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Autore: Cathy Earnshaw    09/09/2013    3 recensioni
"Era una calda serata estiva, di quelle che restano incollate addosso con il loro profumo di fiori e di rosmarino, con il frinire delle cicale, con le risate degli amici. Tutta la popolazione della piccola cittadina di Pothien si era riunita nella piazzetta principale. La musica colorava con le note eteree dell’arpa le serate del Nord della Terra dei Tuoni, e i cantori narravano le loro storie affascinanti a chiunque le volesse ascoltare."
Non è un'introduzione, lo so..ma credetemi se vi dico che è ancora tutto troppo vago anche per me per poter scrivere un'introduzione coerente ;) Vi piaciono i racconti con maghi, elfi, duelli e lunghi viaggi in terre desolate? Benvenuti nella Terra dei Tuoni, amici!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Di guerre e cascate - La Terra dei Tuoni'
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Aqua aspettava. Non poteva fare altro, vista la situazione. Non aveva alternative. Ferma su quella roccia, un minuscolo scoglio al centro della baia, non riusciva neppure più a piangere. I bagliori delle fiamme avvolgevano la sua bella Madian, e lei se ne stava lì, a guardare, come una sirena dal suo scoglio, senza poter fare niente. Quel mago dagli occhi chiari l’aveva portata lontano dal fuoco, con voce gentile ma ferma le aveva detto che avrebbe dovuto aspettarlo lì, che sarebbe tornato a riprenderla, e che una situazione del genere era troppo pericolosa per una maga di elemento Acqua appena quindicenne. L’istinto e la disperazione l’avrebbero portata a combattere le fiamme, e sarebbe morta. E anche se nel profondo sapeva che quel mago sconosciuto aveva ragione, non poteva non odiarlo: La sua vita, i suoi parenti, i suoi amici, stavano finendo in cenere, e lei non poteva essere nulla più che una spettatrice. Strinse i pugni, assalita da una nuova ondata di furia cieca. Gridò, e per una manciata di secondi il suo grido eclissò il crepitio del fuoco, gli schiocchi e le urla dei suoi concittadini.
«Andiamo via, Aqua dell’Acqua.»
Si volse di scatto. Il mago era ricomparso alle sue spalle e le tendeva la mano.
«No!» sibilò.
Gli occhi chiari si assottigliarono e il mago prese un lungo respiro profondo.
«Ragiona, ragazzina. Credi che  Madian stia bruciando per un incidente? Qualcuno, o qualcosa, ha dato fuoco alla tua città, e se ho ragione questo non è che l’inizio! Altri maghi, ora, stanno cercando di spegnere le fiamme e trarre in salvo quanto più persone possibile. Tu non puoi fare nulla per loro, ma io sì. E avrò bisogno di maghi che mi aiutino, negli anni a venire. Maghi e maghe come te.»
«Chi sei tu?!» domandò Aqua, a metà tra l’atterrito e il furioso.
«Ruben dell’Aria. E chi ti ha fatto questo pagherà, hai la mia parola. Mi aiuterai?»
Dubbiosa, Aqua strinse la mano di Ruben. Gettò un ultimo sguardo cupo a Madian e, prima che il mago la portasse via con sé, si giurò che mai più sarebbe stata a guardare.
 
Aqua si destò, ma non aprì gli occhi. Il giorno era ancora lontano, lo sentiva dall’umidità intensa. Debrina russava piano, poco lontano da lei, trascinandola a forza fuori da quel sogno che si ripeteva troppo spesso. Si asciugò gli occhi con il palmo della mano. Non era più tornata a Madian dopo quel giorno di sei anni prima. Ruben l’aveva portata a Natìm, dove era rimasta più o meno prigioniera, senza amici, senza sapere che cosa ne fosse stato della sua famiglia, della sua casa, di Amina… Fino a quel giorno in cui Konstantin e suo fratello non si erano presentati lì per portarla con loro ad Effort, dove i maghi si stavano riunendo in vista di un’assemblea generale. Erano stati loro a raccontarle che cos’era accaduto: un drago era improvvisamente comparso, infrangendo l’accordo che lo costringeva nell’estremo Sud del mondo, e aveva causato danni lungo tutta la linea del suo passaggio. Danni che avevano trovato in Madian il loro culmine. Quel drago era Djalmat, il Re del suo popolo. I maghi adulti erano stati impegnati per mesi per rimettere a posto le cose e ricostruire le cittadine distrutte. Amina aveva fatto il possibile per la famiglia di Aqua, aveva detto Alec, ma non c’era stato nulla da fare. Sua madre e suo padre erano rimasti sepolti sotto alle macerie della loro casa, così come suo nonno. La nonna era deceduta poco tempo dopo a causa delle ustioni che si erano infettate. Anche a distanza di tutti quegli anni, Aqua non poteva fare a meno di pensare che se si fosse trovata a casa con loro, sarebbero stati ancora vivi. Ma lei non c’era, era uscita di nascosto per incontrarsi con una ragazza che suo padre le aveva vietato di vedere. La ricordava bene, si chiamava Pat. Chissà che cosa ne era stato di lei…
Ciò che era accaduto dopo Effort non era un segreto. I maghi si erano divisi, chi appoggiava Ruben, chi invece Micael. Amina e suo marito avevano preso strade diverse, e Aqua aveva deciso di seguire lei e Stan. Nonostante l’istinto la spingesse ad appoggiare l’altra fazione, non se l’era proprio sentita di abbandonare l’unica amica che le fosse rimasta. Amica che, per altro, era a pezzi.
Sospirò. Debrina aveva smesso di russare.
«Di nuovo quel sogno?» mormorò nel buio.
Aqua si irrigidì.
«Che ne sai, tu, dei miei sogni?» sbottò.
Debrina esitò.
«Non vorrei davvero dover essere io a dirtelo, Aqua…tu parli nel sonno. Tanto.»
Aqua arrossì. Che cosa poteva aver detto?
«Beh, scusa se mi sono preoccupata, eh» mugugnò Debrina voltandosi rumorosamente sull’altro fianco.
Aqua soffocò un’esclamazione di scetticismo.
«Preoccupata tu? Ma figuriamoci! Tu non ti preoccupi per nessuno!»
«Cretina.»
Non raccolse la provocazione. L’ultima delle cose che aveva voglia di fare era mettersi a litigare in piena notte.
«Hai qualche notizia di James?» domandò invece.
La risposta tardò qualche secondo ad arrivare, tanto da farle temere che la sua interlocutrice si fosse riaddormentata. Infine disse:
«No, nessuna. Ma credo che Ruben me lo avrebbe fatto sapere se gli fosse capitato qualcosa di brutto…»
«Non ci contare» rispose amaramente.
«Ma mi volete lasciar dormire?!» sospirò esasperata Erika.
«Scusa Chicca» disse Aqua.
«Scusa» ripeté Debrina.
«Scusate…» aggiunse una voce dall’ingresso della tenda.
«Che c’è ancora, Tim?» domandò Erika, passandosi una mano sul viso, rassegnata.
«Credo che dovreste venire a vedere.»
Aqua si trascinò stancamente in piedi. Dormire per terra le stava spezzando le ossa. Sperando con tutto il cuore che la sveglia di Timothy fosse solo l’ennesimo falso allarme, uscì dalla tenda e vacillò. In fondo alla valle, decine di fuochi avanzavano nella loro direzione. Gli orchi, avevano, infine, deciso di attaccare. Di colpo, si sentì completamente sveglia.
«Dede, hai controllato la diga, ieri sera?» domandò.
«Sì, è in perfetto stato.»
Erika, che si premeva ancora le mani sulla bocca, si riscosse.
«Preparate le armi. Vado a dare l‘ultima occhiata» disse sparendo nella notte.
Aqua ringraziò gli Dei di aver avuto quell’idea. Costruire una diga, una specie di grosso imbuto che obbligasse gli aggressori ad incanalarsi in una strettoia. Avrebbe costretto gli orchetti a riporre gli archi per non colpire i compagni, e avrebbe arginato la carica degli orchi. Grazie al costante spauracchio degli Unicorni, nessuno si sarebbe arrischiato ad entrare nel bosco, anche se lei iniziava a dubitare che ci sarebbe stato un qualunque genere di reazione da parte loro. Così, avevano unito i loro poteri per costruire quell’affare, ed ora era giunto il momento di collaudarlo.
«Se non reggesse?» domandò Timothy, guardando con crescente orrore gli orchi che avanzavano.
Aqua non rispose. Non erano neanche domande da farsi, quelle, e poi non c’erano alternative, potevano solo pregare che funzionasse.
«Aqua?» insistette Tim.
«Vedi di smetterla, ragazzino!» sbottò Debrina. «Mi stai mettendo ansia!»
Aqua prese un respiro profondo. Sentiva quel peculiare stato di esaltazione che le induceva l’idea del combattimento e della luce macabra che rifletteva dalla lama della spada macchiata di sangue.
«Quella diga reggerà, Tim. Quella terra ha la consistenza della roccia, resiste alla forza dell’acqua, al vento, al fuoco…non vedo perché non dovrebbe resistere anche a loro» disse.
Tim e Debrina si scambiarono un’occhiata allarmata, e Aqua capì di aver usato di nuovo quel tono di voce inquietante che le usciva solo quando si parlava di massacri. Chissà perché, non se ne rendeva conto.
Erika ricomparve, e sul viso aveva un’espressione soddisfatta. Nessuno fece domande, il concetto era chiaro: armi in mano e pronti a vendere cara la pelle.
Aqua imbracciò l’arco, ma controllò che la spada lunga e sottile che portava legata in cintura fosse  a portata di mano. Non avevano preparato un piano, tutti e quattro sapevano che l’unica cosa che avrebbe potuto salvare loro le penne era la loro abilità. Incoccò la freccia. Al buio non vedeva molto bene, ma le torce non potevano fluttuare nell’aria. Mirò alla fiamma più vicina e scoccò. Un grido fu seguito da una serie di imprecazioni e la colonna si fermò.
«Approfittiamone» sussurrò Debrina.
Aqua incoccò di nuovo, mentre la compagna faceva piovere una cascata di scintille infuocate. Alcune colpirono ciuffi di erba secca, che divamparono, illuminando la piana. Gli orchi gettarono le torce e sollevarono gli scudi sopra al capo. Caricarono, avvicinandosi velocemente alla diga. La loro vista era buona nell’oscurità, ma riuscivano a vederlo, quell’immenso ostacolo buio come la notte? I maghi indietreggiarono di qualche passo, Aqua ripose l’arco e sfoderò la spada, imitata dagli altri. Gli orchi raggiunsero l’ostacolo e si bloccarono, grugnendo tra di loro. Poi, un grosso orco dall’elmo coperto di borchie gridò un ordine, e la prima linea si risolse ad infilarsi nella bocca dell’imbuto. I maghi si disposero nel punto più stretto, a due e due. Davanti, Aqua ed Erika dovevano bloccare l’avanzata con le armi, subito dietro, Debrina e Timothy avevano il compito, rispettivamente, di attaccare e di difendere per mezzo della magia. Quando Aqua ed Erika fossero state troppo stanche, non avrebbero dovuto fare altro che chiedere il cambio, e i ruoli si sarebbero invertiti. Aqua strinse forte l’impugnatura della spada. I muscoli le facevano male per la tensione.
Quando gli orchi si lanciarono su di loro, la lama scattò velocemente a parare il colpo che il primo assalitore le aveva misurato. Sorpreso, l’orco attaccò di nuovo, ma la spada di Aqua non era un’arma qualunque, era intrisa della sua magia, e non sarebbe andata in frantumi per così poco. La ragazza schivò un altro colpo, ruotò su sé stessa e conficcò la punta della lunga lama nel collo del nemico, il punto lasciato più esposto dalla semplice armatura di ferro e pelle conciata. Uno schizzò di sangue scuro e denso le sporcò la camicia bianca, dandole un brivido. Che, naturalmente, non era di orrore. La luce di un incantesimo di Debrina passò sopra alla sua testa e le grida che ne seguirono la fecero sorridere. Una grossa goccia d’acqua le colpì la guancia. Iniziava a piovere.
«Non chiedo di meglio» disse tra sé e sé sollevando l’arma, senza sforzarsi più di trattenere quella sete di sangue che esigeva prepotentemente soddisfazione.
 
Il tempo scorreva lentamente, e i corpi degli orchi si ammucchiavano uno sopra all’altro, rendendo sempre più complicato il corpo a corpo. La pioggia aveva iniziato a cadere con più convinzione. Aqua alternava momenti di fredda lucidità ad altri di totale delirio, durante i quali la sua vista vacillava e poteva affidarsi unicamente all’istinto. In quei frangenti, il mondo le appariva come velato di rosso, e alla realtà si sovrapponevano immagini del suo passato. E distinguere la creatura che le stava davanti dalle case in fiamme e dalla figura sfocata di Ruben, reo di averla resa impotente davanti alla fine straziante dei suoi cari, diventava impossibile. A tratti realizzava dove fosse e che cosa stesse facendo, ma per la maggior parte del tempo si limitava a soddisfare quel bisogno di violenza che le stringeva il petto, senza farsi troppe domande. Il fattore scatenante, dopotutto, lo conosceva: era la vista del sangue, il suo odore disgustosamente metallico e nauseante, l’appiccicaticcio che lasciava sulle mani. Il suo autocontrollo aveva dei limiti, e quei limiti erano stati ampiamente superati.
Le grida degli altri maghi, ogni tanto, fendevano il velo che la separava dal reale. Erika doveva essere ferita, ma continuava a combattere, perciò non doveva essere una cosa grave. Ad ogni nemico ne seguiva un altro, quelle creature ripugnanti non sembravano avere mai fine. Come le fiamme. Le fiamme che avvolgevano il campo di combattimento, che avevano bruciato Madian, che avevano arso i suoi abitanti, e che tornavano di frequente a perseguitare i suoi sogni. I sogni che Amina aveva invano tentato di curare con i suoi poteri e le sue erbe.
Riemerse dal delirio al pensiero di Amina. Il sangue era ovunque e da qualche spiraglio tra le nubi che andavano alleggerendosi iniziava ad intravedersi il cielo rosato dell’alba.
«Aqua! Tutto bene?» gridò Tim.
Aqua sgranò gli occhi. Anche la spada di Timothy grondava perle rosse, ma sembrava tutto intero.
«Tim…» balbettò.
«Lieti di riaverti tra noi, ragazzina» disse Debrina, trafiggendo il suo avversario.
Dalla sua voce traspariva un vago sollievo. Aqua lanciò un incantesimo e una pila di corpi volò addosso a due orchi che si avvicinavano a Debrina con le spade levate. Si domandò se fossero così evidenti i suoi momenti di smarrimento da indurre i suoi compagni a temere per lei. Oppure, era per la loro stessa incolumità che temevano?
«Com’è la situazione, Dede?» domandò.
La maga stese un altro avversario.
«Non lo so, ma dobbiamo tenere duro ancora per un po’. Non possono essercene ancora molti!»
Aqua stava per rispondere che non ne era poi tanto sicura, ma un’esplosione, nel mezzo dello schieramento nemico, catalizzò la sua attenzione. Un’esplosione che non avevano provocato loro, e che di certo non rientrava nel repertorio degli orchi.




**************
Beh, questo direi che si commenta da solo!
Spero non vi sia venuto il vomito, sappiate solo che mi sono divertita da matti a scrivere questo capitolo. Finalmente, io e Aqua iniziamo a capirci!
Sì, sì, lo so, è corto. Ma abbiate fede. Iniziamo ad avvicinarci alla fine della prima parte di questa storia. Approposito di questo, posso chiedervi un parere? Pensavo di dividere la storia in due parti, e la seconda dovrebbe riguardare la parte della guerra vera e propria. Più che altro per questioni di praticità e per evitare che saltino fuori 80 capitoli... Secondo voi è un'idea infelice? 
Aspetto con ansia qualche parere, e thank you in anticipo!
Baciiiiii

Ps @ Hary: Come anticipato, niente pucci pucci. Non mi sembrava che ci stesse bene XD

Ps @ Anneke: Scusa scusa scusa per quello che sto facendo ad Aqua, lo so che doveva essere la donna della tua vita, ma è diventata una maniaca omicida! Ha fatto tutto lei, giuro! Ma, devo essere sincera, io la preferisco così, è più "me" XD
   
 
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