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Autore: __EleKtra__    08/09/2013    1 recensioni
Un sogno, talento, tante speranze ed un'opportunità: è questo tutto ciò che possedeva Angy. Ansia, emozione, lacrime, sentimento, rabbia, amore...emozioni che la nostra stellina proverà per cercare di compiere il suo destino.
"La musica è sangue. La musica è la mia anima e la mia vita." disse un santo di nome Tomo."Il successo non è la chiave della felicità. La felicità è la chiave del successo.
Se ami ciò che fai, avrai successo."disse un grande genio di nome Jared.
Non è tutto oro ciò che brilla e il paese delle meraviglie è molto pericoloso. Di questo Elektra e i suoi Elektrical si accorgeranno.Non è così facile regalare sogni.
Una storia di speranze, di sogni, di dolore e sofferenze, una storia d'amore, passione e felicità.
AVVERTENZE:Questa storia è tutt'altro che prevedibile.E' ricca di poesia e risate. Adatta anche a chi ama scenne Hot.
Un ultimo consiglio?:“Vai con fiducia nella direzione dei tuoi sogni. Vivi la vita che hai immaginato.”
che altro dire?...ELETTRIZZATEVIII
Genere: Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Un flesh.
L’aria della stanza dell’albergo di Guadalajara era irresistibilmente anaerobica e carica di umidità. Avevo gli occhi talmente gonfi che era tanto impossibile aprirli quanto cercare di vedere qualcosa oltre a quel colore aranciato che mi inghiottiva. Ma da dov’era comparso quel fresh?
Realtà e finzione, presente e passato, erano ormai miscelati in un enorme frullato di emozioni e azioni. E i frullati li avevo sempre odiati.
Cercai la forza di alzarmi dal letto. Da quel materasso basso e talmente molliccio e rilasciato da poter percepire ogni singola molla sotto la schiena come tanti sassi incastonati tra le vertebre. Cercai di raggiungere la finestra e di scostare la lunga tenda ruvida di un tessuto grezzo e pesante. Avrei percepito la polvere tra le fibre della tenda se non avessi avuto il naso gocciolante e insensibile. Un brivido di freddo mi percorse tutto il corpo fin dentro le ossa. La testa pulsava in continuazione, quasi stesse suonando la batteria.
“Shannon…”
Avevo solo delle vaghe immagini di quel che era successo e continuavo a non ricordare dov’ero finita e perché ero lì sola, senza nessuno, senza il mio ragazzo.
Cercai di fare chiarezza e ordine tra le varie scene sparse caoticamente nella mia testa come per ricreare una pellicola di un film e fargli finalmente riprodurre la verità. Ma, sfortunatamente, insieme a esperienze realmente vissute, si insinuavano paure e ansie trascorse solo nei miei sogni e che la mia mente, ben poco lucida, non setacciava prima di renderle consce.
«Accidenti!» esclamai, scuotendo la testa che sorreggevo con entrambe le mani.
Gocce calde solcavano il mio viso bollente. Una sensazione terribile.
Mi gettai sulla poltrona posizionata sotto la finestra. Era di un bianco ingiallito, oppure erano semplicemente i miei occhi ad ingannarmi.
Ricaddi nel buio dei ricordi.
Shannon aveva la testa gettata all’indietro sul cuscino di pelle del tourbus, mentre respirava ansimante con gli occhi chiusi e una mano alla fronte.
«Pazzesco» sibilò.
Ridacchiai sommessamente, scivolando via da lui che emanava troppo calore.
La pelle del divano gracchiava sinistra, e l’effetto della pelle bagnata a contatto con il divano era irritante.
Afferrai il primo indumento che mi capitò sotto mano (la canotta di Shannon) e me lo infilai. Mi arrivava appena sotto il sedere e lasciava le costole in evidenza insieme a un accenno di seno.
«Mmmh, sei molto sexy» pronunciò Shannon visibilmente rilassato e appagato, mentre mi sedevo accanto a lui, ancora steso.
Mentre cercavo di sistemarmi i capelli annodati e arruffati, gli sorridevo arrendevole, osservando i suoi occhi luccicare alle luci bluastre della stanze, riflettute dalle goccioline di sudore che gli perlavano la fronte e il petto.
Vidi all’improvviso un lampo riflesso negli occhi di Shannon. Una luce bianca abbastanza potente che come un flash investì la piccola stanza.
«Cos’è stato?!»mi accinsi a chiedere a lui, ancora intorpidito.
Il batterista si alzò a sedere e scrutò corrucciando la fronte oltre la porta che avevamo lasciato aperta.
«Non ne ho idea…» rispose perplesso e con uno sguardo indagatore.
Cercai di scrutare nell’ombra ma senza risultato.
«Mi è venuta una gran fame!» esclamò Shannon portandosi una mano allo stomaco e dimenticando di punto in bianco l’episodio curioso a cui avevamo assistito.
Ci vestimmo velocemente per poi scendere con tutti gli altri.
Shannon prese un pacchetto di pop corn e io afferrai un cilindro di pringles alla paprika, dirigendomi dalle mie amiche.
Shannon si sedette di fianco a Tomo, battendogli una spalla e io ne approfittai per lanciare un’occhiata alla ricerca di Jake. Stava dormendo arruffato con la testa visibilmente dolorante appoggiata al finestrino, ed era solo. Kiri dove si era cacciata?!
Mi affrettai a distogliere lo sguardo, non mi andava di far vedere che me ne importava ancora qualcosa di quei due, eppure… eppure era così!
«Angy, cos’erano quegli strani versi che abbiamo sentito? Non dirmi che eri tu!» esclamò Claire strizzandomi un occhio.
Sentii il viso avvampare.
Lanciai un’occhiata di supplica rivolta a Francine che scosse la testa, tranquillizzandomi.
Il viaggio trascorse veloce tra le chiacchiere e una videochiamata a Berry che era a lavoro.
Appena Jared sentì la voce della sua ragazza si precipitò verso di noi, con sguardo ebete.
“Penso veramente che si amino”
Senza volerlo, notai che Kiri era tornata al suo posto e si stava limando le unghie.
«Ci siamo!» commentò Clarisse con un tono d’euforia trattenuta, indicando il cartello che citava “Guadalajara”.
«Siamo leggermente in ritardo rispetto alla tabella di marcia, ma possiamo farcela» continuò la nostra serissima manager.
Non potrei immaginarci, ormai, senza l’organizzatissima Clarisse.
«Quando avrò il piacere di conoscere Emma?» chiesi a Jared che sorseggiava un bottiglietta d’acqua.
«Tra non molto, mia cara. La tranquillità durerà ancora per poco! Quando arriverà Emma saranno cazzi amari per tutti!» esclamò Jared fingendosi spaventato con quella sua solita espressione a bocca aperta e occhi palancati.
«Scendere!!! » Esclamò Tim euforico.
Una marmaglia di fan ci circondavano urlante, mentre sventolavano foglietti e magliette per gli autografi.
Sospirai sonoramente, non riuscendo a trattenere un sorriso di incredulità.
«Ti brillano gli occhi, lo sai? » mi sussurrò Tomo all’orecchio abbastanza forte da poterlo sentire, ma abbastanza dolcemente da farmi sciogliere.
Il mio sorriso divenne ancora più raggiante. Era quasi impossibile respirare, mi sembrava tutto così un sogno, tutto una fantastica manifestazione utopica dei miei più grandi desideri.
«Goditi il tuo momento di gloria finchè puoi. Non durerà a lungo. Tu non ti meriti tutto questo» sibilò Kiri con una delle sue risate malefiche, facendo il suo miglior sorriso alle fotocamere.
Mi guardai intorno alla ricerca di qualcuno dei miei amici per avere conferma di quello che avevo sentito, ma anche Tomo, a pochi passi da me, era occupato a firmare autografi.
Anche Jake, barcollante, cercava di essere il meno cinereo possibile, sorridendo, dietro i suoi occhiali neri.
Così decisi di ignorare la frecciatina e mi diressi verso un gruppo di fan che mi chiamavano.
Avevo raccolto i lunghi capelli neri in una coda di cavallo che lasciava ricadere sul viso solo il ciuffo un po’ ribelle.
Sorrisi a quei visi sorridenti ed emozionanti. Chissà se si rendevano conto che io stessa ero più emozionata di loro.
 
 
Enorme. Incredibile. Emozionante. Assolutamente meraviglioso.
Questo provavo guardando il pubblico strillante di Guadalajara.
Avete presente quella sensazione di enorme vuoto quanto immensità nel petto, proprio sopra la bocca dello stomaco? Come quando per la prima volta da bambini avete visto la bellezza dell’universo con galassie dai colori strabilianti e stelle accecanti dalle incredibili immensità; proprio come quando avete capito di vivere su di una gigantesca biglia di terra e acqua; come quando per la prima volta avete visto un documentario sui dinosauri, o quando vi è arrivato proprio quel regalo che desideravate immensamente per natale, ma che non avreste scommesso sul fatto che sarebbe arrivato. Ecco la mia emozione si avvicinava a tutto ciò, mentre mi tormentavo le mani e cercavo invano di fare entrare dell’aria dalle narici. Diamine, quell’aria scottava per l’adrenalina di cui era satura!
«Angy, cosa credi di fare?!» esclamò Claire cogliendomi in fallo come una bambina con le dita in un vasetto di marmellata…oh, squisita marmellata ai lamponi.
«Ti pare il caso di scappare in questo modo mentre ti sto preparando?!» continuò lei con la sua predica da mammina apprensiva.
La guardai cercando di essere seria ma il sorriso rimaneva dipinto sul mio viso, tirando ogni singolo muscolo, scaldandomi il viso arrossato dall’eccitazione.
«Ti rendi conto che questo è uno dei più importanti concerti del nostro tour? Saranno…ahhh…non ne ho idea! Tantissimi, veramente tantissimi» sospirai lasciando in sospeso l’ultima parola che aleggiava ancora sulle mie labbra, mentre i miei occhi erano persi tra la polvere di stelle del sogno.
«Proprio per questo devo finire di prepararti! Non vorrai andare in scena con un mollettone verde mela davanti ad una platea incontabile!?»
Mi portai una mano alla testa. Effettivamente non aveva tutti i torti.
«Sei assolutamente euforica, Angy» ridacchiò Claire mentre finiva di riempirmi la testa di boccoli lunghi e lucidamente neri.
«Credo anche di più» sospirai «Non so come, mi sembra di essere tornata all’inizio, quando tutto sembrava un sogno: perfetto nella sua incredibile e stupefacente miracolosità» dissi scuotendo la testa.
«Così emozioni anche me. Ma stai ferma!»mi ammonì lei.«Per una serata così straordinaria ci vuole un abito altrettanto favoloso, direi. Sei d’accordo?» mi chiese lei strizzandomi un occhio attraverso lo specchio davanti a noi. Quel suo sguardo lo conoscevo bene: stava per compiere una delle sue magie stilistiche! E io morivo d’emozione.
«Sei un raggio di stella, Angy» pronunciò caramellosamente Francine, mentre mi osservava adorante con le mani intrecciate vicino al viso.
Siete curiosi di sapere che abito ha scelto per me Claire non è vero? Beh… premettiamo che lei è un genio, questa volta optò per qualcosa di poco pizzoso e nemmeno tanto elaborato.
Socchiusi gli occhi dalle ciglia lunghe e arcuate per mettere meglio a fuoco le figure che si avvicinavano a me.
Carl si avvicinava a falcate con le sue immancabili bacchette dorate in mano.
« Questa sera siamo intonati!» esclamò lui sorridendo bonario, osservandomi da capo a piedi, prima di lasciarmi un buffetto sulla guancia.
«Woo ti ha spalmato una buona dose di sole sugli occhi quella pazzoide della tua amica!» enfatizzò Harry, scherzando e avvicinandosi a me per darmi un bacio sulla guancia. «Sempre splendida» aggiunse a bassa voce.
«Questi brillantini dorati sugli occhi sono splendidi, Harry! Ed è un incanto con quest’abito!» fece il muso Francine, cercando di spezzare una lancia a mio favore.
Ebbene, indossavo un abito corto e abbastanza aderente con una sola spallina che si allungava a manica lunga favolosamente dorata come i miei occhi. Sul lato opposto un oblò liberava il mio fianco destro, illuminato da un gel con minuscole pagliuzze dorate che illuminavano tutta la mia pelle. Le labbra erano color carne e gli occhi erano il pezzo forte, incorniciati da una pioggia di boccoli.
«Spero per te che non farai un volo da quei trampoli!» scoppiò a ridere Harry
«Dev’essere molto doloroso!»si intromise Carl che si unì alla risata dell’amico.
«Scriciolo, ti posso parlare un secondo?» riprese Carl, più serio.
Mentre ci allontanavamo dagli altri per dirigerci fuori da un’uscita d’emergenza, scrutavo il viso di Vick, sempre così bonario, direste quasi stupido, eppure era tutta un’impressione.
«Va tutto bene?» mi chiese dopo avermi scrutato con attenzione.
Il mio sorriso si smorzò leggermente.
«Come sempre, Vick» risposi, fingendo immensa leggerezza.
«Sul serio, piccola. Lo so cosa stai passando, ma devi sapere che ci siamo tutti in questa faticosa avventura ed ora siamo in mezzo al mare, nel pieno di una tempesta. Non devi per forza essere la guerriera forte che ti dimostri sempre, sei umana.» pronunciò, aspettando con ansia una mia risposta.
Sospirai guardando le luci in lontananza. C’erano molte guardie sparse un po’ ovunque per contenere la folla.
«Sai, le parole di Berry mi hanno fatto cambiare visuale. » gli sorrisi benevola. «Le cose sono cambiate così in fretta, ma ciò che era, ormai è andato, ora c’è un nuovo scenario davanti a noi e non possiamo farci nulla, tanto vale accettarlo no? »
«Intendi arrenderti alla situazione?!» mi chiese quasi senza fiato il batterista, incredulo quanto deluso.
Lo scrutai, corrucciando la fronte.
«Per niente.» pronunciai secca. «Non ho intenzione di arrendermi ne ora ne mai. Il campo di gioco è mutato e bisogna adattarsi alle condizioni per elaborare un nuovo piano di attacco. So quello che voglio e credo di sapere anche ciò che devo fare. Non smetterò di splendere solo perché pilastri della mia vita hanno deciso di crollare. Imparerò a restare in piedi con un terremoto e persino durante un uragano, non sarà certo una stupida tempesta come questa ad abbattermi.» dissi convinta, stringendo i pugni lungo i fianchi. Se avevo anche solo una certezza era proprio quella che non mi sarei mai arresa, non certo ora, dopo tutto quello che avevo fatto per ottenere ciò che avevo conquistato.
«Eccola di nuovo tra noi la nostra guerriera» commentò Carl compiaciuto. Aveva sempre creduto in me e aveva sempre invidiato la mia forza d’animo. Serviva proprio lui per farla ritornare.
«Sai cosa mi ha detto Kiri quando siamo arrivati?»lanciai uno sguardo all’orizzonte, alle centinaia di persone affollate proprio fuori da quello stadio in attesa di vedere da lontano persone sconosciute com’eravamo noi per loro.
«Che tutto ciò non me lo merito.» scandì come macigni le parole più dolorose da anni. «Ma sai cosa ti dico? Io ho lottato per avere tutto questo! Ho sudato e sputato sangue, ho cambiato stato, mi sono creata una nuova famiglia, sono diventata adulta, facendo i miei errori e, diamine, ne faccio ancora! ma tutto questo è per me. Solo per me. Non mi farò rovinare il mio momento di gloria da invidia e fallimento.»
Presi le mani di Carl fra le mie. Quelle enormi mani da vichingo che così spesso hanno asciugato le mie lacrime e che fin troppe volte mi hanno sollevata quand’ero a terra. «Abbiamo costruito tutto questo insieme, Vick!» allargai le braccia e le espansi verso l’infinito per poi tornare da lui. «E ora è il momento di raccogliere i frutti delle nostre fatiche. Noi ci meritiamo questo.» indicai i fan che, avendoci visti, urlavano per attirare la nostra attenzione. «Per quanto folle e assolutamente miracoloso possa sembrare.»
Mi sorrise e mi strinse fra le sue forti braccia. La sua maglia bianca e grigia profumava di lui. Sospirò forte, pronunciando parole dettate dal cuore:
 «Forse è questo che si prova quando il tuo più grande sogno si realizza»
«Eccovi qua!» esclamò Clarisse correndoci incontro fino a giungere a pochi centimetri da noi, con in mano un blocco scarabocchiato.
La guardammo con attenzione, pendendo dalle sue labbra.
«Questa serata è più importante di molte di quelle che avete vissuto fino ad ora!quindi dovete aprire bene le orecchie.» si assicurò di scandire bene. « Ci saranno diversi spettacoli prima della vostra esibizione e voi sarete soltanto poco prima dell’esibizione più importante: quella dei Mars.» ci guardò scrutandoci in profondità, come per capire se la nostra mente avesse assorbito il concetto. « Questo è un grande evento e di conseguenza avremo centinaia di occhi puntati su di noi. Non deludetemi ragazzi o potrei uccidervi nella notte!» enfatizzò l’ultima frase mimando il gesto che descriveva.
«Ci stai minacciando?» chiese Carl ironico.
«Vi sto avvertendo!» rispose di getto lei, con occhi da assassino.
«Fate esattamente come vi dico e tutto andrà per il meglio…» continuò, affrettandosi ad andare nell’altra stanza «perché, come si dice?, uomo avvertito…» non facemmo in tempo a sentire la fine della frase che già era fuggita a preparare qualcosa di certamente essenziale.
«Per fortuna che c’è lei a pensare a tutto!» esclamai, sorridendo a Carl, che annuì.
Mancavano ormai pochi secondi all’entrata in scena e sentivo che c’era qualcosa che non andava.
Clarisse si aggirava isterica evitando i cavi per poi giungere di nuovo da noi, seduti sui divanetti del back stage.
Gettai il bastoncino del chupa chupa nel cestino nero lucido e andai incontro alla nostra manager che sembrava aver un diavolo per capello.
Ci si piantonò davanti urlando: «Dove diavolo è Jake?!»
Nessuno lo sapeva. A dire il vero non sapevamo nemmeno se avrebbe suonato quella sera, eppure nessuno si era preoccupato di accertarsene. Jared era stato molto chiaro a proposito: Jake non avrebbe dovuto suonare, ormai era fuori.
Un uomo dello staff ci informò che toccava a noi. Noi, quali noi? Non c’era più un noi.
Tomo si avvicinò con uno sguardo deciso, passandosi la tracolla sulla testa e posizionando la chitarra.
«Questa sera sarò io la vostra chitarra, se non vi dispiace» affermò, strizzandoci un occhio.
Non facemmo domande e in pochi secondi fummo sul palco.
Non esisteva un numero associabile a quell’enorme folla che all’entrata di Tomo si fece sentire in tutta la sua immensa potenza.
Clarisse aveva detto che ci sarebbero stati “dei pezzi grossi” tra il pubblico e la cosa mi metteva agitazione e il fatto che Tomo suonasse, non essendo sicura che sapesse i pezzi, mi faceva impazzire!
Carl si sedette sul suo trono e cominciò a dare il tempo : 1 2 3 4 dovevo iniziare, eppure non uscì la mia voce.
Tutti cominciarono. Sentii la base partire e percepivo alle mie spalle profondo disappunto e smarrimento.
«Hem, scusate» gracchiai al microfono «Volevo solo dirvi quanto sia emozionante essere qui davanti a voi questa sera, mi ha tolto letteralmente il fiato!» cercai di improvvisare. Divenni più seria, lanciando un’occhiata agli altri che si erano fermati.
Con mia grande sorpresa, trovai relativamente semplice parlare, anche di fronte a quella platea immensa.
«Questa sera manca qualcuno, una persona importante, una persona che c’è sempre stata fin dall’inizio, una colonna portante per tutti noi, una persona che tutti noi amiamo profondamente.» guardai i miei piedi sul palco, poi guardai i miei amici, tutti, ognuno negli occhi. Sapevano che avrei parlato, sapevano che avrei detto qualcosa che forse non avrei dovuto rivelare, ma lo sapevamo tutti quanto sono impulsiva, e forse, chissà, questo avrebbe semplificato le cose, oppure, al contrario, le avrebbe compromesse irrimediabilmente. Era tutto nelle mie mani: l’intera immagine del gruppo lo era, non solo la mia.
«Ultimamente le cose non vanno bene. Sapete, le persone cambiano, cambia ciò che vogliono, oppure si scordano semplicemente ciò che volevano così tanto da aver lottato fino in fondo per raggiungerlo. Proprio quando manca un soffio si annebbia loro la vista, come se non ci credessero veramente che ce l’hanno realmente fatta. È tutto così difficile, sapete… » sospirai avvicinandomi al pubblico e sedendomi su una spia.
«Farcela, intendo. Tutti pensiamo al percorso in salita da compiere, ma mai al momento in cui possiamo abbracciare i nostri sogni, toccarli, poterli assaporare e annusare.» scossi la testa sorridendo.
«È difficile accettare che sia tutto finito. Lotti tutta la vita per avere qualcosa, la cosa che per te è più importante al mondo, combatti, soffri, fai dei sacrifici, investi anni della tua vita, soldi, altri sogni, e poi la ottieni. Tutto quanto finisce, sembra tu non abbia più nulla per cui lottare, nulla per cui vivere e ti senti inutile. Sapete, nessuno ci pensa mai a questo, forse perché è difficile raggiungere ciò che veramente sogniamo, forse perché si desidera sempre qualcosa d’oltre. Non ci si accontenta mai. E forse questo è persino un bene! Porsi sempre dei nuovi obiettivi, quotidianamente, e magari nemmeno puntare troppo in alto… sì sarebbe più facile, non illudersi. Ma c’è chi punta sempre al massimo e lotta fino alla fine per raggiungere quella meta e poi, quasi magicamente, la raggiunge. Voi cosa fareste?» chiesi alle persone sotto di me che mi guardavano perplesse ma silenziose e incuriosite.
«Beh, c’è chi perde la strada, chi si scorda chi è, chi non sa più cosa vuole. Ma c’è invece chi raggiunge la completezza e decide di continuare a nutrirla giorno dopo giorno, facendo sempre qualcosa di nuovo, di appassionante. C’è qualcuno che è qui davanti a voi e sta assaporando questo dolce gusto e sta percependo questo dolciastro profumo… sapete, è difficile da descrivere, ma sa come, come di magia. Forse è proprio questo il profumo che hanno i sogni.»
«Questa canzone con cui vorrei iniziare è dedicata a chi si è perduto, a chi non sa più ciò che vuole, a chi confonde l’amore con lo sfruttamento, chi non sa più riconoscere i suoi veri amici, e a chi è ormai stanco. Questa canzone è per chi non è qui questa sera, per ricordargli che dopo tutto abbiamo creduto insieme in qualcosa e si è magicamente realizzato » guardai la folla che sembrava ondeggiare, ma erano solo le lacrime nei miei occhi. Indicai tutte quelle persone che mi guardavano, chi emozionate, chi stranite, chi semplicemente in silenzio. «Siete voi il nostro sogno e ho intenzione di viverlo fino in fondo!» mi alzai di scatto e raggiunsi gli altri.
Harry mi guardava visibilmente emozionato: aveva gli occhi lucidi e annuì, chiudendo gli occhi, manifestandomi la mia approvazione. Carl era lì, seduto sul suo trono ad osservarmi, a fissarmi, zitto, implacabile. Sembrava una statua di ghiaccio, ma lo conoscevo troppo bene, dentro piangeva come una fontana! Mi sorrise amabilmente.
«È ora di cominciare, Elektra» mi esortò Tomo, sorridendomi.
«Questa canzone è Believe degli Skillet»
La chitarra partì e la mia voce la seguì.
I'm still trying to figure out how to tell you I was wrong 
I can't fill the emptiness inside since you've been gone 
So is it you or is it me? 
I know I said things that I didn't mean 
But you should've known me by now 
You should've known me 



Sto ancora cercando di immaginare come dirti che avevo torto
Non riesco a riempire la vacuità che ho dentro da quando te ne sei andata
Allora sei tu o sono io?
So che ho detto cosa che non intendevo
Ma dovresti conoscermi oramai
Dovresti conoscermi
 
E lo vedevo, lì. Fermo in mezzo al pubblico. Ogni volto di fronte a me che cantava, che osservava o che semplicemente mi fissava, aveva I suoi lineamenti, I suoi occhi grandi e scuri che mi guardavano penetranti. Come tutte quelle volte che dopo aver litigato veniva da me in silenzio, senza dire nulla e poi mi abbracciava. Non importava di chi fosse la colpa, non importava chi avesse sbagliato o quanto avevo dato troppo di matto, come mio solito, lui mi conosceva e sapeva che a me dispiaceva così tanto… ma faceva finta di averla lui la colpa, solo per me e per il mio orgoglio.
 
If you believed 
When I said 
I'd be better off without you 
Then you never really knew me at all 
If you believed 
When I said 
That I wouldn't be thinking about you 
You thought you knew the truth but you're wrong 
You're all that I need 
Just tell me that you still believe 

Se ci credevi
Quando ho detto
Che sarei stato meglio senza di te
Allora non mi hai mai davvero conosciuto
Se ci credevi
Quando ho detto
Che non ti avrei pensato
Hai pensato di conoscere la verità ma ti sbagliavi
Sei tutto ciò di cui ho bisogno
Dimmi soltanto che ci credi ancora
 
E ora cos’era cambiato? Non sei più lo stesso e nemmeno io sono più quella di prima. Dove sono finiti i tuoi abbracci? Dove sono finiti i tuoi sorrisi? Dov’è ora il tuo amore?
 
 
I can't undo the things that led us to this place 
But I know there's something more to us than our mistakes 
So is it you or is it me 
I know I'm so blind when we don't agree 
But you should've known me by now 

Come posso distruggere le cose che ci hanno condotto a questo posto
Ma adesso c’è qualcosa di più per noi dei nostri sbagli
Allora sei tu o sono io?
So che sono cieco quando non siamo d’accordo
Ma dovresti conoscermi oramai
 
Questa volta non ti prenderai la colpa per I miei errori. Ti sei stancato, Jake, di aspettarmi e perdonarmi. E ti ho perso…
 
 
You should've known me 
Cuz you're all that I want 
Don't you even know me at all 
You're all that I need 
Just tell me that you still believe

Dovresti conoscermi
Perchè tu sei tutto ciò che voglio
Non mi conosci affatto
Sei tutto ciò di cui ho bisogno
Dimmi soltanto che ci credi ancora
 
Ho bisogno di te Jake” pronunciai mentalmente, mentre le lacrime scendevano senza sosta sul mio viso così buio. Neppure il trucco poteva nascondere la mia tristezza.
Una voce partì con il pronunciare il nome “Jake” che poi si allargò sempre più, divenendo sempre più forte e potente. Tutti stavano urlando il nome del mio chitarrista, migliore amico e ragazzo che amavo.No, non era un sogno. Tutti quanti avevano capito quanto seria fosse la cosa, tutti quanti erano lì per sostenerci.
«In questo modo non mi farete più smettere di piangere!» esclamai senza pensarci due volte.
Un enorme applauso si alzò dalla platea.
«Siamo tutti con te, Jake»  pronunciò Harry, asciugandosi le lacrime con il polso e cominciando a suonare.
Nonostante l’assenza di uno di noi, il concerto procedette lineare e senza problemi. Il pubblico fu ancora più caloroso del solito e la mia emozione toccò le stelle.
 
Alla fine del nostro concerto ringraziai Tomo e annunciai l’arrivo dei Mars sul palco. Tutta me stessa pregava che dietro a quel telo, nel back stage, ci fosse Jake ad aspettami, che avesse sentito tutto e che fosse pronto a mandare a quel paese Kiri e tornare ad essere la nostra colonna. Speravo così tanto che ci fosse, me lo sentivo. Oltrepassai il telo con un sorriso immenso, pronta ad abbracciarlo… ma lui non c’era.
 
“Perché sono così masochista da illudermi da sola in questo modo? In fondo era evidente che non ci sarebbe stato, era prevedibile” eppure io ancora ci speravo.
«Sei stata veramente fantastica, Angy» disse Carl dandomi un bacio sulla guancia, aggiustandosi l’asciugamano intorno al collo «Mi hai fatto commuovere!» esclamò poi, fingendo di piangere.
«Veramente toccante» commentò Clarisse, che comparve furtiva davanti a noi.
Anche Claire era lì e annuii con orgoglio.
C’erano tutti lì e tutti erano fieri di quello che avevo fatto, eppure mancava l’unica persona a cui dovessero veramente importare le mie parole.
Vagai con lo sguardo alla ricerca di quel volto, di quegli occhi scuri comprensivi.
«Se lo stai cercando, lui non è qui» mi riferì Francine contrita.
“Era così evidente?” in quel momento mi compatii e per un istante ebbi schivo di me stessa per quanto fossi morbosamente utopica quanto incurabilmente illusa.
 
«Sono fiero di te, piccola» mi sussurrò Shannon, stampandomi un bacio sulla frante, mentre si avviava sul palco. Mi scossi per un secondo, vedendo che era ricoperto di polveri colorate ovunque.
Mi strizzò un occhio e schizzò via.
Sentii la sua batteria scatenarsi dopo pochi secondi e Tomo si mise dietro al tendone in attesa, poggiandomi una mano sulla spalla, mentre con l’altra accarezzava la sua chitarra.
Non c’era bisogno di parlare quando si trattava di Tomo.
Anche lui entrò.
La voce di Jared ad un tratto si diffuse per tutto lo stabilimento. Era così profonda e sensuale, potevo galleggiare su quelle nuvole di meravigliosa melodia e… rinascere.
Le note di “Birth” scaldavano la serata, mentre un sottofondo di urla emozionate faceva perdere il fiato.
Ogni volta era così, ogni santa volta ci si lasciava un pezzetto di anima.
È inutile descrivere il plateale entusiasmo del pubblico all’entrata del loro beniamino sul palco.
Jared sapeva trasmettere quel qualcosa in più, più di qualsiasi altro artista. Lui era quell’insieme di passione, angelica bellezza, dolcezza, sogni, eppure racchiudeva quella parte diabolica, una parte oscura e attraente, quanto dannatamente perversa.
Quella voce continuava, avvolgendomi e trascinandomi con sé.
Era un entusiasmo comune che trascinava i fan sotto il palco, sobbalzanti e costretti l’uno contro l’altro, ma inarrestabili mentre saltavano e cantavano a squarciagola, come se fosse tutta la loro vita, come se fosse ciò per cui erano nati. Li vedevi, lì, colanti. I loro visi erano illuminati da goccioline che scendevano velocemente sulla loro pelle, quando le luci le abbagliavano.
Un esercito di folli, un esercito di assetati quanto spossati zombie pronti a tutto pur di cantare quella “ Conquistador”.
«È sempre tutto così magico. Ogni volta.» La voce di Clarisse mi sembro un soffice abbraccio, mentre si sistemò di fianco a me, spiando dal tendone che ondeggiava.
«È l’arte. È in grado di fare questo: portare un po’ di magia nel mondo, rendere una serata indimenticabile, darti la forza di affrontare ore di viaggio per arrivare nel luogo dove vedrai i tuoi beniamini, aspettarli sotto ogni intemperia per ore e stare in piedi ad attendere l’apertura dei cancelli per poi correre, correre più veloce che tu abbia mai fatto, per poterti aggiudicare pochi centimetri più vicini al tuo sogno. Persone diverse riunite per vivere uno stesso sogno ad occhi aperti. » pronunciai queste parole sorridendo inevitabilmente, ma senza scollare gli occhi da quei tre eroi.
«Razionalmente è veramente folle che qualcuno possa martoriarsi in questo modo. Ci saranno almeno 40 gradi là sotto. Li vedi scivolare l’uno sull’altro, agevolati dal sudore. Li vedi ansimare alla ricerca di aria, schiacciati da ogni direzione, eppure tutti lì, imbambolati a guardare quei tre buffoni.»
Sì, erano 3 buffoni, ma tre buffoni capaci di far emozionare e che avevano in qualche modo fatto della loro vita l’opera d’arte più apprezzata da milioni di persone.
 
In the middle of the night.
When the angels scream.
I want to live a life I believe.
Time to do or die.
I will never forget the moment, the moment.

I will never forget the moment.


Le parole di Jared scivolavano come se stesse raccontando la sua vita, la mia vita.
Perché forse è questo che è in grado di fare: raccontare la tua vita, esprimendo tutte le emozioni, e i sentimenti e le sensazioni e i brividi, comprimendoli in pochi minuti.
 
Fate is coming down, oh no.
Time is running got to go.
Fate is coming down, oh no.
Let it go.
Fear not now…. under god……
dreaming now….
dreaming now….


In una maniera così assurda le lacrime mi scendevano, mentre quei piccolo visi urlavano tutti insieme ancora e ancora, seguendo ciò che il loro eroe gli chiedeva.
Non avevano più fiato, erano distrutti, non sentivano più le gambe e avevano un dolore allucinante alla schiena. Non avevano più saliva in bocca o voce in gola, ma urlavano più che potevano, seguendo il fratello al loro fianco, seguivano tutti lui, Jared. Era tempo di fare, era tempo di vivere, perché se non si vive oggi non lo si farà mai.
 
Girai lo sguardo verso Clarisse. Anche lei stava piangendo, ma con un sorriso immenso sulle labbra. Mi prese la mano e così, tutt’ad un tratto non mi sentii più sola. Quel senso di solitudine che sento sempre dentro, persino quando sono su quel palco, persino quando sono avvolta tra le braccia di Shannon. Non c’è nulla che possa dar più conforto di una persona che vive il tuo stesso sogno.
 
Ero ormai senza fiato. Le note di City of Angels risuonavano nella mia mente e io mi rivedevo immersa in quella città da sogno, mentre cantavo su quel palco. Era l’inizio del mio viaggio ed era cominciato proprio lì, nella città degli angeli, dove le persone sono così diverse. Vedo quelle luci anche ad occhi aperti: un sogno che non vuole finire.
 
La batteria si placò, la chitarra si ammutolì e rimasi lì, ansimante e impaziente. Il cuore mi batteva all’impazzata, come se volesse scappare, tanto era costretto in quel piccolo petto.
Poi vidi quella cresca varcare l’entrata, scostando il telo nero. Gli saltai al collo, abbracciandolo come ho sempre voluto fare, come qualsiasi echelon avrebbe voluto fare.
« I’m the echelon» gli riuscii a sussurrare ad un orecchio, vincendo il fiato corto.
Credo fosse rimasto di pietra, sbalordito. Dopo pochi secondi avvicinò la sua bocca al mio lobo e lo accarezzò, sfiorandolo appena e disse: « Noi due dobbiamo partire subito»
 
 

Cari lettori e lettrici, 
Beh, siamo arrivati al 36° capitolo e, insomma, se siete giunti fino a questo punto insieme a me, avete tutto il diritto di possedere il mio cuore!
Non mi sono mai presentata anche se suppongo che Angy/ Elektra lo faccia già per me. Il mio nome è Manuela e porto avanti questo piccolo sogno da ben 2 anni, facedo quattro conti. Ne sono passate di parole sotto le mie mani prima di arrivare a questo punto e sappiate che ho già in mente più o meno come andrà a finire la storia. In realtà la cosa non è così semplice. Vi rivelerò un segreto: sono i personaggi stessi a suggerirmi come dovranno andare le cose e sono loro a vivere questa avventura, quindi non posso prevedere quanto mancherà alla fine. 
In ogni modo vorrei dirvi che questa Fan fiction o romanzo, come preferite, ha giocato un ruolo importante nella mia vita ed è cresciuto insieme a me. Con lui ho avuto l'interlocutore con cui poter sfogare i miei pensieri e la spalla su cui versare le mie lacrime, con lui ho imparato a scrivere e se oggi faccio ciò che faccio all'università, al blog e ai vari progetti di romanzi a cui partecipo, lo devo soltanto a questa storia e a voi lettori che mi seguite. 
Per uno scrittore è essenziale avere un riscontro, un dialogo, un contatto con i propri lettori/ amici. Per questo vorrei mi scriveste, voi, persone che leggete dal vostro pc le parole che scrivo dal mio, voi, che siete nascosti da uno schermo e che vi emozionate a leggermi, vorrei mi scriveste e diceste se ho significato qualcosa per voi, anche solo una volta. 
Vi svelo un altro segreto: tutto ciò che scrivo di solito si avvera nella vita di qualcuno che lo legge o che mi è vicino, magari quel qualcuno siete stati voi.

Un bacio
La vostra affezionata Elektra.

  
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