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Autore: Bubbles_    04/09/2013    2 recensioni
Lo aveva perso.
Aveva perso quel dannatissimo taccuino. Di nuovo.
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“Non merito forse una ricompensa?”
Aveva perso quel diario un milione di volte e altrettante aveva dovuto pregare perfetti sconosciuti di restituirglielo, ma mai nessuno aveva chiesto un riscatto.
Quella ragazza non gli piaceva per niente. La sua prima impressione risultava essere completamente sbagliata. Ora la vedeva come un’avida impicciona.
“Due euro e venti e sbrigati, sta arrivando il pullman”
“È seria?”
Non sapeva se si sentiva più offeso per il fatto di dover pagare per riavere indietro il suo diario o per quello di dover pagare così poco. I suoi pensieri più profondi in svendita per soli due euro.
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"Non hai mai voluto che uno sconosciuto ti stravolgesse la vita? Non sei mai stato in cerca di novità? Io sono quello sconosciuto. Carpe diem!"
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lysandro, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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«I've just seen a Face~
 
 


Mentre qualcuno ancora dipingeva, Lucy, in disparte, dialogava con due signore.
Lysandre la osservava da lontano, non sapeva di cosa stessero parlando, ma guardare quel quadretto era divertente. Lucy ondeggiava contenta seguendo la canzone e trascinando con sé una delle due anziane tenendola per entrambe le mani. L’altra, seduta sulla sedia a rotelle, muoveva il busto a ritmo di musica e rideva contenta ogni qual volta la ragazza aprisse bocca.  Le due donne doveva essere sorelle, se non addirittura gemelle. Indossavano quelle che erano chiaramente, e senza dubbi a riguardo, due grandi parrucche, di uno scuro rosso cardinale, lo stesso colore del loro rossetto. Avevano entrambe un grosso naso ricurvo, che nonostante andasse contro ai normali canoni di bellezza e al mito del nasino alla francese, risultava quasi armonioso se guardato nel suo insieme.
Il ragazzo si chiese perché quelle due donne, una delle quali aveva anche evidenti problemi di movimento, perdessero tanto tempo ad acconciarsi a festa. In fondo quella era una semplice casa di cura. Non riusciva a spiegarsi i sontuosi gioielli che portavano al collo, alle dita e alle orecchie, i cui lobi si erano inevitabilmente allungati per gli anni di peso eccessivo.
Un pensiero orribile gli passò per la mente e subito se ne vergognò: in fondo loro erano lì ad aspettare la morte.
Fu però grazie a quel cinico pensiero che trovò risposta alle sue domande. Perché darsi sconfitti per qualcosa che è comunque inevitabile? Perché non vivere al meglio e secondo le proprie regole il tempo che ci resta approfittando di tutto ciò che il nostro corpo può e potrebbe fare? Come per lui era normale mantenere un aspetto pulito ed ordinato, doveva essere lo stesso per quelle donne. Loro non si sentivano morte, malate o sconfitte. Loro erano vive e facevano cose da vivi. Come truccarsi, o indossare dei gioielli per vanità.
Lucy intercettò il suo sguardo e gli sorrise in lontananza risvegliandolo dai suoi pensieri. Guardò la sua tela dove aveva abbozzato un qualcosa di semi-astratto e poi guardò la tela di Lucy: in mezzo a un cielo scuro vi era un piccolo spicchio bianco, una semplice mezza luna. Senza saper perché cominciò a girare intorno osservando i disegni degli altri. Gli fu difficile capire che cosa rappresentassero, alcuni erano totalmente astratti, altri, pur raffigurando qualcosa di concreto, erano talmente intrisi di ricordi e emozioni che era per lui impossibile capirne appieno il significato.
Si fermò ad ammirare una tela in particolare: ormai non più bianca, era invece totalmente del colore del bronzo. Solo al centro spuntavano due grandi occhi. Allungati e a mandorla, le lunghe folte ciglia ne delineavano i contorni, allungandosi sempre di più verso le estremità. I cuori pulsanti di quel disegno erano le iridi, nere, così potenti che misero il ragazzo in soggezione facendolo indietreggiare.
“Non preoccuparti, figliolo. Mi hanno fatto lo stesso effetto” l’uomo seduto sullo sgabello ripose il pennello in una latta tutta ammaccata e sorrise gentile. Era stempiato, i pochi capelli rimasti di un bianco quasi perfetto. Con le dite tamburellava il vecchio bastone che aveva in grembo. Aveva le sopracciglia folte e grigie e due occhi scuri a malapena visibili tra le rughe e le palpebre pesanti.
“Chi è?” chiese Lysandre con le parole che gli scivolarono di bocca senza che lui potesse trattenerle.
“Una donna del deserto”
La domanda successiva gli scappò dalle labbra ancora più velocemente della precedente.
“Chi sono le donne del deserto?”
“Sono quelle donne con pelle bronzea e lunghi capelli scuri che profumano di mistero, di straniero. Aspettano i marinai con il cuore pieno di amore e di passione e una il mio se l’è tenuto. Si chiamava Nahid”.
La prossima sua domanda fu anticipata da Lucy che era comparsa alle sue spalle senza che se ne fosse accorto.
“E com’era Nahid?”
L’uomo allungò lento una mano e con due dita tracciò i contorni del suo disegno.
“Aveva la pelle rovente e voce profonda. Non capivo ciò che mi diceva, ma ogni sua parola era per me linfa. I suoi occhi, come li vedete qui. Due pozzi scuri, vero petrolio, vero oro nero. Nessuno avrebbe potuto reggere il suo sguardo senza impazzire”
Il vecchio rimase in silenzio per quelli che sembrarono minuti, tutto intorno a loro era scomparso. Lysandre non sentiva più né la musica, né le macchine sfrecciare al di fuori di quelle mura. Tutto era muto, taceva, quegli occhi soli parlavano.
“E io da pazzo, la lasciai. Amare è una cosa bellissima e ringrazio il buon Dio per avermene dato la possibilità”.
All’improvviso la terra riprese a girare. La musica, le risate e il rumore della città riempirono l’aria. Quei suoni probabilmente non erano mai cessati, ma a Lysandre parevano del tutto nuovi.
“Anch’io voglio incontrare un uomo del deserto signor Mureau!”
Il vecchio rise di gusto e con qualche difficoltà si alzò. Reggendosi sul suo bastone si avviò verso un gruppetto di signore che non appena lo notarono cominciarono a ridacchiare.
“I tempi sono cambiati signorina!” disse senza voltarsi “E ora, se volete scusarmi, penso inviterò Laurette a ballare!”






 






“Signora De Marelle, lasci perdere Georges! Lei può trovare di meglio, qualcuno con la dentiera per esempio!”
Quella conversazione sarebbe risultata assurda ad orecchie estranee, ma Lucy aveva parlato con grande serietà. La donna aveva annuito, approvando silenziosamente, e l’aveva salutata con un abbraccio.
Lysandre era rimasto in silenzio e, quando quella conversazione terminò, seguì la ragazza sino all’uscita. Quasi gli dispiacque lasciare quel posto. Oltre ad aver scoperto di essere totalmente negato per il disegno aveva passato un’ora ad ascoltare le storie le più disparate – e più belle – della sua vita. Tra quelle persone c’era chi era stato in guerra, chi aveva abbandonato tutto per inseguire i propri sogni e chi invece viveva di rimpianti per non averlo fatto. C’era persino chi faceva la corta a Lucy. Un uomo sulla settantina gli si era avvicinato e gli aveva raccomandato di non alzare le mani sulla sua piccola. Sì, l’aveva chiamata proprio così.
Lucy… già. Ancora non si capacitava di come era finito in quella situazione. O meglio sapeva come ci era finito, semplicemente non riusciva a credere che tutto stesse succedendo realmente. Si sentiva perso in un sogno, come intrappolato in una bolla di sapone.
Quelle cose non accadevano nella vita reale, d’incontri del genere leggeva nei libri.
Stava seguendo, volontariamente precisò nella sua mente, quella ragazza senza sapere dove l’avrebbe portato e soprattutto il perché.
L’osservò saltellare in mezzo alla strada stranamente deserta e senza preavviso sedersi a terra sull’asfalto caldo.
Lysandre rimase in piedi spaesato, come sempre, e guardò più volte sia a destra che a sinistra nella speranza che non arrivasse nessuna macchina.
“Siediti!” la bionda allungò le gambe allineandole con la riga bianca che divideva le due corsie di marcia.
Si sedette riluttante, ma senza aspettare un secondo di più ad eseguire quegli ordini. Forse era stanco di contraddirla e si era finalmente arreso al destino, o forse era quello che voleva veramente fare.
Era la prima volta che si sedeva in mezzo ad una strada e la cosa lo elettrizzò.
“E se passa una macchina?” chiese sentendosi incredibilmente stupido.
“Moriamo” a quella risposta storse la bocca sorpreso, ma decise di non rispondere. Lucy aveva chiuso gli occhi e alzato il viso verso il cielo. Gli occhiali le scivolarono lenti sul naso. Una leggera brezza le scompigliava i ciuffi turchesi scappati dalla treccia e lei sembrava apprezzare quella sensazione. Si sistemò una ciocca e le decine di braccialetti che portava le scivolarono sull’avambraccio rivelando un piccolo tatuaggio. Un mezza luna sul lato sinistro del polso, proprio come quella che aveva dipinto poco prima. Ne aveva un altro, di tatuaggio, appena sotto l’orecchio, raffigurava una singola lettera, la prima dell’alfabeto.
Lysandre notò una piccola macchia di colore accanto alla “A” scritta in un elegante corsivo e automaticamente alzò la mano per pulirla, ma subito si bloccò, il braccio sospeso in aria.
“Sei sporca di tempera” disse riabbassando la mano grato che lei avesse avuto gli occhi chiusi.
Silenzio, la vide fare un profondo respiro prima di aprire di colpo gli occhi e guardarlo vivace.
“Mi piace essere sporca” Lysandre si ritrovò a sorridere a quella improbabile combinazione di parole, sicuro che sarebbe passato molto tempo prima di risentirla uscire dalla bocca di qualcuno.
“Essere sporca mi fa sentire viva. Le persone troppo pulite sono noiose e mi ricordano i morti”.
“I morti?” si ritrovò a farle l’eco non capendo appieno quel ragionamento.
“Quando zia Georgette è morta, la più grande arpia di Francia, lasciamelo dire, Marguerite ha insistito perché l’aiutassi. L’abbiamo vestita e truccata, sai per non farle fare una figuraccia davanti alle altre arpie ancora in vita! L’apparenza prima di tutto, anche da morti, che cavolata!” arricciò il naso in quella che doveva essere una smorfia di dissenso e poi continuò “Bisogna curarsi per se stessi, non per gli altri!” e ancora Lysandre pensò alle due signore di poco prima “Non era mai stata così bella, profumava di rosa. Era pulita, pulitissima … e morta. Mi piace essere sporca, imperfetta come lo è la vita!” si alzò all’improvviso e Lysandre si sentì obbligato a fare lo stesso.
Voleva farle un milione di domande, cercare di capire appieno quello che lei aveva voluto dirgli, farle capire cosa avevano scatenato in lui quelle parole, ma quando aprì bocca ciò che ne uscì lo lasciò profondamente deluso e insoddisfatto.
“Chi è Marguerite?” chiese sapendo perfettamente che quella non era una delle domande che voleva farle, ma incapace di formularne una diversa.
“Mia madre” la bionda si pulì i pantaloncini della salopette con delle vigorose pacche e saltellò fino al marciapiede.
“Stai intralciando il traffico, se fossi in te mi sposterei da lì” gli fece l’occhiolino prima di voltarsi e avviarsi nella direzione da cui erano venuti.
Solo allora Lysandre si rese conto della macchina davanti a lui e dello sguardo minaccioso del conducente. Una suonata di clacson lo fece sobbalzare e veloce si spostò dalla carreggiata, guardò quella macchina comparsa dal nulla allontanarsi veloce prima di voltarsi e seguire la ragazza, già parecchi metri più avanti.
“Lucy!” urlò per poi subito rimpiangerlo, in fondo lei non si era mai ufficialmente presentata. La vide fermarsi poco più avanti e a passi veloci la raggiunse. Lo guardava divertita, una strana luce negli occhi.
“Io non mi chiamo Lucy” disse ridendo e aumentando così il suo imbarazzo.
“Ma al centro anziani …” provò a giustificarsi e il sorriso della bionda non fece altro che aumentare.
“Il fatto che loro mi chiamino Lucy non vuol dire che quello sia il mio nome”
Con lei nulla era semplice, prima la differenza sul dipingere e il saper dipingere e ora questo. Quello che per lei era assolutamente normale, per Lysandre, e i sette miliardi di persone che abitavano il pianeta pensò lui, non lo era.
“E come posso chiamarti?” le chiese leggermente frustrato, aveva la continua sensazione di sbagliare tutto.
“Come ti pare” Lucy, nonostante quello non fosse il suo nome, alzò le spalle e gli lanciò uno sguardo gentile prima di riprendere la marcia verso la loro prossima metà.
“Dove stiamo andando?” per la seconda volta quel giorno stava percorrendo strade a lui del tutto sconosciute dietro la guida di qualcuno di cui non conosceva neanche il nome. Doveva proprio tenere a quel taccuino per farsi trascinare in giro così.
“A licenziarmi” Lysandre spalancò gli occhi con sorpresa e per poco non inciampò. Quel giorno sembrava aver dimenticato l’equilibrio a casa.
“Quanti lavori hai?” la domanda gli venne spontanea e si stupì della sua loquacità. Quello che però lo stupì ancora di più fu il fatto che fosse realmente interessato alla risposta. Si trovò a volere sapere sempre di più sul conto di quella ragazza.
“Quattro. Tre fra poco e tutto per colpa di Antoine” Lysandre non le chiese chi fosse Antoine, né quali altri lavori facesse. Al suo sguardo sorpreso però, Lucy non poté che dare ulteriori spiegazioni.
“Sono per lo più lavori part-time, come quello al centro, con la scuola non potrei permettermene uno vero”
Allora lei studiava, proprio come lui. Quella rivelazione lo colpì. Cominciò a chiedersi il perché di quei tanti lavori e a che cosa servissero. La risposta più plausibile era anche quella più semplice: problemi economici. La sua famiglia non doveva passarsela molto bene.
Sentì un improvviso senso di gratitudine che si mischiò subito a quello di colpa. I suoi non gli avevano mai fatto mancare nulla, avevano persino incoraggiato Leigh ad aprire il negozio, certo seppur dopo qualche titubanza. Lui non aveva mai neanche preso in considerazione l’idea di trovarsi un lavoro. Forse l’aveva giudicata troppo in fretta e pensare che era quello che più odiava in una persona: il giudizio facile.
Non sapeva nulla di lei e già l’aveva giudicata, criticata. Cercò di svuotare la mente, resettò tutto per iniziare daccapo. Cosa sapeva di quella ragazza? Forse più cose di quello che pensava. Sapeva che lavorava in un centro anziani, che amava dipingere, cantare e che chiamava la madre per nome. Mancava però qualcosa.
“Perché?” chiese con voce calma. Non sapeva una cosa importante, fondamentale quasi.
Forse avrebbe dovuto spiegarsi, aggiungere qualcosa a quel suo perché, ma aveva la sensazione lei avesse capito alla perfezione.
“Perché sei buffo” Lucy gli si avvicinò e gli abbottonò l’ultimo bottone del giacca divertita.
“Davvero buffo” appoggiò due dita sulla spalla e lo spinse appena. Fatta una giravolta, attraversò la strada, il semaforo finalmente verde.
Si infilò nel primo locale e sparì dalla sua vista. Lysandre la seguì lento, massaggiandosi dove lei lo aveva spinto. Sentiva ancora la pressione delle sue dite sulla pelle.
Lui era buffo? Quello era tutto ciò che aveva sempre cercato di evitare di essere. Sapeva di essere particolare, bizzarro quasi, ma non era buffo, proprio per niente. Era composto, educato, elegante e mai nulla di quello che diceva era lasciato al caso. Come poteva essere buffo? Raggiunse il punto in cui era scomparsa e alzò lo sguardo.
Un’insegna rosa al neon lampeggiava fioca nella luce diurna.
“L'Orgasme”
Non prometteva nulla di buono.
Se sul pensionato si era sbagliato, le probabilità di ricommettere lo stesso errore erano minime e vista l’insegna che vietava l’ingresso ai minori di diciotto anni quello non era sicuramente un asilo.
Si guardò intorno, prese coraggio ed entrò.


 
I've just seen a face
I can't forget the time or place where we just meet
She's just the girl for me and
 I want all the world to see we've met
Had it been another day
I might have looked the other way

And I'd have never been aware
But as it is I'll dream of her tonight
 
 
Euphoria__'s corner:
'SEEEERA. Ed ecco il terzo capitolo. In principio le donne del deserto non esistevano, o meglio non in questa storia, poi però mi dispiaceva pubblicare senza inserirci una mini storia. Quindi ho allungato il chap.Le donne del deserto mi sono state ispirate dal libro Oceano Mare (letto una miriade di anni fa ma che amo con tutta me stessa uhuh).
La battuta sulla strada e la morte viene dal film The Notebook (mai visto, quindi nè lo consiglio nè lo sconsiglio).
Canzone del capitolo: I've just seen a face, del mio gruppo preferito di sempre.
Che altro dire? Spero di postare il prossimo chap presto, ma doma inizio con l'uni e sarò un po' impegnata :( sigh.
Ultima cosa: ringrazio tantissimo chi ha recensito lo scorso chap:

Lady_Light_Angel
solly
Tsuki 96
Ayukiko_Watarai
charlina

E tutte quelle utenti che hanno inserito la fic nelle preferite e seguite :) Davvero grazie mille <3
Un bacione!




 
 
  
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