Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Luna_R    05/09/2013    2 recensioni
Azzurra e Flavio sono gli opposti che si attraggono e si respingono con la stessa forza.
Muovono una storia dalle tinte complicate ma capaci d'amarsi di puro amore.
Saranno il tempo e la determinazione a sancire per loro un degno inizio o la più blanda fine.
*Capitolo 1.
«Vuoi?»
«Voglio te. Da due ore e mezza.»
Scivola sinuoso dallo sgabello e sento pizzicarmi il ventre; mi toglie il bicchiere dalle mani appoggiandolo accanto al suo ancora pieno. Getto le mani in avanti per fermarlo, mi piace provocarlo, ma lo vedo piegarsi sulle ginocchia e afferrare me per le mie.
«Flavio, mettimi giù!»
Ubbidisce solo quando raggiungiamo il letto e le profumate lenzuola porpora. «Tutte le volte dici che devo viaggiare solo.» Distribuisce baci dal mento al collo, parlando piano, flebile. «Credevo ti piacesse, viaggiare con me.»
«Mi piace.» Sussulto, con le mani affondate nei suoi folti capelli.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Image and video hosting by TinyPic

Azzurra D’Amore

Azzurra D’Amore.

Una storia semplice

 

 

Ma non è colpa mia se per noi questo è vivere.

Una storia semplice _Negramaro.

 

Capitolo 4.

 

Guardo le pale del soffitto girare energicamente e mi domando da quanto tempo sono nella posizione in cui mi trovo, con Flavio che dorme pesantemente con la testa sul mio seno ed io che vorrei alzarmi anche solo per costatare di possedere ancora l’utilizzo delle gambe, ma è una visione troppo bella e non voglio svegliarlo. Da quando siamo tornati da Trieste viviamo praticamente insieme, credo di essermi separata da lui solo per permettergli di recuperare un borsone con le cose necessarie a sopravvivere. Beh.. non si vive di solo sesso, per quanto paradisiaco sia.

Cerco di allungare la mano sul telecomando ma il movimento gli sposta il ciuffo sulle guance provocandogli il solletico, lo sposta malamente dal viso aprendo gli occhi.

«Ciao»

«Ciao»

Ha l’aria dolce considerando che ci siamo addormentati litigando.

Fa ancora il misterioso con me, ma io non mollo glielo ho promesso e lui ha promesso a me di rivelarmi chi è.

Guardo il mare al di là delle imposte a vetro nell’appartamento in cui ci troviamo e mi sento improvvisamente malinconica; tutto questo finirà. Io, lui, rilassati in vacanza, la nostra prima vacanza per la nostra prima estate, la magia del tempo che non segna i ritmi, il dolce far niente che culla e accarezza.

Flavio si rende conto del troppo silenzio fra di noi e mi passa un indice lungo il profilo del naso; mi fa sorridere questa cosa, la trovo tenera e come nulla cancella i miei pensieri.

«Andiamo a fare il bagno, ti va?»

«Mh-mh. Cosa vuoi per colazione?»

«Un morso di te. E poi un caffè.»

Si butta sulla mia pancia e comincia a morsicarmi tutta, prima leggero, poi appassionato, languido e come niente le sue mani si trovano infilate sotto la mia camicia da notte e le mie frenetiche nei suoi pantaloni che cercano e si dannano per una voglia da colmare subito, senza aspettare, senza perder tempo. 

 

«Mi piaci quando ridi, sei bella.»

«E’ un sorriso languido Flavio, da sesso appagante. Devi averlo visto un centinaio di volte su questa faccia da saperlo riconoscere bene.»

«Almeno un migliaio di volte, volevi dire.»

Ride portandosi la tazzina di caffè alle labbra, inchiodandomi con uno sguardo sicuro, da uomo, di quelli che mi riserva solo quando siamo a lavoro; è buffo, quando siamo insieme sento i dieci anni fra di noi ancora meno, il suo modo di fare, di essere è così sciolto, libero, leggero.

«Sono contento che il sesso fra di noi funzioni, comunque. Perché quel tono polemico? »

Alzo le spalle, forse era leggermente alticcio quando siamo rientrati stanotte, da non ricordare ciò che mi ha detto.

«Ieri sera eri di un altro avviso.»

«Che cosa ho detto? Oddio, ho un vuoto.»

«Lo credo, tu e Rich vi siete scolati una bottiglia di Morellino a testa.» Penso a Rich e Miria nella stanza accanto e alle nostre urla patetiche di ritorno dalla nostra cena; è la prima vera litigata che facciamo da quando siamo insieme e questo un po’ mi turba. Non mi turba tanto la presenza del mio migliore amico e della sua ragazza –abbiamo deciso di fare questa specie di vacanza insieme come tentativo d’approccio per permettere ai “quasi” due uomini più importanti della mia vita di conoscersi e anche di piacersi perché no, con discreti risultati- quanto il suo distacco dai problemi, la sua facilità di ripresa, di dimenticare.

«Hai detto che fare sesso con me ti fa dimenticare tutto.»

«Fare l’amore con te. Credevo fin qui fossimo chiari. Cosa c’è di strano in questo?»

«Che non so quali sono le cose che vuoi dimenticare?» Lo sottolineo come fosse una cosa ovvia parlando in tono sarcastico; lui sbuffa, poi scuote la testa, sorride e mi scompiglia i capelli. «E poi cosa sarei scusa, una specie di contenitore muto in cui gettare i tuoi guai?»

«Contenitore muto? Azzurra i tuoi paragoni mi sconvolgono.»

«Tu mi sconvolgi!»

«Tu mi hai fatto innamorare, figurati.»

«Lo dici come se fosse una cosa brutta.»

«Esatto, ma non che sia una cosa brutta. Ci stiamo conoscendo vedi? Anche se ci amiamo già, tu non sai cosa significa per me il tuo amore ed io non so cosa sia il mio per te. Lascia fare al tempo e sopratutto smetti di pensare. Hai già tutto il mio amore non ti basta?»

Mi mordo il labbro, guardo lontano. Decido di essere sincera.

«No, non basta.» Passa da uno sguardo spensierato ad uno accigliato, infine disperato. «Hai presente la sensazione nel guardare un quadro astratto? Tutto il mondo si stupisce di fronte un quadro astratto ed è normale perché nell’illogicità si può trovare il bello, ci si può anche innamorare. Ma per quanto bello esso sia resta pur sempre un caos di forme e colori senza senso, tu stai lì a fissarlo e quello resta esattamente ciò che è, non cambierà mai.»

Annuisce con lo sguardo basso. «Credevo di averti dimostrato che siamo un po’ più di un bel quadro da guardare.»

«Ti sto dicendo che è ora di evolvere, Flavio. La bellezza del nostro amore è fuori discussione.»

 Si lascia andare in un lungo sospiro. «Cosa vuoi sapere?»

“Oddio, me lo ha chiesto davvero?!” Ho una lista infinita di cose da chiedere ma al momento me ne viene in mente solo una, la più sciocca se vogliamo fra le cento che potrei porgli.

«Hai un problema con il sesso? A livello patologico intendo.»

Mi guarda sgranando gli occhi, stupito anche egli dalla domanda meno scontata che avessi potuto porgergli; lì mi rendo conto di aver bruciato una cartuccia importante per sapere una cosa che sommata alle altre assume un valore quasi nullo.

«Ce l’ho avuto.» Mi risponde incatenando i nostri sguardi. Mi sento male, era una domanda sciocca per me che credevo in una risposta diversa, maledizione! «Ho usato senza moderazione sesso, alcool e tutta una serie di droghe per tirarmi fuori dai miei guai credendo che sarei stato meglio. Le droghe e l’alcool le ho mollate subito, troppo deleterie. Il sesso era l’unica cosa che non mi faceva stare male, anzi.» Sorride quasi sardonico, io ho bisogno di scostarmi un po’ per mettere a fuoco l’intera situazione, perciò arretro con la sedia impercettibilmente.

«Adesso cosa pensi di me?»

«Che avrei voluto conoscerti dieci anni fa.» Bene, c’è ancora dell’umorismo in me.

«Per legge mi avrebbero accusato di abuso di minore.»

Sorrido all’angolo della bocca. «Adesso sei a posto?»

«In un certo senso..» risponde fissandomi le labbra in modo malizioso.

Mi sento pervadere dalla frustrazione. «Flavio sii serio!»

«Faccio l’amore con la donna che amo -e solo con lei- quindi direi che sono a posto. Ok così?»

Lo guardo di sottecchi, lui si alza sparecchiando e mettendo in ordine le cose sciacquate nel lavello; si gira, appoggiandosi ai pensili della cucina guardandomi a braccia incrociate sul petto. Restiamo a fissarci per un po’ fino a quando non decido di alzarmi per andargli incontro; mi cinge subito per i fianchi costringendomi ad appoggiarmi addosso a lui senza resistenze.

«Come stai?» Mi spazzola i capelli con le dita e odio avergli detto che la cosa mi rilassa tantissimo.

«Non mi fa piacere sapere che hai strombazzato per mezza Italia quando io a stento avevo dato il mio primo bacio.. però bene, tutto sommato.»

«Beh, se non altro abbiamo recuperato, no?»

Mi sposto guardandolo assassina. «Ti stai pavoneggiando?»

«Un po’. Mi piaci quando sei gelosa. E’ un sentimento che non conoscevo prima di incontrarti.»

Nella mia testa, come un pannello elettronico allo stadio, scorre veloce un’altra domanda; è impossibile per me non pensare, ogni volta che mi svela un pezzo di se io vorrei sapere altre dieci cose.

«Susanna era troppo fragile per dimostrarmi il suo amore.» M’accarezza la guancia rispondendo alla mia domanda muta ed io sorrido come se mi fosse stato svelato il terzo segreto di Fatima, o la vera causa della morte di Marilyn Monroe o qualsiasi altro dubbio mondiale. «Adesso basta chiacchiere però, andiamo a fare il bagno.»

 

 

L’isola del Giglio è un piccolo paradiso incastonato in un mare verde smeraldo e turchese che stamattina rifulge ancora più sfacciatamente bello del solito. Riccardo e Miria sono già in spiaggia a crogiolarsi sotto i raggi benefici del sole, quando ci vedono si lasciano andare in risolini e sgomitate come mi aspetterei dal mio migliore amico e di conseguenza dalla sua donna. Miria è perfetta per lui penso, mentre stendo l’asciugamano sul lettino e butto le infradito sotto l’ombrellone.

«E’ terminata in pareggio la rissa?»

Riccardo mi guarda beffardo da sotto i Rayban a goccia; è figo, anche se è rimasto solo lui a portarli così ancora. Lo ignoro, allora attacca con Flavio intento a spalmare di crema la sua bellissima pelle dorata.

«Senti un po’ tu, abbiamo bevuto insieme ma la mia promessa è ancora valida.»

Flavio alza gli occhi al cielo e mi guarda scuotendo il capo; come se fosse colpa mia per ciò che dice da ubriaco.

«Mi spacchi la faccia. Recepito, ok.» Si avvicina a passo felpato accanto al mio lettino stendendo il proprio asciugamano; due ragazze qualche spanna più in là lo guardano come fosse l’ultimo uomo sulla terra a passare da quelle parti, si guardano fra loro ridendo e rivolgendo poi lo sguardo su di me. Stizzita mi butto addosso all’adone baciandolo senza ritegno. Lui rimane spiazzato assecondandomi, poi con gentilezza si scosta voltandosi in direzione delle ragazze, scuote il capo e torna sulle mie labbra.

«Rivendichi il territorio?»

«Non sono mai stata così gelosa. Anche per me è una sensazione nuova.»

«Non fermarti allora.» Lo assecondo e in un attimo sono sul suo lettino avvinghiata alle sue gambe.

«Oh mio Dio vi hanno mai detto che sembrate due adolescenti arrapati?!» Riccardo e la sua lingua lunga mettono un freno alla nostra libido; guardo all’asciugamano delle due guardone e non ci sono più; sorrido, missione compiuta!

«Riccardo!» Miria lo colpisce con una copia spiegazzata di classico giornaletto da gossip estivo guardando me implorante di perdono. Alzo le spalle facendole l’occhiolino poi guardo il mio amico con aria di sfida.

«Rich, ricordati di pensare alle mutande e non rompere le palle!»

«E basta con questa storia!» Mi lancia la rivista di Miria addosso e si alza minaccioso; fa il giro largo fino al mio lettino sollevandomi di peso. «Un bel bagno freddo è quello che ti serve signorina.»

Flavio dalla prospettiva delle spalle di Rich ci guarda accigliato. “Però.. è bello anche sotto sopra!” 

«Te la riporto subito eh.» Non riesco a vedere più la sua faccia perché si è girato a grandi passi verso riva, mi mette giù annegandomi nell’acqua alta.

«Sei proprio un cretino!» Riemergo tossendo.

«Non è colpa mia se hai il solito vizio di andare giù a bocca aperta!»

«Dovresti chiuderla tu la bocca ogni tanto, sai? Sei il mio migliore amico, ma non puoi sempre parlare a sproposito.» Gli salgo sulle spalle accompagnando le mie parole con sonori baci sulla guancia; mi sento in colpa, forse ho esagerato tono e lui è del mio stesso avviso, mi fa scivolare davanti e mi guarda dritto negli occhi.

«Insomma fai sul serio, eh?!»

Annuisco silenziosamente. «Quindi che cosa farai con la differenza d’età? Con il fatto che lui ha un ex moglie e un passato ambiguo del quale non accenna a parlarti?»

«Fossero solo questi i problemi..» Mi mordo il labbro lasciandomi andare all’indietro ritrovandomi a galleggiare nell’acqua fresca; lui mi riacchiappa per un braccio e mi riporta dove ero.

«Che è successo ancora?»

«Come reagiresti se ti dicessi che l’uomo di cui mi sono perdutamente innamorata era ninfomane?»

 

 

Riccardo non ha mai perso le staffe, o meglio non l’ho mai visto alterarsi così tanto con me al punto di urlami in faccia. «Eh? Che diavolo ti sei messa in testa?» Scuote il capo sbracciando di ritorno a riva; lo seguo, cercando di frenarlo con il mio peso, quindi s’arresta finiamo dove tocchiamo con i piedi e restiamo a parlarci viso a viso. «Senti non saranno affari miei ma ti conviene sganciarti da uno così.. piccola ti puoi far male.»

«Rich..» Gli accarezzo la guancia ribattendo con sicurezza il suo nome. «Riccardo, sta bene mi ha detto e io gli credo.» Guarda titubante verso la spiaggia, Flavio si è tirato su con il busto, ci saluta a palmo aperto.

«Quello o è tutto matto o è un fottuto genio.»

«L’una e l’altra credo. Ma siamo innamorati.»

«Su questo non posso darti torto. Mi prometti che cercherai di stare bene, però?»

«Te lo prometto.»

 

“Me lo prometto.”

 

Riccardo mi abbraccia forte, prima di risalire in spiaggia; da lontano Flavio si stiracchia e decide di entrare in acqua e raggiungermi. Si incrociano per mezzo secondo, Rich borbotta qualcosa e va via.

«Devo stargli proprio sulle palle.»

«Non farci caso.». Rispondo schizzandogli un po’ d’acqua in viso. «E’ molto protettivo nei miei riguardi.»

«Lo so. Credo d’essere.. geloso.»

Alzo un sopracciglio. «Lui è mio amico.»

«Sì ma non è quel tipo di gelosia. Lui ti capisce e sa farti ridere.» Sospira, lo sguardo pensieroso; mi aggrappo con le gambe al suo busto e gli bacio il viso con immenso amore.

«Anche tu mi fai ridere, tantissimo. Anche adesso per esempio, stai qui a rimuginare su Riccardo e non ti rendi conto quanto sto bene insieme a te.»  

«Però non è abbastanza.»

«Non sarà mai abbastanza.» Respiro fra i suoi capelli l’odore di acqua salata, sospirando. «Voglio te, tutto di te. Sempre. Perché ti amo e non posso fare a meno della tua persona.»

«Della tua persona.» Sorride nel mio orecchio soffiandomi aria calda. «Sei così romantica.» Sto per ribattere indispettita ma posa l’indice sulle mie labbra guardandomi intensamente; chiude gli occhi, inspira impercettibilmente e parla. «Quando ho conosciuto Susanna avevo sedici anni. E’ stato in una comunità di recupero, ero un ragazzino con problemi comportamentali, irrequieto, uno sbandato. I miei genitori erano poveri, mio padre spariva per mesi e quando tornava erano solo problemi. Un giorno il parroco del borgo in cui vivevo ha interpellato dei tizi che sono venuti a prendermi e mi hanno portato là.. nella “casa del sole”.» Fa una lunga pausa, troppo lunga da farmi rimuginare sulle sue parole. Sto male, ma lo accarezzo incitandolo a continuare. Sta parlando di se. «Da quel momento non ho più visto nemmeno mia madre. A diciotto anni mi hanno dato un attestato di elettricista e il benservito e sono andato a vivere in città.. insieme a lei.»

«Lei.. era come te?!»

«Soffriva di anoressia. I suoi genitori consideravano la comunità un ultima spiaggia.» Ghigna mentre si morde il labbro e mi fa paura. «Si sono ritrovati con un genero e la figlia lontana chilometri.»

«Non erano d’accordo, immagino.» Osservazione piuttosto stupida ma non voglio che smetta di parlare.

Voglio la sua voce intorno. Voglio sapere.

«Ovviamente no. Ma lei era felice con me e si sono ricreduti con il tempo.» Il pensiero lo fa rabbrividire, nella mia testa il puzzle di informazioni prende corpo e comincio a vedere chiara una sagoma.

«Fino a quando non l’hai tradita.»

Alza lo sguardo colpevole. «Ad un certo punto è cambiato tutto. Le cose stavano cominciando a girare per il verso giusto, avevo ottenuto uno stage per una grande azienda ma lei ha cominciato a peggiorare nuovamente. Temeva di perdermi credo, aveva smesso di mangiare e diceva cose orribili. La Saona si è trovata lì nel momento sbagliato. O giusto se vogliamo vederla in altro modo.» Altra pausa stavolta breve, un veloce sguardo nei miei occhi e continua. «Non avevo un soldo Azzurra e lei era così.. profumata.»

Dovrei capirlo? Giustificarlo? E poi giustificare i suoi silenzi, aver omesso il suo lato oscuro?

Dovrei.. fuggire?

 

“Ti conviene sganciarti da uno così.. piccola ti puoi far male.”

 

«Perché durante tutti questi mesi non hai trovato la forza per dirmi tutto?» Rompo il silenzio scostandomi dalle sue spalle larghe. Sono calma, parlo piano, flautata quasi e me ne sconvolgo. Non fuggirò. «Credevi davvero fosse il tuo passato a determinare la persona che sei per me? Mi credi così ottusa, incapace di decidere con i miei sensi, il mio cuore, la mia anima? Se non lo sai è con questi che io ti amo e faresti bene a mettertelo in testa dottor Spagnoli, perché non ho più intenzione di stare a soppesare ogni tua piccola parola o gesto. Hai detto che mi merito il meglio di te, giusto? Bene, io voglio conoscere anche il peggio però.» Finisco di parlare e le parole lasciano un vuoto nei polmoni che per un attimo mi destabilizza, ma Flavio è su di me e mi porta al petto. Sbatte le ciglia sorpreso, sorride.

«Non provi repulsione?»

«Repulsione? Oh mio Dio, no! Posso non condividere le tue scelte, ma chi sono io per giudicare?!»

Sorride ancora, anche se sembra teso adesso. «Ho fatto male a quella donna. E forse.. potrei farlo ancora.»

«Sono abbastanza certa che non mi farai quel tipo di male.»

«A volte sono ermetico. Rigido. Sentimentalmente complicato.»

«Ah! Questo lo so da un bel po’.» Ribatto sarcastica. «Ti stai tirando indietro per caso?»

«Oh no, mi hai fatto toccare un mondo inesplorato.» E’ così dolce e sensuale nel proclamarmi il suo amore che resto avvinta nel suo sguardo sognante. «Non so nemmeno chi ero veramente prima di questo.» Mi prende la mano nella sua e la bacia con candore, se la passa sulla guancia e finalmente chiude i suoi occhi di petrolio fuso.

Penso che ora che sono a conoscenza di alcuni dei tratti della sua vita, mi importi ancora meno sapere chi fosse.

E che averlo saputo non sia affatto determinante, dopotutto.

Penso che non devo avere paura, anche se mi tremano le ginocchia, io so che lui mi ama con lo stesso trasporto e intensità con cui lo amo io e le tragicità della sua vita non cambieranno, ne sfilacceranno, il filo conduttore che lega le nostre vite, oggi.

 

 

«Brr.» Esco dall’acqua che ho la pelle raggrinzita, Flavio è in mare aperto che fa una nuotata, il sole mi scalda e mi da il torpore che cerco, anche se al posto di stare stesa su questa sdraio mi vedrei meglio con il suo calore addosso.

Forse sono malata di sesso anche io. O forse sono solo malata di lui.

Dalla sua borsa sento trillare il cellulare due volte. Mi acciglio, tirandomi su con il busto.

Rich mi guarda enigmatico da sotto le lenti, Miria sonnecchia beatamente. «Che faccio? »

«Rispondi tu, potrebbe essere importante.»

«Importante per la mia curiosità?»

Alza le spalle lasciandomi sola con il dubbio; “Ma si, potrebbe essere importante!” Mi piego sfilando il cellulare dalla tracolla, sul display il nome di Lidia trilla impazzito. “Merda! Merda! Merda!”. Controvoglia cerco di attirare la sua attenzione ma è di spalle e nuota con classe innata in acque blu profonde per pensare a me e alla mia stramaledettissima voglia di rispondere al posto suo. Bofonchio, premo rispondi e con mano tremante accosto il telefono all’orecchio.

«Pronto?»

Segue un silenzio lunghissimo e la voce impacciata di donna. «Potrei parlare con Flavio per favore?» Riconosco il tono brusco e mi irrita, ma non riesco a non percepire la sfumatura d’agitazione sul fondo delle sue parole.

«Flavio al momento non può rispondere, vuole che gli dica qualcosa?»

«Sì, per piacere. Si tratta di Susanna. Per piacere.»

Il suo è un lamento; ho percepito bene. “ Susanna, oh mio Dio!” «Le è successo qualcosa?»

Le chiedo con finta pacatezza, la donna intuisce il mio sapere e fa un lungo sospiro, con voce incrinata mi dice che sua figlia sta male, che ha urgentemente bisogno di Flavio perché su di lui spesso contano in certe situazioni. Le prometto di farla richiamare subito e chiudo la conversazione agitata.

“Merda!”

Getto il telefono sul lettino e mi sbraccio a riva nella direzione di Flavio; mi nota, a grandi bracciate torna indietro avvicinandosi alla riva, si protende sulle mie labbra ma il mio sguardo raggelante lo blocca; indico il telefono incapace di dire altro, lui corre svelto e risponde come un automa, quasi avesse letto nella mia mente e nel mio viso impaurito. Scorre velocemente le ultime chiamate, mi guarda accondiscendente e si avvicina nuovamente prendendomi per mano.

«Lidia!» Impreca mentre la donna piange al telefono e lo prega di raggiungerli, non c’è bisogno del viva voce per distinguere una ad una tutte le parole della conversazione e dopotutto le vedo anche impresse negli occhi sbarrati di Flavio che urla e si agita. Quando mette giù corre come una furia verso l’appartamento, sempre con me sigillata nella sua mano.

«Che sta succedendo?» Gli urlo, sganciandomi dalla morsa.

«Sta male Azzurra. Sta male, cazzo!» Si sbatte a destra a sinistra ed ho bisogno di mettermi seduta, guardare il suo pazzo mulinare da lontano; tira fuori il trolley da dietro la porta d’entrata e ci butta dentro alla rinfusa vestiti, documenti, cose forse nemmeno sue, automaticamente e senza logica e mentre lo fa impreca, piange senza lacrime, un pianto asciutto, greve. Se ne sta andando. Ok. “Ok? No!”

Mi alzo e lo imito senza fiatare, prendo cose e le butto nel mio trolley rispettivo ora orfano del suo compagno; l’acqua mi gocciola sugli occhi e sulle labbra solcando le guance, mischiandosi al sale di lacrime di frustrazione.

Sale contro sale.

«Che fai?» Mi chiede impaurito, tirandosi i jeans sulle gambe muscolose.

«Vengo con te. Non si discute.»

«Aspetta un attimo..»

«NON SI DISCUTE! Non ti lascio correre ad ammazzarti da qualche parte per restare qui a torturarmi i nervi nell’incoscienza. Non ti starò intorno tranquillo, dormirò da qualche parte. Ma vengo con te, puoi giurarci.»

Mi stringe forte a se baciandomi i capelli bagnati. «Ti amo. Sei tutta la mia vita.»

 

Cercare di spiegare a Riccardo la situazione non è facile, mi strappa la promessa di chiamarlo ogni ottanta chilometri e di stare attenta, ovviamente. La traversata in traghetto sembra infinita, sbarchiamo a Porto Santo Stefano e ci infiliamo di corsa nella sua Audi.

Duecento chilometri di strada più o meno e il suo viso è troppo tirato per sopportare un angosciante silenzio.

«La Saona ha detto di conoscerti da prima di Susanna.»

Non lo guardo in viso, ma so che mi sta guardando e probabilmente ridendo della mia curiosità da fidanzata gelosa.

«Ed è così. E’ nata a Padova, viveva nelle stesse baracche a ridosso del Brenta dove vivevo io. A differenza mia, lei pare essersene dimenticata.»

Cerco di farmela stare più simpatica nuovamente per solidarietà femminile, ma è impossibile e tutte le mie attenzioni e pene sono rivolte all’uomo che amo, alla merda in cui è nato e in cui è vissuto dopo; gli stringo la mano stretta sul cambio e lui annuisce. «Adesso sai perché mi piace vivere. E tutte le cazzate che ne sono derivate.»

Il sesso malato, già. «Che è successo dopo? Dopo i tradimenti, che ne è stato di tua moglie?»

«I suoi se la sono venuta a prendere. Sapevano cosa stavo passando, c’erano passati anche loro e infondo mi volevano bene, sapevano che era stata dura anche per me, costruirmi una reputazione, cominciare da zero. Nel primo anno da sposati non le ho fatto mancare nulla e forse siamo stati anche felici, ma ormai avevo perso la testa.. e anche lei.»

«Avevi.. perso la testa?»

«Immagina cosa può scattare in un ragazzo diciamo “esaltato” passare da avere zero ad avere cento senza essere vigilato da nessuno o morigerato. Lei non c’era più, studiavo come un pazzo per laurearmi e al tempo stesso mi facevo le ossa in azienda, quando ho visto i primi soldi sono andato fuori di senno. Di notte non dormivo mai, facevo di tutto per non stare da solo a casa. Quel vuoto silenzio era insopportabile. Dipendevo da tutto ciò mi facesse dimenticare quanto ero stato sporco, senza rendermi conto che in realtà ero più sporco che mai. Un circolo vizioso e compulsivo. Ne sono uscito dopo anni di terapia.»

Trattengo il fiato, il suo duro quadro della situazione mi atterrisce, lo ammetto; ho l’impressione di vedere aleggiare un ombra nera nei suoi occhi. E mi fa paura.

«Per questo tendi a controllare le persone? Perché non sei stato abbastanza per lei?»

«Io non ti controllo Azzurra!» Ribatte con sconcerto. «Al massimo mi preoccupo molto per te.» Stringe forte la mia mano e cambia d’umore. Nero, nero pece. «L’ho fatta stare male e non ho mosso un dito per tenerla con me. Eppure lei mi ha perdonato. Tutta la sua famiglia mi ha perdonato. Io non sono riuscito per un sacco di tempo a perdonare me stesso e vivo ancora con questo senso di colpa che mi fa sentire sempre inadeguato.»

Poso la testa all’indietro e viaggio con la mente al suo senso di inadeguatezza applicato a me.

«Sei morboso a volte, eccessivamente eccitato quando siamo insieme e pronto a risolvere tutti i drammi a letto, inizialmente bloccato quando si trattava di rilevarmi i tuoi sentimenti e ancora oggi assente se parliamo di futuro.. ma non ho mai creduto veramente che tu fossi inadeguato per me. Per noi.» Mi guarda trepidante e commosso, aggrappato forte al volante. «Insomma quante persone abbatterebbero le proprie difese per darsi incondizionatamente ad un'altra, se non fossero mosse da un reciproco, inconfondibile, pazzo, adeguato amore?»

Non risponde e non lo fa per troppo tempo; getto la testa all’indietro esausta e sbadiglio un po’. Il mio sedile è stramaledettamente comodo per restare rigida e in attesa di risposte che non arrivano.

Chiudo gli occhi e sento la pesantezza tutta lì, nelle palpebre che calano inesorabilmente.

«Perdona te stesso, ti prego. Sei così bello quando ti sveli.» Biascico, prima di perdere i sensi.

 

Apro gli occhi e il panorama è cambiato; siamo in aperta campagna, da lontano spiccano i tetti della città.

Flavio guida più tranquillo mi sembra, tutto intorno una strada stretta circondata da muri alti e villette.

Lo guardo senza domandare nulla.

«Ci siamo quasi. Volevo dormissi ancora un po’.»

Gli sorrido, incanala l’auto verso destra a ridosso di una casa e spegne i motori; il cancello in ferro battuto nasconde un villetta a più piani di quelle dalla geometria quadrata ma sviluppata ai lati con altri blocchi ed ampi balconi, il prato verde curatissimo e a filo, l’ombra di una piscina sulla corte posteriore.

“Accidenti!”

Mi sento improvvisamente nervosa, mi passo frenetica le mani lungo le gambe e mi accorgo solo ora di essere vestita in maniera improponibile; pantaloncini per il mare e infradito. “Wow!” 

Flavio mi fa strada, bastano pochi passi e ad accoglierci in giardino troviamo Lidia e quello che ha l’aria di essere suo marito; non si lasciano andare in smancerie anche se l’uomo si dimostra molto cortese nei miei riguardi, sua moglie invece più pragmatica ci lancia delle occhiatine perplesse, ci mostra le varie stanze e nel frattempo discute della situazione clinica di sua figlia con Flavio, che osserva senza guardare ovviamente già ben istruito sul posto.

Il discorso non vale per me. Tutto l’interno è armonioso e un tripudio di puro stile di campagna; i muri con mattoncini a vista, le travi smaltate del soffitto, il pavimento in cotto rosa pallido. Resto esterrefatta.

I mobili sono pieni zeppi di cornici con foto di famiglia, matrimoni, piccoli ninnoli perfettamente adeguati al contesto che li circonda. Scorgo i visi delle istantanee e mi sento fuori luogo, osservata.

Ben presto, ci troviamo di fronte la porta di Susanna.

«Forse è meglio che entri solo tu.» Flavio non ha mollato la mia mano nemmeno per mezzo secondo, ma adesso smanio di ritirarmi in una bozza di solitudine.

«Ci penso io a lei, vai pure Flavio.»

Lidia mi guida in religioso silenzio per una scala, fino all’ultimo piano; con una chiave apre la porta d’ingresso e ci ritroviamo in un open space mansardato con pochi mobili e un grande letto al centro della stanza. C’è odore di pulito e le finestre sono spalancate sul giardino e la campagna.

«Grazie.»

«A te, per averlo portato qui.»

Mi lascia il mazzo di chiavi sul piccolo tavolo appoggiato alla parete sinistra e mi lascia sola.

Apro il borsone senza sapere cosa è che cerco e mi tormento di domande.

Adesso è con lei. Non so nemmeno che faccia abbia e sono prepotentemente entrata nella sua vita, nella sua casa, nelle sue cose; ho ancora addosso la strana sensazione di disagio, spero che Flavio salga presto ma al tempo stesso voglio che le stia vicino, se questo è così importante per lei.

Con questa donna posso essere solidale, so che l’ha amato almeno quanto lo amo io.

Qualcuno bussa alla porta. Sono sollevata.

«Posso entrare?» Lidia fa nuovamente capolino stringendo una pila di asciugamani; annuisco vigorosamente restandomene impalata vederla sistemarli sullo sgabello del tavolo. Ci guardiamo a fondo senza dire niente, poi lei sorride e mi toglie dall’imbarazzo parlando un delizioso accento fiorentino. «Mi dispiace essere stata scortese con te la prima volta, davvero. Non avevo idea..» So a cosa mira, il nostro disastroso primo incontro al fuori sede di Firenze; è ridicolo sia passato così poco tempo eppure sembri appartenga ad una vita passata. Molte volte ho pensato che se non fosse stato per il nostro “piccolo incidente” chissà come e quando avrei scoperto che Flavio era stato sposato. «E poi vedi.. non ero abituata a vedere Flavio con un’altra donna, ecco. Se ne è stato per i fatti suoi tutti questi anni.. che un pensierino da mamma ce l’ho fatto! Però lo vedo preso, mi sembra anche spensierato per cui se è felice lo sono anche io.»

«La ringrazio, credo che sarebbe contento di sentirselo dire.»

«Non mancherò. Ti lascio alle tue cose, quando sei pronta scendi pure. Susanna ha voglia di conoscerti.»

 

“Vuole conoscermi?”

 

Tolta la salsedine mi sento già a posto.

Mi butto addosso qualcosa di decente e scendo in basso; resto un po’ a fissare quella porta dalla quale provengono solo bisbigli. Busso ed entro senza espressioni in viso.

Lei è sdraiata sul letto in vestaglia. Mi sorride quasi subito e nel farlo ho paura possa spezzarsi; il volto è scavato e grigio, gli occhi sono orlati da occhiaie bluastre e la pelle è talmente sottile da riflettere ogni vena l’attraversi.

“Dio mio.. è peggio di quanto temessi.”

Ad occhio e croce peserà non più di cinquanta chili, ma sembra piuttosto alta e questo la fa sembrare più esile di ciò che è; non indugio oltre e sposto lo sguardo altrove, caricandomi di forza per andarle incontro.

Flavio le sorregge la mano scheletrica, mi sorride vedendomi prendere posto al lato opposto al suo.

«Insomma, eccoci qua.» Non sforzo la voce, non voglio risultare patetica solo solidale, per quanto possibile.

Non credo esca molto da questa stanza, la figura delle gambe sotto le lenzuola rivela pochi muscoli e la debolezza con la quale annuisce mi fa dedurre che si tenga a stento aggrappata alla vita. «Posso sedermi qui vicino a te?»  

«Certo.» Sospira con un fil di voce, poi guarda verso Flavio che rispondendo ad una richiesta muta si alza e l’aiuta a mettersi ritta con la schiena. «Adesso posso guardarti meglio.»

«Hai una casa veramente bella.» Tergiverso, gettando un occhiata veloce alla stanza; mobili bianchi, tende glicine, fiori e ciò che attira di più la mia attenzione sono le bambole di porcellana allineate nella credenza accanto alla finestra. Rabbrividisco, lei mi guarda e sorride flebile.

«Non ti piacciono eh?»

«No, non molto.» Flavio mi guarda sereno, per nulla turbato dalla mia sfacciataggine. «Me ne regalarono una da bambina e il mio gatto –nero, particolare non trascurabile- restava ore a fissarla soffiando. L’ho buttata via dalla finestra! Il gatto no poverino.. ma da quel giorno niente più bambole e gatti neri!»

Ride e sono felice, mi rilasso. Da quando l’ho vicina trattengo il respiro per paura di farle male.

«Se è così mi dispiace. Sono lì da non so quanto tempo.»

«Ma no figurati! Sono solo una sciocca superstiziosa, tutto quà

Il papà di Susanna apre la porta senza bussare, nella mani una fumante ciotola di brodo.

Flavio gli lascia il posto, l’uomo prende il cucchiaio e fa per imboccarla.

Lei arriccia il naso, protesta debolmente ma il diniego risoluto del capo dell’uomo le fa aprire la bocca automaticamente. «Su Susy, un altro ancora.»

«Sono piena papà

«Solo uno.»

Trovo la scena straziante e mi mancano le parole.

Non oso alzare gli occhi su Flavio, su Susanna, suo padre.. mi torturo le dita senza pietà; il mio uomo lo capisce, fa il giro del letto in punta di piedi e con la stessa leggerezza mi passa una mano sulle spalle. Lo guardo e ricambia il mio sguardo non battendo ciglia. E’ nervoso. Rigido. Sta trattenendo il respiro anche lui.

Giulio posa il cucchiaio nella ciotola e annuncia a Flavio delle commissioni, se ha voglia di andarci, ma da come si parlano intuisco subito che sia una balla per tenerci all’oscuro di qualcosa.

Prima di uscire degli occhi neri di piombo fuso confermano la tesi.

Susanna si agita e sulle prime non so cosa fare, prendo il posto di suo padre, verso dell’acqua in un bicchiere e glie poggio sulle labbra.

«Grazie.»

«Non ringraziarmi, se posso aiutarti in qualcosa dimmelo.»

«Qualcosa a dire il vero c’è.»

Mi scruta, siamo vicine. Ha degli occhi blu imbarazzanti da tanto belli, non li avevo notati. Anche il resto del suo viso seppur martoriato dalla malattia lo è; labbra carnose, zigomi sporgenti ma un tempo immagino belli alti e pieni, una bellezza regale, fine. Mi si stringe il cuore.

«Vorrei che tu continuassi a fare esattamente ciò che stai facendo per lui. E’ tremendamente innamorato di te, glielo si legge negli occhi. Ecco, puoi aiutarmi in questo. Ricambiarlo e renderlo felice, se puoi»

Resto scioccata, interdetta. «E’ stato infelice per così troppo tempo.. adesso invece sembra così sereno, così tranquillo. Mi ha raccontato che lavori per lui, questo ti pesa?»

«A volte.»

«Immaginavo. Ma sembri la tipa che sa gestire al meglio le situazioni, non è così?»

«Ci provo, anche se faccio grandi casini con lui.»

«Fa perdere la testa lo so. Ma ci vuole tanta pazienza, Azzurra. E tanto amore, cura, dedizione. Magari penserai che sono ipocrita dal momento che non sono stata in grado io per prima nel dare tutto questo, ma il tempo è la cura migliore, ti fa guardare le cose da un’altra prospettiva.» Guarda verso la finestra e sembra essersi allontanata con il pensiero. «Eravamo due persone troppo fragili che si sono distrutte a vicenda.»

«Non credo che tu sia ipocrita. Ti vedo molto fragile sì, ma allo stesso tempo molto forte. Hai mai pensato di ribellarti a tutto questo?» Sull’onda delle confidenze, mi lascio andare senza filtri. Lei allarga gli occhi, sospira.

«Dopo di lui sì, qualche volta. Ma non farò la patetica dicendoti che è difficile. Il mio problema è che non voglio. Mi spaventa mutare. Il cambiamento.. non lo sopporto. Comunque, avrò presto una stirpe di medici intorno che mi ripeteranno quanto la vita è bella e mutevole, per cui non pensiamoci adesso.»

Aggrotto un sopracciglio, lei annuisce. «So cosa sono andati a fare. Si preoccupano sempre tanto delle mie reazioni. Ma non sono scema; io per prima non ne posso più di essere così. Questa. Sono solo spaventata, magari riescono a curarmi davvero.»

L’istinto prevale sulla ragione, le prendo la mano con delicatezza; sono sopraffatta dalle emozioni, mai e poi mai avrei creduto di trovarmi in questa situazione, eppure il tornado Spagnoli mi ha travolto con la sua inaspettata vita e me la sta facendo addirittura apprezzare.

«Te lo auguro davvero. Sei una persona buona Susanna.»

Dopo averla aiutata a finire il brodo, Giulio e Flavio rincasano, li sento parcheggiare fuori; Lidia si palesa immediatamente nella stanza e ci guarda con tenerezza.

«Grazie per le chiacchiere.» Le dico, lasciandole la mano.

«Prego.» Guarda la madre ansiosa e capisco che è il momento di lasciarle sole, sto per aprire la porta ma lei sussurra debolmente ancora qualcosa. «Ama i bambini.»

 

«Amore, stai bene?»

Il mio cuore è sotto shock, non sono riuscita a trattenere le lacrime; mi getto fra le braccia di Flavio e mi lascio andare in un pianto a dirotto. Lui mi guarda affranto, non capisce, mi bacia guance, lecca via le lacrime.

«Ti prego andiamo a letto»

Non ho bisogno di dire altro, mi prende in braccio e delicatamente ci deposita, il mio corpo e il suo, sopra al centro esatto; con la mano mi accarezza i capelli tentando di calmarmi, piano-piano sento l’effetto benefico di quelle carezze nel sangue che ordina al mio cuore di rilassarsi e mi addormento.

Quando mi sveglio siamo ancora abbracciati, Flavio assopito apre gli occhi come una sentinella vigile.

«Va meglio?»

«Meglio, grazie.»

«Mi dispiace averti trascinata qui con me.» Sospira e sento un turbinio di emozioni negative uscire fuori dal suo fiato. «Non dovevo farti anche questo, perdonami ti prego. Ti porto via subito.» Lo sento alzarsi e il flusso benefico si trasforma in veleno in un istante.

«No!» Lo trattengo sotto di me, girando il volto impaurito nel suo; sbatte le palpebre perplesso. «Devi restare qui, io sto bene Flavio. E’ lei.. è così bella. E umile, in gamba. Tu devi rimanere qui con lei.»    

Mi alza tirandosi su con il busto, lo tengo forte per il bavero per paura che scappi, sento l’odore della sua paura.

«Non credo di capire, Azzurra.»

«Shh.» Io si, gli accarezzo il bordo delle labbra scolpite e lo bacio. «Se tu mi lasciassi io non ce la farei, non credo di essere tanto forte. E mai come adesso so di amarti nel senso più profondo del termine.» Gli sorrido, soffiando sulla sua bocca umida del mio sapore. «Mi ha fatto capire che un grande amore perché esista ha bisogno di sacrifici e di attenzioni che vanno al di là della nostra comprensione o accettazione. Lei ha bisogno di te Flavio, non lo ammetterà perché è molto forte a dispetto di tutto ma sono sicura che se ti avesse accanto prima della comunità, troverebbe il coraggio per spingersi ad andare oltre.»

«Tu.. vuoi che io resti qui con lei?» E’ un misto di incredulità e rassegnazione, mentre mi guarda socchiudendo gli occhi. Annuisco, scivolando dal suo torace per puntellarmi sui gomiti.

«L’estate è quasi finita, avremmo modo di stare insieme tutti i giorni molto presto.»

«Ti prego dimmi la verità, voglio sapere ciò che pensi veramente.» Ribatte, ancora insicuro.

«Penso che un gesto d’amore valga sempre. E che non importa che non stiate più insieme. Tu hai bisogno di questo ed anche lei ovviamente.» Lo bacio di nuovo infondendogli tutta la sicurezza del mio essere. «E poi penso che non morirò seriamente se ti tengo lontano da me per un po’ quando so che lo sto facendo per la stessa causa.»

«Per amore.» Gorgoglia dalle labbra schiuse. «Azzurra D’Amore.»

«Sì.» Sorrido di quel suo strano gioco di parole. «Vedi, era destino?! Ce l’ho scritto persino nel cognome!»

«Sei nata con uno scopo..me.» Ride finto pieno di se, poi torna serio e mi uccide con uno sguardo intenso.

 

«Sono io il tuo destino?»

 

 

Quando ho detto a Flavio che sarei riuscita a sopravvivere senza vederlo non ero di sicuro in me.

L’estate sta volando in un soffio, conto i giorni mancanti al contrario, prima di tuffarmi nel tram-tram senza di lui.

E’ dura ammettere di essere totalmente soggiogati da una persona. Dipendere dal suo odore, le sue cose e per di più ci siamo lasciati con qualcosa in sospeso, al primo morso di una torta buonissima.. anche se necessario.

Questo mi fa desistere dall’ossessivo pensiero della sua mancanza.

E mi evita costosissime chiamate malinconiche alla volta di Riccardo.

So che tornerà.

E so che mangerò ancora quella torta.

 

La prima sveglia del lunedì suona come di consueto alle sei; la spengo a palmo aperto, girandomi verso la finestra.

La mia divisa linda è appesa alle imposte. Quasi un richiamo.

Mi faccio coraggio posando a terra prima un piede e poi l’altro, mi stiracchio e sbadiglio rumorosamente prima di dirigermi in bagno e cominciare i rituali del mattino.

L’arrivo di un sms mi fa aggrottare le sopracciglia; afferro il cellulare con lo spazzolino ancora in bocca e leggo mentalmente. Mi ritrovo a sorridere come una cretina.

 

 

Buongiorno amore mio.

Ho puntato la sveglia sul tuo orario per solidarietà.

E per dirti che presto sarò lì con te a darti cento buongiorno.

 

Sto per rispondere ma il cellulare trilla ancora.

 

E forse anche qualcos’altro! ; ) Sempre se sei pronta a ricevere. : )

 

Erezione di primo mattino? : )

 

Invio la mia risposta sorridendo, la menta in bocca comincia a pizzicare; mi sciacquo in fretta e arriva rapida la sua risposta. Clicco sulla bustina divertita da questa gioco mattutino.

 

Parlavo del mio amore.. piccola testarda sporcacciona!

 

Vuoi dire che non vorresti essere sopra di me adesso?

 

Vorrei essere in ogni posto se quel posto sei tu.

 

Gongolo con il cuore gonfio d’amore, ma l’orologio mi induce a riporre le mie trepidazioni e il telefono infondo alla borsetta, vestirmi di tutta fretta e sgattaiolare nel traffico impazzito di Roma.

Arrivo puntuale in ufficio nonostante tutto; mi sono gettata nel primo vagone metro seppur strapieno pur di non aspettare e rischiare di fare tardi, così mi ritrovo tutta la coda spettinata e Chiara che mi fa mille feste di bentornata.

Fra un po’ toccherà a lei e il suo viso stanco mi fa sentire un po’ in colpa per la mia immensa gioia.

Le racconto fra una fotocopia e l’altra gli sviluppi della mia incasinata storia d’amore, lei ascolta rapita, poi irrequieta, accomodante e ancora risoluta, ma alla fine si scioglie quando tocco gli ultimi eventi.

«Scusa e tu che gli hai risposto?»

«Se è lui il mio destino? Che lo sarebbe stato nel momento in cui quel cognome sarebbe stato anche il suo.»

«Cioè, praticamente gli hai chiesto di sposarti?»

Mi acciglio, scuoto il capo mandando l’orribile pensiero in un angolo e la fulmino con lo sguardo. «Io non intendevo quello! Ma che sarei sua per sempre se anche io fossi il suo scopo.»

Mi guarda sgranando gli occhi. «No! Tu non intendevi quello. E comunque non si è capito.»

«Oddio.. dici?» Mi mordo il labbro, non ero intenzionata a chiedergli di impalmarmi. Davvero! Il solo pensiero mi atterrisce, come posso essere stata così poco accorta nello scegliere le parole esatte? «Tutti questi anni di ricerca dell’amore romantico e finisco io ad inginocchiarmi. Ma si può?»

Smezza una pila di documenti e ne lascia scivolare un paio dalla mia parte prima di sogghignare. «Perlomeno non ti ha tolto fra i suoi contatti!» Mi da una pacca di conforto sulla spalla e si piega cercando la spillatrice nel cassetto. «A lavoro, forza!»  

 

Ubbidisco e vola via mezza giornata.

Mentre rovisto nella cesar salad che ho sotto al naso il pensiero mi torna fisso alla proposta.

“Figurati se ha capito così.” Mi ripeto quanto sia un uomo intelligente, serio, attento e finisco con il credere che per colpa della mia lingua lunga non mi sposerò mai. “Signora Azzurra Spagnoli però suona così bene.”

Ogni tanto è lecito sognare, no?

 

 

Dott. Spagnoli la prego si sbrighi a tornare.

Non faccio che pensare a lei.

E devo togliermi qualche dubbio!

 

Credevo sapessi tutto di me.

Pensarmi e basta?Dove è finita la mia sporcacciona preferita? : )

 

Sotto terra, insieme alla mia dignità!

Credo di averti fatto fraintendere una certa questione di “impegni”.

Io non ti ho chiesto di “impegnarti” per la vita,

volevo sapessi però che sarai il mio destino per sempre se avrai lo stesso Amore che io ho per te.

Ecco, spero di non aver fatto confusione.. di nuovo!

P. s = tutto di te non è abbastanza. Voglio te sempre di più.

 

X y l g h t p d..  più o meno è questo che ho capito!

Ti prego Azzurra pensa a me e non pensare ad altro.

Perché X y g h t l p d  non ha importanza.

Ti amo, ti voglio.

 

Perché non sei qui?!

Scusa.. piccolo momento egoistico. : (

Non ascoltarmi!

Ti amo, ti voglio.

 

 

Forse ho esagerato perché il mio telefono resta muto per tutto il pomeriggio.

“Fantastico! Sono una schizofrenica egoista!”

Sul tardi Maria Rita mi manda a chiamare, con lo stomaco in subbuglio mi dirigo verso il suo ufficio.

«Azzurra entra pure.» E’ sola, la finestra che da sulla più bella Piazza del centro storico è spalancata. «Trascorso bene le vacanze?» Attira la mia attenzione coprendo il silenzio della sua concentrazione su alcuni file che ha mandato in stampa.

«Più che bene, grazie dottoressa Sabelli. Lei come sta?»

«Lo puoi vedere da te!» Sorride indicandomi il casino sulla sua scrivania.

«Già.» Annuisco. «Dobbiamo mandare qualche documento in spedizione?»

«Sì cara, ti ho fatto chiamare per consegnarti i pass per la serata di gala di fine estate. Quando i miei cari colleghi si degneranno di tornare dalle vacanze dovrete distribuirli e il resto da mandare via posta.»

«Perfetto.» “Perfetto un corno!”; il gala mi porterà via Flavio per almeno altri tre giorni e soprattutto non sarò accanto a lui nel momento della nomina ufficiale al nuovo ruolo, ma sarà qualche altro/a fortunato/a a beneficiare del suo biglietto di ospite accompagnatore/trice. “Odio questa situazione!”

Cerco ad ogni modo di sorridere ma afferro con riluttanza il plico e la donna mi guarda dubbiosa.

Faccio per alzarmi, due nocche schioccano sulla porta in noce; Maria Rita si illumina, io mi giro curiosa.

Flavio è sull’uscio che mi guarda con leggero orgoglio nello sguardo.

“Oddio è qui!” Vorrei saltargli al collo.

Il suo odore arriva intenso ai miei neuroni e sento subito vibrare la parete addominale. “Cavolo se mi è mancato!”

E’ leggermente abbronzato ancora e questo fa spiccare ancora di più la camicia di lino chiara aperta sul petto, i pantaloni sono morbidi e di cotone e da una tasca penzolano gli occhiali scuri per il sole.

Non riesco ad articolare parola è una visione mozzafiato.

«Flavio!» La Sabelli si alza e va ad abbracciarlo; si piega su di lei ricambiando con trasporto, poi come se nulla fosse si libera della donna e mi viene incontro con passo deciso.

Mi prende per mano, al solo sfiorarmi sento i brividi lungo la spina dorsale. Sono paralizzata!

«Ciao» Accarezza sinuoso con la voce la mia adrenalina che si trasforma in scia di cuoricini rossi svolazzanti.

«Ciao» “Ok, sono viva!” Scuoto il capo arrossendo. «Ho qui i tuoi pass per il gala, un momento solo..»

Sento il bisogno di appoggiarmi allo schienale della sedia per cercare i suoi inviti dal plico che improvvisamente sembra più voluminoso di quando l’ho visto l’ultima volta, lui si mette più vicino a me sfruttando l’occasione per sfiorarmi il fianco con il braccio. Gli lancio uno sguardo assassino, sorride sardonico.

«Eccoli qua!» Me li sfila da sotto il naso facendomi risultare più patetica di quello che non sembro già.

«Grazie.» Sbuffo, notando un risolino sulle labbra della Sabelli che incita Flavio nel controllare i nomi dei suoi biglietti; lui apre la busta e contesta un errore.

«Il nome di Azzurra non c’è.» Ringhia.

“Il mio nome?! Wow!”

Lei lo guarda sinceramente colpita e colpevole. «Perdonami credevo avessi fatto un errore di abitudine.»

«Nessun errore Maria Rita.» Poi mi guarda e addolcisce la voce. «Azzurra è la mia compagna.»

“Sono la sua compagna!”

«Ah!» La vedo rimanere di sasso e non fare nulla per nasconderlo ma so che è una donna molto sensibile ed elegante ed è per questo che la vedo prontamente sorridere. «Auguri ragazzi miei! Accidenti potevate dirmelo prima però, mi sarei evitata questa inutile gaffe!» Ribatte al pc il mio nome e manda il documento in stampa. «Azzurra ti prego di scusarmi.»

E d’un colpo i suoi occhi cambiano espressione mentre mi passa il documento e un po’ ne sono eccitata ed impaurita; per anni sono stata la ragazza della reception, provando per lei un timore reverenziale dovuto all’immenso rispetto che nutro per il suo ruolo e la sua persona ed ora, tutto sembra cambiato.

Vedo Flavio nei quegli occhi e il dottor Spagnoli, ma non leggo rancore, disappunto.. ci vedo comprensione.

Sospiro, annuendo inconsciamente a quell’approvazione tacita.

Semmai servisse, ma è meglio avere il mondo dalla tua ogni tanto, che preparasi a fare la guerra.

«Non preoccuparti.» Mi alzo sistemandomi la gonna, sorrido ad entrambi e prima di guadagnare l’uscita mormoro fra me e me. «E’ una novità anche per me.»

Sento i passi di Flavio alle mie spalle e la voce roca di Maria Rita trattenerlo ancora un po’.

“E’ in arrivo il cazziatone dott. Spagnoli!”

 

«Anche questa giornata è andata!» Spengo il pc e mi accascio sul bancone con poca eleganza; Chiara mi squadra da capo a piedi, prende la sua borsa e si trattiene sul posto.

«Lo aspetterai?»

Guardo l’orologio sul display del telefono. «In realtà non abbiamo programmi.»

«Ignori il fatto che abbia fatto trecento chilometri solo perché la capricciosa compagna gli ha detto che gli mancava?»

Mi mordo il labbro, colpita. «Evidentemente no.» Sospiro. «Non posso credere che stia succedendo davvero!»

«Apri gli occhi bella addormentata! Il tuo principe azzurro esiste veramente..» Mi da una leggera pacca sul gomito invitandomi a voltarmi; lui è in mezzo al corridoio che aspetta finiamo di prepararci. «Ed è anche impaziente.» Mi sussurra nell’orecchio, prima di svanire via come una bolla di sapone.

 

«Grazie per l’invito.» Siamo in ascensore e su di noi aleggia una strana tensione; non è solo tensione sessuale, per quanto l’impellente bisogno di stare vicini ci porti spesso a cercarci con gesti e sguardi impercettibili, è qualcosa che va al di là, molto più profondo.

Lui è stranamente silenzioso, guardingo, trattenuto ecco. Mi sembra sempre sul punto di dire qualcosa ma poi si ritira, come un onda stanca; mi agito sui tacchi battendo nervosamente il piede. Alza la mano verso la mia guancia e mi accarezza; il suo calore mi pervade. «Grazie a te Azzurra. Per tutto quanto.» E mi sfiora il lobo dell’orecchio con le sue labbra calde e suadenti. «Mi sei mancata, piccola testarda sporcacciona.»

«Flavio!» Sospiro sicuramente più rilassata. «Ha ragione Rich, sembriamo due adolescenti arrapati!» Mi giro trovando il suo meraviglioso sorriso quindi lo abbraccio forte; sussultiamo quando l’ascensore arriva al piano e un orda di persone fanno muro per entrare. Ci guardiamo imbarazzati ed usciamo di fretta dal palazzo.

«Adesso sì che è ufficiale!» Non so perché non riesco a smettere di ridere e Flavio insieme a me, appoggiato alla sua macchina parcheggiata con la testa piegata sulle braccia. «Hai visto come ci guardavano?»

«Sì. E Maria Rita? Scusami mi sono sbagliata..» Batte le mani sul tetto ed io mi fermo.

«Cazzo che stronza! Scommetto che te ne ha dette due o tre quando sono uscita.»

Flavio alza la testa allarmato forse da troppa imprudenza, fa il giro dell’auto e mi viene vicino; porta il mio viso allineato al suo sfiorandomi il mento con la mano. «Piccola a me non è mai importato troppo il parere degli altri questo lo sai vero?»

«All’inizio credevo di sì e che comunque lo facessi per proteggermi.»

«La sola cosa da cui volevo proteggerti era il mio passato di merda. Ma tu hai abbattuto anche quello.» Ride accarezzandomi i capelli. «Per il resto sono sempre stato più che sicuro di volerti al mio fianco e che nessun genere di commento avrebbe guastato quest’idea.»

«Idea, Flavio?»

«Non ero sicuro che ce l’avrei fatta, capisci?»

Il pensiero che l’uomo più sexy del pianeta abbia avuto dubbi di riuscire a spuntarla con me mi fa fremere d’eccitazione, amore, turbamento; guardo nei suoi occhi liquidi e piegando leggermente la testa di lato lo attiro sulla mia bocca baciandolo senza pietà.

«Quanto c’è voluto..» Ride gutturale e selvaggio e mi sciolgo nella lussuria.

«Portami a casa.» Sussurro. «Qualsiasi casa. La piccola testarda sporcacciona è tornata.»

 

«Fa l’amore con me, adesso.»

Non se lo fa ripetere una seconda volta; mi alza la camicetta accarezzandomi la schiena, la fa passare per il mio collo gettandosela alle spalle. Porta le mani in basso, sul bordo della gonna e fin dietro, dove trova la lampo e con una sola strattonata la tira giù, baciandomi la pancia e i seni al di sopra della stoffa del reggiseno. Lascivo, risale verso la mia bocca alla quale si attacca con un bacio appassionato e rovente, affondando entrambe le mani nei miei capelli. La mia invece fruga nei suoi pantaloni mentre con l’altra lo spingo verso il letto e lo faccio stendere; gli bacio il torace libero dalla camicia volata sul pavimento poi il collo e risalgo verso il lobo dell’orecchio, succhiandolo. Mi sposto solo per liberarmi degli slip, i miei e i suoi e torno in posizione; le sue mani viaggiano sui gancetti del reggiseno, mi liberano. Sono nuda e stagliata sopra il suo corpo disegnato. Con un colpo di reni ci gira cambiando posizione e assumendo il controllo, sfrega il naso contro il mio, mi da un bacio casto e mi penetra.

Sussulto di squisito dolore, ma aspetto con grazia le sue stoccate.

I suoi fianchi cominciano a muoversi ritmicamente, piano per assaporarmi e poi veloce al tempo del mio bacino che si inarca per andare incontro al piacere ancora più intenso. Mi sento piena, viva, innamorata, lussuriosa, forte.

Gemo ad ogni spinta che annego nei suoi capelli, le gambe intrecciate alle sue perfettamente paralleli, incastrati, vicini.

Lo sento respirare forte nell’orecchio e godersi il mio corpo, gli occhi di piombo vacui e lontani, distaccato dal mondo e colpito dal riverbero della luce fra le imposte della serranda, sembra davvero un angelo.

Piango d’amore nel sentirlo così mio e lui mi bacia gli occhi, gemendo il mio nome.

Un lampo gli attraversa le pupille e so che è giunto il momento, un sorriso languido nasce sulle mia labbra mentre lo spingo di lato e sempre salda al suo corpo gli monto addosso cavalcandolo come una selvaggia; raggiunge l’orgasmo tirandosi contro il mio busto e la mia bocca che fa sua con gemiti innaturali, gridando il suo nome sul suo bel viso disegnato vengo anche io e svengo, proprio il caso di dirlo, contro il suo torace d’acciaio.

Restiamo accoccolati a cucchiaio, Flavio mi accarezza i lunghi capelli biondo sparsi sul cuscino e chiudo gli occhi.

«Ti prego non dormire, voglio parlare.»

Mi giro pesantemente apposta, guardandolo male. «Cosa hai contro i miei riposini dott. Spagnoli?»

«Oh contro quelli? Assolutamente niente. Voglio solo parlare un po’, ti va? Poi ti lascio riposare.»

«Tu mi sfinisci.» Gli sorrido sulle labbra, prima di baciarlo con dolcezza. «Di cosa vuoi parlare?»

«Ho dato un occhiata ad alcune case nei giorni che sono stato fuori.»

«Oh sì, adesso sono proprio sveglia.» Mi puntello su un gomito guardandolo intensamente negli occhi.

«Pensavo potremmo sceglierne un paio prima di trovare una abbastanza soddisfacente per noi due.»

Gli batto una mano sul petto eccitata. «Ok, fermati. Questo implica che dovrei seguirti a Firenze, Flavio.»

«Ne avevamo già parlato mi sembra. E tu eri d’accordo, sbaglio?»

«Ehi?! Io qui ho il mio lavoro!»

Si morde il labbro e mi guarda improvvisamente preoccupato. «Non.. non più.»

«Che significa non più?» Mi allarmo, tirando su le gambe per mettermi a sedere; lui mi imita, portandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «Non distogliere l’attenzione dott. Spagnoli! Cosa significa esattamente che non ho più un lavoro? La Sabelli mi ha cacciata

«Oh no, lei compilerà una bella lettera di referenza, mi ha detto. Ti ricordi quando ho accennato al casino con i vertici di Trieste?» Annuisco terrorizzata. «Non gli ho chiesto solo di tenerti con me ai fuori sede ma ho candidamente ammesso che in quanto mia compagna non era possibile per me rilegarti ad altro ruolo che non fosse di mia segretaria personale e che non avrei accettato comunque nessuna altra persona nella nuova sede.»

«Sei un fottuto dittatore dott. Spagnoli!» Mi passo la mano nervosa fra i capelli e penso al tempo passato da quella telefonata. “Mi riteneva la sua compagna da allora!” «Però potevi aspettare prima di prendere iniziative.»

«Ma perché aspettare?» Mi prende le mani fra le sue e mi guarda con trasporto e aspettativa. «Mi piacerebbe vivere insieme, Azzurra. Mi piacerebbe averti fra le mie cose, fra i miei casini. Persino nei miei deliri se mai ci saranno. Mi piacerebbe averti accanto sempre perché tu mi fai stare bene e rendi la mia vita migliore.»

«Questa potrebbe essere una giusta motivazione, dott. Spagnoli.»

«Ne conosci una migliore?»

«No, non credo.»

«Allora dimmi di sì.»

«Mah.. dovrei trasferirmi in una città che non conosco, cambiare lavoro, fami nuove amicizie, nuovi interessi.. e tutto questo solo per amore?» Gli vedo spalancare gli occhi dalla paura, allora sorrido felice, felice come sento di essere veramente, gli prendo le braccia e mi circondo con la sua presenza, il capo appoggiato alla sua spalla, la guancia che sfiora la sua, fredda. «Certo che ti dico sì, Flavio.»  

«Sei seria?» Sospira.

«Molto seria.»

Con tono autoritario indica la sedia «La lettera delle tue dimissioni è nella mia giacca. Firmala.»

Strabuzzo gli occhi. «Adesso?»

«Sì adesso. Non perdiamo tempo, non ne perdiamo più.»

«Ok.»

Mi alzo che sembro volare da tanto mi sento leggera; tiro fuori il foglio dalla tasca dove in mezza pagina di caratteri formali informo la mia azienda che reciderò il rapporto di lavoro che ci lega da cinque anni e altri bla bla bla e non ho mezza esitazione; credevo sarebbe stato molto più difficile. Poi guardo l’uomo nudo sul mio letto e mi convinco che in qualche modo è riuscito ad abbindolarmi sì ma che non sono solo io ad averlo salvato da se stesso.

Che ci siamo cambiati entrambi le vite.

Che anche io sono una persona migliore grazie a lui.

Che sono fiera di quella che sono e che lui è lo specchio di questa perfezione.

 

«Brava piccola.»

«Tanto per inciso, voglio un colloquio con i tuoi capi e in un secondo momento anche con te. Non voglio essere quella che si scopa il capo. Chiaro?»

Ride sotto ai baffi, accogliendomi nel suo abbraccio; siamo tornati di nuovo a cucchiaio, la sua posizione preferita. Mi annusa i capelli e trattiene il fiato prima di rispondere. «Non sarai mai quella che si scopa il capo.»

Mugugno un po’ prima di sistemarmi alla meglio sui cuscini. «Parlami di lei Flavio, come sta Susanna?»

Si sistema anche lui prima di lasciarsi andare in un racconto fluente e dettagliato, ma a breve chiudo gli occhi spossata e felice di lui, dalla nostra vita così piena e delle continue sorprese che ci riserva.

 

«..e poi mi piacerebbe sposarti un giorno.»

 

 

Sono in questo sogno bellissimo dove ci siamo io e Flavio baciati dai raggi argentei della luna mentre intorno è buio e l’aria sembra cadenzata a ritmo di valzer, mentre noi vestiti dello stesso colore del cielo ci guardiamo e camminiamo su quella che sembra una lastra di specchio. Piano- piano la prospettiva cambia ed io non sono più io ma solo una spettatrice che fissa dall’alto quelle due figure piene d’amore; “Mi vuoi sposare?” Chiede lui. Ed io vorrei rispondere per lei, “Sì!” ma salgo sempre più su fino a quando mi rendo conto c’è una bolla sotto ai miei piedi e loro due sono lì dentro, come in una di quelle palle che se le agiti si vede la neve.

Emetto un grido di stupore e la bolla si rompe, i due precipitano ma cadono su morbide nuvole.

Ridono, sembrano felici, per nulla spaventati. Allora tiro un sospiro di sollievo e rido anche io.

 

«Azzurra, amore..» La voce ovattata di Flavio mi raggiunge nel sonno; apro gli occhi, una lussuosa e asettica camera di albergo mi da il buongiorno o la buonanotte o non so cosa perché le tende sono serrate. «Piccola dobbiamo prepararci.»

Volgo lo sguardo verso la sveglia; sono le sei del pomeriggio. «Il galà!» Schizzo su nel panico.

«Siamo in perfetto orario, tranquilla.»

“Già, Spagnoli il super preciso!” «Ho bisogno di una doccia. Flavio tu mi sfinisci.»

«Sei sicura sia un complimento?» Il suo sedere bello e nudo si allontana verso il bagno offrendomi una sua visione totale; non abbiamo perso il vizio di regalarci suite megagalattiche quando siamo fuori, un po’ per scaramanzia, un po’ per affetto ma soprattutto per praticità.

Proprio per questo mi tuffo anche io nell’astronomico bagno dell’altra mia metà della camera dando via ai preparativi; sono passate tre settimane dalla consegna degli inviti e sembra esser passato niente.

Sono piuttosto rilassata in quanto ospite e super felice per ciò che significa essere accanto a Flavio stasera; qualche giorno fa ho riconsegnato le mie divise al magazzino che ce le fornisce.. questo è un bel passo avanti, il timbro sopra il lasciapassare per la nostra nuova vita.

Tuttavia sono febbricitante e non è solo per la serata.

Ho come l’impressione che ci qualcosa nell’aria, un qualcosa di sospeso, irrisolto.

«Allora, come sto?» Sto ancora cospargendomi di crema d’aloe quando Flavio in perfetto smoking nero si palesa sull’uscio piroettando come uno dei migliori one man show; è bellissimo.

«Vieni qui.» Lo bacio e le sue mani mi strizzano il sedere incollandomi al suo corpo.

«Forse potrei spogliarmi e ricominciare da capo.»

«E forse potrei morire adesso.»

«Allora mi tengo i vestiti.»

«Che peccato.» Rido sulle sue labbra morbide restandovi appiccicata. «Sei molto bello dott. Spagnoli.»

«Grazie.» Sorride timido sfilandosi i gemelli dalla tasca. «Ti da fastidio se resto qui?»  

«Per nulla.»

 

Venti minuti dopo io e il mio sontuoso vestito di seta blu, accompagnati dall’uomo in smoking più affascinante di tutto il pianeta, facciamo il nostro ingresso nella sala addobbata a festa per la cerimonia d’azienda più importante dell’anno, dopo la distribuzione dei pacchi dono di Natale.

Veniamo scortati da una hostess rigorosamente vestita con un tailleur bianco perla fin ad un tavolo nelle file centrali e prossimo al palco. Sembra d’essere ad un matrimonio; colore predominante il bianco, candido a rivestire le sedute con imbottitura morbida, candele e specchi, calle che fuoriescono dai vasi di diverse geometrie in un gioco d’accostamenti. Io e Flavio ci guardiamo divertiti prima di essere subissati dagli altri commensali ammessi al nostro tavolo.

La serata scorre tranquilla, mi sento piuttosto a mio agio fra i cervelloni d’azienda e le loro mogli; qualcuno si ricorda di me ma fa finta di nulla, le donne invece sono attratte dalla nostra storia romantica e mi subissano di domande.

Certo agli occhi di tutti siamo i novelli principi della fiaba romantica.. ma quanta fatica questo scintillio!

Le chiacchiere vengono smorzate dalla deliziosa cena che ci viene offerta, perlopiù portate calde, fino al dolce; in sottofondo un’orchestra rende soft l’atmosfera con toni jazz sfumati.

Flavio mi porge la mano e mi conduce in un ballo, su uno stile adesso più lento.

«Come ti senti?» La sua mano alla base della schiena disegna carezze amorevoli.

«Benissimo e tu?»

«Mai stato meglio, grazie Azzurra.»

«Smettila di dire grazie, per favore. Non c’è nulla per cui tu mi debba ringraziare.»

Lo sento fremere fra le mie braccia e lo guardo. «Sicuro di stare bene?»

Annuisce poco convinto, sento montare l’ansia nello stomaco. Troppo scintillio?

La musica scema e svaniscono i pensieri, mi prende delicatamente in un bacio con caschè vecchio stile e sorride di un sorriso genuino ma troppo tirato.

«Flavio che c’è?» Trattengo il suo braccio ma una vecchia conoscenza arriva prima della mia voce portandolo oltre la pista verso i tavoli, lasciando me e il mio bellissimo vestito in balia di piroette, che il figlio del figlio di non so bene chi, mi sta facendo fare su un twist.

I suoi occhi mi tengono incastrata, temendo un impeto di gelosia diminuisco la foga e approfittando di due ragazzine ben vestite e sole, in piedi a guardare la gente ballare, mi slego dal figlio del figlio di non so chi e le butto nel mezzo; raccolgo il mio abito e adoro farlo -ho sempre adorato raccogliere gli abiti.. fa subito principessa- lo raggiungo e trovo le sue braccia ad accogliermi.

«Credevo mi facessi una scenata.» Gli dico ridendo nel suo orecchio.

Mi accarezza la nuca e mi deposita un bacio dietro l’orecchio «Se non la smetteva di fissarti le tette gliela avrei fatta.»

«Beh sono delle tette notevoli.»

«Non mi fai ridere.» Risponde serio. «Tu sei solo mia.»

«E di chi altri sennò.. mio grande, dittatore, sexy, fidanzato?»

Alla parola fidanzato sorride dolce e rilassa il volto. «Ah proposito..»

Le luci si spengono.

Ci guardiamo intorno, sul palco salgono il Presidente e la sua triade; la ragazza che ci ha scortato passa loro i microfoni e indica il tavolo con le targhette premio. Quelli sorridono slegando una lunga pergamena.

«Accidenti il nostro tavolo è dall’altra parte!» Inveisco contro questo repentino sconveniente.

«Non ti preoccupare sono il primo ad essere premiato..» Soffia lascivo nel mio orecchio e immagino di sapere cosa c’è di così lussurioso nelle sue parole; la certezza che ci vorrà poco tempo per ritrovarsi nudo e bollente sopra il mio corpo. «Prima però vorrei la tua attenzione.»

«Difficile con te che mi fai costantemente pensare a quanto sei desiderabile.» Il Presidente inizia a parlare ed io mi sento terribilmente in imbarazzo, in piedi, fra i tavoli a discutere di sesso con il mio uomo. «Ti prego possiamo parlare dopo? Non mi sembra proprio questo il momento!»

Una signora ci zittisce ed io confermo le mie parole con uno sguardo accusatorio verso Flavio.

«Oh accidenti! Come vuoi!»

«Non mi parlare così!» Rispondo piccata.

«Vuoi che stia zitto?! Sono muto! Godiamoci lo spettacolo principessa.» Mi spinge affettuosamente davanti ai suoi piedi e mi obbliga tirandomi per i fianchi, ad appiccicarmi con la schiena al suo torace; affonda la testa fra i miei capelli, sento il suo cuore battere forte e non capisco perché stiamo battibeccando.

«Sposami, Azzurra.» Sulle prime credo di non aver sentito bene, i discorsi melanconici del Presidente sulla storia della nascita dell’azienda si fondono con le sue parole, poi l’eco roco della sua proposta si presenta nuovamente al mio orecchio. «Sposami.»

Avete presente l’adrenalina che si prova prima di un grande salto?

E’ così che mi sento adesso, pervasa da mille brividi, il cuore in tumulto.

Mi tremano le ginocchia, Flavio mi tiene stretta allungando le mani sul grembo; annusa e bacia i centimetri di pelle scoperta ed io sono in visibilio, confusa e scossa, in bilico fra l’amore e il sesso, la sintesi perfetta dei nostri migliori momenti. Sto per girarmi, ma il suo nome risuona nelle casse. Fa un grande respiro ma non si muove. Il faro ci cerca fra la gente, Flavio piega il capo sulla mia spalla in completo mutismo e assolutamente inattivo.

«Amore hanno fatto il tuo nome.» Mi giro e lo trovo sconvolto, impaurito. «Ehi, che c’è?!»

«Ho paura.»

Lo costringo ad alzare la testa e guardarmi negli occhi; i suoi piccoli occhi neri colato sono lucidi. Ho un moto d’amore e di trasporto per quest’uomo, è capace di svelarsi ogni volta che lo guardo. Gli prendo le mani, le stringo forte nelle mie. «Ci sono io qui. Fa un bel respiro e tieniti saldo a me.»

«E’ tutta la sera che mi tengo saldo a te. Non vedo altro Azzurra!»

«La fai sembrare come una cosa brutta. Ti fa stare male?»

«Mi fa stare bene invece.»

«Allora ti conviene muovere le chiappe dott. Spagnoli, il faro ci troverà prima o poi!» Mi liscio il vestito e sistemo il suo cravattino. «Sei pronto?»

«No!» Mi tira giù le braccia affondando uno sguardo trepidante nel mio. «Prima voglio una risposta. La voglio da tre settimane santo Dio! Sono così patetico che te lo chiedevo mentre dormivi. Poi stasera ho cercato di dirtelo in tutti i modi e in tutti i modi la tua bellezza mi ha sovrastato. Adesso ho bisogno di quella risposta e non muoverò un passo senza. Mi sposerai?»

Non era un bel sogno.

Non lo è mai stato.

Flavio Spagnoli è la realtà che mi si para in faccia come un bello schiaffo.

Solo che nel palmo.. cento margherite.

 

 

Le imbarazzanti pietre che adornano il corpetto del mio abito, scintillano in un gioco di luci e si riflettono sul volto di Flavio, spavaldo e sicuro al mio fianco; stringe fra le mani la targhetta che lo vede uomo migliore dell’anno e cavolo.. non posso che dare ragione a quel premio. Guarda al suo pubblico rapito e poi guarda me, un intenso sguardo che significa molte cose, ma fra queste l’amore, la dedizione, la passione.

Significa che lo sposerò.

Che mi prenderò cura di lui e lui si prenderà cura di me.

 

Fine.

 

 

NDA:

Finisco con rammarico questa storia così breve e così intensa, sperando che vi sia piaciuta almeno un po’.

A tutte le persone che l’hanno inserita in preferite/seguite/ricordare –e a chi lo farà- mando un abbraccio forte e tutta la mia gratitudine; non ha riscosso successo per niente, ma a me è piaciuta scriverla tuttavia grazie anche a voi.

E’ difficile misurare la qualità di quanto scritto senza pareri oggettivi, nel mio piccolo spero che chiunque vi posi lo sguardo su non trovi questa storia orripilante e mal scritta.

Magari il tema è un po’ inflazionato ultimamente e la tempesta ormonale dei vari “cinquanta sfumature”, “crossfire trilogy” e affini ha duramente colpito anche me, lo ammetto.

Mi perdonino le Austiniane convinte!

Per il resto vi saluto tutti allegramente,

Lunadreamy.

 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Luna_R