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Autore: Merigold    02/09/2013    1 recensioni
Il vuoto di una perdita difficilmente può essere riempito se non dalla malinconia. Ma Danny ha la musica con sè. E una ragazza che nasconde un'anima lacerata nei suoi occhi troppo azzurri.
Si tratta solo di una sconosciuta, una ragazza qualsiasi incontrata in un pub, ma che per qualche strana ragione lo affascina in maniera quasi ossessiva.
Per lei inizierà a mettere in dubbio l'importanza di tutto quello che è riuscito faticosamente a conquistare, perchè quella ragazza sta per andare in mille pezzi e lui non può permettersi di perdere l'unica persona in grado di riempire il vuoto che si porta dentro.
Ma dovrà lottare contro il tempo per riuscire ad afferrarla prima che lei decida di averne avuto abbastanza e si schianti al suolo.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1
Good Ol’ Days
 
Londra, 3 novembre.
 
Diluvia.
C’è poca gente al tree’s pub per i soliti standard del sabato pomeriggio, ma non mi interessa più di tanto. Voglio solo suonare per un po’ senza curarmi di nulla, neanche di quante persone ci ascoltano. Suono per loro, che siano 2 o 3, 10,  100, o anche 1'000 voglio che ognuno di loro si senta come se stessimo suonando solo per lui.
Dopo le prime due canzoni il piccolo pubblico sotto la pedana ha iniziato a scaldarsi. Nel giro di qualche altro minuto è entrato un gruppetto di nostre fan e l’atmosfera si è fatta ancora più carica. Passata circa un’altra mezz’oretta decido che è ora di una pausa e così faccio un cenno a Mark che capisce al volo. Mentre finisco la birra lo sento parlare al microfono. - Allora ragazzi, questo è l’ultimo pezzo. Siete pronti per scatenarvi? -
Non pensavo che le poche persone che riempiono il locale potessero urlare così tanto.
Entusiasta impugno il microfono mentre le prime note di Good Ol’ Days riscaldano l’ambiente.
“Up in the bar all smoking cigars
we were drinking Irish whiskey straight from the jar.
Talkin’ bout them better days are not that far
Whoever’s coming back to mine you better bring the guitar.”
Suonare in questo modo mi catapulta in un’altra dimensione. Mi sento libero. Completo.
Quando Mark inizia a cantare faccio appena in tempo a riprendere fiato che noto un paio di occhi già visti. La ragazza che avevo incontrato all’incrocio due settimane prima mi osserva da sotto la pedana a pochi metri di distanza. Ci guarda estasiata e non posso fare a meno di sorriderle anche questa volta. Rimane stupita, ma ricambia velocemente. Non sembra avere la stessa aria malinconica del nostro primo incontro.
Ho appena il tempo di pensare che possa essere la volta buona per svelare il mistero dei suoi tormentati occhi quando si allontana. Per fortuna non esce dal locale, ma si siede su uno degli sgabelli del bancone e inizia a parlare con Dave, il barista.
Ci penserò dopo.
Sento gridare il mio nome da un gruppo di ragazze e le saluto mentre ricomincio a cantare.
“We’ll remember this night when we’ll old and grey,
‘cos  in the future these will be the good ol’ days.
We’re arm in arm as we sing away.
In the future these will be the good ol’ days.”*
Come sempre finiamo troppo presto di suonare e in un attimo sono già sceso dalla pedana sommerso da un gruppo di fan insieme a Mark e Glen. Hanno tutte un’espressione estasiata e non fanno altro che lanciarsi occhiate tra di loro a bocca aperta. È sempre una gioia vedere come la nostra musica riesca a rendere felice tutta questa gente.
Senza nemmeno accorgermene mi ritrovo a fissare la ragazza seduta al bancone e decido che è arrivato il momento di passare all’azione.
- Glen, finite voi. Devo andare da Dave. –
Annuisce senza fare domande e torna a sorridere a una ragazzina bionda.
Vengo bloccato da due fan, ma me la sbrigo con un paio di autografi e mi dirigo verso Dave facendogli un cenno. Mi sorride di rimando. - A quanto pare il nostro caro Danny non ha ancora bevuto abbastanza oggi. -
Dave ci ha sempre trattato un po’ come dei figli sostenendoci e incoraggiandoci quando i nostri progetti erano solo sogni e niente più. Ormai ci conosce come le sue tasche e ci capisce senza bisogno di parlare. Anche quando sono entrato da quella porta 2 settimane fa non c’è stato bisogno di dirgli nulla; sapeva benissimo che nella testa avevo una ragazza. Per la precisione quella seduta di fronte a lui, ma forse questo non lo ha ancora capito. Mi lascio sfuggire una piccola risata. Ovvio che lo sa.
- No infatti. -
Mi siedo sullo sgabello accanto a quello della ragazza e la sento irrigidirsi. Mi stupisco sempre di come il gentil sesso reagisca per nulla.
Guardo Dave incapace di smettere di sorridere. Credo che sarei in anche in grado di baciarlo se me lo chiedesse. La vita non potrebbe andare meglio di così.
Una piccola parte di me si rende conte di non essere completamente lucido, ma cerco di metterla a tacere chiedendo una birra a Dave che mi rivolge uno sguardo alquanto eloquente, ma si gira facendo finta di nulla e riempie tre boccali per me e i ragazzi.
No, adesso che ci ripenso non credo che lo bacerei se me lo chiedesse. In realtà non lo farei neanche se mi pagassero. Dopotutto non sono poi così andato.
- Allora, siete riusciti a finire quel pezzo che stavate scrivendo qualche giorno fa? -
Do un sorso alla birra che mi ha porto e annuisco aggiornandolo sullo stato del progetto; il testo è quasi pronto tranne per il bridge, il problema è la chiusura, ma sta venendo bene.
Sono abbastanza sicuro che dopo questa serata riuscirò a finire tutto. D’altronde quel paio d’occhi azzurri che mi hanno dato l’ispirazione sono a pochi centimetri da me. Non mi lascerò scappare quest’occasione così facilmente.
-  Chissà, magari riusciamo anche a inserirlo nella track list del nuovo album. -
Bevo un altro po’ di birra e mi accorgo che è già finita, mentre nel frattempo arrivano i ragazzi, reduci dall’incontro con le fan.
- Ei, Dave! Che si dice in giro? -
Mark si siede accanto a me finendo anche lui il suo boccale.
- Niente di nuovo, sempre la solita storia. Quei disgraziati dei miei nipoti il sabato sera vogliono uscire e quindi devo rimboccarmi le maniche e mandare avanti la baracca. Io alla loro età lavoravo anche la domenica. -
Mark si schiarisce la gola cercando di non ridere, e assume quel suo tono sarcastico che fa tanto mandare in bestia Dave. - Eh, che ci vuoi fare? I giovani d’oggi sono fatti così. -
Non riusciamo a trattenerci e scoppiamo tutti e tre a ridere mentre Dave alza gli occhi al cielo.
- Si, si. Continuate pure a prendermi in giro. Un giorno ve ne pentirete. -
Sono anni che la minaccia di “quel giorno” incombe su di noi, ma finora non è ancora arrivato, quindi continuiamo dritti per la nostra strada. È sempre uno spasso avere a che fare con questo vecchio.
Glen e Mark intanto stanno decidendo quali altri pezzi fare più tardi. Ne suoneremo solo tre, giusto per tener impegnato il pubblico prima dell’arrivo dell’altra band che deve suonare questa sera.
A quanto pare il piccolo gruppo di fan ha chiesto se potevamo fare “Before The Worst”, quindi una è andata. Sto per unirmi alla scelta quando sento Dave rivolgersi alla ragazza con voce bassissima: - Quanto hai? -
- Meno di venti minuti mi pare. -
Ma poi i loro toni si affievoliscono ancora e non riesco a capire più nulla.
Vorrei conoscere ogni attimo della vita di quella ragazza, ogni pensiero, ogni sogno, ogni rimpianto, ogni sofferenza.  Sono ossessionato da lei, e non saprei neanche dire il perché. Forse il motivo sono quei suo occhi pieni di vuoto che mi ricordano i miei. Chissà, magari anche lei ha perso qualcuno che amava, o semplicemente la vita non le ha ancora sorriso. Fatto sta che sono intenzionato a scoprirlo, e a sentire finalmente che suono può avere la risata di una creatura così incantevole.
La sua voce mi riporta indietro.
- Dave, potresti farmi un’altra tazza di tè? -
- Certo. Sempre vaniglia? -
- Sì, grazie. -
Tè?
- Adesso ti sei dato alle tisane, Dave? – e così dicendo mi lascio sfuggire una risata, giusto per farlo innervosire un po’. Già che ci sono gli passo anche il boccale
- Ti farebbero molto bene Danny. Non avevi detto che ne volevi solo una? -
Alzo le spalle non curante informandolo del mio cambio di idea, ma sembra rimanere comunque contrariato. Da quando si preoccupa così tanto?
- Tu sottovaluti i poteri lenitivi del tè. -
- E tu quelli di una bella sbornia. -
- Ho avuto trent’anni anch’io. Non dimenticarlo. - Eccolo che ricomincia. Ormai faccio finta di non sentire.
Riempie la tazza della ragazza con il tè. L’odore di vaniglia arriva fino a me e devo ammettere che non è poi così male. Ma credo che le ci voglia qualcosa per tirarsi un po’ su…. - Dalle una birra. Offro io. -
La ragazza mi guarda sgranando gli occhi, ma non sembra irritata, solo… stupita. Le sorrido appena mentre colgo l’occasione per osservare meglio i suoi occhi. Sono molto più luminosi di quanto mi erano parsi, quasi liquidi mentre il contorno dell’iride tende al blu. Sembrano contenere tutte le risposte alle domande di questo mondo. Ma non quelle al suo dolore, altrimenti non avrei esitato a dirgliele solo per vederli brillare di gioia.
- Non credo sia una buona idea. L’ultima volta che si è sbronzata ha dato spettacolo peggio di voi lì sopra. -
Perdere il controllo. Cerco di immaginarla mentre le si annebbia la mente abbandonandosi all’apparente incoscienza, incapace di ritenerla la tipica ragazza che si lascia andare.
- Davvero? Allora sarei dovuto esserci. -
Solo allora le porgo la mano, rendendomi conti di essere parso un po’ troppo invadente e sfacciato: - Danny. -
- Non serve, ti conosce meglio di tua madre. -
Eccola che arrossisce facendo apparire i suoi occhi ancora più azzurri di quanto già non lo siano. Sembra una bambola con quello sguardo perso e straziato, i capelli corvino che le incastonano delicatamente il viso malinconico. Mi rendo conto solo ora che deve essere molto più piccola di quanto sembri, ma non saprei dire la sua età. Continua a essere titubante, forse per colpa di quello che ha detto Dave, ma non mi do per vinto e alla fine mi stringe la mano, esitante come sempre.
- Melanie. -
Mi rendo conti di stare per perdermi ancora una volta nei miei pensieri, perciò cerco subito di tornare al punto. - Allora, Melanie, cosa hai fatto di tanto sconvolgente da non permettermi di offrirti una birra? -
Imbarazzata inizia a balbettare: - Be’, ecco… non credo di ricordarmi esattamente cosa sia successo… Ero un po’… fuori. -
Per un attimo mi blocco, ma poi inizio a ridere e si uniscono anche gli altri. Dopo aver ripreso un minimo di contegno, chiedo a Dave come si siano effettivamente svolti gli eventi e lui, posando il boccale sul bancone mi si avvicina, alzando un sopracciglio e fissandomi. Quando parla lo fa con voce grave: - Potresti pentirtene. – infine fa un cenno verso Melanie prima di cimentarsi nel racconto: - Dovete sapere che questa ragazza qui non regge praticamente per niente l’alcool, e dopo un paio di birre comincia a essere già un po’ brilla. Ecco, quella sera aveva bevuto, ma bevuto sul serio, ed era completamente andata. Arrivata a metà serata ha deciso che voleva ascoltare un po’ di musica, così si è alzata ed è andata al jukebox. I miei nipoti lo aggiornano circa ogni mese aggiungendo gli ultimi singoli in cima alle chart e levando quelli ormai passati di moda. Ovviamente lei lo sa, ma in quel momento non era esattamente in grado di ricordarsene… -
Chissà se anche in quel momento i suoi occhi erano così malinconici.
- E quindi? Si è messa a tirare calci a quel vecchio coso? Non credo avesse tutti i torti. -
Grazie alla mia uscita Dave si stizzisce un poco: - Ei, quel “vecchio coso” è un oggetto d’antiquariato. Inoltre funziona anche molto bene. Comunque sì, e non solo. Voleva ascoltare una vostra canzone, ma le avevamo già rimosse tutte, perché uscite dalla classifica. Lei ha iniziato a urlare dicendo che non era possibile che non avessimo nemmeno una canzone dei The Script, che quello che passavano alla radio negli ultimi tempi era solo un cumulo di merda e che bisognava che qualcuno insegnasse cosa si intende per vera musica a quei vecchi buzzurri che si occupano di marketing. Ha continuato così per parecchio, sbraitando su quanto fosse commerciale la musica di adesso, e ogni tanto tirava un calcio a quel povero gioiellino. A un tratto ha urlato: “Be’, se su questo coso non c’è della musica decente allora canto io.” e ha passato la seguente ora a cantare le vostre canzoni su richiesta. Ho posato un cilindro su un tavolo lì affianco, e non potete immaginare quanti soldi ha fatto. Stanno ancora tutti lì. - Indica un cilindro nero su uno scaffale - Lo conservo per le eventuali prossime “esibizioni”. -
- Un motivo in più per offrirle qualcosa. - 
Le ammicco sperando che non si senta troppo in imbarazzo, ma sembra essere tornata a suo agio. Voglio assolutamente parlarle, conoscerla e imparare a memoria ogni sfumatura racchiusa nella sua anima, ma no ho la minima idea di cosa fare per riuscire a farla aprire almeno un poco, giusto per intravedere l’ombra di un sorriso autentico.
Avanti Danny, ci hai sempre saputo fare con le ragazze. Perché tutto d’un tratto hai perso la lingua?
Continuo a immaginarla mentre, ubriaca e completamente persa, canta le nostre canzoni e…
Sorrido accorgendomi solo in quel momento di un piccolo dettaglio che mi era sfuggito.
- Quindi sai cantare, o c’era qualche altro motivo per cui ti lasciavano delle monetine? -
- No, nessun altro motivo. So cantare…più o meno. Non sono particolarmente brava e… -
Vengo travolto da un’ondata di rammarico. Non si accetta.
Non resisto più. Voglio sentirla cantare. Voglio vedere le pieghe della sua anima distendersi e quegli occhi guizzare colmi di gioia da un volto a un altro, mentre con la sua voce tesse una ragnatela di densi sentimenti che incatena e lascia lì, in trappola, fino a quando non è lei a decidere di lasciare libera la sua preda.
- Canta con me. -
Non so perché l’ho detto, ma sentivo il dovere di farlo. Le parole sono uscite da sole e in un attimo hanno convinto anche il mi cervello portandomi all’unica conclusione possibile: cantare con lei.
Melanie però non sembra della stessa idea; è titubante, spiazzata.
- Io… io non… -
- E dai, non fare la difficile. Abbiamo promesso che avremmo fatto un altro paio di pezzi più tardi. Vieni anche tu. Tanto a quanto pare le canzoni le sai. Basta che mi vieni dietro. - ma lei continua a guardarsi intorno restia. C’è qualcosa che la blocca.
- Io… non posso. Il… medico. Il medico mi ha detto che non posso cantare perché… ho un problema… alle adenoidi; sono infiammate. E anche la gola. Sto prendendo delle medicine che mi rendono roca la voce. E…-
Che razza di scusa è mai questa?
- Le adenoidi? -
Annuisce lentamente.
A quanto pare non puoi sempre fare colpo. Ti stai arrugginendo vecchio mio.
Prendo un'altra birra sperando che così vada meglio. No, sto solo iniziando ad avere mal di testa.
A quanto pare Melanie rimarrà un mistero, e forse è meglio così, d’altronde; chi sono io per pretendere di sapere tutto ciò che la tormenta. Magari ha solo avuto una giornata storta. Ma chi ha passato una brutta giornata non guarda in quel modo la gente che sorride; come se stessero per pugnalarla dritto al cuore.
Quando sto per gettare la spugna e salutarla per tornare a suonare con Mark e Glen la sento sussurrare: - Non posso, mi dispiace. -
Il suo sguardo preoccupato si sposta verso l’orologio. Probabilmente sta solo aspettando il momento giusto per scappare.
Fa bene, come reagiresti se un pazzo come te si prendesse tutta questa confidenza?
Ma continuo a ignorare questa fastidiosa vocina interiore. Come sempre del resto.
- Non vedi l’ora di andartene, vero? -
- No, no. In realtà, dovrei essere da un'altra parte… non è che non voglia cantare, è solo che non posso proprio. -
Allora forse dopotutto non sono io il problema.
- Faresti tardi? -
Sospira appena. - In realtà sono già in ritardo. Non avrei fato in tempo comunque. -
- Potevi dirlo subito. Stai facendo attendere qualche bel ragazzo? Non dovresti. -
Le sorrido appena un po’ e lei riprende subito colore. Non mi stupirei se avesse un qualche appuntamento, d’altronde è bellissima.
- No, nessun ragazzo. -
Ma a quanto pare nessuno se ne è ancora veramente accorto.
Sto per chiederle se le andrebbe di cantare domani quando la porta si apre di scatto facendo entrare  un uomo con una giacca scura che scruta la folla nel locale con fare superiore. Un silenzio di puro terrore scende sul locale e la tensione diviene tangibile.  Sembra il genere di persona che tiene in pugno la metà dei presenti per motivi di affari, mentre l’altra metà evita semplicemente di mettergli i bastoni fra le ruote.
Ho sempre odiato queste persone che sfruttano il loro potere per rovinare la vita degli altri.
Decido di ignoralo. Sto per tornare alla mia conversazione con Melanie, quando mi accorgo che nei suoi occhi è sparita ogni traccia di buon umore: è terrorizzata anche lei. Ma non ho il tempo di rassicurarla in qualche modo perché l’uomo sulla soglia si dirige verso di noi con aria tutt’altro che amichevole squadrandola. Dopodichè passa a me, ma non ho motivo di temerlo quindi sostengo il suo sguardo, anche se Melanie continua ad avere il panico dipinto sul volto.
Alla fine il bastardo abbassa gli occhi e si rivolge scortesemente a Dave: - Quanto ti deve? -
Dave non risponde facendolo così irritare. - Ei vecchio, non ho alcuna intenzione di mettermi a discutere ora. Quanto ti deve? -
- Nulla. -
Le parole escono da sole dalla mia bocca attirando su di me l’attenzione dell’uomo.
- È sul mio conto. Non gli deve nulla. -
- Sul tuo conto? -
- Sì. Perché, c’è qualche problema? -
Scuote la testa negando, ma continua comunque a fissarmi.
- Daniel O’Donoghue, giusto? -
- Sì, ma non credo di conoscerla, signor… -
- Addnell, William Addnell. No infatti, non direi. Ma forse di nome… d’altronde lavoriamo in campi molto simili signor O’Donoghue. -
William Addnell. Avevo ragione; un bastardo di prima categoria. Ma non capisco cosa c’entri lui con Melanie. Osservandolo meglio mi accorgo che è lo stesso uomo che era seduto al volante della macchina su cui avevo l’avevo vista per la prima volta.
A ogni modo non voglio dargli questa soddisfazione quindi nego di conoscerlo.
- Ma vede signor Addnell, il nostro campo è estremamente vasto. È abbastanza normale non poter conoscere tutte le persone che sono dell’ambiente. -
Touchè.
- Infatti, ha ragione. -
Lascia dei soldi a Dave e prende per un braccio Melanie, strattonandola con forza. Lei non si lamenta, ma trema impercettibilmente.
Guardo quegli occhi colmi di paura e tristezza e non so trattenermi.
- Ei, lascia… -
Ma Dave mi afferra per un braccio prima che possa alzarmi e raggiungerla. Anche Mark mi tiene fermo per le spalle: - Aspetta. - ma non lo ascolto e cerco di alzarmi comunque.
Dave però continua a stringermi e mi sussurra in un orecchio: - Se fai qualcosa sarà solo peggio. Sa cavarsela da sola. -
Intanto William si è voltato domandandomi cosa avessi detto. Sto per dirgliene quattro, ma le parole di Dave mi fanno riflettere.
“Se fai qualcosa sarà solo peggio.”
Guardo Melanie.
È piccola. Dio se è piccola. È solo una bambina. Ma il suo sguardo racchiude tutta la forza che io non ho mai avuto e questo mi infonde coraggio. Trattiene le lacrime anche se sono sul punto di sgorgare e pur sapendo che le sto offrendo aiuto scuote la testa.
E allora decido che forse è meglio lasciarla andare.
- Nulla. -
Ma mi rifiuto di prestare ascolto alle parole di William. Solo arrivato alla porta cattura la mia attenzione: - È stato un piacere conoscerla signor O’Donoghue. Spero ci rincontreremo presto. -  e trascina Melanie sotto la pioggia, lontano da me.
Do un pugno sul tavolo.
- Quel bastardo… -
- Vacci piano Danny, ci stanno guardando tutti. -
Sto per tirare un pugno a Mark.
- Come se ti importasse qualcosa. -
Guardo la finestra. Fuori sta ancora diluviando. Chissà dove la sta portando…
- Vado a cercarla. -
- No Danny, è inutile. - Dave mi ritira sulla sedia.
Lo guardo esterrefatto. - Cosa dovrei fare? Starmene qui seduto senza fare nulla? Era terrorizzata. -
Senza darmi nemmeno il tempo di alzarmi di nuovo mi ritrovo Glen davanti.
- Danny, ascolta, Dave ha ragione. Non lasciarti prendere la mano. Addnell è pericoloso. -
- Appunto per questo dovrei aiutarla. -
- Danny, non la conosci. Cosa sai di lei? - Mark mi riporta con uno schianto alla realtà
 È vero, cosa so io di lei? L’ho vista una volta e ne sono rimasto ossessionato. E perché poi? Per un paio di occhi azzurri? Non è altro che una ragazza come tante. Probabilmente non cerca nemmeno aiuto….
- Avete ragione. -
Glen mi da una pacca sulla spalla.
- Forza, tocca a noi. -
Ma il volto di Melanie torna a farsi strada nei miei pensieri.
Non so nulla di lei, ma so riconoscere un’anima sola quando ne vedo una. È come la mia.
 
Londra 3 novembre
Una ragnatela di dubbi mi ha imprigionato in un paio di occhi azzurri.


 
Good Ol’ Days
http://www.youtube.com/watch?v=NvwgzaTM-hg
 
Citazioni
* Good Ol’ Days – The Script

“Tutti nel bar a fumare sigari
mentre bevevamo whiskey irlandese direttamente dal boccale.
Parlando dei giorni migliori che non sono poi così lontani
chi farà parte dei miei farà meglio a portarsi una chitarra”
 
“Ci ricorderemo di questa notte quando saremo vecchi e grigi
perchè nel futuro, questi saranno i bei vecchi tempi.
Siamo sotto braccio mentre cantiamo insieme
nel futuro questi saranno i bei vecchi tempi.”        
 
Melanie's POV ----> http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2124223

Merigold's corner
Salve a tutti :D
Eccomi con un nuovo capitolo u.u Spero sia di vostro gradimento.
Cominciamo subito con le brutte notizie: visto che devo scrivere il doppio ogni volta che carico un capitolo e che non sono speedy gonzales i capitoli verranno uplodati circa una volta a settimana. Capitemi ç__ç spero di riuscire a mantenere il ritmo nonostante la scuola. In caso contrario vi avvertirò.
Allora, finalmente il nostro caro Danny ha rivisto la misteriosa ragazza dagli occhi azzurri, ma è riuscito a scoprire poco o niente.
Non so se avete notato, ma il ragazzo è alquanto confuso .-. Troppa birra...
Grazie a ilaperla e a AnneC per aver recensito il primo capitolo e anche a tutti gli altri che lo hanno letto. Grazie alla mia beta reader del POV di Danny (ebbene sì, ho 2 beta reader :3) Irene per aver letto il capitolo e subito i miei scleri generali (cosa farei senza di voi ragazze??)
Alla prossima
Sayonara

-Mer
  
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