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Autore: Phantom13    01/09/2013    5 recensioni
L'umanità ha sempre cercato di raggiungere e conquistare la Perfezione. Sempre. Ma questa volta sono più accaniti e determinati del solito... esattamente come lo è il loro "obbiettivo".
In fondo, noi abbiamo sempre cercato, scavato a fondo, analizzato e smembrato con arroganza ogni aspetto di questo mondo ... o quasi.
Ma è il cosa si cerca che fa la differenza. L'obbiettivo che si vuole raggiungere.
E questa volta, l'obbiettivo in questione è il più inviolabile dei diritti: la vita. Artificiale o autentica che sia.
In questo caso, soprattutto artificiale.
Anche se, in fin dei conti, non fa questa grande differenza. La vita è sempre la vita, indipendentemente dal "come" e dal "perchè" ... non ho forse ragione?
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"–Lui è solo un robot fatto di carne e sangue anziché di metallo. Non è una persona, è una macchina.- disse semplicemente, con una calma stomachevole e arrogante sufficienza. –È un oggetto che cammina. Null’altro.-" (cap. 5)
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AVVERTENZA: alcuni contenuti potrebbero urtare la sensibilità del lettore.
Genere: Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Rouge the Bat, Shadow the Hedgehog, Sonic the Hedgehog
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Salve, miei lettori! Sono riuscita a tornare a farmi sentire prima dell'inizio della scuola (chi l'avrebbe mai detto?). Vi ho portato un nuovo capitolo pieno zeppo di rivelazioni, indizi e, soprattuto, contenene la vera scintilla che farà esplodere la bomba! Preparatevi, signori mei, perchè da qui si aprono per davvero le danze
Come sempre, ho tentato di fare del mio meglio, spero che anche questa nuova parte sia di vostro gradimento. vi avverto che non l'ho riletta, quindi non garantisco per errori di battitura o ripetizioni.
Un grazie speciale va a Polly98 ^.^
E ora vi lascio alla lettura!
Enjoy! 




CAPITOLO 4
-Intenti-


 
E giunse la sera. Come promesso, la spalla del riccio nero ora era in perfetta forma. Solo un lieve segno rossastro rimaneva a testimonianza del proiettile entrato e uscito solo la notte prima. Rouge guardava il riccio ad occhi sbarrati. Sapeva che il suo compagno non rientrava neanche lontanamente nella norma, ma una guarigione lampo come quella … sospirò. Per quanto tempo passasse con Shadow, a certe cose non riusciva proprio ad abituarsi.
Gli occhi rosso rubino della Forma di Vita Definitiva sostenevano il suo sguardo con una punta di invisibile soddisfazione. –Non ti dovresti sorprendere. Io l’avevo detto.- disse con la sua solita voce impassibile, muovendo qualche passo avanti.
Rouge fece per ribattere ma poi lasciò perdere. Con un altro sospiro chiuse la faccenda. –Piuttosto, dovremmo andare, ora.- disse, cambiano argomento.
Shadow la guardò, piegando la testa di lato. Il localizzatore che teneva in mano gli avrebbe condotti dritti al luogo dove il cip portato sul robot si era fermato. –Già. Dovremmo andare.- ripeté piano.
Shadow mosse qualche passo verso di lei, avvicinandosi. Le afferrò delicatamente un braccio, poco più sopra del polso. –Chaos Control!-
Rouge chiuse gli occhi, mentre l’energia dello Smeraldo l’avvolgeva, inglobandola da cima a fondo partendo dal punto nel quale il riccio la teneva. Ogni sua singola cellula fremette, trapassata dalla possente forza di Chaos incanalata in Shadow. Quella forza schioccò e l’odore della sabbia le riempì le narici.
Aprì lentamente gli occhi. Una distesa senza fine si apriva davanti a loro, una landa di sassi, rocce, sabbia e poco altro che si estendeva per tutto l’orizzonte. Un cielo nero come pochi opprimeva brutalmente quel già monotono paesaggio. Niente stelle, niente luna. Nero sopra, bruno sotto, una sottile linea là in mezzo, dove cielo e terra si sfioravano. Una folata di vento gli investì, fischiando. Shadow le lasciò la mano.
Dall’arido terreno proveniva ancora il calore solare raccolto durante il giorno, mentre le temperature notturne ne raffreddavano i bollori creando un curioso contrasto tra basso e alto sulla pelle dei due visitatori. Alle loro spalle, l’astro di fuoco sprofondava nell’altro emisfero.
-Siamo nel bel mezzo del nulla.- commentò Rouge, guardandosi attorno. –Oh, guarda. Là c’è una montagna!- esclamò, con sarcastico entusiasmo, puntando il dito contro il solitario sperone di roccia.
Shadow le scoccò un’occhiata infastidita. –Ho pensato che non era il caso di sbucare proprio sopra le loro teste. Credo che non avrebbero gradito. Meglio un approccio lento ma sicuro, visto che non sappiamo cosa troveremo laggiù.-
Rouge sbattè le lunghe ciglia un paio di volte. –E cosa ti aspetti di trovare, Shady?-
Lui la fulminò con quel suo sguardo di fuoco, irritato per l’odioso nomignolo che la pipistrella continuava a dargli. Ma rispose comunque. –Solo una vaga idea. Nulla di più.-
Rouge si fece interessata, ma non insistette . Si limitò ad un’alzata di spalle. –Come vuoi, Shady. Per scoprirlo basta andare là. E io sto morendo dalla curiosità.-
Gli occhi rossi del riccio lampeggiarono. –E allora andiamo.-
Rouge gli sorrise e prese il volo. Due colpi d’ala ed era staccata da terra, librata in aria a poco più di due metri da terra. Rimase sospesa, fluttuante, in attesa. In attesa che passasse Shadow. Il riccio le sfrecciò sotto a tutta velocità proprio in quel momento. Fu come se un invisibile gancio, la brusca corrente d’aria causata dal rapidissimo movimento di Shadow, l’avesse catturata e la stesse trascinando con sè. Rouge ora si ritrovava a voltare ad una velocità davvero fuori di testa, agganciata alla scia di Shadow senza dover fare molti sforzi eccetto il mantenimento di altezza e equilibrio. Certo, doveva rimanere bassa di quota ma il brivido di quella rapidità era esilarante! Da sola mai avrebbe potuto raggiungere quei livelli. Ecco un’altra ragione per la quale amava viaggiare con il riccio nero. E lui sembrava esserne a conoscenza.
Sotto i pattini infuocati di Shadow scorreva il deserto, allo stesso modo le ali di membrana del pipistrello fendevano l’aria. Non impiegarono più di cinque minuti ad individuare il loro bersaglio, l’unico rilievo nel paesaggio che fosse degno di nota.
La brusca frenata del riccio disorientò la corrente d’aria creatasi, cosa che sbilanciò pure la pipistrella ora costretta a sbattere furiosamente le ali per non venir sbalzata via. Riconquistata la calma, entrambi si accucciarono a terra, riparati dietro ad una manciata di provvidenziali massi proprio lì vicino.
Davanti a loro, nel bel mezzo del nulla, si distingueva stagliata contro il cielo nero la sagoma di un edificio. Ma non era un semplice edificio. Sembrava più una base militare, con tanto di mura di sicurezza, ramine elettrificate e fili spinati. Alcune torrette da cecchini, seminascoste nelle ombre notturne, si intravvedevano qui e là, tutt’attorno al periodo. Un massiccio cancello di metallo e cemento armato stava incastonato nel muro di cinta, ornato di fili ad alta tensione e guardie armate.
-Caspita!- commentò Rouge, ad occhi sbarrati. –Sembra proprio che non vogliano visitatori, eh?-
Shadow schioccò la lingua. –Oppure non vogliono che qualcosa esca.-
La pipistrella sbattè le palpebre. –A cosa ti riferisci?-
-Ancora non lo so, di preciso. Ma quei campi elettrici mi sembrano eccessivi per tener lontani i curiosi, non ti pare?-
-In effetti.- concordò Rouge. –Sarebbero bastati solo le mura alte tre metri, i cecchini, le guardie e i fili spinati.-
Rimasero in silenzio, in osservazione.
-Tu sospetti qualcosa, vero?- chiese prudentemente Rouge. –Ma non me lo vuoi dire.-
Shadow abbassò lo sguardo. Non disse nulla. Rouge stava quasi per perdere le speranze di una risposta quando il riccio parlò. –Se c’è qualcuno che improvvisamente mi vuole dare la caccia, mi vengono in mente solo due ragioni plausibili. Due cose che io ho e gli altri no.-
Rouge lo guardò interrogativa. –Cioè?-
Shadow si voltò verso di lei, uno sguardo eloquente abbastanza da far comprendere a Rouge che avrebbe dovuto arrivarci da sola. E la pipistrella non tardò a trovare la soluzione. Trattenne il fiato, sgranando gli occhi verde mare. –Vuoi dire …?-
Shadow annuì piano. –Potrebbe essere una possibilità.-
Lei scosse la testa. –Ma è assurdo!-
-Lo spero, Rouge.- 
Tornarono a guardare la base del tutto immersa nelle tenebre, non un fascio di luce, non una lampada nè una lanterna. Nulla di nulla. come se non volessero assolutamente farsi vedere dall’alto. Un’improbabile chiazza luminosa nel bel mezzo del deserto avrebbe potuto destare attenzioni indesiderate.
-Come facciamo ad entrare?- domandò Rouge, ora scalpitante all’idea di entrare là dentro.
-Abbiamo il Chaos Control.- gli fece notare lui. –Ma dobbiamo comunque fare attenzione. Devo sapere dove teletrasportarci. Quelle guardie avranno sicuramente dispositivi per la visione notturna, potrebbero vederci. E sicuramente ce ne sono anche dentro.-
-Credi che sono umani?- chiese Rouge.-
-Certo.- rispose il riccio, cupo.
-Stenderne un qualcuno?-
-Troppo rischioso. Potrebbe scattare l’allarme.-
-Teletrasportarci direttamente dentro l’edificio senza passare dal cortile?-
Shadow sospirò. –Possiamo provare, ma devo prima trovare un luogo appartato grande abbastanza per la fase finale del Chaos Control. E vorrei evitare di materializzarmi proprio sulla testa di qualche scienziato.-
Rouge deglutì. Scienziato …
Shadow estrasse lentamente lo Smeraldo rosso, lo strinse forte, chiuse gli occhi e si concentrò. Come sempre, lo spazio e il tempo attorno a lui sembrò dilatarsi. Riusciva a sentire tutto quello che gli stava attorno, tutto quanto ma in maniera sfumata e imprecisa. Si concentrò sull’edificio, scandagliando tutti i locali abbastanza grandi da ospitare loro due. Non poteva vedere chiaramente cosa ci fosse dentro, ovviamente, solo sentire dove sarebbe stato possibile “atterrare”. Era questo il problema del Chaos Control. Per teletrasportarsi in un posto che non si vedeva direttamente o che non si conosceva, bisognava fare attenzione, evitando accuratamente pareti, oggetti e persone. Ritrovarsi mezzo materializzato in un tavolo non sarebbe stato piacevole. Ecco perché solitamente si teletrasportava ad una certa altezza da terra, evitando accuratamente tutti i possibili oggetti che avrebbero potuto trovarsi lì.
Cosa diversa era per i luoghi già visti e ben conosciuti. Per quelli bastava concentrarsi sul ricordo di quel luogo per guidare il Chaos Control.
Riuscì infine a trovare quello che sembrava uno sgabuzzino adatto allo scopo. Era piccolo, e in diretto contatto con il sistema di aerazione. Le possibilità di trovarci dentro qualcuno erano ridotte.
Shadow riaprì lentamente gli occhi, delicatamente sfiorò una mano a Rouge e –Chaos Control!-
Il tipico bagliore dell’energia dello Smeraldo rilucette come una fiamma in quella notte nera, ma fu una luce tanto rapida che le guardie non ebbero nemmeno il tempo di accorgersene. Girata la testa, quel lucore non c’era già più.
Shadow realizzò in un secondo che quello non era uno sgabuzzino, ma una cella frigorifera. Sbuffò, mentre Rouge si guardava intorno preoccupata. –Ma perché hai scelto proprio questo posto, tra tutte le scelte?- chiese, rabbrividendo.
-Perché è in diretto collegamento con il sistema di aerazione.- rispose lui, a denti stretti.
Rouge si diede un’occhiata attorno. La cella era invasa di quella nebbiolina da ghiaccio spesso presente in luoghi freddissimi. Ma a parte la crosta gelata sul pavimento e sulle pareti, quel posto era completamente vuoto. –A cosa credi che serva questa stanza?- chiese.
-Evidentemente, qualunque cosa avrebbe dovuto trovarsi è già stata portata via. Oppure ancora non ci è stata portata.-
Rouge tremò violentemente. –Ti dispiacerebbe cominciare a cercare un modo per uscire da qui? Sto morendo di freddo!-
Shadow si diede una rapida occhiata intorno, individuando quasi subito la piccola grata incastonata nel muro.
Rouge si avvicinò all’apertura. –Secondo te a cosa serve?- chiese. –Non è da lì che arriva l’aria fredda.- osservò lei.
Shadow non le rispose, cominciò invece a studiare il sistema di bloccaggio della grata.
-Non che sia importante.- continuò Rouge. –In fondo, a noi importa solo sapere che da qui si può uscire.-
Non ci volle più di una manciata di secondi per scardinare quel piccolo rettangolo metallico, che di certo non poteva competere con due personaggi del calibro di Rouge e Shadow.
La pipistrella sorrise, estraendo da una tasca un piccolo palmare debito allo scoprire l’eventuale presente di infrarossi. L’apparecchio non ne trovò, quindi i due si infilarono nello stretto passaggio; il riccio davanti, la pipistrella dietro. Il metallo del condotto d’aria era gelido a dir poco, ma i due non ci fecero troppo caso. Rouge, con un’abile contorsionismo, riuscì a rimettere a posto la grata nel muro. Ovvio, non era più inchiodata come prima, ma con un’occhiata fugace nessuno avrebbe potuto sospettare che qualcuno fosse passato da lì.
*
Non seppero dire quanto tempo passarono a strisciare, già da un po’, però, il freddo del metallo se n’era andato lasciando posto ad una temperatura normale, ma comunque fresca. Erano riusciti a vedere fuori solo una volta, ottenendo una panoramica di un mini-esercito di robot, ovviamente gli stessi che davano la caccia al riccio, prova concreta che erano capitati nel posto giusto.
Ma ora, per la prima volta da quando si erano infilati là dentro incontrarono una diramazione con tanto di grata in basso, che rigettava nel macabro passaggio lame di luce abbagliante.
La visuale sottostante non era gran che. Un semplice corridoio.
Ma quello che videro passare li lasciò perplessi. Tre uomini in camice che stavano spingendo un carrello carico di boccette contenenti liquidi dai colori più variati.
-Non doveva essere una base militare, questa?- sussurrò Rouge, rigirandosi in mano il detector di infrarossi. –Quelli là sembrano usciti da un ospedale!-
Shadow non rispose subito. Il suo corpo era mimetizzato completamente nel buio completo nel quale si trovavano. Se non fosse stato per la grata, Rouge avrebbe faticato a vederlo. –Forse hanno combinato le due cose.- disse, cautamente.
-Intendi dire che hanno mischiato un ospedale con una base militare?- Rouge era confusa. -In effetti i tizi di poco fa avrebbero anche potuto essere chimici, o qualcosa del genere. Non mi sembravano in effetti persone che hanno consacrato la loro vita alla medicina, salvezza di altre vite. E se stessero sperimentando qui qualcosa di nuovo?-
Shadow rimase in silenzio. –Andiamo avanti.- disse poi.
Continuarono a procedere, prendendo però la svolta laterale che il condotto offriva. Non badavano troppo alla strada del ritorno, per quello avevano il Chaos Control.
La prossima grata che incontrarono li lasciò perplessi. Era una grande sala metallica, nella quale erano depositati una gran quantità di robot da guerra. Non fu di certo questo a stupide i due mobiani. Il fatto curioso era che tali robot erano immersi dentro a vasche di liquido fluorescente.
Rouge e Shadow si guardarono. –Idee?- chiese il riccio.
-Un sofisticato trattamento antiruggine?- propose Rouge, con una vena ironica.
-Hai notato che sembrano incompleti?- disse invece dopo un po’ Shadow.
Rouge aggrottò la fronte, sporgendosi a guardare meglio. in effetti, quelli più che robot fatti e finiti sembravano come esoscheletri in attesa di … di … di qualcosa che si incorporasse a loro. Parevano semplicemente un sostegno, uno scheletro d’acciaio per sostenere qualcos’altro. Erano tanto sottili di loro, tanto esili che c’era seriamente da dubitare della loro effettiva capacità di arrecar danno.
-Sembrano …- Rouge non riuscì a trovare la parola adatta. Shadow di certo non le diede una mano, il suo sguardo era interamente concentrato su quegli affari metallici immersi in quelle vasche. Il riccio pareva decisamente allarmato, cosa che di conseguenza mise sull’attenti pure lei. –Che stiano cercando di realizzare un nuovo tipo di armi?- propose Rouge, con voce esitante.
Shadow socchiuse gli occhi. –Probabile.- disse. –Ma queste armi qui sotto non hanno nulla a che fare con quelle che abbiamo sempre visto noi.-
Detto ciò, riprese a muoversi. Rouge sospirò, prima di imitarlo.
Strisciarono ancora per un tratto, quando il piccolo palmare fischiò. Un fischio molto debole, tanto sottile che solo l’udito sopraffino della pipistrella avrebbe potuto sentirlo. Una misura di sicurezza acquisita negli anni, quando anche un sospiro avrebbe fatto scattare l’allarme. Gli uomini non sono in gradi di sentire gli ultrasuoni, ed essendo loro le vittime abituali della pipistrella e del riccio, strumenti al di fuori della portata umana facevano comodo.
-Fermo!- disse Rouge afferrando una gamba di Shadow.
-Che c’è?- sbuffò il riccio voltandosi indietro.
-Laser. Proprio davanti a noi.-
-Perfetto. Vuol dire che ci stiamo avvicinando a qualcosa che loro vogliono proteggere.- fu la risposta.
-In effetti non aveva senso mettere laser o infrarossi nel condotto d’aria di una cella frigorifera.- commentò lei.
-Dove sono, esattamente?- chiese ancora Shadow.
-Quaranta centimetri davanti a te.- rispose con precisione lei.
-Ce ne sono altri, dopo?-
-No.-
Lui risolse il problema nel modo più semplice: Chaos Control. Usare le proprie forze per superare gli ostacoli era la strada preferita dal riccio, ma quando ci vuole ci vuole!
Si teletrasportarono tutti e due qualche metro più avanti lasciandosi la barriera invisibile alle spalle. Ripresero la marcia.
Un ruggito li fece bloccare entrambi. Non ebbero bisogno di consultarsi per scegliere che fare. Aumentarono entrambi l’andatura, avvicinandosi sempre più alla fonte del suono. Al bivio che si parò loro davanti svoltarono a destra. La grata che lì trovarono li lasciò decisamente di stucco.
Era una sala del tutto simile a quella precedente con l’unica differenza che, insieme ai robot in quelle vasche veniva coltivato anche quel “qualcos’altro” che nell’altro hangar mancava. Ammassi di materia organica si inglobava lentamente ai supporti metallici forniti, esattamente come l’edera fa con i tronchi degli alberi. Si potevano individuare organi già completi, lembi di pelle i via di sviluppo, muscoli, nervi. Insomma, tutto quello che occorreva ad un corpo per vivere.
Rouge si sentì male. –Ma cosa …?-
Shadow non riusciva a staccare lo sguardo.  
Degli uomini in camice entrarono proprio in quel momento accompagnati da due robot normali che spingevano una capsula mezza trasparente. Conteneva quello che sembrava il corpo mezzo disfatto di un topo mobiano che si guardava intorno con occhi terrorizzati. Shadow strinse le mani a pugno, continuando ad osservare come incantato. Con cura, la capsula venne sollevata sopra la vasca. Il topo ebbe un ultima occasione di guardarsi attorno prima che la parte passa della capsula venne aperta e lui scivolò fuori atterrando nella vasca del robot. Il liquido azzurro della capsula andò ad unirsi a quello giallo della vasca dando vita ad un disturbante color verde limone.
Il topo mobiano cominciò a scalciare, spaventato probabilmente dal cambio di residenza e dal robotico compagno. Da un macchinario appeso al soffitto scesero dei bracci meccanici che, con cura unirono quel corpo tremante ancora in via di sviluppo all’esoscheletro metallico. Il topo si dibattè ancora, in maniera incredibilmente debole, ma dovette poi arrendersi. Lui e il robot nero se ne stavano semplicemente vicini, ora, ma siccome il topo doveva ancora svilupparsi era facile intuire che la pelle e i muscoli avrebbero finito per inglobare le parti di metallo.
L’espressione di Shadow fece seriamente raggelare Rouge. Impossibile dire ora cosa stesse frullando per il cervello del riccio, forse rabbia, forse indignazione, forse semplicemente ricordi. Rouge abbassò mestamente la testa. Le sarebbe tanto piaciuto dirgli qualche cosa, ma non sapeva proprio cosa. Shadow continuava a guardare il topino terrorizzato che ora studiava stupito il suo nuovo compagno robotico che come un’armatura lo stava avvolgendo.
Il ruggito si ripetè, forte e chiaro, facendo sobbalzare i due intrusi che si spostarono, torcendo il collo per riuscire a vedere oltre la vasca con il topo, che ora stava provando a fare ciao con la mano al robot con il quale si sarebbe ben presto fuso. Nella vasca vicina, una dal liquido color rosso, qualcosa di incredibilmente furioso si dibatteva.
Alcuni assistenti meccanici accorsero a dar man forte, mentre gli scienziati che badavano al topolino alzavano sempre più spesso la testa verso la vicenda, ancora mezza nascosta agli occhi dei due osservatori indesiderati.
Un braccio, mezzo meccanico mezzo organico, afferrò con violenza il bordo della piccola piscina color lava, un altro terrificante ruggito riempì l’intera sala. Pure il topolino voltò indietro gli occhi per guardare.
L’esperimento ruggente saltò fuori dalla sua vasca con un ennesimo latrato. Ancora gocciolante di vischioso liquido rosso entrò nel campo visivo di Shadow e Rouge.
A quale genere di mobiano dovesse appartenere non era facile dirlo, ma una cosa era certa: aveva dei gran lunghi denti aguzzi. L’esoscheletro robotico gli sporgeva dalla schiena, continuando poi sulle braccia, fin sulle dita. Sulla testa, tra le orecchie, gli passava un’altra striscia di metallo con due lucine lampeggianti che, un po’ più sotto, inglobava entrambi gli occhi, accesi di un’inquietante rosso. Il pelo color ruggine di quell’essere fremette quando i muscoli si tesero, all’unisono con le controparti meccaniche.
Rouge trattenne uno squittio. –Che diavolo è quel coso?-
La voce di Shadow la sorprese. Un tono tanto flebile non s’era mai sentito in bocca a lui. –È come Biolozard.-
Il cuore della pipistrella mancò un colpo. Nello stesso istante, l’affare ringhiante sotto di loro alzò il muso sfigurato verso l’alto, annusando l’aria con fare indagatore. Gli occhi di Shadow però non sembravano vederlo. –Rouge.-  disse piano. –Dobbiamo distruggere questo posto. A qualunque costo.-
Le fauci della creatura si spalancarono di nuovo e un altro possente ruggito gli scaturì di gola. Le molle meccaniche e i muscoli rafforzati delle gambe lavorarono egregiamente quanto il cyborg saltò il alto, mirando esattamente al punto dove si trovavano loro. E Shadow ancora non sembrava essersene accorto!
Ma la Forma di Vita Definitiva non si lasciava fregare così. Le dita del riccio si strinsero attorno al polso di Rouge. Non ci fu neanche bisogno di dirlo, il Chaos Control si attivò al solo pensiero. Un secondo dopo gli artigli della bestia mezza metallica, coltelli lunghi cinquanta centimetri buoni spuntati non si sa da dove, tagliarono come butto il condotto d’aerazione ormai vuoto.
*
Si ritrovarono di nuovo fuori, nel deserto. L’unica differenza rispetto a prima era che adesso c’era il sole.
Davvero avevano passato l’intera notte in quel posto?
-Ma cos’era quello?- sbottò Rouge, crollando a terra con le ginocchia tremanti come gelatina, ormai incapaci di reggerla oltre.
Se lei era scossa, Shadow lo era molto di più. I suoi occhi erano come appannati, proiettati indietro di anni.
-Chi erano quegli uomini? Cosa volevano fare con quel coso? E perché?- Rouge continuava a far domande che ben sapeva non avrebbero ottenuto risposta, ma doveva dirle ad alta voce: tutte in testa non le stavano più. Sarebbe impazzita. Troppe cose le intasavano il cervello, si sentiva scoppiare la testa.
Continuava a passarsi freneticamente le mani sulle braccia, come a scaldarsi da un gelo che solo lei sentiva nel bel mezzo di un deserto arroventato.
Non erano molto distanti dalla base. Videro chiaramente i camion arrivare. E quando la guardia aprì il rimorchio per controllare videro chiaramente il carico di corpi mezzi sfatti incapsulati come sardine.
Nello stesso istante, Rouge comprese davvero cosa volevano quelle persone da Shadow. Tornò a guardare il riccio ma lui non la vedeva proprio.
 

Shell si buttò in picchiata dalla finestra godendosi appieno il vuoto allo stomaco provocato dalla caduta dal quarantatreesimo piano.  Spalancò le ali al momento giusto, un attimo prima di sfracellarsi al suolo, dilatò al massimo le penne timoniere di coda, rallentando all’inverosimile e sfrecciando via allo stesso tempo, ad un nulla dalla testa di un passante, che la guardò con occhi allucinati.  Libratasi di nuovo in aria, inforcò alla perfezione una corrente calda ascensionale che la sollevò delicatamente verso l’alto, facendo presa sulle sue soffici ali bianche e azzurre.
L’avevano rimessa dall’ospedale già il giorno prima, quindi aveva trascorso la notte a casa ed ora si accingeva ad andare al lavoro. E quale modo migliore per sgranchirsi le ossa se non una deliziosa volata mattutina?
Il traffico immobile sotto di lei rombava nel suo solito frastuono di clacson, ruggiti di motore e colpi di gas di scarico. Ma lei non vi badava. Due colpi d’ala e guadagnò quota, spalancando le sue penne timoniere di coda. Ovvio, lei era nata per cavalcare le correnti d’aria marine, non quelle intossicate di città, ma ci si adattava.
Spostò tutto il suo peso verso sinistra, sterzando di lato. Curvò attorno al grattacielo ed imboccò la nuova via, mandando bellamente al diavolo i tassisti imbottigliati, una dozzina di metri più sotto. Il palazzo della residenza del giornale la salutò con il suo grigiore opprimente, le rispose con un altro battito d’ali. La ventiquattrore le pesava un po’, ma non era grave. A portar pesi in volo ci aveva fatto l’abitudine.
Nut, che era sempre il primo ad arrivare in ufficio, apriva sempre la finestra permettendole di entrare direttamente nell’ufficio senza passare dall’ascensore o dalle scale. Ora bisognava riuscire ad infilarsi in quell’apertura minuscola senza farsi male.
Rimase più bassa rispetto al davanzale. Spostò il peso all’indietro solo quando si trovò veramente vicina al palazzo, alzandosi quindi di quota fino a perdere del tutto la forza della cinetica. Raggiunta dunque la finestra, tutto quello che dovette fare fu richiudere le ali e lasciarsi scivolare dentro. Dolcemente atterrò sul pavimento, ottenendo pure un applauso dal furetto viola.
Lei accennò un inchino, ridendo. Quando però Nut notò che la collega non si stava minimamente dirigendo verso la propria scrivania, bensì verso l’archivio le domandò. –Che fai?-
-Una ricerca!- fu la risposta, dall’altra parte della stanza.
-Su cosa?-
-Su Shadow.-
-COSA?! sei impazzita? Il capo non te lo lascerà mai fare!- esclamò Nit, preoccupatissimo.
-Che vada all’inferno! Io lavoro qui a rigor di logica, anche se per poco ancora. Quindi ho lo stesso diritto di tutti voi di consultare l’archivio.-
-Lo farai infuriare.- il tono di Nut ora non era di rimprovero, da di puro e semplice divertimento e palese sostegno.
-Puoi giurarci! E che ci provi, a fermarmi. Lo spenno io quel barbagianni!-
-E perché poi vuoi fare una ricerca su Shadow?- chiese Nut trotterellandole dietro ed entrando anche lui nella porta di legno rosso targata “archivio”.
 
 
Sonic sbuffò, alzando la testa al 77 di River Street. Da fuori sembrava un palazzo normalissimo, non aveva proprio nulla di speciale. Prese un bel respiro, osservando malevolmente i quattro gradini che separavano la porta d’ingresso dal marciapiede.
Stava per cacciarsi in qualcosa di assolutamente nuovo. E pericoloso. Ma se ciò avrebbe permesso di aiutare Shadow, l’avrebbe fatto volentieri. Aveva più di un debito aperto con il riccio nero. E non si stava parlando di cinque dollari prestati occasionalmente: si stava parlando di sacrifici veri e propri. Per ben due volte Shadow aveva dato la vita. Ora era giunto il momento di restituirgli almeno in parte il favore. Anche se riuscire a pareggiare i conti con uno che era morto non una ma ben due volte, era una missione ardua pure per lui, Sonic.
Riorganizzò mentalmente tutti i possibili discorsi che si era involontariamente ripetuto nella mente per tutta la giornata passata e tutta la notte. Fece per mettere il piede sul primo gradino quando sentì un giornalaio, un giovane ragazzino dai capelli color castagna, gridare a squarciagola. –Edizione straordinaria! Edizione straordinaria! Il riccio nero ha colpito ancora!-
Sonic non impiegò più di mezzo secondo a decidere di rimandare la salita dei fatidici quattro gradini di qualche minuto. Comprò il giornale senza pensarci due volte e, quando vide l’immagine sulla prima pagina si sentì male. Lesse il titolo ed impallidì anche di più.
Tremando, tanto da non riuscire quasi a distinguere la parole, cominciò a leggere. Non capì quasi niente tranne poche parole chiave.
Shadow The Hedgehog.
Crimine.
Attacco.
Senza un motivo apparente.
Villaggio.
Interamente bruciato.
Centoventidue morti. 


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Allora? Che ne pensate?
Le faccende si stanno complicanto di brutto, spercialmente per il nostro Shadow (e anche per la sottoscritta -.-'). Si può dichiarare ufficialmente che dal prossimo capitolo in avanti sarà guerra per davvero! Fin ora abbiamo solo giocato! Ma da adesso si fa sul serio! (sperando di riuscire nel mio intento :P)
Ne approfitto per esprimere le mie conosglianze a tutti gli studenti che tra pochissimo si ritroveranno incatenati ai banchi di scuola :D Io in primis. quindi abbiate pazienza con gli aggiornamenti, d'ora in avanti. 
Come sempre ringrazio di cuore i miei carissimi fan, che mi sostengono e mi incitano ad andare avanti, e ringrazio anche quelli che semplicemente passano e leggono. Insomma, ringrazio tutti! 
Allora, io mi dileguo!
Alla prossima!
 
  
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