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Autore: Anna Wanderer Love    06/09/2013    4 recensioni
Una ciocca bionda sfugge dal cappuccio che cela il suo volto e mi sfiora lo zigomo. I miei occhi guardano quei lisci capelli d’oro pallido, poi risalgono lentamente e per la seconda volta il mio sguardo si incatena a quello celeste, duro e inflessibile di lui.
-Chi sei?
Le sue dita si stringono con forza attorno ai miei polsi, con tanta forza che riesco a sentire il loro profilo segnare la mia pelle, con tanta forza che penso che me li spezzerà, i miei maledetti polsi. Mi esce una risatina dalla bocca, nonostante tutto, e i suoi occhi ne sembrano sorpresi.
-Se te lo dicessi non farebbe differenza.
-Ah sì?- Ribatte lui, scrollandomi con violenza. La mia testa batte per terra.
Trattengo il respiro quando la vista mi si annebbia per un’istante.
-Sì- sibilo fissandolo con astio.
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Legolas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Savanna:

Quando rientro in casa mi chiudo piano la porta alle spalle. E’ tutto silenzioso, il salotto è vuoto. Come mai non c’è nessuno?

-Vanny.

Mi giro e vedo Ronim sulla porta della cucina, che mi guarda serio. Mi si riempiono gli occhi di lacrime. L’ho deluso, ma non non volevo... guardando i suoi occhi azzurri capisco che non è arrabbiato, solo preoccupato.

Con un cenno mi indica di seguirlo in cucina. Si siede su una sedi, ma io resto in piedi.

Mi guarda intensamente. Quando parla, la sua voce è stanca.

-Potevi scrivere due righe.

Sospiro, sentendomi davvero in colpa.

-Lo so, ma... avevo bisogno di...

-Stare da sola- completa lui, annuendo. Lo guardo in silenzio, e mi sorride dolcemente.

-Non preoccuparti, non sono arrabbiato. Solo... ci sono animali feroci su queste montagne. So benissimo che sai cavartela da sola- mi anticipa con un sorriso -ma capisci quant’è brutto non sapere neanche dove qualcuno a cui vuoi bene sia andato, se ci sono pericoli?

Abbasso la testa, fissando le venature del tavolo di legno.

-Sì- mormoro.

-Bene. Allora adesso vai da Legolas. E’ in camera sua a riposare. Ringrazialo. Credo che con lui troverai anche qualcun altro.

Guardo mio padre interrogativa, ma lui si alza e scompare nel suo studio. Sospiro e mi dirigo verso le scale. Chi sarà mai questo ospite?

Arrivo davanti alla porta bianca della camera di Legolas, e alzo la mano. Busso piano, prima che mi scompaia tutto il coraggio che ho. Un debole “avanti” mi da il permesso di entrare. Spingo piano la porta. La prima cosa che vedo è un vecchio seduto sulla sedia a dondolo . Ha una folta barba bianca e indossa un mantello e una veste bianca che sembrano farlo splendere di luce propria. Da sotto le sopracciglia forte mi guardano due vispi e allegri occhi azzurri e un sorriso gentile. Mi rilasso all’istante.

-Savanna- dice soltanto, e mi guarda. La sua voce è profonda, saggia, carica di molti anni di esperienza. Mi sorride, ma io lo guardo stupita.

-Ma... ma come fa a conoscere il mio nome?

Scocca un’occhiata complice a qualcuno sul letto, e allora io mi volto a guardarlo. E resto senza fiato. Merda. Legolas è senza la camicia. Con uno sforzo incredibile riesco a non fissargli il petto muscoloso, perfetto, e lo guardo in faccia. Vengo catturata dai suoi occhi cristallini, allegri, azzurri come il mare poco profondo. Ci guardiamo per qualche istante, ma quell’istante basta a farmi arrossire. E in quell’istante il vecchio si alza ridacchiando.

-Bene bene, allora io vi lascio! Ho la sensazione di essere più che superfluo, qui! Ci vediamo dopo, e riprenderemo la conversazione in un momento più adeguato. A dopo!

-A dopo, Gandalf- lo saluta Legolas senza staccare gli occhi dai miei.

Mi sposto per lasciar passare Gandalf, e lui mi strizza l’occhio prima di chiudersi la porta alle spalle. Torno a guardare Legolas, sentendomi un po’  in gabbia, nervosa. Adesso siamo soli...

Ma’ va? Che intuizione che hai avuto, Savanna, penso sarcastica.

Mi dirigo verso il dondolo dove qualche manciata di secondi prima c’era Gandalf, e mi siedo evitando di guardare l’elfo. Guardo fuori dalla finestra.

-Hai paura di guardarmi?- Fa la voce divertita di Legolas. Volto la testa di scatto e lo guardo linciandolo con lo sguardo.

-Certo che no!- Però continuo a tenere lo sguardo inchiodato al suo volto sorridente. Cavolo, quanto è bello...

-E allora perché adesso stai arrossendo?

Mi alzo senza perdere un secondo di più e mi dirigo verso la porta, borbottando quant’è insopportabile. Proprio mentre sto allungando la mano verso la porta per uscire, sento delle dita stringermi il braccio in una presa d’acciaio. Mi fermo stupita e imbarazzata, ma mezzo secondo dopo mi sento tirare indietro. Non riesco a oppormi e cado sul letto, mentre le braccia forti di Legolas mi afferrano, depositandomi delicatamente sulle coperte. Inutile dire che divento viola dal’imbarazzo e non riesco neanche a guardarlo in faccia. Legolas mi lascia andare dopo qualche secondo, ma una mano si insinua sotto al mio mento e con dolcezza mi obbliga ad alzare la testa e guardarlo negli occhi. Respiro piano, ma respiro il suo odore di bosco. Il cuore va a mille, ma la cosa che mi rapisce è la dolcezza nelle sue iridi azzurre, intense. Serro i denti per non lasciarmi sfuggire nessuna idiozia.

-Scusami- dice, e la sua voce è dolce e sincera. Arrosisco e balbetto velocemente un “non fa niente” che gli strappa un sorriso.

-Allora- dice, allontanandosi da me (con mio grande dispiacere) e sedendosi contro il legno del letto, appoggiato alla parete. -Come stai? Ronim ti ha sgridata?

Lo guardo, e non vedo nessuna vena sarcastica nel suo sorriso o nei suoi occhi. Rispondo scrollando le spalle e guardando di nuovo la finestra.

-No- mormoro. -Se c’è una cosa che si possa dire di Ronim, è che non si arrabbia mai. Almeno, con me- aggiungo a bassa voce.

Segue il silenzio. Sono nervosa, mi sento a disagio con lui. Non capisco se sta zitto perché sta cercando di trovare qualche argomento di cui parlare o perché non vede l’ora che me ne vada. No, lui non sarebbe così maleducato. Proprio mentre sono assorta in queste considerazioni, lui parla. Lo ascolto distrattamente, ma appena mi rendo conto del significato delle sue parole sussulto.

-Sembri triste.

Mi giro verso di lui e lo guardo negli occhi, ma non abbasso lo sguardo. Piano piano, il mio sguardo scivola sui suoi lunghi capelli biondi, sparsi sulle spalle. Sono bellissimi. li guardo splendere alla luce del tardo pomeriggio.

-Sembri stanca- aggiunge dopo qualche momento. Mi sta osservando, e io mi sento infastidita dal suo commento.

-Non sono stanca- ribatto piccata, guardandolo torva. Non so perché mi abbiano dato così tanto fastidio quelle due parole, ma dentro la mia testa si insinua il pensiero che non mi piaccia che lui mi consideri debole. Legolas sospira piano, come se stesse discutendo con una bambina capricciosa, e inclina la testa in avanti, sporgendosi di più verso di me. I suoi occhi mi inchiodano lì, a pochi centimetri da lui, dal suo volto fiero e delicato e deciso al tempo stesso.

-Guarda che non devi arrabbiarti con me solo perché non ti piace che ti si dica che sei stanca- mi rimprovera. Lo guardo a bocca aperta.

-Non sono stanca- mi ostino a dire. Lui mi fissa per qualche secondo, poi scoppia improvvisamente a ridere. Lo guardo confusa. Mi sta facendo impazzire! Com’è possibile che riesca a cambiare umore così velocemente? Abbasso lo sguardo ma mi accorgo troppo tardi che sto fissando il suo petto. Un’altra ondata di risate lo scuote quando si accorge che sto arrossendo, inevitabilmente.

-Sì, sì- mi sfotte ridacchiando. -Comunque insisto: stai arrossendo.

Lo guardo esasperata ma non riesco a trattenere un sorriso. Anche se è davvero... esasperante non ci si può non sciogliersi davanti a un sorriso di un elfo. Soprattutto se quell'elfo è bellissimo e, oltre che strafottente, anche dolce.

Torna serio e curva le spalle, incrociando le gambe.

-Allora- dice, e mi guarda curioso. -Tu non conosci Gandalf?

Faccio segno di no con la testa, e lui annuisce soprappensiero.

-Perché?

Si stringe nelle spalle, con aria dubbiosa, ma sono sicura che non sta mettendo in discussione le mie parole. Non so perché, ma lo so.

-Di solito vagabonda dappertutto, mi sembra improbabile che non sia capitato da queste parti.

Guardo il suo volto illuminato dalla luce, e mi perdo per qualche istante. La pelle candida e liscia del suo volto sembra quasi risplendere, così come i suoi capelli biondi. Improvvisamente mi viene una voglia matta di toccarli, sfiorarli, accarezzarli. Freno la mano, che si stava già sollevando, e mi mordo il labbro. Legolas mi guarda aggrottando le sopracciglia, confuso, e sento una massa calda scaldarmi il petto. E’ come se avessi bevuto del té bollente. Oddio, che mi prende?

Il principe si esibisce in un sorriso, poi si tende in avanti, verso di me. Trattengo il respiro, con il battito del cuore che mi rimbomba in tutto il corpo, mi scuote ad ogni secondo. Lentamente allunga le braccia e mi afferra i fianchi, e poi, sempre con cautela, probabilmente per non beccarsi un pugno in faccia, mi sposta verso di lui come se non pesassi niente. Sono sorpresa dal suo tocco: mi aspettavo che fosse rude e poco gentile, invece è tutto il contrario. Per questo lascio che faccia quello che vuole, e ben presto mi ritrovo seduta al suo fianco. Sto in silenzio, mentre lui mi circonda con un braccio e mi costringe ad abbassare la testa e posarla sulla sua spalla, appoggiandomi al suo petto. Sento le guance in fiamme, ma non importa. Non importa niente, se non il suo braccio che mi stringe e il suo sguardo azzurro, limpido, cristallino che mi osserva, cercando di catturare ogni mio minimo segno di disagio. Abbasso lo sguardo, fissando incantata i suoi lunghi capelli. Allungo la mano e prendo una ciocca, intrappolandola tra le dita. Sono davvero morbidi e belli come avevo pensato... ritiro di botto la mano, e lui ride. Arrossisco, ma non riesco a impedirmi di sorridere al suono della sua risata gioiosa. Chiudo gli occhi, e sento le sue labbra calde sfiorarmi la fronte.

-Vanny, cerca di riposare, adesso.

Alle sue parole sento il mio corpo rilassarsi, ma non l’ho voluto io. E’ lui che mi è entrato nella testa.

Maledetto elfo, penso, e mi addormento sentendo la sua risata vibrare nel suo petto, sotto di me.
   
 
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