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Autore: FeBookworm    30/08/2013    1 recensioni
Farò rigirare Victor Hugo nella tomba parte 3!
Immaginatevi una Eponine stanca di essere invisibile per Marius e che vuole combattere. Aggiungetevi una Cosette che prende posizione e si unisce a Les Amis. Vedetevi davanti agli occhi un Marius disposto a tutto pur di proteggere la sua donna.
E infine, l'ingrediente necessario ed indispensabile a mio avviso, Enjolras. Un leader che però ha dei sensi di colpa, ma che continua a sognare perché sa che un giorno verrà e allora...
S'incamminò verso casa sua, ma si fermò quando Eponine parlò:”Sei un buon capo, Enjolras. Severo e protettivo quanto basta.
Enjolras le fece un mezzo sorriso:”Ma è un buon capo quello che porta i suoi uomini alla morte?”
[...]
Marius, davanti a lui gli rispose serio:”Io non combatto”.
Gli occhi blu di Enjolras lanciarono fulmini:”E potrei sapere come mai, di grazia?” gli domandò sempre più innervosito-
“A causa mia, Monsiuer” gli rispose una voce angelica di donna.
E davanti a lui apparve l'Alouette.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Enjolras, Eponine, Marius Pontmercy, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Questo è il MIO Enjolras, con la MIA idea della sua famiglia. E ne vado orgogliosa. So che non sarà mai come quello di Hugo, ma rispettate le mie scelte, per favore.

Buona Lettura,

-Fé-

 
Capitolo X
 

Un'altra notte buia era scesa su La Rochelle. Una notte senza luna e senza stelle. Enjolras sentiva che tutti, in quella casa, dormivano come se niente fosse, come se non ci fossero persone deboli che soffrivano ingiustizie gratuite tutti i giorni per le vie di Parigi.

Doveva fare qualcosa, maledizione! La sua Rivoluzione era fallita, ma doveva...sentiva l'impellente bisogno di aiutarli. Aveva creduto che frequentare la facoltà di diritto per diventare poi avvocato avrebbe cambiato le cose. Voleva essere come Robespierre, il primo Robespierre, quello del giuramento della Pallacorda e non il dispotico leader accecato dal potere de la Terreur. No, lui sarebbe stato diverso. Lui sarebbe stato l'Eletto che avrebbe portato la Francia alla Libertà, a quella Repubblica basata sugli ideali della Rivoluzione Francese che tanto decantava nei suoi discorsi.

Ma come fare, senza innescare una Rivoluzione?

Forse Grantaire aveva ragione: tutte le Ricoluzioni sono destinate a fallire prima poi. Ma allora cosa si poteva fare?

Cosa maledizione?

Enjolras venne distolto dai suoi pensieri da un pianto infantile. Aspettò qualche minuto, ma nessuno stava andando da quel piccolo in pena. Si alzò lui, attento a non fare movimenti bruschi ed evitare così che la ferita si riapra. Camminò lentamente, reggendosi al muro, fino alla fine del corridoio dove si trovava la stanza del piccolo Etienne.

Lo prese in braccio dalla culla e quando i loro occhi, della stessa tonalità di blu come tutti coloro che facevano parte, anche se per metà, della famiglia Enjolras, finalmente il piccolo si calmò.

Enjolras se lo sistemò bene in braccio e passeggiò piano per la stanza:”Così, tu sei il piccolo Etienne. Purtroppo non ero presente alla tua nascita...”

Già. Troppo impegnato con la sua Rivoluzione...

Si ricordava ancora l'ardore che metteva tutte le sere al Café Musain per entusiasmare gli animi degli altri Amis. Il furore con il quale incitava Grantaire a mettere giù quella dannata bottiglia d'alcool e concentrarsi sulla Rivoluzione. La meticolosità con la quale preparava ogni singolo discorso e ogni singolo volantino.

Che stupido era stato...in poche ore era svanito tutto.

Illuso.

“Sai, tuo zio Ange ha sbagliato molto nella sua breve vita, Etienne. Ha lasciato questo posto troppo in fretta, credendo che a diciotto anni fosse già un uomo. Ha lasciato suo padre, vecchio e malato, un padre che ha sempre cercato di proteggerlo dalle delusioni che avrebbe trovato una volta lasciato il Paradiso di La Rochelle. Non comportarti così con Lucas, mi raccomando.”

Suo padre...

Era morto qualche mese dopo la sua iscrizione all'università. Annette era incinta all'ottavo mese, Charles era in missione per il Re, e senza di lui suo padre si era sentito solo, inutile. Si rendeva conto solo ora che andare via per suo padre aveva significato la fine di quel rapporto speciale che c'era tra di loro. L'aveva sempre considerato il suo eroe per quel passato da rivoluzionario che l'aveva tanto caratterizzato. Non si stancava mai di sentire le sue storie su quel periodo e quando lui gli aveva confessato di voler seguire le sue orme e suo padre l'aveva fermato...Quello era stato il punto di distacco tra loro. Dopo quell'episodio non si erano più visti.

Chissà se suo padre sarebbe ancora orgoglioso di lui, nonostante il fallimento della Rivoluzione...

“Ti auguro di non dover mai crescere senza i tuo genitori, Etienne. Mia madre non l'ho mai vista se non in quadro e mio padre è morto proprio quando stavo diventando un uomo. So che ti faranno arrabbiare Etienne, è il loro ruolo di genitori, ma non odiarli, non schernirli, non farli sentire inutili. Vedrai che ti mancherà quel tempo in cui erano i tuoi due eroi...”

E sua madre...

Chissà se era orgogliosa di quel suo ultimo figlio...

Mamma, ho paura...Sarò in grado di mantenere il controllo quando verranno a prendermi?

 

 

Al mattino Charles lo trovò addormentato sulla poltrona con Etienne in braccio. Sembravano padre e figlio, talmente si assomigliavano.

Charles sospirò tristemente, conscio che quella situazione non si sarebbe mai avverata. Ange non si sarebbe mai sposato, non avrebbe mai messo su famiglia talmente era concentrato sul suo Popolo.

Perché non vi rinunciava? Perché non ritornava a La Rochelle?

Sospirò di nuovo, prendendolo di peso e trasportandolo in camera sua. Notò che le bende erano nuove e sporche di sangue. Di nuovo.

Quella ferita non si rimarginerà mai, pensò, mettendolo sotto le coperte.

Era come se quella ferita fosse il simbolo della lacerazione interna del suo animo. La delusione e la disillusione della Rivoluzione avevano lasciato dentro di lui un vuoto incolmabile. Nemmeno l'Amore di Eponine poteva aiutarlo. Era un qualcosa che doveva fare lui. Doveva essere lui a trovare dentro di sé quella forza necessaria per andare avanti, per voltare pagina.

Charles alzò lo sguardo dal letto di Ange e i suoi occhi si posarono sulla piccola cornice azzurra contenente una miniatura della loro mamma.

Mamma...

Ne sentiva la mancanza Charles. Tutti i dannati giorni.

Si ricordava ancora il suo profumo, un misto di rose, iris e giglio. Un profumo dolce e forte, uno di quelli che se senti per le vie di Parigi, nonostante la puzza dei vicoli, memorizzi subito.

E la sua voce...dolce e morbida come quella di ogni mamma che ama i propri figli.

Mamma, tu avresti saputo che cosa fare...

Ma lui? Lui non era così bravo a capire Ange. A dire la verità nessuno lo era. Nemmeno Eponine o Annette.

Nessuno meglio di Ange stesso poteva fuoriuscire da quello stato di apatia e di malattia e ritornare a far splendere il sole. Quasi quasi lo preferiva quando prendeva con una mano il fucile e con l'altra la bandiera della Francia e urlava a gran voce:

 

It is time for us all to decide who we are

Do we fight for a right to a night at the Opéra now?

Have you asked yourselves what's the price you might pay?

Is it simply a game for a rich young boy to play?

The colours of the world are changing day by day:

Red, the blood of angry men

Black, the dark of ages past

Red, a world about to dawn

Black, the night that ends at last...

 

Ci sapeva fare suo fratello con le parole. Su questo non c'era nessun dubbio. Enjolras sapeva come infiammare gli animi, come portare tutti dalla sua parte. Era un ottimo oratore, in grado di arrivare, di parvenir come nuovo Robespierre, più giusto e concreto.

Sapeva Charles che Ange era in grado di organizzare un esercito per una battaglia, se solo avesse voluto. E tutto questo semplicemente perché lui per primo credeva in quello che diceva.

Doveva solo ritrovare la sua fede e tutto sarebbe ritornato come prima.

Già. Ma quanto tempo avrebbe ancora impiegato per farlo?

Dagli una mano tu, mamma...

 

 

Quella stessa mattina Luigi Filippo camminava avanti e indietro per la sua camera a Palazzo. Dall'ospedale gli avevano appena annunciato che Javert stava peggiorando a causa delle ferite infertegli da quel ragazzino. Un giovane rivoluzionario che non aveva ancora abbastanza peli sulla faccia per farsi completamente la barba!

Roba da non crederci...

Come aveva fatto un semplice uomo a radunare così tanti giovani universitari e coinvolgerli in una vera e propria Rivoluzione? Come aveva fatto a portarne così tanti e così diversi dalla sua parte senza far loro battere ciglio?

Quando gliel'avevano detto, ne era rimasto sbalordito. Aveva gettato tutto l'alcool del Café dove si riunivano sulla barricata e l'aveva bruciata senza ripensamenti. Aveva organizzato un piano in caso di fallimento ed era riuscito ad uscire dalle Porte di Parigi senza essere visto.

Grazie a quale artificio era possibile tutto questo? Da dove trovava tutta quella forza? Dal semplice ideale di Libertà? Dalla semplice ragion d'onore?

Oh, no. Doveva esserci qualcos'altro. C'era sempre qualcos'altro...

Ma cosa?

Doveva trovare quel ragazzo. Ma non per arrestarlo e impiccarlo. Troppo sangue aveva già bagnato le vie di Parigi. Voleva abbindolarlo e portarlo al suo servizio. Con le sue abilità di oratore avrebbe radunato un esercito fedele. Avrebbe portato dalla sua parte il Popolo scontento e queste insurrezioni sarebbero finite.

Sì, finite.

E lui, Luigi Filippo, sarebbe stato ricordato come il nuovo Napoleone.

“Trovatelo!!!! Ad ogni costo!!!”

   
 
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