Mi faccio la doccia con
l’acqua
calda. La sento scorrere su di me. Peeta e Sae stanno preparando la
cena.
Ottimo. Ho fame. Interrompo il flusso dell’acqua e prendo
l’asciugamano che sta
sul lavandino. Mi guardo allo specchio. I capelli bruciacchiati, gli
occhi
stanchi e le cicatrici sul mio corpo non mi rendono molto attraente. Ma
non mi
importa. L’unica cosa di cui mi importerebbe in questo
momento sarebbe Prim.
Chiudo gli occhi e vedo i suoi. Il bussare alla porta mi fa tornare
alla
realtà.
“ Katniss! La cena
è
pronta!” esclama Sae. Non rispondo. La fame mi è
automaticamente passata.
Riesco solo ad accovacciarmi in un angolo tra i due muri del bagno,
avvolta nel
mio asciugamano.
“ Katniss!”
urla. Niente,
non riesco a risponderle. La porta non è chiusa a chiave,
ma, non so perché,
Sae decide di non entrare. Avverto fuori dalla porta una presenza che
non è
quella di Sae. Peeta.
“ Katniss, so che la
porta
del bagno non ha la chiave. La conosco casa tua. Esci per favore?
Sennò entro
io” mi dice. Non riesco a parlare. Lentamente, apre la porta.
Ma sì, sono
proprio un bello spettacolo, lì rannicchiata contro il muro.
Che mi vedesse.
Che mi vedessero tutti. Lui non fa domande. Si limita ad accucciarsi
vicino a
me. Vedo la sua mano sollevarsi. No, non vuole farmi del male:
l’appoggia delicatamente
sui miei capelli e comincia ad accarezzarmi la testa. È
proprio quella
sensazione a destare in me una sensazione di benessere. Mi abbandono al
calore
della sua mano sui miei capelli bagnati, alla delicatezza del suo
tocco.
“ Che ne dici di andare a
mangiare? C’è l’agnello. E le prugne. Tu
adori le prugne. Ah, e poi devi
assolutamente assaggiare la mia torta. L’ho preparata per
te” mi bisbiglia
all’orecchio. Quel bisbiglio mi procura centomila brividi sul
collo e
lentamente annuisco. Si gira imbarazzato, mentre incurante mi tolgo
l’asciugamano per mettermi i vestiti.
“ Io e te abbiamo
mai…
“ NO!”
esclamo quasi
sorridendo.
“ Oh, ok. È un
peccato che
questo ricordo sia vero, eh?” dichiara. Eccola lì.
Ironia. Gli lancio il mio
asciugamano sulle spalle, mentre mi cambio velocemente con una
camicetta blu e
un paio di pantaloni larghi. Decisamente anti-estetico. Decido di usare
un
asciugamano pulito per avvolgermi i capelli e scendo le scale con Peeta
al mio
fianco. Durante il pasto, osservo Peeta che si sforza di fare
conversazione con
Sae. Le chiede del suo passato, se pensa di ritornare al Forno e roba
così. Dal
canto mio, invece, collaboro con il mangiare quanta più roba
riesca a mettermi
in pancia. Arriva la torta di Peeta. È farcita con la
marmellata ai lamponi e
gocce di cioccolato. È così simile a quelle che
facevano a Capitol City.
Finnick. Il suo matrimonio. La torta. Mi irrigidisco. Non riesco a
ingurgitare
neanche un altro boccone. Sembra che Peeta riesca a leggermi nel
pensiero,
quando mi prende il pezzo di torta rimanente dal mio piatto per
metterlo sul
suo. Ho sonno. Ho davvero sonno. Ma nonostante questo, comincio a
tremare come
una foglia. Ancora una volta, rimango stupita
dall’abilità di Peeta nel
capirmi.
“ Andiamo in camera,
Katniss. Te li asciugo io i capelli. Sae, puoi sparecciare
tu?” chiede. Sae
annuisce quasi con fare materno, mentre Peeta mi scorta nella mia
stanza.
Prende quello strano congegno di Capitol City e mi asciuga in cinque
secondi i
capelli lasciandoli morbidi e setosi. Sarebbe bello, se me ne
importasse
qualcosa. Mi devo mettere il pigiama, ma le mie mani tremano troppo.
Sono
immobilizzate per i tremori. Peeta se ne accorge.
“ Ce l’hai la
biancheria
intima sotto i vestiti?” domanda.
“ Vero” affermo
cercando
di ironizzare. Ma c’è ben poco da fare. Sono
terrorizzata dal dover andare a
dormire. La mascella sembra bloccata e fatico anche a dire quelle poche
parole.
Peeta sospira, quasi per prendere coraggio.
“
Dov’è il pigiama?”
chiede. Immagino che Sae me l’abbia messo sotto il cuscino.
Peeta lo prende e,
dopo avermi fatto sedere sul letto, mi sbottona la camicetta, bottone
per
bottone. Arrossisco un po’, ma è indispensabile:
le mie mani sono bloccate dai
fremiti della paura. Alzo gli occhi su Peeta. È diventato un
peperone. Quasi mi
viene da ridere. Ma sarebbe una risata legata più al
nervosismo che ad altro,
quindi la soffoco dentro di me. Mi sfila la camicetta, lasciandomi in
reggiseno
e mi infila velocemente la maglietta del pigiama. A questo punto i suoi
occhi
indugiano sui miei pantaloni. La situazione, nonostante sia tragica,
non può
essere considerata seria e tutti e due cominciamo a ridere.
È una rarità, per
me, ridere in questo modo. Mi sdraio sul letto mentre mi sfila i
pantaloni. Poi
si blocca di colpo. So quello che gli sta passando per la testa.
Perché è
quello che sta passando anche a me. Questa situazione… la
posizione… lui che mi
sfila i pantaloni… forse in un’altra vita, sarebbe
successo proprio così, con
un tremore alle mani non provocato dal nervosismo, con un Peeta al
settimo
cielo, che mi avrebbe baciata… Ma non succede niente di
tutto questo. Almeno
non ora. Non possiamo permettercelo, nessuno dei due. Peeta riesce a
infilarmi
i pantaloni del pigiama. Si lascia cadere sul letto accanto a me.
“ Io non ti ho mai amata
con quell’amore speciale di cui parlavi tu. Vero o falso?
Esiste domanda più
difficile? Vero! Vero! Ma non posso dirgli una cosa del genere. Non dovrei, almeno. La frase
che mi aveva
detto al Distretto 13 mi riecheggia nella testa “
Be’, sei una bella stronza,
non ti pare?”.
“ Vero”
sussurro prima di
poter fermare le mie parole.
“ Lo sto cominciando a
capire. Non sei una semplice ‘alleata’. Io provo
attrazione per te, Katniss.
“
Intendi…” non volevo
continuare la frase.
“ Anche. Certo, non solo.
E poi…
“ Ok, penso di aver
afferrato il concetto, Peeta!” dico con una risatina. Mi
guarda negli occhi.
Provo a sostenere il suo sguardo, ma non ci riesco. Rimamiamo
così per un bel
po’, fino a che non decidiamo che è il momento di
andare a dormire nel vero
senso della parola. Mi infilo sotto le coperte, mentre lui si toglie la
maglietta per infilarsi quella del suo pigiama. Ho già visto
Peeta mezzo nudo,
basti pensare all’Arena. Ma adesso ho dei brividi che non
hanno niente a che
vedere con il freddo. Si infila sotto le coperte insieme a me, ma non
mi sfiora
neanche. Io ho bisogno di lui, ho bisogno del suo contatto per essere
felice.
Ma non arriva niente del genere. Nonostante io faccia piccoli movimento
verso
di lui, vedo che non ha la minima intenzione di abbracciarmi.
Così, in modo
quasi meccanico, chiudo gli occhi. Quando li riapro, mi trovo in una
radura.
Non c’è niente intorno a me, solo una nebbia
bianca e compatta. Sento una
risata. La conosco. È quella di Finnick. Lo chiamo, ma dalla
mia bocca non esce
alcun suono. Poi, accanto a me, compare un tridente. Lo prendo e lo
osservo
attentamente. In men che non si dica, però, dal tridente
cominciano ad uscire
tante piccole lucertole, che mi si arrampicano su per il braccio.
Cominciano a
mordicchiarmi le mani, facendomi male. Cerco di scrollarmele di dosso,
ma
sembrano appiccicate alla mia pelle, come sanguisughe. Poi arriva Rue,
con le
sue ali che mi prendere e mi porta in salvo. Prim, cioè Rue,
però, viene
abbattuta da un dardo infuocato. È stato Gale a tirarlo,
anche se assomiglia in
modo inequivocabile al ragazzo del Distretto 1. Urlo, mentre precipito
nel
vuoto.
“ NOOOO!!!!”
grido.
Sdraiato accanto e me, sento Peeta.
“ Katniss! Un incubo?
“
Sì… Sì…” mormoro
terrorizzata. Mi giro e lo guardo negli occhi.
“ Peeta…
stringimi, ti
prego…
“ Katniss, io…
“ Ti prego…
Abbracciami.
Non ce la faccio da sola. Io e te sempre insieme, no?
“
Sì… sempre.
“ Allora per
favore…” la
mia è una supplica. Sento Peeta tremare leggermente, mentre
preme il suo corpo
sul il mio in un abbraccio da lasciare senza fiato.
“ Non te ne andare mai
più
via da me. Ti voglio sempre qui. Devi promettermelo.
“ Lo prometto.
“ Giuralo.
“ Lo giuro.
“ Sei l’unica
cosa bella
che mi è rimasta.
“ Tu eri
l’unica cosa
bella anche prima che non mi restasse niente, Katniss” mi
sussurra. Peeta. È
vivo. Quello che ha parlato è il MIO Peeta. Il tono di voce,
l’intensità, le
sue mani che mi stringono senza esitazioni…
“ Rivoglio questo Peeta.
Ogni giorno. Voglio il Peeta della grotta, il Peeta
dell’attico di Capitol
City.
“ Lo
porterò indietro” mi
assicura. Sulle mie labbra, un sorriso.