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Autore: Dark life    01/09/2013    3 recensioni
Sun. Giovane, bella e terribilmente triste.
Mike. Il suo idolo, l'unica persona che potrebbe salvarla.
Chester. Idolo e persona a cui pensa per superare le giornate.
Tutto cambierà una mattina, e Sun non sarà mai più la stessa. Ma nemmeno Mike..
(La mia PRIMA fanfiction...siate buoni ♥)
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Chester Bennington, Mike Shinoda, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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E, signore e signori...eccomi tornata!

Sono stata veloce nel scriverlo e l'ho lasciato lì per un paio di giorni, perciò non è nulla di speciale. Che novità...

Comunque, in questo capitolo non si vedrà più Mike, ma Chester e Sun. Non vi dico nulla, tranne che è un capitolo fatto praticamente solo di dialogo.

Vi prego, vi supplico: LASCIATE UNA RECENSIONE! Ho già detto che è importante perché così so che cosa sbaglio e cosa devo cambiare.

Vi anticipo una cosuccia sul capitolo 7: continuerà il dialogo fra Sun e Chester, e forse si vedrà l' "incontro" fra Mike e sua figlia.

Un bacione, grazie in anticipo se recensite.

BUONA LETTURA xx

Dark life

SUN

Ero leggermente scossa per via delle urla di mia madre e le risposte di...Mike.

Faticavo ancora a chiamarlo "papà", non perchè non lo considerassi tale, ma piuttosto perchè dovevo ancora abituarmi all'idea di avercene uno e di poter finalmente pronunciare quella parola rivolgendomi a una persona e non più all'ignoto. Mi risultava difficile pensarlo, pensare a Mike, in maniera diversa: prima era il mio idolo, colui che con la voce mi faceva rilassare, passare la rabbia anche verso me stessa, colui che illuminava le giornate con il suo sorriso, anche se attraverso uno schermo o una foto di un poster, colui che quando cantava mi portava via da questo mondo e mi aiutava. Si potrebbe pensare che mi era sempre stato vicino infondo; ma era un rapporto idolo-fan. Nemmeno sapeva della mia esistenza. Ora invece era colui che mi avrebbe fatta addormentare cantando, che mi avrebbe abbracciata nel momento stesso in cui una lacrima scendeva dai miei occhi, che mi avrebbe dato forza parlandomi di persona anzichè attraverso un paio di cuffiette ripetendo i versi di una canzone. Sarebbe stato tutto così strano, così...impossibile!

-Sun...- Chester mi risvegliò dai miei pensieri.

-Mh?- mugolai appena. Ero attenta a tutto ciò che si sentiva dalla stanza vicina. Non avevo mai sentito mia madre così, non aveva mai urlato. Non la riconoscevo in quelle urla, non era lei. O almeno così speravo...

-Ti va di andare a prendere un gelato?- Non ero del tutto sveglia, fissavo un punto impreciso sul muro di fronte a me. Ero seduta su una poltroncina abbastanza comoda e Chester si era accucciato al mio fianco, e mi teneva una mano. Nonostante i miei sforzi, non riuscivo a capire cosa dicevano, era tutto ovattato e giungeva solo un suono confuso, un brusio. Nulla di più.

-Sun...Sun!- mi scosse leggermente e solo ora mi ridestai totalmente, ma ancora un po' confusa.

-Che c'è?- chiesi, forse leggermente scortese, ma non potevo controllare perfettamente le mie reazioni. Insomma...chi ci sarebbe riuscito?

-Andiamo a prendere questo gelato si o no?- chiese un po' scocciato. Chi te lo aveva chiesto? Mica stavi facendo un piacere a me!

-Non ho molta voglia.- abbassai lo sguardo. Sentivo i suoi occhi su di me, si stava preoccupando. Era gentile da parte sua, cercava solo di distrarmi e di non farmi sentire la discussione dei miei genitori. Che strana parola, al plurale. Era tutto così nuovo per me, anche se si trattava solo di semplici parole. Non che non le abbia mai usate rima, ma ora che sapevo di averceli anche io, che non c'era solo mia madre, che non era più sola. Troppo complicato da spiegare...

-Non vuoi niente?- insistì, cambiando tono. Sembrava molto dolce e sembrava provasse pietà. In risposta feci solo cenno di no con la testa. Sospirò.

-Dove sono gli altri?- chiesi timidamente. Mi dispiaceva lasciar fare tutto a lui, lasciare che mi intrattenesse, seppur inutilmente, da solo. In 5 magari combinavano qualcosa.

-Non lo so. Andiamo a cercarli?- si tirò su in piedi. In tutta risposta gli sorrisi cercando di mimare una certa impazienza. Poco brava, infatti capì subito, ma non disse nulla e mi porse la mano dopo essersi stirato la schiena.

-Allora muoviamoci, dai.- presi la sua mano, poggiando la mia delicatamente. Ripensai a quando non facevo altro che stare sdraiata a letto, stringendo un cuscino, ad immaginare il momento in cui li avrei incontrati, e magari abbracciati. E ora erano lì, tutti per me. Per un attimo mi sembrò un sogno, ma un altro urlo di mia madre mi ricordò che era la, solita e triste, verità. Ci avviammo verso la porta che dava su un altro corridoio che conduceva a varie stanze e, infine, all'uscita.

-Dopo di te, madame.- Mi tenne la porta, facendo un mezzo inchino e ciò mi fece ridere e capii dal suo sospiro di sollievo che era proprio quello che sperava. Sentirmi ridere...

-Molte grazie, monsieur.- e accennai anche io un inchino altezzoso. Ridemmo entrambi e mi fece piacere sentire la sua risata. La amavo, era una delle poche cose che riusciva a farmi sorridere in certe giornate.

Mentre percorrevamo il lungo corridoio grigio e bianco, illuminato da luci al neon molto fredde e per niente accoglienti, mi avvicinò al suo fianco cingendomi le spalle con un bracio. Lo guardai, non capendo cosa intendesse fare, ma poi mi sorrise e capii che stava solamente cercando di infondermi coraggio e calma. Ma era più agitato di me, lo vedevo. Era coinvolto emotivamente in tutta questa faccenda, poichè Mike per lui significava molto. Erano diventati migliori amici fin dall'inizio di tutto. E la loro amicizia si era consolidata sempre di più man mano che gli anni passavano. Alcuni pensavano adirrittura che fossero una coppia... A me non interessava a dire la verità: anche se lo fossero stati non sarebbe cambiato nulla, erano sempre i miei idoli. Coppia o meno, gay o no, poco importava. Per me restavano semplicemente "Chester e Mike". L'importante era quello, che non si separassero o rovinassero la loro amicizia (o amore). Erano perfetti insieme.

-Chester, posso farti una domanda?- mi fermai. Mi guardò e non capii bene se pensava a qualcosa di catastrofico o meno. Conoscendolo, molto probabilmente si..

-D..dimmi.- balbettò leggermente.

-Tu e Mike siete così...- cercai il termine adatto e non trovai altro che quello -..diversi!- nell'attesa lo avevo visto impallidire. Cosa pensava?!

-Come avete fatto a diventare così uniti, così amici?- continuai. Chester si tranquillizzò e la sua pelle ritornò del suo rosa naturale. Un sorrisetto gli spuntò sulle labbra, non lo avevo ma visto un sorriso così e, da brava scema che ero, mi persi sulle sue labbra. Anche quando si inginocchiò davanti a me non riuscii a staccare gli occhi da quelle labbra tanto perfette.

-Beh..- e iniziai a perdermi anche nella sua voce. Era bassa, calda e con un velo di malinconia. Come poteva essere così perfetto, un uomo? Mi resi conto che mi ero incantata solo quando abbassò la testa chiudendo gli occhi, rendendomi impossibile la vista di quelle labbra. Arrossii di colpo, ma per fortuna non se ne accorse.

Dopo poco, senza rialzare la testa, mi fece cenno di sedermi accanto a lui e senza esitazioni obbedii. Lo fece anche lui, seguendomi a ruota, e iniziò a parlare con quella sua voce. Era come un flashback per lui, e me lo raccontava come se fosse successo il giorno precedente. E lo ascoltai attentamente e, alternando, guardavo i suoi occhi, le sue mani e la sua bocca.

-Vedi, devi sapere che Mike è una delle poche persone a cui ho raccontato del mio passato, all'inizio. Ora quasi mezzo mondo lo sa...non mi piace molto questo fatto, è una cosa molto privata e di cui non mi piace parlare. Comunque sia- sospirò. -stavo dicendo che Mike è l'unico che ha saputo ascoltarmi, senza dire nulla di troppo o guardarmi e trattarmi in modo diverso, come chiunque avrebbe fatto. Questa è una delle cose che adoro di lui. Non ti fa sentire diverso, anche dopo avergli mostrato il lato peggiore di te, dopo avergli dimostrato di essere diverso, dopo avergli fatto vedere e scoprire il lato debole e fragile di te. Riesce a toccare quel lato di te senza farti male, senza lasciarti altre ferite, senza mai dimenticare l'altro lato, quello forte. Riesce a curare quelle ferite, a non far sanguinare più quelle cicatrici che non si chiudono e mai si chiuderanno. Mai le dimenticherai... E' stato l'unico a riuscire a tirarmi su dal fondo che avevo toccato con tutto il mio corpo. Forse sto parlando troppo "profondamente" per farti capire?- mimò le virgolette con le dita e mi guardò con un mezzo sorriso che non lasciava intravedere i denti bianchi. Io scossi la testa e risposi.

-No, capisco benissimo. Non è troppo profondo, per niente. Insomma, sarò solo un'adolescente ma queste cose le capisco fin troppo bene.-

-Davvero? Ci...ci sei passata?- mi chiese preoccupato.

-In un certo senso...- abbassai la testa e iniziai a giocherellare con i lacci delle scarpe. Un brivido leggero mi passò per la schiena quando la sua mano si poggiò delicatamente sulla mia spalla. Mi voltai per guardarlo e lo vidi sorridere in maniera dolce, comprensiva. Lui poteva capire quello che provavo, lui sapeva che tutto quello che ho passato può far male, tanto male.

-Vuoi..vuoi parlarne?- mi chiese quasi sussurrando. Era davvero capace a farti sentire protetta anche in quei momenti in cui vorresti rimangiarti tutte le parola, in cui vorresti prendere e scappare lontano da tutto e tutti, in cui il coraggio ti abbandona.

-Non so se capiresti...insomma, tu hai passato di molto peggio e non sarebbe tanto giusto lamentarsi di quello che mi è successo con te.- ritornai a giocare con i lacci, arrossendo leggermente.

-Fidati, è proprio perchè ne ho passate di peggio che posso capirti benissimo. Ma non sei costretta a parlarne, se non vuoi...- la mano sulla spalla si spostò sempre con quella delicatezza che faceva rabbrividire, e arrivò all'altra per poi stringermi al suo petto. Sentivo il suo cuore battere regolarmente, forse un po' più veloce del normale. Il suo petto si alzava e si abbassava lentamente, mi rilassava e la sua presa mi diede la sicurezza che mi serviva per parlare di me.

-Se lo dici tu...Non mi piace parlare di me con le persone di solito. Mi sembra di fare la "vittima" e mi sembra di annoiare gli altri.-

-Ma è proprio per parlare che siamo qui seduti, in mezzo a un corridoio per chissà quale motivo.- sorrise, e mi fece sorridere sringendomi leggermente più forte.

-Ok...Beh, come posso cominciare?- Il mio cuore non si stava limitando a battere, stava per scoppiarmi!

-Mh..inizia dal spiegarmi che cosa ti fa star male, poi il resto verrà da se. Nel caso in cui non riesca ad andare avanti non preoccuparti...- abbassò il tono di voce, che suonava rassicurante e quasi paterno. Si, paterno. Era quel tono di voce che ha un padre quando viene a rimboccarti le coperte in una notte d'inverno, quando ti da il bacio della buona notte, quando ti racconta una favola per farti addormentare o semplicemente quando hai il broncio e fa di tutto, anche mettersi in ridicolo davanti al resto della famiglia, per farti riavere quel bel sorriso da bambina felice. Quella voce che ha un padre quando ride se la sua bambina ha fatto una faccia buffa o ha combinato qualcosa di divertente, o ha semplicemente raccontato quella barzelletta a cui solo lui ride. Ecco, la sua voce era proprio quella, o così sembrava.

-Va..va bene. Non ho raccontato mai a nessuno tutto questo. Nemmeno a mia madre ho detto tutta la verità, non volevo farla preoccupare. So che ho sbagliato a non parlare, so che avrei dovuto reagire, ma non ce la faccio. In più non voglio farla star male più di quanto non stia già.- feci una pausa e presi un respiro profondo. Dovevo calmarmi, mi stavano già bruciando gli occhi e le lacrime non ci avrebbero messo molto a scendere. Se c'ea una cosa che non sapevo fare era proprio tattenere le lacrime.

Ne scese una lungo la mia guancia e mi morsi il labbro inferiore per trattenere la seconda. Ricordare certi momenti faceva male, certo, ma non credevo così tanto. Sentivo la mia pelle andare a fuoco, un nodo in gola mi si formò e deglutii per cercare di farlo sparire.

-Ehi...stai tranquilla.- disse, per poi baciarmi la fronte e iniziò a culllarmi. Sentiva che iniziavo a far fatica a respirare, succedeva sempre così quando piangevo. Una volta mia madre dovette portarmi al pronto soccorso per una crisi respiratoria. Non riuscivo a smettere e pian piano diventai blu per la mancanza di aria.

-Scusami...- dissi, ricominciando molto lentamente a respirare meglio. -Stavo dicendo...non ho mai detto a mia madre certe cose perchè ha già sofferto troppo. Non voglio che soffra ancora di più a causa mia, perciò ti chiedo di non dire niente a nessuno. Non voglio che le persone sappiano e inizino a trattarmi-

-In maniera diversa, lo so.- finì lui. Questo mi lasciò senza parole. Sapeva esattamente quello che intendevo ed era la prima volta che qualcuno lo dimostrava. Lo guardai e, come poco prima, mi sorrise di nuovo. Bastava quel sorriso per ridarmi la forza per continuare.

-Esatto...- iniziai a fissare il pavimento grigio quasi come per trovare l'ispirazione per continuare. E non la trovai, ma ci pensò Chester a farmi parlare.

-Inizia a parlarmi delle conseguenze, se ce ne sono state. Ti aiuto io, visto che non sai da dove iniziare.- mi strinse un po' e mi accoccolai meglio fra le sue braccia.

-D'accordo. Allora...le conseguenze ci sono state, certo. Alcune sono state...significative diciamo.- Detto ciò iniziai ad alzare la parte inferiore dei pantaloncini neri, che arrivavano fino al ginocchio. Quando lo sentii irrigidire mi voltai e vidi i suoi occhi puntati sulla mia gamba, lucidi e stupiti. Non mi stupiva il fatto che reagisse così, tutti lo facevano quando vedevano quelle cicatrici.

CHESTER

Restai colpito, o meglio, scioccato a vedere quelle gambe rovinate da cicatrici e lividi. Lividi...la picchiavano a scuola, fuori? Come poteva reagire così quella ragazzina? Come faceva a non far trasparire nemmeno un po' della sua tristezza e, forse, paura.

Deglutii per far scendere il nodo alla gola che si era formato. Persi un battito nel vedere i tagli. No, anzi, credetti di morire per alcuni istanti: il respiro si era fermato, e così anche il cuore, e prima di ricominciare a parlare ne passò di tempo.

Ma vedendo la mia reazione, Sun non si era offesa o preoccupata, era come se già sapesse quale sarebbe stata la mia reazione, e come se le avesse già mostrate ad altre persone.

Una domanda iniziava a crescere dentro di me, sempre più insistente: come ha fatto? Come cazzo ha fatto a resistere, a lottare e a non far vedere la tristezza dietro a quegli occhi scuri?

-S..Sun.- sospirai, senza fiato. Velocemente nascose la sua gamba con i pantaloncini neri e girò il capo verso la parte opposta. Percepivo benissimo lo sforzo gigantesco per mostrarmele, per aver iniziato quel discorso che bruciava, la bruciava dentro. Sospirò e la sentivo tremare, stava trattenendo ancora le lacrime e i singhiozzi. Era così fragile, debole e delicata. Era un povero cucciolo impaurito dal mondo che c'è fuori, che non riesce a trovare un luogo in cui rifugiarsi, ma che continua a lottare per trovarlo.

-Ehi, piccola...- le sussurrai, cercando di calmarla e portandola più vicina. Non voleva saperne di lasciarsi andare, di liberarsi un po', di fidarsi dell'abbraccio di qualcuno. Teneva ancora le gambe distese davanti a sè, con le mani in grembo, tremanti. Ogni tanto si asciugava una lacrima che scappava lungo la sua guancia rossa.

-Ehi...fidati di me.- le baciai il capo, e tentai di uovo di portarla vicina. -Lasciati andare, se tieni tutto dentro finirai per scoppiare.- iniziai ad accarezzarle il braccio delicatamente, e questa volta si lasciò fare. Finalmente incominciava a fidarsi e a liberarsi. Tentai di nuovo:

-Sun, piccola mia...Ci sono qui io, fidati di me. Ti prego...- chiusi gli occhi appoggiando il mento sul suo capo, e, come per miracolo, iniziò a tremare più forte. Testarda, si teneva tutto dentro ancora. Non avrebbe retto a lungo in quelle condizioni. Infondo era simile a me, non volevo mai mostrarmi debole, con le lacrime agli occhi. Cercavo sempre di nascondere il pessimismo e la voglia di morire che mi circondavano.

D'un tratto smise di tremare, smise di singhiozzare, smise di respirare. Preso dal panico mi scostai e la vidi osservarmi e...mi sorrideva. Sorrideva!

-P..perchè sorridi?- balbettai, incredulo.

Non rispose, tutto quel che fece fu abrracciarmi e avvicinare le sue ginocchia al corpo. Il suo viso sprofondò nel mio petto, e sentii la maglietta bagnarsi sempre di più: stava piangendo. Restai immobile, trattenendo il fiato per qualche secondo, poi mi decisi a reagire e realizzai una cosa: ero riuscito a farla piangere, ero riuscito a convincerla a lasciarsi andare.

Presi da sotto le sue gambe e la porta sopra alle mie. Era seduta in braccio a me, e finalmente si stava liberando davvero di tutte le lacrime che non voleva mostrarmi. Quella ragazzina, che si poteva ritenere una donna, in questo momento, era davvero nelle mie mani. Da me, ora, dipendeva e solo io avrei potuto deidere se ferirla o aiutarla. Si era completamente data a me, con tutta sè stessa e io le ero grato, perchè si era fidata di uno "sconosciuto". Ed ero fiero di lei.

-Sun.- la richiamai.

-Mh?- mugolò appena, visto che le era difficile respirare normalmente.

-Sun, potresti parlarmi di tua madre? Prima, in parcheggio, vi siete presentate e avete raccontato la storia a grandi linee. E volevo solo conoscervi meglio, ecco...- balbettai leggermente. Non ero sicuro della risposta, ma tentar non nuoce, perciò mi feci coraggio. Volevo sapere che cosa pensava di sua madre, di come la vedeva. E come reagiva a tutto ciò.

-Va...va bene.- si risistemò per stare un po' più comoda. -Ti peso?- mi domandò poi. Pesarmi?

-In che senso?- non capivo cosa volesse intendere.

-Ti peso? Sulle gambe, ti sto schiacciando?- si lasciò sfuggire una risatina tirata e finta, per il dispiacere che pensava di portarmi.

-Stai scherzando? Sei una piuma!- Inarcò le sopracciglia alla mia affermazione e rise. Ma non era una vera risata, una di quelle che mi sarebbe davvero piaciuto sentire!

-Oh, certo, una piuma! La pensassero tutti come te...- Abbassò lo sguardo.

-Chi ti ha detto il contrario?-

-Oh, semplicemente l'intera scuola.- Bastardi... -Nonostante io sia dimagrita ancora non smettono di darmi soprannomi e altre cazzate varie.-

-Soprannomi?- sbottai, incazzato. -Del tipo?!-

-Del tipo: balenottera, elefante marino, orca assassina..- rise delicatamente a quell'ultimo nome. -Orca assassina...mi hanno etichettata così quando per sbaglio feci cadere un ragazzino dalle scale. Josh, questo è il suo nome, si ruppe la spalla e restò fermo a casa per settimane. Non so che cavolo abbia a che fare l' "assassina" con questa storia, ma così decisero di chiamarmi...- continuò a parlare sotto il mio sguardo stupefatto. Porca puttana, era magra, bella e gentile e si permettevano di prenderla in giro e, peggio, di picchiarla?!

-Stronzi...- mi scappò, ma a quanto pare così riuscii a farla ridere. Rideva, nonostante alcune lacrime continuavano a scorrere per aver ricordato...

E con lei risi anche io. Aveva la risata di suo padre, era bellissima!








***
RECENSITE :)
***

  
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