. Trovò il cagnaccio inginocchiato sul pavimento della cucina, senza giacca e senza guanti, con le maniche della camicia rimboccate fino ai gomiti, intento ad affondare un coltellaccio nella carne del cervo.
- Cosa fai? - biascicò la ragazza, senza troppo interesse.
- Lo scuoio e lo macello, così domattina è pronto per essere mangiato. -
Eva restò a contemplare lo spettacolo per brevi minuti. Pareva che il vampiro sapesse il fatto suo. Si chiese quali vicende, nel passato del mostro, gli avessero insegnato così bene a scuoiare e macellare. Anzi no, era certamente meglio non sapere come avesse appreso quelle abilità.
La giovane arrancò su per la scala, entrò in camera sua e senza chiudere la porta, si sfilò le scarpe, si allentò il busto e si coricò vestita per com'era, sprofondando in un sonno di piombo.

Eva si risvegliò nel tardo pomeriggio quindi dovette farsi raccontare ciò che accadde durante la mattina, per poterlo riportare nel diario.
Il vampiro, a modo suo, aveva fatto un lavoro eccellente. Aveva ordinatamente disposto sul tavolone della cucina tutti i pezzi di carne, pronti per essere cotti e mangiati. Aveva appeso a un gancio del soffitto, al fine di farla sgrondare, la pelle con ancora attaccate la testa e la corna, nell'eventualità che master Abraham volesse farne un trofeo. Si era sbarazzato delle interiora dandole in pasto al cane da guardia.
Non aveva però ripulito le conseguenze del suo lavoro perchè per i vampiri è deleterio toccare l'acqua così, quando il mattino successivo la cuoca entrò in cucina, trovò il pavimento imbrattato di sangue e umori, una cosa lunga che pendeva dal soffitto colando non si sa bene cosa e un'orgia di carne cruda sul tavolo che all'interno di quel quadro così sinistro, non faceva una buona impressione. Le urla della donna svegliarono tutta Van Helsing Manor tranne Eva e il vampiro, impegnati a dormire il sonno dei giusti rispettivamente nel proprio letto e nella propria bara.
Tutti accorsero in cucina, anche master Abraham. Vedendo quello spettacolo, un sospetto si fece strada nel grande vecchio. Affacciandosi alla finestra vide la macchina e allora non ebbe più dubbi: nipote e vampiro erano tornati e l'artefice di tutto non poteva che essere il suo cane! Andò a stanarlo dalla sua bara e trascinando quell'essere insonnolito per un braccio, lo portò al cospetto dell'automobile, il cui stato lo imbestialiva molto più delle condizioni in cui versava la cucina.
La carrozzeria era ammaccata nei punti in cui le pecore si erano sfracellate contro la vettura. Per la stessa ragione, il vetro del parabrezza era lesionato. Il sangue degli innumerevoli animali investiti e il fango dei terreni incolti su cui erano passati lordavano finestrini, gomme e sportelli. Lo sfondamento del recinto aveva rigato una fiancata per tutta la sua lunghezza. L'urto col cervo aveva dato il colpo di grazia, rompendo un fanale e facendo rientrare il radiatore di cinque centimetri buoni dalla sua sede originale, il che a sua volta aveva mandato fuori asse le ruote anteriori.
- Si può sapere come sei riuscito a ridurla così?! Non dirmi che è colpa di mia nipote, non ha mai conciato un'auto in questo modo! Qui c'è il tuo zampino! E guarda il sedile posteriore, sembra che l'abbiano arato! Come sei riuscito a sfasciare un'auto, maledetto?! -
Il vampiro sorvolò sulle pecore: sospettava che quando Dio Abraham fosse venuto a conoscenza del loro destino, avrebbe tentato di scuoiarlo vivo, quindi più tardi lo sapeva, meglio era. Scelse così di parlare solo dell'ultimo incidente:
- Abbiamo investito un cervo. -
- Ed è stato sufficiente a devastare una macchina?! -
- Era un cervo grande! - spiegò il vampiro con enfasi, stropicciandosi un occhio per il sonno.
- E perchè te lo sei portato dietro? -
- Per regalartelo. Ascolta il consiglio di uno che ha vissuto accampato per buona parte della sua vita umana, mangiando quel che trovava nei boschi: è un toccasana cominciare la giornata con una grigliata di cervo! -
- Ma a me non piace il sapore della selvaggina! - ruggì master Abraham e così dicendo, con un colpo secco spaccò il bastone in testa al mostro.

Anche Eva, una volta risvegliata, subì la sua dose di rimproveri da parte dello zio.
- Come hai potuto permettere che sfuggisse al tuo controllo in questo modo? Sarai la sua futura master! Se questo è il polso più ferreo che riesci a sfoderare, come riuscirai a gestirlo quando non ci sarò più? Sono quasi sei anni che lo conosci, possibile che ancora non hai imparato a farti ubbidire? Devo ucciderlo e portarmi le sue ceneri nella tomba, per essere sicuro che non lo lascerai a briglia sciolta? ... - e via di questo passo per un quarto d'ora.
L'automobile venne trainata con un cavallo da tiro fino dal meccanico che avvisò:
- Sarà un lavoro lungo e costoso. -
Il garzone del macellaio, arrivando in bicicletta per consegnare il fiasco di sangue come ogni mattina, fu rimandato indietro ad avvisare il principale di tornare con un carretto con cui ritirare un cervo ceduto a un prezzo stracciato e questo offese mortalmente il vampiro.
Il mostro accettò senza reagire tutte le punizioni infertegli dal suo Dio per essere andato via dalla pensione senza dare ad Eva il tempo di saldare il conto, dando così agli albergatori l'idea che gli Hellsing fossero dei ladri, per aver mandato in fallimento due pastori e per aver devastato l'automobile. Non accettò che master Abraham si sbarazzasse del suo regalo svendendolo al macellaio, nè che ne donasse la pelle e la testa ad una cameriera dopo averle sentito dire quanto sarebbero state bene nella fattoria dei suoi genitori, arrivando a concedere un giorno di libertà alla ragazza per consentirle di portare quelle spoglie alla casa natia, così da eliminare da villa Van Helsing ogni traccia di selvaggina il prima possibile.
Il vampiro, indignato per il disprezzo tributato al suo regalo, si chiuse nella propria segreta, e le bottiglie di sangue si accumularono dietro la porta senza essere bevute. Master Abraham, inizialmente, non fece una piega, ancora arrabbiato per lo sfacelo della macchina. Col trascorrere dei giorni, vedendo che il cane non usciva dalla cuccia e rifiutava di mangiare, cominciò a preoccuparsi. Ne fece le spese Eva che più volte al giorno subiva gli sfoghi dello zio:
- Dovrei scendere giù a chiedergli scusa per il cervo? - cominciava il grande vecchio, in tono preoccupato. Poi, con stizza, riprendeva:
- Ma no, sono dalla parte della ragione! Che salga su lui a chiedermi scusa, dannazione! Fa l'offeso? Non m'interessa, può continuare a rifiutarsi di mangiare fino a morire di fame, io non scendo in quella segreta! -
Infine, in tono nuovamente preoccupato:
- Ma lui sarebbe davvero capace di lasciarsi morire di fame, in modo che mi rimanga sulla coscienza! -
Quando Eva non ne potè più di quei borbottii, sbottò:
- Zio, sembri un marito che ha litigato con la moglie! Lei si è ritirata nelle sue stanze, tu borbotti tanto ma alla fine andrai a comprarle un mazzo di fiori per chiederle scusa. -
L'ultima frase era stata pronunciata in tono scherzoso e fu quindi con sgomento che Eva sentì lo zio rispondere serio:
- I fiori non li gradirebbe. Cosa se ne fa un vampiro dei fiori? Meglio che scenda a portargli con le mie mani una bottiglia di sangue. -
Così master Abraham scese a far pace con il vampiro.

Il 1918 portò molte novità.
La fine della guerra innanzitutto, che a Eva aveva lasciato in eredità il fratello disperso che continuava a rimanere tale, una sorella vedova con due figlie piccole da allevare e il maggiore dei suoi nipoti che ancora adolescente era stato spedito al fronte, tornando privo di una gamba.
Lo stesso anno il parlamento inglese aveva emanato una legge che estendeva il diritto di voto alle donne sposate che avessero superato i trent'anni, facendo imbestialire Eva oltre ogni dire:
- Perchè un uomo può votare appena diventato maggiorenne mentre una donna deve attendere i trent'anni? Perchè le donne sposate sì e le nubili no? Oh, ma certo, danno per scontato che sia il marito a dire alla moglie cosa votare, lei da sola non è capace di farsi una propria opinione politica! E per evitare che in un attacco di ribellione giovanile la mogliettina, nel segreto della cabina elettorale, invece di indicare il candidato segnalatole dal consorte voti per qualcun'altro, consentono di votare solo alle morigerate signore dai trent'anni in su! -
Il vampiro, che aveva accolto la notizia dell'estensione del voto alle donne con disappunto, convinto che questo mettesse la parola "fine" alle vetrate che continuava a infrangere di straforo, udendo parlare così la nipote del master, si rianimò:
- Vuoi dire che alle suffragette questa legge non va bene e continueranno a combattere? -
- Ovvio che continueremo! Lotteremo finchè il diritto di voto non sarà accessibile a qualsiasi cittadina maggiorenne, coniugata o nubile che sia! -
Il vampiro sorrise contento e si diresse in giardino per fare incetta di sassi da nascondere nelle tasche.
Ma soprattutto, il 1918 portò un nuovo acquisto a Van Helsing Manor, a cui ciascun membro della famiglia diede una definizione diversa.
" Un colpo di fulmine " lo definì Eva.
" Un colpo di fortuna " lo definì il parentado, timoroso che l'ormai attempata ventiquattrenne fosse destinata a restare zitella.
" Una gran botta di culo " l'avrebbe definita il vampiro, se solo gliene fosse importato qualcosa che la nipote del suo Dio si sposasse.
Master Abraham aveva cercato di spiegare al cane l'importanza di quell'evento parlandogli con lo stesso tono che avrebbe usato con un bambino:
- Se Eva si sposa, l'Ordine dei Cavalieri Protestanti avrà un erede. -
Il vampiro, serafico, aveva replicato:
- Non è obbligatorio sposarsi per scodellare un figlio. -
Van Helsing, scandalizzato che il cane potesse supporre una simile condotta in sua nipote, indignato perchè aveva osato rispondergli, lo rimproverò con un:
- Selvaggio! - accompagnato da una bastonata in testa.
Se da un lato familiari e amici erano contenti che la futura Sir Hellsing "si sistemasse", dall'altra nessuno si faceva illusioni sulla resa di quel matrimonio. Nulla c'era che accomunasse la suffragetta perennemente sul piede di guerra al damerino John Fairboorke, i cui principali interessi consistevano nel vestirsi elegantemente e nel frequentare le sale da ballo.
- Non durerete più di un paio d'anni. - pronosticarono tutti e con questa frase non intendevano che l'unione si sarebbe conclusa con un divorzio. Il divorzio non era contemplato nel diritto di famiglia, benchè alcune suffragette premessero per farlo aggiungere ma se anche un giorno fosse stato reso possibile, il clan Wingates e il clan Van Helsing davano per scontato che Eva non sarebbe ricorsa a un'azione tanto disonorevole, che avrebbe gettato la vergogna fin sulle famiglie d'origine...o almeno, era ciò che il parentado auspicava!
No, la frase "non durerete più di un paio d'anni" indicava che l'amore sarebbe andato esaurito in quel breve periodo, dopodicchè i due coniugi sarebbero rimasti incatenati l'uno all'altra da un vincolo basato sul rancore.
Fra tutti gli uccellacci del malaugurio, Abraham Van Helsing era il più attivo:
- Nipote, ti occorre un uomo che ti sia di sostegno nella tua missione e questo John non ti aiuterà mai. -
- Senti zio, l'uomo che tu auspichi non l'ho mai incontrato. Tutti gli uomini solidi in cui mi sono imbattuta e che teoricamente corrispondono al tuo ritratto, o sono del parere che la moglie debba smettere di lavorare dopo il matrimonio, o se può continuare a lavorare la sua attività deve essere comunque subordinata al coniuge. Un tipo come questo pretenderebbe di prendere in mano le redini dell'Ordine dei Cavalieri Protestanti ma non ho nessuna intenzione di farmi mettere da parte. Io sono il futuro capo dell'Organizzazione! Mi spetta di diritto, me lo sono guadagnata con fatica e costanza! John è il primo uomo che ho incontrato disposto a non intralciarmi e a lasciarmi lavorare. Se non ti va bene, lamentatene con gli "uomini solidi" che ho evitato fin'ora. -
Sì, a John Fairboorke stava bene che la futura moglie proseguisse nella sua attività ma in verità non sapeva granchè di quale lavoro si trattasse. Eva non poteva svelargli brutalmente che Dracula addomesticato si aggirava per la Villa in cui sarebbe andato a vivere; o l'avrebbe presa per pazza o sarebbe fuggito terrorizzato. Nei mesi che seguirono, la fidanzata preparò il terreno per quella rivelazione allo stesso modo di come, anni prima, lo zio aveva fatto con lei.
Quando finalmente parlò, inizialmente John Fairboorke rise dello scherzo, poi diventò serio e infine si preoccupò. Cominciò a blaterare che se quello era il lavoro della sua futura sposa, allora doveva assolutamente lasciarlo perchè era da incoscienti rischiare la vita in una simile attività.
Ad Eva occorse molto tempo per tranquillizzare il fidanzato e rassicurarlo che non c'era più pericolo. Il Conte soggiogato e ormai senza nome obbediva ciecamente ai padroni (in verità obbediva ciecamente solo a master Abraham mentre con la nipote del suo Dio continuava a concedersi ampie trasgressioni ma la futura Sir Hellsing preferì sorvolare su questo particolare) e non succhiava più esseri umani. Lentamente, John Fairboorke si tranquillizzò e arrivò il giorno in cui lui stesso annunciò che era ora conoscesse la belva addomesticata di Van Helsing Manor. Considerando che si sarebbe trasferito a vivere nella villa della moglie, prima familiarizzava col cagnaccio, meglio era.
Una mattina il buon John si presentò così alla magione, armato delle migliori intenzioni. La fidanzata lo stava già conducendo per la scala che portava alle segrete quando Abraham Van Helsing li raggiunse dicendo:
- Aspettate, vengo anch'io! -
E sottovoce, tanto che lo udì solo la nipote, aggiunse:
- Questa non voglio perdermela! -
Il vampiro era assiso sul trono di legno, con le mani incrociate.
Il futuro marito di Eva gli andò incontro a grandi passi, con un'espressione amichevole sul volto e la mano tesa, dicendo:
- Piacere, sono John Fairboorke! -
Il vampiro rimase placidamente seduto per com'era, guardandosi bene dallo stringere la mano che l'altro gli porgeva. Con la massima calma, osservò quel biondino dai baffetti sottili dalla testa ai piedi, dai piedi alla testa e nuovamente dalla testa ai piedi. Infine, in tono sconsolato, scuotendo il capo annunciò:
- Noi non andremo per niente d'accordo. -
Abraham Van Helsing nascose le risate dietro una tosse improvvisa che non trasse in inganno Eva. John Fairboorke, interdetto dal commento, balbettò:
- Per lo meno proviamoci. -
Il nosferatu scuotè il capo con più vigore di prima e in tono ancor più sconsolato spiegò:
- No, è perfettamente inutile tentare, tanto non servirà a niente, lo so già. -
Eva ribolliva di rabbia, Abraham continuava a tossire a John era rimasto con la mano tesa, attendendo una stretta che non sarebbe mai arrivata. Il non-morto decise benignamente di porre fine all'imbarazzo del giovanotto e congedandolo con un regale gesto della mano, disse:
- E' tutto. Puoi ritirarti. -
Van Helsing dovette uscire di corsa dalla segreta; temeva che il suo accesso di tosse non riuscisse a coprire la risata sgangherata che gli vibrava in gola.

- Tu istighi il vampiro! - ho urlato allo zio, dopo che il mio povero e sconsolato John è uscito mogio dalla villa.
- Io non istigo nessuno! - ha risposto lo zio, ancora ridacchiante - Non è colpa mia se il mio cane la pensa come me. In fondo non lo dice anche il proverbio che il cane finisce col somigliare al padrone? -
- Certe volte sono i padroni che finiscono per assomigliare ai cani! -
Lo zio si è offeso e finalmente ha smesso di ridere.


Alcuni mesi dopo, nel corso dei quali Eva ribadì a più riprese che non aveva alcuna intenzione di abbandonare il suo cognome per acquisire quello del marito ed era anzi fermamente decisa a trasmetterlo ai figli che sarebbero nati, fu celebrato lo sposalizio.
Il vampiro diede prova di grande delicatezza accettando di lasciare in pace gli sposini per tutta la loro prima settimana di matrimonio, terminata la quale si diede attivamente da fare per angariare, infastidire, indispettire, punzecchiare e provocare il nuovo venuto in tutti i modi possibili e immaginabili, e anche in quelli inimmaginabili.
Da questo punto di vista, John Fairboorke gli forniva grandi soddisfazioni dato che al non-morto bastava premere l'indice sul braccio del giovanotto perchè quest'ultimo scattasse in un irritato:
- E basta! Finiscila! -
In capo a due settimane dall'ingresso della nuova coppia dentro Van Helsing Manor fu chiaro a tutti, persino ai muri, che lo sposino era stato innalzato dal vampiro al rango di "giocattolo preferito". Il rispetto del nosferatu verso la futura master crebbe di molti punti: le era infinitamente grato per aver portato nella sua cuccia quel trastullo di nome John.

Nel corso di quei sei anni di apprendistato, Eva aveva finito per accollarsi un po' per volta tutti gli impegni amministrativi dell'Ordine dei Cavalieri Protestanti. Benchè master Abraham continuasse ad occupare il seggio che gli spettava alla Tavola Rotonda, da molto tempo ormai il Consiglio dei Dodici aveva preso l'abitudine di consultare in separata sede l'erede del forte vecchio per prendere tutte le decisioni importanti.
Eva era ormai a tutti gli effetti il capo dell'Organizzazione. Solo in un particolare lo zio continuava a darle molti punti: nell'obbedienza che otteneva dal vampiro.
Il nosferatu non era più il cagnaccio ribelle che aveva tentato in tutti i modi di espellere la nipote del suo Dio da Van Helsing Manor, la giovane si era ormai conquistata la sua stima. Non per questo il vampiro era disposto a tributarle la stessa deferenza che riservava al master. In quei sei anni, Eva si era abituata a vedere il vampiro trattare lo zio come un oracolo e lei come una compagnona di bisboccia che poteva allegramente punzecchiare ma poco dopo il suo matrimonio, il clima cambiò radicalmente. Sempre meno frequentemente il nosferatu si rivolgeva alla donna con ironia, per lasciare spazio a un tono più serio.
La ragione di quel mutamento era semplice: la salute di Van Helsing peggiorava a vista d'occhio.
La prima ad accusare i colpi dell'età fu la mente del forte vecchio. A novant'anni, master Abraham era ancora lucido come un giovanotto e fu per questo che vederlo regredire nel giro di poche settimane ad un anziano rimbambito, lasciò sgomenti tutti gli umani che lo conoscevano.

Lui che ricordava ogni particolare, adesso scorda tutto. Trascorre le giornate a raccontare sempre le solite cose, interrompendosi dopo pochi minuti per ripetere una domanda, sempre la stessa. Oggi è "Dov'è il mio fazzoletto?", ieri era "Dove ho lasciato il mio bastone?", il giorno prima era "Dov'è la mia tabacchiera?".
Io non riesco più a trascorrere molto tempo con lui. Non è solo l'insopportabilità di rispondergli continuamente "Il fazzoletto è nella tua tasca" ad opprimermi ma anche l'angoscia che mi procura vederlo regredire a questo modo, lui che è sempre stata una roccia salda.
Il vampiro invece riesce a stargli vicino per tutto il tempo in cui rimane sveglio e non capisco da dove tragga la pazienza necessaria per ripetere per ore e ore, senza alterarsi "Il bastone è appeso al bracciolo della tua poltrona, master".
Senza farsene accorgere, toglie dal percorso dello zio gli ostacoli in cui può inciampare (sì perchè adesso lo zio ha davvero bisogno del bastone per muoversi, la sciatica l'ha colpito e non vuole più abbandonarlo) e gli mette vicino gli oggetti che possono servirgli, in modo da consentirgli di non chiedere aiuto. Da qualche giorno però le mani dello zio hanno cominciato anche a tremare, rendendogli impossibili certi gesti e allora il vampiro gliele tiene ferme, accompagnando i suoi movimenti, come farebbe con un bimbo a cui bisogna insegnare a versare l'acqua nel bicchiere.


John Fairboorke, preoccupato per quel rapido declino, cominciò a far venire un giorno sì e uno no il dottore per visitare lo zio acquisito. Eva Wingates Hellsing non aveva bisogno di ascoltare il mesto bollettino del medico alla fine di ogni controllo per rendersi conto che lo stato di salute del parente era critico perchè l'indice della situazione glielo forniva il cagnaccio. Tanto più il vampiro si comportava paternamente col padrone e si rivolgeva con serietà a lei, discutendo di tutte quelle incombenze di cui fino ad allora si era occupato Van Helsing, tanto più questo denotava quanto la salute dello zio peggiorasse.
Arrivò il giorno in cui il vecchio non più forte venne messo a letto e il medico, dopo averlo visitato, disse a nipote e consorte:
- Non si rialzerà e non credo che arriverà alla fine del mese. -
Eva e John discussero a lungo e arrivarono alla conclusione che la soluzione migliore consisteva nel non rivelare ad Abraham la sua condizione critica.
- Facciamolo morire tranquillo. - fu l'idea condivisa da entrambi.
Rientrarono nella camera dell'anziano, attendendo che riprendesse conoscienza e una volta risvegliatosi, gli si fecero intorno pieni di premure, rassicurandolo che si sarebbe ripreso anche da quella ricaduta, benchè sarebbe occorrere più tempo del solito.
Il vecchio però non sembrava ascoltarli. Girava lo sguardo per la stanza, come se cercasse qualcosa e non riuscendola a trovare, si alzò sui gomiti e con voce piena d'angoscia esclamò:
- Il mio cane! Il mio povero cane! I cani fedeli soffrono quando il padrone muore! Non posso andarmene senza salutarlo! -
I nipoti, confusi da quelle parole, non fecero in tempo a rassicurarlo sul fatto che si sbagliava, che non stava morendo, che dal nulla videro il vampiro materializzarsi nella stanza. Forse era rimasto tutto il tempo rintanato in una parete o forse aveva atteso invisibile in un angolo della camera. A grandi passi si accostò al suo Dio infermo e con dolcezza lo rassicurò:
- Sono qui, master. -
- Non potevo morire senza dirti addio. - disse il vecchio, parlando con lo stesso tono di un bambino sconsolato.
- Occorrerà ancora qualche settimana perchè tu muoia. Hai tutto il tempo per salutarmi. - rispose il vampiro e mentre parlava, tornò a far sdraiare l'uomo e gli tirò le coperte fin sotto il mento.

Venne assunta un'infermiera perchè aiutasse la famiglia ad occuparsi del malato. Più volte, nel corso di quelle settimane, la donna esclamò:
- L'incarico più leggero che mi sia capitato in sedici anni di servizio! -
I coniugi Fairboorke non potevano darle torto, dato che il vampiro si accollò molti compiti che sarebbero spettati all'infermiera. Giorno e notte, per tutta la durata dell'agonia del suo Dio, il cane si allontanò dal capezzale del malato solo quando arrivavano i parenti e gli amici di Van Helsing ad accomiatarsi, tutta gente che il nosferatu non sopportava. Vennero anche Jonathan Harker, Holmwood e Seward. Solo Mina non si fece vedere.
A parte queste parentesi, il vampiro restò sempre nella stanza del moribondo, intercettando i suoi bisogni meglio di chiunque altro. Prima ancora che il master articolasse "Ho sete", il nosferatu gli aveva sollevato la nuca, avvicinando il bicchiere colmo d'acqua alle labbra. E ancora, nessuno meglio del cane ricordava quali medicine bisognasse somministragli nel corso della giornata, in quante dosi e quante volte. Una notte in cui era rimasta a vegliare lo zio e nella stanza non c'erano altre orecchie indiscrete che potessero udirli, Eva non riuscì a trattenersi dal chiedere:
- Ti sono grata per tutto quello che fai ma umanamente non riesco a comprenderti. Il tuo Dio ti ha tolto tutto, ti ha schiavizzato, quindi perchè gli sei così devoto? Posso capire questo tuo modo d'agire finchè il master era nel pieno delle sue forze, capace di punirti in ogni momento, ma adesso Dio è debole. Perchè non ne approfitti per vendicarti? -
- Lui mi ha creato, perchè dovrei vendicarmi? - rispose semplicemente il vampiro.
Eva non insistè oltre e lentamente, si addormentò nella poltrona. Era l'alba quando si ridestò e un quadretto singolare si presentò ai suoi occhi. La poltrona era collocata ai piedi del letto e dalla sua angolazione intravedeva lo zio, sdraiato e con gli occhi spalancati, che stringeva convulsamente una mano del vampiro, respirando affannosamente.
" Sta male? " domandò a se stessa la donna. No, in quel caso il vampiro non sarebbe rimasto seduto dov'era, davanti al padrone, stringendogli la mano con quell'espressione paterna sul viso e sorridendo rassicurante. Un senso di attesa gravava nell'aria, impedendo alla nipote di rasserenarsi, a dispetto della tranquillità del nosferatu. Infine, Eva comprese.
Lo zio stava morendo e il cane era lì, ad accompagnarlo sulla Soglia.
Forze contrastanti cozzarono dentro la donna. Il dovere esigeva che dicesse addio allo zio ma una paura atavica la inchiodò alla poltrona. Non voleva vedere Abraham morire, non voleva conservare nella memoria il suo viso terrorizzato. Ma anche quando si fosse inginocchiata al capezzale dello zio, come avrebbe potuto alleviare la sua angoscia? Sarebbe scoppiata a piangere, lo sapeva, già sentiva le lacrime risalirle come lava su per la gola. Avrebbe soltanto aumentato la paura di quel povero vecchio. No, meglio rimanere defilata sulla sua poltrona, lasciando fare al vampiro.
Lui era morto due volte. Quale guida migliore poteva trovare lo zio?
Eva strinse una mano a pugno e se la mise in bocca, mordendosela con forza, per impedire ai singulti di uscirle dalla gola e giungere alle orecchie del vecchio Abraham.
Fu così che Van Helsing morì, portandosi via come ultimo ricordo della Terra gli occhi del suo vampiro che lo guardavano con dolcezza.

I giorni successivi, per la nuova Sir Hellsing, furono caotici. Al funerale da organizzare si sommarono i protocolli burocratici da onorare. Uno dei membri della Tavola Rotonda, la informò che "come portavoce di Sua Maestà e dei Dodici, la investiamo formalmente dell'incarico di nuova guida dell'Ordine dei Cavalieri Protestanti".
Tutti i parenti e gli amici, provenienti sia dal Regno Unito che dall'Olanda, vennero a salutare il vecchio Abraham. Solo Mina mancò all'appello.
Arrivò finalmente il giorno in cui Abraham venne sotterrato e dopo che l'ultimo ospite se ne fu andato, la nuova Sir si buttò a letto, sprofondando in un sonno piombigno. Fu risvegliata prima dell'alba da un pensiero improvviso: cosa ne era stato del vampiro in quei giorni?
Dopo che il master era deceduto, il cane si era ritirato nella sua segreta per non incrociare la folla di amici e parenti che aveva invaso la villa e nessuno l'aveva più visto. Eva si rese conto con angoscia di non avergli mai portato una bottiglia di sangue da allora, presa com'era da altre beghe, nè di aver ordinato ad altri di sbrigare quell'incombenza.
In fretta la donna si alzò dal letto, prese dalla cucina una bottiglia di sangue del giorno prima, che già cominciava a puzzare di rancido e scese correndo le scale che conducevano ai sotterranei. La stanchezza di quei giorni amplificò il suo senso di colpa. Le tornavano in mente le parole dello zio "I cani fedeli soffrono quando il padrone muore!". Lei aveva lasciato quella povera bestia sola e addolorata nella sua cuccia, affamandola per di più! Che razza di master era?
Arrivò al cospetto del non-morto con gli occhi pieni di lacrime e la voce strozzata:
- Scusa vampiro! -
Il cane, assiso sul trono di legno, la guardò stupito:
- Perchè piangi? Perchè ti scusi? -
- Mi sono dimenticata di te. Non sono scesa per controllare come stavi e per portarti da mangiare. -
Il Re-senza-vita sorrise rassicurante:
- Anche se fossi scesa, non sarebbe cambiato nulla. In questi giorni ho dormito nella mia bara, mi sono alzato poche ore fa. Mi sentivo molto stanco, dopo aver vegliato Dio per tutti quei giorni e quelle notti. Anche tu sei stanca, per questo blateri frasi senza senso. Torna su e vestiti, non ti fa bene rimanere in un posto così freddo in camicia da notte e vestaglia. -
La nuova Sir Hellsing non sapeva se davvero il vampiro avesse dormito per tutto quel tempo o parlasse così solo per tranquillizzarla. Di un elemento era certa: anche se avesse realmente trascorso quei giorni nella bara, il riposo non gli era stato di nessun giovamento. Il cane ormai orfano di padrone aveva lo stesso viso tirato che Eva gli aveva visto durante l'agonia del master.
" Forse è normale che abbia questa faccia, in fondo è deceduto il suo Dio. Chissà cosa si prova, quando Dio muore? "
La donna non seppe rispondersi dato che la sua divinità era ancora viva e vegeta, o per lo meno lei ne era fermamente convinta. Rimase di fronte al servo finchè non recuperò la lucidità necessaria per parlare con voce non più tremante:
- Parenti, amici e servi hanno il diritto di conservare un ricordo dello zio e uno per volta li autorizzerò a salire in camera sua per sceglierlo. Io però voglio che tu abbia la precedenza su tutti. La stanza dello zio è intatta, non ho ancora dato il permesso a nessuno di entrarvi. Vai e scegli un ricordo del tuo master. -
Meno di un'ora dopo Eva, ormai vestita, era nell'ufficio che la forza dell'abitudine la spingeva ancora a definire "dello zio" ma che ormai era a tutti gli effetti suo. Inutile tentare di rimettersi a letto, sapeva che il sonno non sarebbe tornato, così aveva deciso di ammirare il sorgere del sole dalle enormi vetrate della stanza.
Il rumore della porta che si apriva alle sue spalle la fece voltare e il cuore le mancò di un battito. Lo zio era tornato dal regno dei morti e si stava dirigendo verso di lei, con addosso il suo pittoresco cappotto rosso e il cappello dello stesso colore.
Uno smarrimento di pochi istanti, giusto il tempo perchè il cervello registrasse che dentro il cappotto non c'era lo zio ma il vampiro. Nuova sorpresa: lo zio era più basso del cane, com'era possibile quindi che al nosferatu il cappotto giungesse fino alle caviglie?
Ma in fondo, perchè sorprendersi? Quell'essere sapeva plasmare la materia. Così com'era in grado di trasformare se stesso in pipistrello, poteva allungare e allargare un cappotto come meglio gli aggradava, giusto?
- Non volevi che prendessi queste cose? - chiese il cane, non sapendo come interpretare lo stupore sul viso della donna.
- Certo che puoi prenderle. Sono solo sorpresa, non credevo che saresti riuscito ad entrare in questo giubbotto. -
Il vampiro abbozzò un ghigno, rassicurato. Dopo di che si curvò a terra. Eva lo guardò senza comprendere cosa stesse facendo. Aveva forse perso qualcosa? Realizzò che il mostro si era inginocchiato di fronte a lei solo quando gli sentì dire:
- Order, my master. -
All'inizio, fu come essere spinta sotto una doccia gelata: un'evento talmente improvviso da lasciarti priva di sensazioni. La mente della donna ebbe bisogno di alcuni istanti per cogliere in tutta la sua portata il significato di quell'atto.
L'aveva scelta! Il vampiro l'aveva accettata come master!
Nessuna onoreficienza reale avrebbe potuto darle il senso di trionfo e orgoglio che master Eva provò in quel momento! Le tre parole che le aveva rivolto il Re-senza-vita se l'era guadagnate, sudando sangue e disperazione, per sei lunghissimi anni!
Il vampiro sollevò la testa, guardandola nelle pupille e tornando a ripetere:
- Order, my master. -
- Riposati. - rispose la padrona con decisione - Per adesso non c'è niente da fare e tu sei più sfinito di quel che vorresti farmi credere, quindi pensa solo a dormire e a mangiare. -
Il vampiro ghignò apertamente:
- Ya, my master. -

Van Helsing aveva fatto un ottimo lavoro. Durante i primi mesi del suo apprendistato, quando Eva sentiva affermare allo zio che aveva domato il Conte, la ragazza non aveva avuto la percezione della profondità da attribuire al significato della parola "domare". In che senso andasse intesa quell'espressione, lo comprese solo nel corso degli anni.
Van Helsing aveva spezzato, annichilito e sottomesso il rivale. L'aveva distrutto, mentalmente ancor prima che fisicamente. Aveva voluto crearsi un cane ubbidiente, uno schiavo che l'adorasse come un Dio ed era pienamente riuscito nell'intento. Il vampiro senza più nome di master Abraham si considerava davvero il cane del padrone, vivendo nell'attesa di ricevere un complimento e una carezza da parte del grande vecchio e la sua mente schiavizzata trascorreva tutto il tempo nell'adorazione del suo Dio mortale.
Per tutte queste ragioni, durante i mesi che seguirono il decesso di master Abraham, il cane a due gambe di Hellsing Manor si aggirò per la sua enerome cuccia senza sapere cosa fare di se stesso. Aveva trascorso ventotto anni a riverire Dio, adattando il suo passo, i suoi gesti, il tono della propria voce a quelli del forte vecchio, diventando un'appendice del medico olandese. Ventotto anni che per il vampiro senza nome erano stati l'equivalente di una vita intera.
Sapeva di essere tornato sulla terra grazie alla Creazione del Vecchio ma spesso si domandava se realmente c'era stata un'altra esistenza, prima che Van Helsing versasse il proprio sangue sulle sue ceneri. Nel corso dei primi mesi dopo la sua nascita ( o doveva definirla rinascita? ) era stato certo di aver vissuto altro. Poi però i ricordi si erano offuscati e presto si era convinto che le fugaci visioni che saltuariamente gli attraversavano la mente a base di battaglie contro umani e vampiri, castelli arroccati sui monti, donne e figli fossero soltanto sogni anzi incubi che lo assillavano quando dormiva e che saltuariamente ricordava da sveglio. Aveva quindi finito con il convincersi che prima che Van Helsing lo creasse ci fosse stato il Nulla.
Per questo, adesso che Dio non c'era più, gli veniva a mancare l'occupazione di un'intera esistenza ( o non-esistenza ) e bighellonava disorientato e senza scopo per Hellsing Manor. In un primo tempo, aveva cercato di sostituire Abraham con Eva ma la nuova master aveva liquidato quell'atteggiamento in modo categorico:
- Non sono mio zio. A lui faceva piacere essere seguito da un'ombra devota e silenziosa, a me no. Non mi piacciono i cani che rimangono accucciati per ore ai piedi del padrone, annoiati ma fedeli. Preferisco i cani indipendenti, quelli che quando li porti a spasso e gli togli il guinzaglio, poi non ne vogliono sapere di tornare da te. Li chiami, fischi, loro si materializzano a qualche metro di distanza per farti capire che sono ancora vivi e presenti e poi tornano a scorrazzare per i prati. Ti fanno dannare l'anima ma al contempo dimostrano di avere una personalità. Ho litigato con te per sei anni, mi hai abituata a battagliare furiosamenti e adesso pretendi che butti tutto a mare e accetti di vederti diventare un'ombra che mi dice sempre "Sì, hai ragione"? Scordatelo! Oltretutto, non sarebbe neanche divertente. Tentare di chiuderti il becco quando mi punzecchi è un passatempo niente male, sai? E allora perchè dovrei rinunciarvi? -
Il cane l'aveva guardata avvilito. Quelle parole gli avevano fatto lo stesso effetto delle bastonate di Abraham. Master Eva sentì di compatire l'essere che le stava di fronte così grande, grosso e feroce e in quel momento anche così smarrito. Con più dolcezza, disse:
- Le ore che dedicavi a Dio adesso usale per te stesso. -
Il mostro non capiva. Nei suoi ventotto anni di vita mai si era occupato di se stesso, preso com'era ad accudire il forte vecchio.
- Come si fa? -
- Fai ciò che ti fa stare bene, ti dà piacere e ti rilassa. -
Il vampiro che continuava a non avere un nome rimase perplesso e la padrona chiuse il discorso commentando:
- Imparerai. Dai tempo al tempo. -

Master Eva era curiosa. Capiva che il cane di Van Helsing aveva i mesi contati, non fisicamente ma caratterialmente. La fine di Dio Abraham aveva segnato l'inizio dell'agonia dello schiavo che dominava la mente del vampiro e una volta che fosse morto, avrebbe lasciato il posto ad una nuova personalità. Qualcuno che non sarebbe stato Dracula, dato che ormai il Conte era sepolto definitivamente ma non sarebbe stato nemmeno il cane di Abraham. Sarebbe sorta una terza persona, qualcuno che solo in parte avrebbe tenuto dentro di sè gli scampoli di Dracula e del Cane, unendoli a qualcosa di nuovo e originale.
Il tempo le diede ragione. Ogni giorno un pezzetto del cane di Van Helsing moriva e attraverso il vuoto lasciato master Eva vedeva come attraverso una finestrella il Nuovo Vampiro avanzare. Somigliava molto al mostro indisponente con cui aveva ferocemente battagliato fino ad allora e la cosa non le dispiacque: le sarebbe seccato sommamente dover ricominciare tutto daccapo con uno sconosciuto.
Il nuovo vampiro si comportava come il camerata che Eva conosceva così bene cioè stimava profondamente la master ma si riservava comunque il diritto di continuare a punzecchiarla e a Sir Hellsing andava bene così. Dopo più di sei anni di guerre furiose Eva si era abituata a quei duelli verbali e accettava quelle provocazioni con divertimento, gongolando ogni volta che riusciva a tappare la bocca al cane con qualche risposta arguta.
Le lunghe ore trascorse in automobile per giungere ai luoghi infestati, diventarono delle oasi di svago nell'esistenza indaffarata di Sir Hellsing, anche perchè il vampiro non le girava più a tradimento lo sterzo, lasciando che la master prendesse le strade che preferiva. Ma non sempre quei lunghi tragitti trascorrevano fra provocazioni e battute di risposta.

Lo zio diceva spesso che la non-vita del vampiro era cominciata nel momento stesso in cui lo aveva strappato dalla morte. I secoli precedenti non contavano, andavano cancellati dalla mente del cane. Devo ammettere che era riuscito nel suo intento. Nei sei anni in cui sono stata l'apprendista dello zio, solo una volta al vampiro è sfuggito un ricordo della sua esistenza precedente, quando lo chiamai in ufficio per concedergli una serata libera e lui mi raccontò di come ammirava il suo regno dal ciglio di una scarpata.
Non feci parola con lo zio di quella discussione perchè sapevo che non l'avrebbe apprezzata. Adamo era nato con la sua Creazione, nella testa del mostro non doveva esserci spazio per nient'altro che non fosse la contemplazione di Dio Abraham. Con questa consapevolezza, nel corso degli anni mi sono convinta che il racconto sfuggito dalle labbra del vampiro fosse un "regalo", qualcosa che aveva concesso a me e a nessun'altro. E anche una "messa alla prova", pronto a farmela pagare se avesse scoperto che avevo spifferato il suo regalo ad altri. Per questi motivi, penso che la cancellazione di qualsiasi ricordo dalla testa del vampiro fosse solo apparentemente merito dello zio.
Ti prego zio Abraham, non te la prendere dall'alto dei Cieli ma siamo sinceri: peccavi di superbia. Soprattutto per quel che concerneva il vampiro, eri convinto che tutto partisse e terminasse da te e in te. Rifiutavi di considerare che il tuo cane possedesse un'intelligenza maggiore di quel che credevi.
Ultimamente mi vado convincendo che l'apparente "tabula rasa" fatta nella mente del vampiro, sia opera del nosferatu stesso. Ricordare in presenza di Van Helsing era pericoloso, le persone che in quei ricordi comparivano sarebbero state nella migliore delle ipotesi denigrate e allora meglio proteggerle chiudendole in un ripostiglio del cervello e lasciando che il tempo ammucchiasse polvere e ragnatele su quella porta e arrugginisse la serratura. E se capitava che saltassero fuori durante i suoi sogni, il mostro li avrebbe considerati come tali, qualcosa che non era realmente esistito.
Adesso però master Abraham è defunto, master Eva non sembra prendersela all'idea che il cane abbia un'esistenza secolare alle spalle e quindi non è più così pressante tenere chiusa la porta dello sgabuzzino. Il risultato è che i suoi ricordi zampillano dalle fessure della porta coperta dalle ragnatele, venendo lentamente a galla.
Me ne informa durante gli spostamenti in automobile, anche se sono convinta che quel che mi racconta è solo una parte, e la meno importante, di ciò che riaffiora dalla sua mente. Ancora non si fida interamente di me, non sa in quanto somigli o meno allo zio. Sonda il terreno con le parole e se l'esito gli sembrerà positivo e io degna di fiducia, probabilmente nei prossimi anni ne scoprirò delle belle su di lui. Per adesso mi devo accontentare di rivelazioni poco eclatanti ma per quanto banali possano essere, hanno sul vampiro lo stesso effetto di una delle bastonate dello zio. Si stupisce lui per primo di riscoprire che tanto tempo prima è stato un essere libero, signore di un territorio, padrone di tanti servi e marito di molte mogli.
" Te ne rendi conto, master? Una volta ero questo! " esclama sbalordito.
Ho come il sospetto che abbia anche qualche figlio sparso per il mondo ma i suoi ricordi sull'argomento latitano o almeno così vuol farmi intendere. Presumo sia uno di quegli argomenti di cui mi metterà al corrente se e quando gli sembrerò degna di fiducia e non posso dargli torto. Se questi rampolli sono a loro volta vampiri, è rischioso informare un'Hellsing della loro esistenza. A me personalmente, finchè non mettono piede in Gran Bretagna, non interessa dargli la caccia ma penso che lo zio fosse di altre opinioni. Considerava una missione divina sterminare ogni membro del clan Dracula. Se davvero il cane avesse avuto dei cuccioli vampiro, lo zio sarebbe stato capace di inseguirli fino al Polo Nord per infilargli un paletto nel cuore.
Ammetto che spesso mi domando quanto bene faccia al vampiro recuperare il suo passato. Ogni ricordo finisce col metterlo a confronto con la schiavitù in cui versa adesso e con il fallimento che l'ha condotto a questa condizione. Un misto di vergogna e di rabbia verso se stesso è diventato suo compagno costante, fedele come l'ombra.


Presto si profilò all'orizzonte un problema ben più grave dello stato d'animo del cagnaccio.
Abraham Van Helsing aveva mantenuto alta la forza del Patto di Cromwell e la nipote non aveva osato contravvenire all'avvertimento dello zio di non abbassarla, pena il rischio che il vampiro recuperasse la sua forza e si rivoltasse contro la padrona. Tenere alto il livello dei sigilli comportava però che il cane avesse debolezze quasi umane, di conseguenza non c'era missione da cui non tornasse con la carne squarciata e le ossa rotte. Finchè Abraham Van Helsing era stato in vita, ciò non aveva costituito un problema. Il dottore sapeva come alleviare le pene di quel corpo martoriato ma per sua nipote, digiuna di qualsiasi nozione medica, quel vampiro pieno di sbrani da ricucire era solo un'enorme rogna.
Prima di morire, lo zio le aveva lasciato il nome di un dottore suo amico, un tipo in gamba, consapevole di dover fingere che il tizio che abitava nelle segrete della villa fosse umano. Il problema è che non sempre il signore in questione poteva arrivare a spron battuto. Capitava che dal momento in cui veniva allertato al momento in cui suonava al campanello della villa potessero trascorrere anche molte ore e in quei casi, le operazioni di primo soccorso dovevano essere svolte dai coniugi Fairboorke. In teoria. In pratica, quest'incombenza ricadeva tutte sulle spalle di master Eva.
- Io non scendo in quello scantinato per curarlo. Il sangue mi fa impressione. - affermava con decisione John Fairboorke.
- Perchè, credi che a me faccia meno impressione? - rispondeva la moglie che già si sentiva cedere le ginocchia all'idea di mettere le mani su quel corpo devastato e la prospettiva di dover svolgere una simile impresa da sola non faceva che aumentare la sua tremarella. Per il marito, la soluzione era semplice:
- Aspettiamo l'arrivo del dottore. Perchè dobbiamo angustiarci tanto per quel vampiro? In fondo, è solo un mostro. -
- Anche se è un mostro, per il Patto di Cromwell la sua capacità di percepire il dolore è analoga alla nostra. Non mi sembra il caso di farlo soffrire come un cane per tutte queste ore. -
- Allora diamogli l'occorrente per medicarsi e che se la sbrighi lui. -
- Me lo sono vista tornare alla macchina con una lamiera che gli trapassava la coscia da parte a parte. Se l'è tolta da solo. Dobbiamo anche pretendere che si curi da solo? -
- Io lo pretendo, sì. Considerando come mi tratta, non vedo perchè dovrei prendermela tanto a cuore per lui. Chi semina vento raccoglie tempesta. Gli sto solo restituendo tutte le cortesie che mi riserva quotidianamente! -
A quel punto alla moglie non restava che arrendersi. Umanamente, non poteva pretendere altro dal coniuge. Il vampiro obbediva solo a lei e a lei toccava averne cura.
Quella situazione angustiava il nosferatu quanto la sua padrona. Il non-morto non aveva mai trovato nulla da ridire sulle cure di master Abraham perchè il dottore, ancor prima che il suo signore e padrone, era stato il suo Dio e al mostro era parso inconcepibile allontanare da sè le mani di chi l'aveva creato. Master Eva, invece, non era la sua Dea ma semplicemente la sua padrona e l'orgoglio guerriero del vampiro usciva umiliato dalla prospettiva di lasciarsi spogliare e accudire dalla sua signora come fosse un infermo.

- Faccio io...faccio io... - farfuglia, senza neanche avere la forza di parlare.
Lo accontento e lascio accanto a lui la cassetta con le bende. Torno al piano di sopra e conto con ansia i minuti, combattuta fra il desiderio di tornare giù e accertarmi che stia bene e la paura di quel che mi si può presentare davanti agli occhi e che mi spinge a rimandare l'incontro il più tardi possibile. Dopo un'ora di quell'angosciante attesa, prendo una bottiglia di sangue per rifocillarlo e scendo nella segreta.
Lo trovo per come l'avevo lasciato, bende e sulfamidici ancora nella scatola, troppo esausto per muovere un dito.
Mi siedo accanto a lui e con un panno cerco di pulirgli il viso dal sangue rappreso. Solleva su di me uno sguardo umiliato. Cerco di consolarlo ma so che le mie sono parole vane. Se fossi al suo posto, reagirei esattamente come lui.

Un anno trascorse in quel modo e master Eva riflettè a lungo su come risolvere la situazione. Da qualsiasi punto analizzasse il problema, le sembrava che l'unica soluzione plausibile fosse abbassare la forza del Patto di Cromwell.

Proprio ciò che lo zio mi ha ripetuto fino allo sfinimento di NON fare! Sono combattuta. La prudenza mi consiglia di ascoltarlo, mi dice che nessuno meglio di colui che ha sottomesso il vampiro può sapere a quali rischi andrei incontro. La ragione però va in un'altra direzione.
Più rifletto sulla questione, più mi domando quanto realmente lo zio conoscesse il suo cane. Ha dovuto essere spietato per addomesticare la belva ma una volta raggiunto lo scopo, non ha pensato di cambiare modo d'agire, temendo che il mostro potesse ribellarsi con un polso meno fermo. Abraham Van Helsing ha avuto il coraggio di rischiare strappando dalla morte Dracula ma non ha poi avuto la forza di rimettersi nuovamente in gioco col suo mostro addomesticato. Ha preteso dal cane un'obbedienza assoluta, senza concedergli margini di espressione e il risultato è che ha dovuto attendere più di vent'anni per scoprire una banalità come i gusti del suo vampiro. Ha dovuto aspettare che una pivella come me litigasse col mostro per venire a sapere che al cane piace il sangue di cavallo ma non quello di montone.
Forse peccherò di superbia, non dico di no, ma credo che tutte le diatribe che ho ingaggiato col vampiro, per quanto spossanti siano state, mi abbiano permesso di comprenderlo molto più profondamente di quanto sia riuscito a fare lo zio. Per questo adesso mi domando se sia davvero così rischioso abbassare la potenza del Patto di Cromwell. Un Patto, per essere tale, non dovrebbe basarsi sulla costrizione ma su di un'intesa fra i contraenti. Un po' per questo, un po' per la conoscenza che ho del vampiro, che fra l'altro non è più il cane di Van Helsing, penso che il Patto possa reggersi anche senza tenere al massimo la forza dei sigilli.

Master Eva procedette con i piedi di piombo. Per mesi e mesi continuò a scervellarsi se quella fosse davvero la soluzione migliore da attuare. Non voleva agire avventatamente: un passo falso col vampiro avrebbe significato la castrofe, la morte per lei e tutti coloro che abitavano dentro Hellsing Manor e chissà quante vittime per l'intero Regno Unito.
Prese le sue decisioni da sola, senza informare dei suoi dubbi nè il marito nè i membri della Tavola Rotonda. Sapeva che tutti quegli uomini si sarebbero ribellati all'idea di allentare il guinzaglio del mostro ma del resto nessuno di loro conosceva il cane bene quanto lei. No, essere la master implicava una solitudine congenita col ruolo. Il vampiro obbediva solo a lei e solo lei poteva occuparsi di lui.
Quando fu certa della propria scelta, chiamò il non-morto in ufficio e senza preamboli lo informò:
- Ho deciso di abbassare la forza dei quattro sigilli di Cromwell. Terrò sotto il mio controllo il Livello Zero ma gli altri Livelli te li gestirai da solo come meglio credi. -

E' rimasto a fissarmi per lunghi istanti in un silenzio attonito. Infine, con cautela, ha chiesto:
- Ti rendi conto di cosa stai facendo? -
Abbiamo discusso a lungo. Non riusciva a capacitarsi che pur essendo consapevole di quanto rischiavo, fossi disposta a compiere un simile passo. Se il vampiro era stupito, io lo ero ancora di più: pensavo che avrebbe accolto con gioia una simile notizia e invece eccolo lì, pignolo come un avvocato dell'accusa, intento a spaccare il capello in quattro alla ricerca di un pericolo che avevo sottovalutato da sbattermi sotto il naso.
- Fammi capire, ti fa schifo l'idea di tornare a padroneggiare i tuoi poteri, inclusa la rigenerazione? Non sarà più necessario che ti ricucia come un sacco dopo ogni scontro, sarai capace di rimarginarti da solo le ferite. Già solo per questo dovresti fare i salti di gioia, invece sembri quasi offeso! -
- I salti di gioia meritano di essere fatti solo se ne vale la pena. Quello che sto cercando di fare adesso è proprio capire se valga la pena di saltare o meno. Se davvero hai considerato tutti i rischi a cui vai incontro e nonostante ciò hai deciso di darmi tanta fiducia da restituirmi il controllo di quattro sigilli, allora sì che vale la pena saltare. Ma se questa decisione è frutto di superficialità o stupidità, non c'è motivo per cui dovrei gioire. -
- Insomma, ti secca l'idea che ti sottovaluti. -
- Precisamente! -
Non avevo considerato la questione sotto questo punto di vista e ammetto che cominciai a sudare freddo. Un dubbio s'insinuò in me: forse il vampiro si sarebbe sentito autorizzato a sbranarmi insieme a tutti gli abitanti di questa casa se si fosse convinto che gli avevo restituito il controllo su quattro Livelli non per fiducia nei suoi confronti ma perchè lo giudicavo alla stregua di un innocuo barboncino. Cominciai freneticamente a fare i conti con la mia coscienza: le mie azioni erano dettate più dalla fiducia nel vampiro o nelle mie capacità? Ero lì a lambiccarmi il cervello quando il vampiro sparò la sua cannonata, il colpo segreto che aveva tenuto per sè fin dal principio della discussione:
- Sei pronta a rischiare, questo l'ho capito ma sei disposta a rischiare anche la vita dell'inquilino che si trova dentro di te? -
Sobbalzai sulla sedia:
- Come fai a sapere che sono incinta? Non l'ho detto a nessuno! A dire il vero, ancora non ne sono sicura nemmeno io! -
- Il sangue non rimane uguale per tutta la vita. Ogni passaggio di età, ogni evento importante dell'esistenza, ogni cambiamento rilevante nella persona, gli imprimono un sapore diverso. Due settimane fa ti feristi e mi facesti leccare il tuo sangue. Il suo sapore era molto diverso dalle volte precedenti e ho immaginato quale potesse esserne la causa. -
Due settimane fa nemmeno sospettavo di essere incinta. Accidenti a lui, più accurato di una visita medica! Be', in fondo la situazione poteva giocare a mio vantaggio:
- No, non sono disposta a rischiare la vita di chi porto dentro. Questo dovrebbe convincerti sulla cautela con cui ho preso la mia decisione. -
E' rimasto ad osservarmi in silenzio poi ha chiuso gli occhi e sollevato leggermente il mento, lo stesso gesto che farebbe un alpinista intento a respirare l'aria montana, pulita e fresca. Con un mezzo sorriso, ha detto:
- Ho trascorso in schiavitù tanto di quel tempo che avevo dimenticato cosa si prova ad essere trattati come una persona. -
Nuovo stupore da parte mia. No, ammetto di non aver considerato la situazione nemmeno da quel punto di vista. Non avevo pensato che restituirgli il controllo di quattro livelli volesse dire restituirgli anche la dignità di una persona. E' rimasto per un po' in quella posizione, poi ha riabbassato lo sguardo su di me annunciando:
- Non voglio sia un regalo che il padrone concede al cane. Voglio che sia un patto fra persone eguali. Corri un rischio a concedermi di controllare quattro livelli. E' giusto che contraccambi rischiando qualcosa anch'io quindi divorerò le mie stesse ali, per rendermi più docile. -
Così dicendo ha steso un braccio, facendo l'atto di stringermi la mano. Non ho ricambiato il gesto, prima dovevo capire in cosa mi stavo impegnando, così ho chiesto:
- Aspetta, non ti seguo. Cosa vuol dire questa frase? -
- Vuol dire che ciò che Dio Abraham ha ottenuto con la costrizione, tu e chi discenderà da te lo otterrete rinnovando questo accordo, generazione dopo generazione. M'impegno ad essere docile con la tua stirpe. Divorerò la mia ferocia per non mangiare chi avrà il tuo sangue e veglierò sulla tua discendenza.-
Il patto sembrava allettante ma per il vampiro comportava delle controindicazioni.
- Sicuro di non darti la zappa sui piedi? Divorare la tua stessa ferocia non ti renderebbe debole contro gli avversari? -
- Non temere, all'occorrenza saprò recuperarla. La legherò al Livello Zero e quando lo libererai, soffierò fuori le mie ali e le dispiegherò in tutta la loro potenza ma non contro gli Hellsing. -
Mi sono concessa ancora un altro po' di tempo ma più per fare scena che per decidere. Avvertivo la sincerità delle parole del vampiro e ormai sapevo quale strada intraprendere. Mi sono alzata e gli ho stretto la mano.
Adesso il Patto di Cromwell è realmente sigillato.

John Fairboorke, solitamente accondiscendente, quella volta s'impuntò.
- Non ti mando incinta a spasso per l'Inghilterra a caccia di mostri! -
- Ma c'è il vampiro con me. -
- E' proprio la presenza di quell'incosciente a preoccuparmi! -
Sir Hellsing sospirò:
- Cosa dovrei fare, secondo te? Mandarlo al lavoro da solo? -
- Non sarebbe un'idea malvagia. -
Un'immagine s'impossessò della mente di master Eva, vivida come se accadesse davanti ai suoi occhi. Un Redcap correva fulmineo per un prato, zigzagando nel tentare di sfuggire al pericolo e dietro di lui il vampiro che ghignando guidava l'aumobile a folle velocità, tentando di spiaccicare il folletto sotto le ruote.
- Non se ne parla nemmeno, John! Il vampiro alla guida della macchina è troppo pericoloso! Zigzagando a tutta birra dietro a un Redcap, finirebbe per farla accappottare. Inoltre non si ferma per far attraversare le vecchiette! -
- Allora guiderò io e lo accompagnerò sui siti da disinfestare. Tu resterai a casa, su questo sono irremovibile! -
L'idea di rimanere nove mesi chiusa in casa a fare la calza non allettava master Eva ma una volta tanto che il consorte si mostrava deciso a svolgere un lavoro all'interno dell'Ordine dei Cavalieri Protestanti le sembrava un delitto lasciar sfumare quello zelo, così accettò la proposta e scese nelle segrete per informare il vampiro che dalla prossima missione sarebbe stato accompagnato da John Fairboorke.
Il nosferatu accolse la notizia con aria offesa:
- Non ti fidi di me, master? Credi che sia un incosciente? Se per te e per l'erede ci fossero pericoli, sarei il primo ad avvertirti di rimanere ad Hellsing Manor. Invece pericoli non ce ne sono, non finchè rimarrete sotto la mia protezione. Arriviamo sul luogo da disinfestare, scendo a massacrare il mostro, tu mi aspetti chiusa in macchina e con la rivoltella sulle ginocchia. Niente di male può accadervi in mia compagnia quindi perchè vuoi spedirmi al lavoro con tuo marito? -
Master Eva sospettava fosse meglio non rivelare che l'ordine era partito da John Fairboorke così tentò di giustificarsi rispondendo:
- Potrebbe nuocermi alla salute... -
Le sopracciglia del vampiro si aggrottarono ancora di più:
- Molte delle mie donne si scalmanavano fino a poche ore prima di partorire senza che accadesse niente a loro e al marmocchio. Tu sei una scavezzacollo dello stesso tipo, non riusciresti a rimanere con le mani in mano per nove mesi, quindi smettila di raccontarmi frottole e spiegami perchè vuoi rintanarti in casa. -
Master Eva spalancò gli occhi, stupita: allora aveva sospettato giusto, il suo vampiro aveva seminato degli eredi per il vasto mondo. Peccato che in quel momento non potesse perder tempo a fargli domande in merito, dovendo discutere di qualcosa di più pressante. Messa alle strette, la donna confessò:
- John è preoccupato per la mia salute. -
La fronte del vampiro si distese:
- Quindi è lui che ha chiesto di venire a caccia di mostri con me? Daccordo allora, andrò a lavorare con John Fairboorke. -
L'arrendevolezza del nosferatu insospettì master Eva e fu con contrarietà che pochi giorni dopo accolse la notizia che in un immissario del lago Lomond era stata segnalata la presenza di un Kelpie. Affidare al marito come prima missione un lavoro così impegnativo e lontano (in Scozia!) obbligandolo a rimanere in compagnia del vampiro per un bel po' di giorni, le sembrava un azzardo.
- Vengo con voi! - propose la donna ma il consorte rifiutò con decisione.
- Saprò cavarmela, vedrai. -
Master Eva nutriva più di un dubbio in merito e nel tentativo di alleviare le fatiche di John scese nei sotterranei della villa con una scatola in mano. Il vampiro guardò l'oggetto con disappunto.
- Devo proprio? - chiese.
- Certo e ti farai rinchiudere qui dentro anche quando dovrete tornare a casa. Trasformati in pipistrello. -

John Fairboorke tornò a casa undici giorni dopo essere partito, quando la moglie stava ormai ammattendo dalla preoccupazione chiedendosi perchè uomo e vampiro impiegassero così tanto tempo e immaginando i più foschi scenari. Il Kelpie aveva divorato John? Il vampiro aveva abbandonato suo marito nella brughiera scozzese lasciandolo morire di freddo e di fame? Niente di tutto questo, come le spiegò il consorte finalmente a casa:
- Sono occorse due notti di ricerca per scovare il Kelpie e una volta trovato, il vampiro l'ha eliminato dopo aver lottato con lui per un paio d'ore. Probabilmente era capace di ucciderlo in molto meno tempo ma immagino volesse divertirsi un po' con quel mostro. -
- E nei rimanenti nove giorni cosa diavolo avete fatto?! - chiese Eva, costernata.
Con imbarazzo, John confessò:
- Il giro turistico della Scozia. -
- Cooosa?! Io ero qui a macerarmi d'ansia... -
- Mi ha obbligato! - esclamò il marito, interrompendola - Eliminato il Kelpie, il vampiro mi ha costretto a guidare fino a Loch Ness, dicendo che voleva azzuffarsi anche col mostro di quel lago. -
- Ma gli avevo ordinato di trasformarsi in pipistrello e farsi rinchiudere nella scatola per tornare a casa! -
- Lo so ma lui interpreta le parole a modo suo. Prima di intraprendere il viaggio di ritorno, si è davvero trasformato in pipistrello e lasciato rinchiudere nella scatola però ha voluto stabilire lui quando era il momento di tornare a casa. Era deciso a bighellonare per la Scozia e ad avvistare Nessie prima di avviarsi verso Hellsing Manor e non sono riuscito a fargli cambiare idea. Siamo rimasti due notti a prendere l'umido in riva al Loch Ness senza che il mostro si lasciasse vedere, il vampiro blaterava di utilizzarmi come esca per far emergere il serpentone acquatico e ho temuto che volesse far seguire alle parole i fatti. Finalmente si è scocciato di attendere Nessie e mi ha costretto a scarrozzarlo in gita turistica per i dintorni. Fra le tante tappe, siamo entrati in un maniero infestato dagli spiriti e ha fatto a pugni con il fantasma che vi abitava. Non so come ci sia riuscito, visto che gli spettri sono incorporei e gli oggetti li attraversano ma giuro di aver visto con i miei occhi il vampiro far saltare gli incisivi al fantasma del Duca con un cazzotto. Solo dopo quella zuffa ha accettato di tornare a casa. -
Master Eva era furiosa. Come aveva osato il cagnaccio contravvenire così ai suoi ordini? Stava per scendere nelle segrete a cantargliene quattro quando John, abbassando gli occhi per la vergogna, aggiunse:
- Credo di non essere tagliato per questo lavoro. -
La furia di master Eva sbollì di colpo:
- Stai dicendo che accetti che io vada a spasso per il Regno, incinta, a caccia di mostri scortata da un vampiro? -
Umiliato, John fece segno di sì con la testa:
- Ubbidisce solo a te. -
La donna sapeva che avrebbe dovuto comunque rimproverare il non-morto eppure non ne aveva più la minima voglia. Se avesse dato retta ai suoi desideri più profondi, avrebbe detto "grazie" al Re-senza-vita ma dato che a fare le spese della sua liberazione era stato il marito, le parve ingiusto pronunciare quella parola. Decise così di non dire niente, nè rimproveri nè ringraziamenti. Riprese il suo posto di guida accanto al servo e proseguì nel lavoro.

John Fairboorke schiattava d'orgoglio per il maschietto che era nato ma la sua felicità fu di breve durata.
- Per piacere, vai nella segreta del vampiro e conducilo qui. - gli disse la moglie, qualche ora dopo il parto.
Il marito non riusciva a credere alle sue orecchie:
- Perchè dovrei far entrare qui quel terzo incomodo? Cosa c'entra lui? -
- Nostro figlio sarà il suo futuro master, prima lo conosce e meglio è. Già da domani potrebbe cominciare il via vai di parenti e amici che vengono a far visita. Sai che il vampiro non li sopporta e loro non sopportano lui. Il cagnaccio si rinchiuderebbe nella sua segreta finchè la villa non tornasse silenziosa, ma a quel punto una moltitudine di persone avrebbe conosciuto Arthur prima di lui. -
- E allora? Che male c'è se incontra il bambino dopo gli altri? A rigor di logica, sarebbe giusto così: parenti e amici non hanno forse la precedenza sui servi?-
Master Eva era di un'altra opinione. Avvertiva che sarebbe stato molto più salutare non lasciare in disparte il non-morto in quel frangente, così tornò alla carica:
- Questo servo, come lo chiami tu, è il futuro del nostro bambino quindi meglio non ferire il suo orgoglio. Adesso, per piacere, vai a chiamarlo? -
- No! - s'impuntò il marito. Era passato sopra a tante cose, da quando era entrato a far parte di quella famiglia ma adesso gli sembrava che si stesse passando il segno.
- Non permetterò a quel lurido mostro di entrare nella mia camera, dove mia moglie giace in camicia da notte sul mio letto e con mio figlio accanto! -
La pazienza della donna aveva raggiunto il limite e con astio replicò:
- Ti ricordo che questa è la MIA camera, che si trova nella MIA villa e dato che tu sei MIO marito, saresti così gentile da andare alla ricerca del MIO vampiro, così che possa fargli conoscere MIO figlio? Oppure devo alzarmi, prendere in braccio il bambino e scendere giù nelle segrete in camicia da notte per farglielo vedere? -
- Sei una donna insopportabile! - Ringhiò John Fairboorke e girando sui tacchi, andò alla ricerca del mostro.

Master Eva attendeva seduta sul bordo del letto, col neonato in braccio. Quando il vampiro le fu davanti, ordinò:
- Allunga le braccia. -
Il non-morto ubbidì e la donna gli mise il bambino sulle mani spiegando:
- E' mio figlio Arthur. -
Il vampiro avvicinò a sè il piccolo con gesto esperto. Osservò il faccino ancora grinzoso, poi tornò a guardare la padrona e ghignando parlò:
- Quando nasce un bambino, viene fatto annusare al cane di casa, in modo da fargli capire che si tratta di un nuovo membro della famiglia e non di un'estraneo che può attaccare. E' quello che stai facendo con me, master? Mi stai facendo annusare tuo figlio per impedirmi di sbranarlo? -
- Qualcosa del genere - ammise la donna.
Il vampiro tornò ad osservare il neonato:
- Non era necessario farmelo annusare. Avevamo già stabilito nove mesi fa che avrei divorato le mie stesse ali per rendermi più docile. Credi che abbia scordato la promessa fatta, di vegliare e proteggere la tua stirpe? -
- No, ero certa che non l'avevi dimenticata, però mi è sembrato giusto mostrarti prima che agli altri il master del tuo futuro. Così come mi è sembrato giusto che Arthur conoscesse le tue braccia prima di quelle di tanti altri. -
Un'espressione soddisfatta passò sul viso del servo, che si sentì comunque autorizzato ad avvertire:
- Vegliare sulla tua discendenza è un conto, accettare automaticamente un neonato come master è un altro. Lo accetterò come padrone solo se ne sarà degno. -
Allungò le braccia, restituendo il figlio alla madre. Per quel giorno, l'aveva fiutato abbastanza.

Qualche mese dopo che il piccolo Arthur aveva imparato a camminare, la signora Jackson si presentò al cospetto di Eva dicendo:
- Signora, non sono una persona che si tira indietro quando c'è da lavorare ma se le mie mansioni di bambinaia in questa casa devono consistere unicamente nel pulire il sederino di suo figlio, allora preferirei tornare alla mia fattoria per cambiare il pannolino ai miei bambini, attualmente tutti accuditi da quella povera vecchia di mia suocera. La bambinaia dovrebbe occuparsi anche dell'educazione dei piccoli ma come posso educare un bambino che sta sempre aggrappato al cappotto rosso del vostro guardiano? Arthur viene da me solo quando ha fame o deve fare i bisognini e poi scappa da quella faccia da forca. -
Alla signora Jackson, come a tutto il personale domestico di Casa Hellsing, non piaceva quel tizio senza nome che si era impossessato del cappotto e del cappello del vecchio padron Abraham. Eva la rimproverò: comprendeva l'antipatia della donna ma non aveva diritto di insultare gli abitanti della casa davanti a Sir Hellsing. La bambinaia si scusò e dopo che fu uscita dall'ufficio, master Eva si diresse verso la segreta del vampiro.
La balia aveva ragione, da quando Arthur aveva imparato a camminare trascorreva tutto il suo tempo attaccato alle falde del cappotto del vampiro. Il padre storceva il naso di fronte a quell'assiduità mentre la madre non trovava nulla da ridire. Il vampiro, a differenza di tutti gli altri abitanti della villa, era l'unico a non viziare il bambino e di questo Eva non poteva che esserne contenta. E' vero, ad essere sinceri c'era da stupirsi del perchè il piccolo preferisse la compagnia del nosferatu a quella di chiunque altro, visto che nell'atteggiamento del succhiasangue non c'era niente che potesse accattivare le simpatie di un bambino. Il vampiro camminava per i corridoi della villa, apparentemente ignaro dell'esserino aggrappato ai suoi indumenti ma era un'indifferenza solo apparente. Quando il cucciolo cadeva, il nosferatu si fermava. Non lo aiutava a rialzarsi, non lo consolava con voce melensa e paroline dolci ma in tono calmo lo incitava:
- Non è niente. Rialzati, lo sai fare. -
Arthur eseguiva, tornava ad attaccarsi al cappotto e il vampiro riprendeva la sua strada. Forse era proprio per questo che il bambino preferiva la compagnia del Re-senza-vita a quella di chiunque altro: l'uomo in rosso non lo trattava come un bambolotto da spupazzare ma come una personcina competente, cosa che riempiva il piccino d'orgoglio.
Restava il fatto che anche la signora Jackson aveva le sue ragioni e per questo Eva stava scendendo nella segreta a discutere col servo. Sapeva di trovarlo lì perchè quella era l'ora del riposino di suo figlio e quando il bambino non era a spasso per la villa, il vampiro si ritirava nella propria catacomba. Infatti lo vide seduto sul trono di legno.

- Sono contenta che il cane di casa protegga assiduamente mio figlio ma anche agli altri abitanti di questa villa piacerebbe stare un po’ di più col bambino, quindi sei pregato di non tirartelo sempre appresso. La signora Jackson è venuta a lamentarsi che se il suo ruolo di bambinaia deve consistere unicamente nel cambiare i pannolini ad Arthur, allora preferirebbe licenziarsi per tornare a pulire il sederino dei suoi figli al paesello. -
- Non sono io a trascinarmi dietro l’erede, master. E’ tuo figlio a venirmi sempre alle calcagna. Io non lo obbligo a seguirmi. La tua balia non ha ragioni per lamentarsi con me. Si metta piuttosto una mano sulla coscienza e si chieda perché il nanerottolo preferisce seguirmi come un cagnolino anziché stare con lei. Forse quella donna non sa fare il suo lavoro. -
Ho rimproverato aspramente il vampiro per quelle parole. Non ha più diritto della signora Jackson di parlar male di qualcun altro. Lui si è scusato con insolita arrendevolezza e ho capito il motivo: quel maledetto sapeva di aver raggiunto il suo scopo. Posso rimproverarlo quanto mi pare ma ormai mi ha messo la pulce nell’orecchio. I giudizi degli altri non mi rimangono impressi quanto quelli del nosferatu e d’ora in poi anch’io comincerò a chiedermi perché mio figlio preferisca andar dietro al non-morto invece di stare con la balia.
- Quindi il fatto che Arthur prediliga stare con te piuttosto che col resto dell’umanità, è indice che tu sei in gamba mentre tutti gli altri abitanti di questa casa sono degli incompetenti patentati? -
Il vampiro è diventato guardingo:
- Non estremizzare le mie parole. Dipende da caso a caso. Nel caso della balia, penso sia proprio segno di incompetenza. -
- E nel mio caso? - Ero arrabbiata con quel cagnaccio ma anche timorosa di quel che poteva dire, lo ammetto. Siamo sinceri: non solo agli occhi di Arthur non c’è concorrenza fra la signora Jackson e il vampiro, ma neanche fra i suoi genitori e il vampiro.
- Master, non sei una madre incompetente, sei solo oberata di lavoro. -
Ruffiano! Come sa essere diplomatico, quando vuole!
- E mio marito? - ho incalzato.
Per rabbia avevo posto questa domanda ma subito me ne pentii. So che il nosferatu considera John uno sfaticato quindi se non è per una mancanza di tempo dovuta al lavoro che nostro figlio passa poco tempo con suo padre, quali altre ragioni apparirebbero ai suoi occhi?
Il vampiro però non è uno sprovveduto e sa come svicolare una risposta pericolosa.
- Master, conosci tuo marito meglio di quanto possa conoscerlo io. Certamente sei in grado di trovare da sola una risposta a questa domanda. -

Nulla cambiò in casa Hellsing, Arthur continuò a trascorrere le sue giornate saldamente aggrappato alle falde rosse del cappotto del non-morto e dopo un paio di mesi la signora Jackson si licenziò, ottenendo dalla signora Wingates Hellsing una buonuscita e una lettera di referenze con cui cercarsi un nuovo lavoro.
A quel punto, nell’aria cominciarono a respirarsi le premesse per una nuova defezione.

A Integra, le faccende inerenti all'amore, di qualsiasi tipo fossero, non erano mai andate a genio. Le aveva sempre giudicate infinitamente meno interessanti dei libri d'avventura o dei film d'azione. Per questo, quando le capitava d'imbattersi in una storia d'amore, cambiava canale o girava pagina annoiata.
Dopo la defezione della balia, con gran disappunto della nipote, le pagine del diario di Eva Wingates Hellsing avevano cominciato a riempirsi di sfoghi e resoconti degli innumerevoli litigi fra i coniugi Fairboorke. Integra aveva storto il naso: cos'era passato per la testa a sua nonna, di trascrivere in un diario che avrebbe dovuto riguardare esclusivamente le vicende lavorative, anche gli eventi della sua vita privata?
"Forse la nonna non riusciva a separare l'Ordine dei Cavalieri Protestanti dalla sua esistenza personale" ipotizzò Sir Hellsing. Non per questo aveva voglia di leggere la cronaca del naufragio di un matrimonio così Integra cominciò a scorrere velocemente le pagine che riportavano i battibecchi fra coniugi, alla ricerca di stralci decisamente più interessanti, come quando master Eva annotava l'esito di una missione in cui era andata a maciullare mostri col suo vampiro che continuava a non avere un nome.
Per quanto scorresse frettolosamente quelle pagine, un particolare riuscì comunque ad imporsi agli occhi distratti della giovane lettrice: nei litigi fra i suoi nonni, veniva sempre nominato il vampiro. I coniugi Fairboorke si urlavano in faccia per le ragioni più svariate ma indipendentemente che cominciassero a litigare per un ombrello fuori posto o una saliera rotta, finivano sempre per citare il vampiro.
Integra aggrottò la fronte. Qualcosa non quadrava. Decise di tornare a rileggere con molta attenzione le pagine che aveva saltato.

Che al vampiro senza nome John Fairboorke non andasse a genio, era lampante. Che si fosse divertito infastidito sin dal primo giorno in cui aveva messo piede dentro Hellsing Manor, era altrettanto palese. Le punzecchiature di cui aveva fatto oggetto lo sposino erano però state tutto sommato contenute, fintanto che la master non era rimasta incinta. Una volta assicuratosi che l'erede degli Hellsing era stato messo in cantiere, il nosferatu aveva cominciato ad alzare il tiro. La quantità di angherie rivolte a John Fairboorke aumentò gradualmente ma con costanza, per diventare quasi quotidiana dal momento in cui il piccolo Arthur prese l'abitudine di seguire il vampiro passo passo.
Master Eva era presa fra due fuochi. Da un lato c'era il consorte che non riuscendo a farsi rispettare dal mostro, andava a lagnarsi con la moglie di tutti i dispetti subiti. Dall'altro c'era il nosferatu che ascoltava in silenzio la sfilza di rimproveri della padrona e che alla fine di quelle prediche, guardava con aria di compatimento la donna dicendo:
- Master, che razza di marito ti sei andata a trovare? Un uomo che si fa difendere dalla moglie, nascondendosi dietro le sue sottane! -
Sir Hellsing, imbufalita, minacciava tremende ritorsioni se il non-morto non avesse imparato a frenare la lingua ma ormai il danno era fatto. Analogamente ai commenti sull'efficienza della balia, le parole del vampiro andavano ad avvelenare il cuore della master.
Che John Fairboorke avesse pochi pregi e molti difetti, ormai era evidente anche agli occhi sempre meno innamorati della moglie. Restava da stabilire se anche la sua incapacità di farsi rispettare dalla belva addomesticata di casa Hellsing rientrasse fra i suoi difetti congeniti o se realmente il nosferatu operasse nei suoi confronti una persecuzione accanita.
- Stammi a sentire John, che quel cane rognoso sia difficile da trattare, lo so perfettamente ma possibile che tu, dopo tutti questi anni che lo conosci, non hai ancora imparato come prenderlo? -
- Io ribalterei la situazione: possibile che dopo tutti questi anni, il mostro non abbia ancora imparato come prendermi? -
- Un po' più di umiltà non ti farebbe male. Che ti piaccia o no, siamo noi a doverci conquistare la stima di quello scampolo d'inferno e non il contrario. Mio zio c'è riuscito. Io ci sono riuscita. Perchè tu non ci riesci? -
- Senti, io le ho provate di tutte per farmi rispettare da quel cagnaccio. Ho seguito i tuoi consigli e quelli di tuo zio ma non c'è niente da fare. La verità è che quella bestiaccia ha deciso a priori di disprezzarmi. -
La moglie stringeva le labbra per non lasciarsi scappare la risposta che le urlava dentro la testa. Il vampiro decideva sempre a priori di disprezzare il prossimo. Aveva guardato dall'alto in basso anche lei. L'aveva messa ferocemente alla prova, deridendola, tentando di spezzarla e abbatterla. Lei aveva lottato, non si era lasciata piegare e allora e solo allora il Re-senza-vita l'aveva giudicata degna di stima.
Se suo marito avesse realmente seguito alla lettera i consigli che gli aveva fornito, a quest'ora avrebbe dovuto ottenere dal nosferatu un analogo rispetto. La verità è che John Fairboorke non aveva mai lottato contro il vampiro. Troppo faticoso, tanto quanto il lavoro che rifuggiva attivamente. Così come si era sempre fatto campare dalla moglie, pretendeva anche che lei lo difendesse dal cagnaccio.
Un disprezzo crescente cominciò a farsi strada nella mente di master Eva. Quanta ragione aveva il suo vampiro! Che razza di marito era andata a trovarsi? Be', adesso ne aveva decisamente abbastanza! Passi che lo dovesse mantenere, passi che dovesse arginare i debiti che accumulava con i suoi investimenti in borsa sballati, non passasse più che dovesse proteggerlo anche dal succhiasangue. In quello, se la cavasse da solo.
Le punizioni inferte al nosferatu diminuirono gradualmente fino a sparire. Il vampiro si sentì autorizzato ad alzare ulteriormente il tiro e John Fairboorke si ritrovò solo ed estraneo in casa propria. Fu allora che l'uomo cominciò a viaggiare. All'inizio erano assenze di pochi giorni, poi cominciarono ad allungarsi diventando soggiorni di settimane, mesi, anni.
Master Eva approvò tacitamente quelle fughe finanziando i viaggi del consorte e anche se di notte, in quel letto vuoto, sentiva la mancanza del marito, durante il giorno, presa da mille impegni, lo scordava senza troppi rimpianti. La vita in casa Hellsing proseguì con più serenità e il vampiro ebbe tutti per sè la master del presente e il master del futuro. Come se questo particolare, da solo, non fosse abbastanza inquietante, un concetto che John Fairboorke ribadiva spesso nei suoi litigi con la moglie colpì profondamente Integra.

- Sei la degna nipote di tuo zio Abraham perchè sei cieca quanto lui. Come lui, anche tu sei convinta di essere la padrona di quel vampiro e non ti accorgi di quanto invece la schiavitù sia reciproca. Sei la sua serva tanto quanto lui è il tuo schiavo. -
- Stupidaggini! Io comando e lui obbedisce! -
- E in cambio dell'obbedienza cosa ti chiede? Tuo zio lo chiamava cane. E' vero, quel mostro è un cane, lo so perchè anche a me piacciono i cani, me ne sono sempre circondato e so quanto impegno richiedano. Non si tratta solo accudirli: in cambio della fedeltà richiedono attenzioni, tante attenzioni. Più sono fedeli, più pretendono attenzione, è il prezzo che il padrone deve pagare. Il vampiro è il cane più fedele in cui mi sia mai imbattuto e proprio per questo pretende dai masters un prezzo altissimo da ricambiare. Gli appartenete tanto quanto lui vi appartiene. -
- E allora? Dov'è il problema? -
- Domanda grandiosa, dimostra in pieno la tua cecità. L'attenzione che dedichi al vampiro, il tempo che trascorri con lui, non lo sottrai forse dalla tua vita privata? Una giornata è composta da ventiquattro ore, troppo poche per poterti occupare allo stesso modo dell'Organizzazione, di tuo figlio, tuo marito, il vampiro, i parenti e gli amici, così butti a mare il superfluo. Nello specifico, il superfluo sono la tua famiglia d'origine, gli amici e tuo marito. Il lavoro, il figlio e il vampiro te li tieni stretti. -
- Sempre a scaricare le colpe sugli altri, vero John? Non hai un'attività lavorativa perchè non ti sei mai impegnato a lavorare ma perchè il Fato è stato avverso ai tuoi affari. Il tuo matrimonio non va in malora perchè hai sbagliato qualcosa ma perchè il vampiro c'ha messo lo zampino. Sei patetico, lo sai? -
- Ti sbagli, so che il nostro matrimonio è fallito per un mio errore, quello di trasferirmi in questa villa. Dovevo puntare i piedi, obbligarti a trasferirti con me in un'altra casa, costringerti a mollare questo lavoro e lasciare che tuo zio portasse il mostro con sè nella tomba. -
- Vaneggiamenti idioti! Non avrei mai mollato il lavoro per un uomo. Non hai un'idea di quanti sciocchi prima di te mi abbiano fatto proposte simili. Ho dato il benservito a tutti. -
- Allora ero proprio destinato a perderti. Non che la cosa mi affligga più di tanto però mi dispiace lasciare nelle grinfie del vampiro mio figlio ma cosa posso farci, ormai ha vinto quel mostro! Mi ha rubato Arthur il giorno stesso in cui è nato. -
- Ancora con questa storia? Faccio bene a dire che per te è sempre colpa degli altri! Non ti passa per la testa che se Arthur preferisce stare col vampiro anzichè con te, è perchè non lo alletti in nessun modo? -
- E come posso allettarlo? Non posso competere contro un vampiro capace di sollevare un'automobile con una mano sola! -
- Finiscila, i padri non attirano a sè i figli offrendogli spettacoli da circo ma insegnandogli a destreggiarsi nella vita, cosa che tu non fai e il vampiro sì. E comunque, se ti rammarica così tanto lasciare il bambino in questa casa, come mai non lotti per impedirlo? -
- Se dovessi combattere soltanto contro di te o contro il vampiro, forse riuscirei a spuntarla, ma voi agite sempre in coppia. Non ti lasceresti scippare il figlio per niente al mondo, così come lui non si lascerebbe defraudare del futuro master per nessuna ragione e non ho abbastanza forza per lottare contro voi due insieme. Per questo ammetto la mia sconfitta. Posso solo sperare che Arthur sia più lungimirante di sua madre, così come tu sei stata più abile di tuo zio. La tua salvezza è stata non pretendere che il vampiro ti adorasse come una divinità. Ricordi gli attacchi di fanatismo di tuo zio, prima che la malattia lo riducesse a un vecchio rimbecillito? Lo prendeva il terrore di finire all'inferno, non c'era verso di calmarlo e scendeva nei sotterranei a torturare il vampiro. Allora mi sembrava follia ingiustificata ma adesso compatisco quel vecchio supponente. Aveva preteso dal vampiro di essere venerato come un Dio e il cane l'aveva accontentato ma in cambio aveva preteso dal padrone un tale livello di dedizione che umanamente era impossibile concedergli. Abraham provava ad accontentarlo ma gli costava un tale sfinimento che ogni tanto la fatica lo faceva ammattire. Quel cagnaccio sa sempre come vendicarsi dei torti subiti. L'ha fatta pagare a master Abraham per averlo schiavizzato conducendolo dritto dritto sull'orlo della follia. -
- Non è vero! E' stato un cane fedele e non aveva colpa delle pazzie dello zio! -
- Brava, difendilo come sempre. -
- Bravo, accusalo come sempre! - 

Per qualche giorno Integra interruppe la lettura dei diari della nonna, troppo scombussolata da simili dialoghi.
Suo nonno aveva indubbiamente molti difetti, primo fra tutti quello di presentarsi come vittima perenne delle manovre altrui. Le sue parole erano piene di esagerazioni sui secondi fini di Alucard e non poteva scaricare sul nosferatu la colpa per il fallimento del suo matromonio. Alucard aveva agito in modo spregevole, divertendosi a buttare benzina sul fuoco dei litigi fra coniugi con i suoi commenti velenosi ma se il legame fra i suoi nonni fosse stato davvero solido, avrebbe resistito alle macchinazioni del non-morto.
Pur con tutti i suoi difetti però suo nonno non poteva essere classificato come uno sciocco e su un punto la nipote doveva dargli ragione: il rapporto fra master e monster non era unidirezionale, per cui uno era il padrone e l'altro il servo. Entrambi finivano per essere il carceriere e lo schiavo dell'altro.
Da quando aveva risvegliato Alucard, la vita di Integra era stata stravolta di trecentosessanta gradi e di questo la ragazzina ne era perfettamente consapevole. Nel bene e nel male, l'arrivo di Alucard aveva avuto su di lei l'effetto di una sberla...o di una bastonata di Abraham Van Helsing.
Le aveva salvato la vita, le era fedele come nessun'altro al mondo e giorno dopo giorno sentiva di affiatarsi sempre più col vampiro, al punto di aver bisogno di discutere con lui quanto dell'aria che respirava. Di questo, era grata ad Alucard.
Il vampiro, con ogni mezzo, voleva essere sempre presente nella sfera d'attenzione della master e Integra aveva rinunciato ad ampie fette di vita sociale per vegliare in casa e intervenire prima che il mostro combinasse danni. Per questo, provava una sorda irritazione verso Alucard.
No, suo nonno aveva ragione, Alucard era un'arma a doppio taglio. Non azzannava più il collo degli umani per berne il sangue ma succhiava ampie quantità di energia ed esistenza privata dei suoi padroni. Quello era diventato il suo nuovo nutrimento, vitale quanto il sangue.
" Abraham Van Helsing, in che razza di guaio hai cacciato i tuoi discendenti! Ci hai obbligato a legarci per tutta la vita ad un Lucifero risputato dall'inferno! " pensò la ragazzina.
Il fondatore dell'Hellsing e sua nipote erano stati davvero ciechi, lasciandosi avvolgere dalle spire di Alucard. Non avevano percepito la reale e latente pericolosità del vampiro. Suo padre invece, come aveva sperato John Fairboorke, doveva essere stato decisamente più accorto, se in tal senso si voleva spiegare il letargo del vampiro. Forse aveva deciso di sbarazzarsi del servo prima di fare la fine della madre e dello zio, assorbiti senza accorgersene dal vampiro che li aveva reclamati tutti per sè, in un rapporto esclusivo.
" E io? Cosa ne sarà di me, Integra Fairboorke Wingates Hellsing? "
Avrebbe fatto la fine di sua nonna che mescolava nel diario e nella realtà la vita privata con l'Ordine dei Cavalieri Protestanti? O sarebbe stata come suo padre, capace di separare le due sfere?
Brividi di paura la percorsero. A giudicare dagli esordi, temeva di ripetere gli stessi errori di sua nonna. Anche Integra aveva allegramente mischiato sul diario le osservazioni su Alucard con i vaneggiamenti su Basil Irons.
" Che senso ha tenere due diari separati? " aveva pensato. Be' adesso cominciava a comprendere quale potesse esserne il senso.
Se i suoi guai si fossero limitati alla compilazione di due quaderni invece di uno, il problema sarebbe stato risolto subito. La situazione però era più complessa.
In quei mesi in cui la quantità di disastri combinati da Alucard era aumentata in modo esponenziale, spesso Integra aveva pensato di abbandonare la scuola per studiare a casa con dei precettori privati, così da intervenire tempestivamente quando il suo vampiro dava in escandescenze. Da due settimane a questa parte, da quando cioè avevano stipulato il patto in base al quale avrebbe smesso di chiamarlo Biancaneve se lui avesse rigato dritto, la situazione in casa Hellsing era tornata serena ma la dodicenne non si illudeva che quella tranquillità fosse duratura. Prima o poi, Alucard avrebbe sentito nuovamente il bisogno di scazzottarsi con qualcuno e sarebbe finita come tutte le altre volte, con una telefonata che interrompeva la lezione della classe.
" Ammettiamo che domani salti fuori un freak contro cui scagliare Alucard. Ammettiamo che Alucard sfoghi tutta la sua adrenalina su quel mostro. Cosa accadrà poi? Chi me lo assicura che in futuro non tornerà a ripetersi la situazione che stiamo vivendo? I mostri non sono poi così numerosi, anche Alucard me l'ha confermato. Quand'è stata l'ultima volta che l'Organizzazione Hellsing è intervenuta per uccidere un vampiro? Papà era ancora vivo. Sì, l'ultimo mostro affrontato risale a cinque mesi fa. Ecco, come posso essere certa che con una media di tre o quattro mostri all'anno da affrontare, Alucard non si annoi talmente tanto da rimettere a soqquadro villa Hellsing nei tempi morti? "
Da qualsiasi parte rigirasse la questione, la soluzione le sembrava sempre una e una sola: lei doveva essere presente in casa per bloccare le intemperanze del servo sul nascere e l'unico modo per intervenire immediatamente, consisteva nel lasciare la scuola.
Una lama fredda entrava nel cuore di Integra davanti a quella considerazione, e scendeva gelida giù fra i visceri, fino al pube.
Quante volte, nei suoi dodici anni di vita, aveva fantasticato di lasciare la scuola? Sciocca che era stata! Adesso che quella possibilità si concretizzava realmente, avrebbe tanto desiderato non prenderla! Sì perchè solo adesso che stava per perderla, si rendeva conto che "scuola" non era solo compiti e studio. "Scuola" erano anche gli amici; "scuola" erano gli insegnanti, adulti che non la trattavano come il capo dell'Organizzazione Hellsing ma come la dodicenne Integra Fairboorke. E una volta detto addio a coetanei e insegnanti, avrebbe visto avverare l'incubo che la tormentava da bambina: sarebbe rimasta l'unica persona giovane in un mondo di vecchi. Come sarebbe stata la sua vita allora? Quali amici avrebbe potuto trovare fra gente dell'età di suo padre? Sarebbe stata durissima, in quella situazione, ritagliarsi uno scampolo di vita normale. E se non ci fosse riuscita? Avrebbe messo in letargo Alucard come aveva fatto suo padre? O si sarebbe lasciata risucchiare come sua nonna?
L'ansia serpeggiò nelle vene della piccola, pizzicandole i polsi. Non sapeva dare una risposta alle sue domande. Solo vivendo lo avrebbe scoperto. Si massaggiò la pancia, cercando di scacciare la preoccupazione.
" Un passo per volta, non c'è altro modo per risolvere i guai " diceva suo padre. Lo avrebbe ascoltato. Per adesso doveva soltanto meditare sulla questione se abbandonare o no la scuola, al resto avrebbe pensato dopo. Anzi, prima ancora di pensare alla scuola, doveva far pace con Alucard. Sentiva di detestarlo per la situazione in cui l'aveva ficcata ma da molti giorni non parlava con lui e il suono della sua voce gli mancava come l'aria che respirava.

Alucard fremeva. Da qualche giorno, Integra lo evitava. Sentiva l'irritazione della piccola nei suoi confronti e non ne comprendeva la ragione. Che avesse letto qualcosa di spiacevole nei diari di sua nonna? Probabile. Avrebbe pagato per scoprire di cosa si trattava. Avrebbe anche potuto togliersi la curiosità leggendo nella mente di Integra ma l'orgoglio glielo vietava. Non voleva ricorrere a simili trucchi con i masters. Voleva arrivare a capire i loro pensieri semplicemente attraveso la conoscenza che aveva di loro. Una conoscenza profonda, come di ogni singola linea e cicatrice del palmo della sua mano e che poteva raggiungere soltanto tenendo i padroni per sè, solo per sè, senza interferenze da parte del resto del mondo.
Aveva perso tutto, solo il padrone di turno gli rimaneva, perchè non avrebbe quindi dovuto pretendere la sua massima attenzione?
Per questo vedersi sfuggire Integra a quel modo lo faceva ammattire di rabbia e preoccupazione. Sentiva l'ansia serpeggiargli nelle vene, pizzicandogli i polsi. Finalmente, un pomeriggio, sembrò che la master fosse disposta a seppellire l'ascia di guerra.
- Andiamo a fumare. - gli disse.
La voce era irritata ma non fumavano insieme da tanti di quei giorni che alle orecchie del vampiro la proposta suonava già come un accordo di pace. Seduti schiena contro schiena, Alucard avvertiva i muscoli delle spalle della ragazzina tendersi dalla rabbia. Finalmente Integra sbottò:
- Non ti permettere mai più di parlare in modo insultante di mio nonno e di mia madre in mia presenza. Avranno avuto i loro difetti ma avranno avuto anche le loro ragioni. -
Alucard capì cosa intendesse con "le loro ragioni". Sì, lo ammetteva, aveva tentato di buttare fuori dall'esistenza di Integra il ricordo di quelle persone a lui sgradite così come, mentre erano in vita, aveva cercato di allontanarle dai rispettivi coniugi. Capì l'antifona.
- Ya, my master. -
Lentamente, i muscoli della schiena di Integra si rilassarono. Nessun'altra parola venne scambiata su quella panchina ma master e monster si erano comunque riappacificati.
Integra riprese a leggere i diari della nonna e Alucard non parlò più di John Fairboorke e di Lady Sophia.

Il vampiro possiede doti di pazienza infinite. Durante il giorno, Arthur ama scendere nella sua segreta e utilizzare la bara in cui dorme come un tavolo. Finchè su quel tavolo legge, disegna o scrive, non è un problema, il guaio sorge quando decide di giocarci sopra. Spesso arriva nella catacomba con le tasche piene di soldatini di piombo a cui fa ingaggiare furiose battaglie sul coperchio della bara e dato che gli piace il suono che producono i soldatini sbatacchiando sul legno, il risultato è che li fa cadere a ripetizione continua. Altre volte lo trovo seduto sul coperchio come se fosse su di una panca, intento a cantare e ad agitare i piedini avanti e indietro, battendo i talloni contro il bordo della bara.
Ogni volta lo rimprovero e lo riconduco al piano di sopra ma sempre mi stupisco come faccia il vampiro a resistere alla tentazione di uscire dalla bara e prenderlo a sculaccioni.
Spesso però mio figlio scende nella segreta per impossessarsi del mantello e del cappello che il vampiro lascia sul trono prima di coricarsi. Si drappeggia il cappotto sulle spalle come fosse un mantello, tenendolo stretto intorno al collo con una mano, con l'altra mano tiene alzata la falda dell'enorme cappello che altrimenti gli scenderebbe giù fin sotto il mento e conciato a quel modo cammina tutto impettito per i corridoi della villa. Credo che si senta un duro, con i vestiti del nosferatu addosso.
Ieri sera gli ho detto:
- E' quasi il tramonto, fra poco il vampiro si sveglierà, scendi a riportargli cappotto e cappello. -
- Non "vampiro", mamma. "Alucard". -
- Cos'è un alucard? - ho chiesto, certa che si trattasse dell'ennesimo amico immaginario.
- Non "che cosa" ma "chi". E' il nome che ho dato al vampiro. Dici sempre che non è giusto chiamarlo Dracula, Conte o Vlad perchè quel tizio ormai è morto e sepolto però a me sembra anche ingiusto non chiamarlo in nessun modo. Tutti hanno un nome in questa casa, anche la tua gatta, la levriera di papà e il mio pony perchè il vampiro no? Due giorni fa gli ho chiesto se gli andava bene che lo chiamassi Alucard, ha risposto di sì e adesso questo è il suo nome. -
- E come te lo sei inventato? -
Ha abbandonato cappotto e cappello sul pavimento, si è inerpicato sullo scrittoio e su un foglio ha scritto "Dracula". Poi è corso davanti alla specchiera e ha rivolto il foglio contro il vetro. E' un gioco che fa spesso, si diverte a leggere le parole scritte al contrario.
- Vedi? Diventa Alucard. -
Mi domando quanto durerà questo nome. Scommetto che la prossima settimana mi annuncerà con serietà che adesso il vampiro si chiama
Blacky, Slim o qualsiasi altra cosa gli passi per la testa.

Master Eva leggeva il giornale. Si era soffermata su di una pagina che pubblicizzava un nuovo capo d'abbigliamento, presentato come rivoluzionario. Si chiamava reggiseno e prometteva di essere più comodo del bustino.
- Alcune squinzie che frequento lo utilizzano. E' molto più veloce da slacciare rispetto al busto. - commentò la voce del vampiro, materializzatosi alle sue spalle.
- Mi hai fatto passare la voglia di comprarlo. - sospirò la donna, voltando pagina.
- Andiamo, master! Usare la stessa biancheria che utilizzano le prostitute non fa di te una prostituta! -
- Sempre più convinta a non compralo. - annuì la padrona.
- Fa come ti pare. Si può sapere perchè da ieri sera sei così scontrosa? -
- Perchè ieri sera, al circolo delle suffragette, è stato stabilito di riprendere le manifestazioni per far pressione sul governo e spingerlo a cambiare la legge sull'elettorato femminile, estendendo il diritto di voto a tutte le cittadine maggiorenni. Sono scontrosa perchè ho litigato con alcune suffragette che ancora continuano a proporre di unire alle manifestazioni le vetrine infrante e le cassette postali date alle fiamme. -
- Posso venire anch'io a manifestare? - chiese il vampiro, con lo stesso tono ansioso di un bambino che si autoinvita ad un gioco interessante.
- Dannazione, ti sto dicendo che non condivido queste bravate e mi chiedi di poter andare a spaccare le finestre? E comunque no, non ti porterei lo stesso con me perchè non te ne frega niente del voto alle donne! -
- Oh, andiamo master, cosa te ne importa se condivido o no le tue idee? Sono una persona democratica, pronta a schierarmi dalla parte di chiunque mi permetta di scalmanarmi. Dammi la possibilità di lanciare una molotov e sono pronto a ricompensarti urlando qualsiasi slogan tu voglia sentire: "L'Irlanda agli irlandesi!", "Viva la rivoluzione proletaria!", "Comprate la marmellata Robertson!". -
Master Eva non condivideva. Il vampiro insistè:
- Dici che rompere le finestre non serve a niente. Ammetto che hai ragione ma se tutte le finestre della casa del Primo Ministro venissero infrante nel giro di pochi minuti, non pensi che ciò potrebbe impressionare lo spaventapasseri che vi abita? -
La donna tese le orecchie. Il servo proseguì:
- Nessuna suffragetta riuscire a compiere una simile impresa. Potrebbe al massimo spaccare un solo vetro, prima che i poliziotti l'acciuffassero per chiuderla in cella. Io però posso rendermi invisibile e in questo modo riuscirei a frantumare ogni finestra, finestrella e persino la boccia dei pesci rossi senza che gli sbirri scoprano il minimo indizio. -
Pur se a malincuore, master Eva dovette ammettere:
- C'è della logica nelle tue parole. Mediterò sulla tua proposta. Chiariamo sin dall'inizio un punto però: se accettassi di portarti con me alle dimostrazioni, devi promettermi che ti limiterai a commettere un solo atto di vandalismo al giorno. Ad ogni manifestazione potrai spaccare una sola vetrina, dare un unico pugno a un solo poliziotto e bruciare una sola cassetta della posta. Chiaro? -
- Chiarissimo! Ad ogni manifestazione romperò una finestra, prenderò a pugni uno sbirro e brucerò una cassetta della posta. -
- No! O rompi una vetrina, o cazzotti un poliziotto o bruci una cassetta postale. Non puoi fare tutte e tre le cose insieme! -
- No master, un solo vandalismo a manifestazione è troppo poco! Concedimi qualcosina di più! -
- No! -

Il Primo Ministro ne aveva abbastanza. Era la quarta volta in un anno che tutti i vetri delle finestre di casa sua saltavano in aria nel giro di un minuto, uno dopo l'altro. I poliziotti e gli agenti segreti messi a sorvegliare il numero 10 di Downing Street non trovavano mai nessun indizio, nessun colpevole. Sembrava che a scagliare quei sassi fosse l'aria stessa.
- E' ora di prendere dei provvedimenti definitivi! - esclamò l'uomo ma i provvedimenti che aveva in mente non erano del tipo di quelli immaginati da chi lo ascoltava in quel momento.
Il 2 luglio del 1928 il suffragio fu esteso a tutte le cittadine britanniche.

Alucard stava lucidando Casull quando salutò la master che si recava a scuola. Un paio d'ore dopo, di ritorno dal poligono di tiro, vide Walter dirigersi verso il garage.
- Dove vai? -
- Una telefonata dalla scuola di Integra, devo andare subito. - rispose il maggiordomo allarmato.
Il vampiro arraffò una scorta di sacche di sangue e andò a bersela sullo scalone d'ingresso, così da accogliere il ritorno di maggiordomo e padrona, curioso di sapere cos'era successo. Finalmente, dopo un'oretta, vide il portone d'ingresso spalancarsi ed entrare un imbestialito Walter e un'Integra a testa bassa e con un bernoccolo sulla fronte.
- Non avermi detto niente, questo non tollero! - tuonò l'uomo, proseguendo evidentemente una discussione cominciata sull'automobile - Se me ne avessi parlato, sarei andato dal preside, dai professori, avremmo trovato un modo per farlo smettere. Invece no, sei rimasta zitta fino a far scoppiare questo putiferio!-
Il vampiro guardò la master. Il visetto era tirato, prossimo alle lacrime ma respirava con l'affanno di chi sta per esplodere dalla rabbia. Era irata tanto quanto era umiliata, era evidente e si avviò su per lo scalone, diretta in camera propria.
- Ferma lì, signorina, non credere che abbia finito! - intimò Walter.
Integra ubbidì, respirando sempre più affannosamente. Il vampiro aggrottò le sopracciglia, tutto questo gli ricordava qualcosa. Sì, tanto e tanto tempo prima, in un'esistenza così lontana da stentare a credere che fosse la sua, spesso il vampiro che era stato Alucard si era ritrovato al posto di Walter, sbraitando contro uno dei leoncini ma in quei casi, ogni volta, dopo un po' era intervenuta una leonessa. Blandiva il leone con qualche parola, prendeva in braccio il bambino e lo conduceva via, permettendo ad adulto e cucciolo di calmarsi.
Alucard si guardò intorno. Dentro Hellsing Manor c'erano solo lui, Walter e Integra. Nessuna donna a mettersi in mezzo fra i due litiganti. Il vampiro meditò sulla situazione. Conoscendo Walter, era altamente probabile che quella paternale durasse dal momento stesso in cui erano saliti sull'automobile per tornare a casa, un tempo che il vampiro giudicò più che sufficiente per consentire all'uomo di sfogarsi. Adesso poteva anche finirla lì e far rilassare Integra ma dato che lo shinigami non sembrava capace di rendersi conto di aver oltrepassato il suo diritto di gridare, toccava a lui, Alucard, mettersi in mezzo e rabbonirlo con qualche parola.
Tanti ruoli aveva assunto nei suoi 500 anni ma era la prima volta in cui si trovava a far le veci di una madre!
Si insinuò nello spazio vacante fra i due umani, con la schiena rivolta ad Integra e chiese al maggiordomo:
- Cos'è successo? -
- E' successo che questa peste non si è fidata di me! Da settimane un ragazzo più grande di lei la infastidiva e la toccava! L'avesse detto a me o agli insegnanti, avremmo saputo come far tenere le mani a posto a quel maiale! Invece si è tenuta tutto per sè, limitandosi a minacciare quel teppista e a spingerlo. Stamattina non ha retto più e con una testata ha spaccato il setto nasale di quel delinquente! -
Alucard fischiò ammirato. Ecco spiegato il bernoccolo sulla fronte di Integra.
- Non azzardarti ad approvarla! - tuonò Walter - Così facendo è passata dalla ragione al torto! Non contenta, agli insegnanti che le hanno chiesto spiegazioni ha risposto in modo irrispettoso ed è stata questa la goccia che ha fatto traboccare il vaso! L'hanno sospesa, per tre giorni! E fortuna che i genitori del delinquente hanno compreso che il figlio è dalla parte del torto, decidendo di non sporgere denuncia! -
Mentre Walter così arringava, Alucard, sempre comprendo la master con la propria sagoma, aveva sporto un braccio indietro, appoggiando una manona sulla collottola della ragazzina.
- Sospesa per tre giorni! - sbraitava ancora Walter - Ti rendi conto di cosa vuol dire? -
- Certo! - esclamò Alucard, annuendo - Integra deve migliorare le sue abilità di auto-difesa. Se avesse mollato una ginocchiata nelle palle di quel tipo, non ci sarebbe stato nessuno spargimento di sangue, gli insegnanti non si sarebbero accorti di nulla e non l'avrebbero sospesa. Vedrò di rimediare insegnandole qualche mossa. -
Walter ammutolì dallo stupore e il vampiro ne approfittò. Spingendo avanti a sè Integra, uscì alla svelta di casa.

Integra si ritrovò seduta nel boschetto degli olmi, e vide che la mano che teneva il sigaro le tremava. Avrebbe voluto urlare e piangere al tempo stesso e sfasciare qualche oggetto molto grosso e molto pesante, inferocita contro tutto e tutti. Era certa di essere stata l'unica a pagare, lei che si era soltanto difesa!
Stupidi adulti! E stupidi maschi! Sentiva di odiarli tutti, indistintamente e calò uno sguardo colmo di ferocia sull'unico uomo in quel momento disponibile, cioè Alucard che con la schiena appoggiata alla quercia la guardava in silenzio.
- Scommetto che anche tu sei dalla parte del bastardo a cui ho scassato il naso, come Walter e tutti gli altri! Una canaglia come te, chissà quante volte si sarà comportata come lui! -
Il vampiro non si scompose. Aspirò il suo sigaro e con calma replicò:
- Sono dalla parte della mia master. -
Non era quel che Integra voleva sentirsi rispondere. Desiderava udire parole di condanna, che stigmatizzassero quel comportamento in quanto sbagliato e non la cieca solidarietà che si riserva a chi ci sta a cuore.
- Quindi se io non fossi la tua master non te ne fregherebbe niente? Approveresti? -
- Non ho detto questo. -
- Ma cosa perdo tempo a parlare con te! Cosa ne vuoi sapere tu di queste cose! -
- In verità, master, quand'ero bambino ho subito qualcosa di peggio di una palpata di sedere. -
Integra, furiosa, non lo ascoltò. Sputò un altro po' di veleno contro il servo e questo l'aiutò a calmarsi. La mano che reggeva il sigaro smise di tremare. Quando il vampiro giudicò che la ragazzetta fosse in grado di articolare una discussione sensata, chiese:
- Si può sapere cos'hai detto ai professori, per farli arrabbiare così tanto? -
Integra inspirò profondamente:
- Anche loro hanno cominciato a domandarmi perchè non avessi chiesto il loro aiuto. Ho risposto che sono abbastanza grande da sapermi risolvere i problemi da sola. Prima sono rimasti senza parole e poi si sono arrabbiati. -
Un sorriso orgoglioso si allargò sulle labbra del vampiro:
- La giusta risposta che può dare soltanto un vero Hellsing. Quanto sono contento di averti come master, Integra! -
La dodicenne non si aspettava quel complimento e rimase piacevolmente stupita. Fumarono in silenzio ancora per un po', poi la biondina si girò verso il servo.
- Perchè mi guardi con quell'aria divertita? -
- Perchè stavo pensando che un tipo come te, quando incontrerà un uomo capace di mandarle in tilt il sistema ormonale, lo afferrerà per le orecchie e lo sbatterà per terra. -
- Non è vero! - rispose la dodicenne risentita, convinta che Alucard stesse prendendola in giro.
- Ti sbagli master, è proprio quello che accadrà. Lo so come se lo vedessi con i miei stessi occhi. -

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Ringrazio Bai-lan che in una recensione aveva definito Alucard "cane rognoso". Mi è piaciuto talmente tanto quest'aggettivo che l'ho riutilizzato in questo capitolo. Per lo stesso motivo, ringrazio Controversy per avermi suggerito la frase "mi è mancato un battito", altra espressione che ho riutilizzato. :)

  
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