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Autore: HighByTheBeach    01/09/2013    1 recensioni
Andrea è il classico ragazzo difficile. E' acido, a tratti arrogante, perché pensa che tutto ciò che lo circonda faccia schifo. Una sola persona era riuscita a scalfire quella barriera, a tirare fuori il vero Andrea, ma lo ha abbandonato senza alcuna spiegazione, senza dirgli addio. Si, perché Alessia si è tolta la vita, lasciandolo da solo. Andrea è pieno di rancore, di rabbia. Contro chi, o cosa, però, non lo sa neanche lui di preciso. Fa del male a se stesso, e agli altri. Eppure qualcosa potrebbe cambiare, scuotendo la vita sempre più buia che il ragazzo sta vivendo. Se in meglio o peggio, non si sa ancora. Questa storia ripercorrerà anche quello che c'era tra Andrea ed Alessia, un'amicizia più intensa dell'amore stesso. nb: è trattato il tema del suicidio, e potrebbe esserci la presenza di droghe.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Andrea rimase interdetto dalla risposta del suo nuovo compagno di banco. Non si sarebbe aspettato una risposta del genere. Qualsiasi altra persona si sarebbe sentita a disagio nel sedersi al posto della ragazza morta suicida, ma a Matteo sembrava non importare, neanche dopo le parole di Andrea. Quest’ultimo si sentiva in parte compiaciuto di ciò. La schiettezza era certamente meglio di qualsiasi finta parola di conforto. Ed Andrea, di quelle parole, ne aveva sentite fin troppe. Così tante che era stanco, l’ipocrisia gli faceva venire la nausea. Decise di non rispondere a Matteo, non aveva alcuna voglia di discutere, ne tantomeno di parlare con uno sconosciuto che, a occhio e croce, non doveva essere un campione di simpatia.
 
******
12 Settembre 2009.

 
“Questo posto è libero”?

Andrea alzò gli occhi dal libro che stava sfogliando per capire chi gli avesse rivolto la parola. Si ritrovò davanti a una ragazza dalla statura abbastanza alta per i suoi 14 anni. Aveva i capelli lunghi, rossi. I suoi occhi, invece, sembravano dei pezzi di cielo, incastonati nelle sue orbite come gemme preziose in una corona. Il suo viso era grazioso, la sua pelle molto chiara, delicata. Il ragazzo si meravigliò del fatto che una ragazza così bella avesse scelto proprio il posto affianco a lui. Poi, però, pensò che probabilmente doveva essere l’unico libero. Non conosceva nessuno in quel liceo, non aveva amici lì dentro, per cui quella metà di banco era rimasta vuota. Non che gli importasse più di tanto, in realtà.

“Si” rispose, in un’alzata di spalle.

La ragazza sorrise, mostrando i suoi denti bianchissimi, e si sedette, posando la borsa sul banco.

“Io sono Alessia, piacere” aggiunse, sempre con il medesimo sorriso.

“Andrea” si limitò a dire il ragazzo.

Andrea, in realtà, non capiva se il sorriso sul volto di Alessia fosse sincero o no.

“Come mai stavi qui da solo? Gli altri stanno già facendo amicizia”

“Così”

Ad Andrea, in realtà, non interessava fare amicizia con quelle persone. Era convinto di non essere come loro. Gli era bastato uno sguardo, e si era convinto di non avere alcuna affinità.

“Sembra tutta gente snob e superficiale, perché dovrei parlare con loro?”

“Anch’io avevo questa impressione, però alcuni sono simpatici, tranne quella Veronica.”

“Allora perché ti sei seduta proprio vicino a me?”

“Beh, perché no?”

Il ragazzo dai capelli scuri si limitò ad un’altra alzata di spalle. La ragazza continuava a sorridere, e si chiedeva cosa ci fosse da sorridere tanto. Scosse la testa, tornando a sfogliare il libro con fare annoiato, e ogni tanto lanciava un’occhiata alla sua compagna di banco. Sbuffò, pensando che avrebbe dovuto passare 5 anni in una classe che non gli piaceva per niente. Sperava che almeno quella Alessia si rivelasse davvero simpatica come si era mostrata.

 
*****
 
La campanella risuonò in tutto l’istituto con il suo suono vivace e squillante, segno che la prima ora era giunta finalmente a termine. Immediatamente tutti gli studenti si alzarono dai propri posti. Alcuni rimasero in classe a parlare e a scherzare, altri uscirono in corridoio. Andava sempre così, nei cambi dell’ora, nonostante molti insegnanti si lamentassero. Si sentiva un forte brusio, un sottofondo di voci allegre e spensierate e, per un attimo, Andrea fu invidioso. Invidiava le persone che non avevano conosciuto Alessia, e che si erano già dimenticati di lei, andando avanti con le proprie vite. Anche Andrea avrebbe voluto andare avanti, ma qualcosa glielo impediva. Anche lui avrebbe voluto essere spensierato, godersi l’ultimo anno nel modo giusto, ma non poteva. C’era qualcosa che lo lacerava dall'interno. Era come se il dubbio gli stesse dilaniando la carne e strappando gli organi. Il punto era che Andrea incolpava anche se stesso per il gesto di Alessia. Lui avrebbe dovuto capirlo, avrebbe dovuto realizzare che qualcosa non andava bene, che qualcosa la turbava, che dietro quei sorrisi gioiosi fossero nascosti chissà quali segreti. Se solo lo avesse capito, magari, l’avrebbe aiutata. Le avrebbe impedito di lasciarlo. Andrea si riteneva un egoista. Una ragazza di 17 anni si era tolta la vita, e lui riusciva soltanto a pensare al fatto che lei se ne fosse andata senza dargli una spiegazione. La rabbia e il rancore erano come uno scudo, perché in quel modo riusciva a non pensare a quanto gli mancasse Alessia, e quindi a soffrire un po’ di meno. In realtà, nel profondo del suo cuore, lui sapeva che prima o poi avrebbe dovuto affrontare quei fantasmi, ma non sapeva quando e se sarebbe mai stato pronto.

“Ehm, Andrea?”

Andrea era sotto l’uscio della porta, chiacchierando con Giacomo, quando una voce femminile richiamò il suo nome. Mandò gli occhi al cielo non appena sentì la voce di quella fastidiosa ragazza. Si voltò verso di lei.

“Hey, Veronica”

Veronica era una ragazza dai capelli neri che le arrivavano alle spalle, e aveva gli occhi di un verde scuro. Era molto bella, nonostante avesse un corpo formoso, ma altrettanto odiosa. Non poche volte lei e Alessia avevano avuto accese discussioni. Quest’ultima, infatti, considerava la ragazza dai capelli nera l’emblema dell’inutilità. Altezzosa, snob, arrogante, superficiale e figlia di papà, ed in effetti lo era. Rappresentava tutto ciò che Andrea ha sempre odiato, nonché una gran parte delle ragazze che frequentavano quel liceo.

“Senti, Andrea, volevo dirti che mi dispiace un sacco, so come devi sentirti e... “

“In realtà credo di no, non lo sai”

“Ehm, si, comunque, non sai quanto sono rimasta sconvolta quando ho sentito la notizia. Purtroppo non sono potuta venire al funerale, ma mi sono unita al vostro dolore da Barcellona, mi ero presa le vacanze anticipate. Mi è dispiaciuto un sacco, sarà un vuoto incolmabile. Per qualunque cosa, io ci sono” disse.

Il sorriso finto di lei fece irritare non poco Andrea, forse anche più delle sue parole e del suo falso dolore. Veronica odiava Alessia, non gliene poteva fregare di meno del suo suicidio. Il ragazzo dovette frenare la lingua per non mandarla a quel paese, non aveva voglia di litigare già il primo giorno, quindi sfoggiò un sorriso ancora più finto di quello della ragazza.

“Certo, Veronica, sei un’amica preziosa”

Ovviamente un’oca come Veronica non avrebbe potuto afferrare la vena ironica nella voce di Andrea. La ragazza, infatti, si limitò a sorridere e ad allontanarsi. Il ragazzo notò come ella si diresse subito verso Matteo, il nuovo arrivato. Probabilmente aveva intenzione di “fare conoscenza”, anche se lo sguardo sul suo volto indicava tutt’altro. Andrea sospirò, avrebbe dovuto sopportare quella pantomima ancora per molto, purtroppo. Si sentiva sempre più insofferente verso la maggior parte delle persone che gli si presentavano davanti. Era come se Alessia fosse la sua unica fonte di spensieratezza, ma ella se n’era andata. Volse il suo sguardo verso l’uscio della porta, osservando il modo in cui Veronica flirtava col nuovo arrivato. Quest’ultimo, mentre era intento ad ascoltare la ragazza, lanciò un occhiata ad Andrea, ma fu solo per un istante. Egli se ne accorse, ma si limitò a scuotere la testa e ad uscire dalla classe. Troppi coglioni in giro.

 
*****

20 Settembre 2009.

La scuola era già iniziata da una settimana, e gli insegnanti iniziavano già ad assegnare compiti per casa abbastanza sostanziosi. Andrea non aveva legato ancora con nessuno in classe, tuttavia quella Alessia, la sua compagna di banco, non era poi così male come aveva pensato all’inizio. Alla fine aveva capito che quei sorrisi erano sinceri e, nonostante fossero a volte privi di un valido motivo, erano così belli che infondevano allegria ad Andrea stesso. E al ragazzo questo piaceva, dopotutto. Aveva perfino scoperto che i due avevano dei gusti musicali in comune. Eminem era il cantante preferito della ragazza, e non appena Alessia lo aveva detto, tra i due i dialoghi erano aumentati, semplicemente perché adesso Andrea non si limitava a dare risposte monosillabiche. Era un gran passo avanti, perché era raro che Andrea trovasse una persona con cui, secondo lui, valesse la pena parlare e avere vere e proprie conversazioni.

“Sai, stavo pensando di candidarmi come rappresentante di classe”

Andrea stava morsicando il tappo di una penna sovrappensiero, e le parole della rossa lo riportarono alla realtà. In effetti nei prossimi giorni avrebbero dovuto eleggere i rappresentanti di classe, e i candidati erano soltanto in due. Michele, il cervellone della classe, e…

“Lo fai perché vuoi farlo o perché vuoi battere Veronica?”

“Mi candido perché i rappresentanti devono essere due, e ci sono solo Michele e Veronica a volersi candidare. Lei è troppo stupida per poterci rappresentare, non credi?”

I due risero, poi Andrea riprese la parola.

“Si beh, credo che vincerai comunque. Sempre se gli altri non si faranno convincere dalle sue tette anomale”

Risero nuovamente. In effetti  Veronica aveva un seno abbastanza grosso per la sua età. Inutile dire che si era conquistata, grazie ad esse, una gran simpatia tra i  maschi della classe. Ma, del resto, cosa ci si può aspettare da dei 14enni travolti dagli ormoni?

 
*****
 
L’ultima campanella della giornata finalmente risuonò in tutto l’edificio, e immediatamente decine e decine di studenti si catapultarono fuori dalle proprie aule. Essendo il primo giorno, l’orario era ridotto, ma nonostante ciò quei ragazzi sembravano già stanchi di quelle quattro mura così atone ed opprimenti. Andrea uscì dall’istituto con lo zaino in spalla, osservando gruppi di amici che si recavano al bar di fronte, o al parco, o in tantissimi altri posti. Qualcuno andava addirittura al mare. In effetti, quella giornata era così soleggiata che sembrava ancora di essere a Luglio. Andrea, però, aveva un’altra meta in mente. Non si diresse verso casa. Non verso la sua, almeno. Si mise nuovamente gli auricolari, isolandosi dal mondo, con l’iPod in riproduzione casuale. Camminò per svariati minuti, finché non si ritrovò davanti al condominio che conosceva come le sue tasche. Lo avevano ristrutturato da poco, e l’avevano ridipinto di una specie di rosa salmone. Andrea lo riteneva un colore ridicolo, per un palazzo, e nemmeno ad Alessia piaceva. E Alessia, lì, ci viveva. Un appartamento al secondo piano molto spazioso. Andrea entrò nell’edificio e si avviò per le scale. L’ascensore era fuori uso, come sempre. Salì le rampe di scale senza fretta, non era certo di essere pronto, ma doveva farlo. Doveva andare a casa di Alessia. Una volta arrivato al secondo piano, si ritrovò dinnanzi alla porta d’ingresso dell’appartamento dell’amica. Stette lì, sul pianerottolo, a fissarla per minuti. Era come se fosse entrato in un'altra dimensione, una dimensione in cui il tempo si era fermato, in cui i minuti sembrarono anni. Poi tirò un lungo sospiro e bussò il campanello. Un suono lungo e acuto si propagò per tutta la casa, poteva sentirlo anche da lì. Dopo pochi secondi la porta fu aperta da una donna che Andrea stentò a riconoscere. Era la madre di Alessia, certo. Si conoscevano da anni, ma dalla morte della ragazza non si erano più incontrati. Dall’ultima volta era dimagrita tantissimo, ed ora aveva fosse sotto gli occhi, segno che probabilmente dormiva poco. I capelli castani, un tempo sempre curati e pettinati, ora le cadevano alla rinfusa sulle spalle, e sembravano piuttosto rovinati. Improvvisamente il ragazzo si sentì in colpa. Non aveva mai pensato al dolore che quella povera donna aveva potuto provare, e non si era degnato neppure di telefonarle, nonostante ella l’avesse trattato come una specie di secondo figlio, ogni volta che passava di lì.

“Andrea! Ne è passato di tempo” esclamò la donna, con un sorriso stanco, ma sincero.

“Già…”

“Vieni, entra pure!”

Andrea fu condotto in cucina, e la madre di Alessia gli fece cenno di accomodarsi.

“Olga, ascolta, io…”

“So cosa vuoi dirmi, piccolo, non preoccuparti. Va tutto bene”

La donna sorrise di nuovo con fare materno.

“Io mi sono rassegnata a capire, sai, forse è meglio così. La notte non dormo poiché non riesco a non pensare a lei, ai motivi che l'hanno spinta a fare ciò che ha fatto. A volte mi chiedo se abbia sbagliato qualcosa, e probabilmente è così. Avrei dovuto accorgermene, forse... Comunque và, la sua stanza è ancora come l’ha lasciata. Non sono riuscita a toccare nulla, a volte passano giorni senza che ci entri. E’ come essere dentro un roseto lì, sai. Sei circondata dai suoi ricordi, come fossero bellissime rose, rose rosse, come i suoi capelli, ma ad ogni passo ti fai male, perché quelle rose hanno le spine, tesoro.”

Andrea non seppe cosa dire. Sapeva che la donna aveva ragione, sapeva che una volta entrato in quella stanza, i ricordi lo avrebbero travolto, sarebbe stato come se decine di frecce lo colpissero nello stesso istante. Ma doveva farlo. Andrea doveva capire, ne aveva bisogno, per andare avanti. Non riusciva ad arrendersi come aveva fatto Olga. Probabilmente quella visita sarebbe servita soltanto a riaprire vecchie ferite, ferite che si era ostinato a nascondere con fatica, ma che ora sembravano più vive ed esposte che mai. Il ragazzo si alzò, e attraversò il corridoio, ritrovandosi di fronte alla porta scorrevole di rovere che, una volta attraversata, lo avrebbe gettato in un altro mondo. Andrea la aprì, ed entrò.

Dinnanzi a lui vide Alessia. Lei non c’era fisicamente, ma tutti quegli oggetti, quei poster, erano come dei pezzetti di lei che, uniti, davano l’impressione che lei fosse lì. Osservò il muro sopra il letto, soffermandosi sulle cornici appese. C’erano foto di lei da neonata, da bambina, in braccio al papà. Poi c’erano le foto da adolescente, in alcune di esse c’era Andrea stesso. Gli scappò un piccolo sorriso guardando le facce stupide che Alessia amava fare nelle foto. Niente di ciò che vedeva dava l’idea di una ragazza triste o depressa che aveva l’intenzione di togliersi la vita. Dopodiché l’attenzione del ragazzo fu richiamata dalla scrivania di Alessia. Da lì si capiva quanto fosse disordinata, un po’ come Andrea. Quest’ultimo spostò alcuni fogli, ma non trovò nulla di importante. Provò anche ad accendere il portatile, ma tra i vari file non trovò niente, se non una miriade di foto, che corrispondevano ad altri ricordi, altre spine. Osservò il poster di Eminem proprio sopra la scrivania, e sorrise. Ce n’erano tantissimi, di poster. Alessia amava la musica più di qualsiasi altra cosa, di ogni genere. Dal pop al jazz, dall’R&B al rock, dal rap alla musica classica.  Andrea ormai si era arreso all’idea che non sarebbe mai riuscito a ricostruire quel puzzle. Non c’era nessuna scatola su cui era raffigurato il disegno originale, e mancavano troppi pezzi. Si passò le mani sul viso, stanco di tutto ciò. Voleva solo andarsene da lì, e non tornarci. Si alzò dunque dalla scrivania ma, prima di andarsene, decise di controllare i cassetti. Una vocina, in lui, lo incitava a controllare. Vi si avvicinò, e ne aprì uno. Non trovò nulla, se non cartoline, penne, fogli, e altri oggetti. Aprì dunque il secondo, e ciò che trovò lo stupì non poco. Era un diario. Non quello di scuola. Aveva una copertina bianca, che Alessia aveva scarabocchiato e decorato con disegni e frasi varie, e allora Andrea capì. La sua migliore amica aveva un diario segreto, di cui non aveva mai parlato neanche a lui.

Lo prese, ma non sapeva cosa farne. Non voleva aprirlo, sentiva di fare un torto all’amica. Ma, al tempo stesso, la sete di sapere e la curiosità erano sempre più pressanti, così, alla fine, lo aprì. Lentamente sfogliò le pagine, per la maggior parte occupate da dediche e frasi, finché non arrivò alla prima vera e propria pagina di diario...
 
Continua.
  
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