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Autore: Daisy Pearl    11/09/2013    5 recensioni
Finì di parlare e ansimò brevemente, come se avesse fatto una corsa infinita, lo sentii andare avanti e indietro e in qualche modo riuscii a immaginarmelo. Aveva un lungo abito bianco che si adagiava sul pavimento in pietra. La veste ondeggiava con eleganza e sembrava brillare di luce propria. Le lunghe ali erano spalancate sulle sue spalle, candide come il vestito e, a completarne la figura c’erano i classici boccoli oro che gli ricadevano sulle spalle con gentilezza. Potevo quasi vedere gli occhi azzurri come il cielo fissarmi attendendo che fossi in grado di alzarmi, in quel modo mi avrebbe potuta portare dove dovevo stare.
Mi avrebbe portata all’inferno.
- Questa è la storia di Mar e di Dave. Una storia di magia, tradimenti, colpi di scena, pazza, lucidità, amore. Bene e male si intrecciano in continuazione fondendosi in alcuni punti per poi separarsi. Il confine tra bianco e nero non è mai stato così invisibile.
Genere: Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Gioco di...'
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CAPITOLO 4


“Il gioco degli sguardi! La signorina diceva che sarebbe stato divertente!” mi assicurò la bambina.
Posai lo sguardo sulla folla. “Di quale signorina stai parlando, precisamente?”
La bambina guardò nella direzione che lei aveva indicato come ‘laggiù’ e si accigliò.
“Non c’è più!” disse semplicemente.
Sbuffai. Mai che ci fosse qualcosa di facile. Dopo ciò che mi aveva detto mi ero convinta che davvero qualcuno le aveva riferito che io sapevo giocare al gioco degli sguardi e l’unica persona che corrispondeva all’epiteto ‘signorina’ che conoscesse il mio segreto, era Caren, una degli ‘alunni’ di Alan.
“Puoi descrivermela?”
“Era bella!”
Alzai gli occhi al cielo. “Mi serve qualcosa di più preciso. Di che colore aveva i capelli?”
Il segno distintivo di Caren erano i capelli color carota.
“Neri come i tuoi!” rispose. Rimasi sorpresa. Bè poteva esserseli tinti.
“Erano ricci?” domandai.
La bambina annuì. Ok, era Caren con una nuova tinta per capelli. Chissà, forse voleva somigliarmi.
Mi guardai in giro cercando una cascata di capelli neri, ma non ve ne era traccia.
“E il gioco?” chiese la bambina.
“Non ho alcun gioco da insegnarti, quindi sparisci!” la sua presenza mi stava davvero innervosendo.
“Non sei sicuramente famosa per la tua gentilezza!” una voce suadente arrivò alle mie spalle.
 “Almeno sono famosa!” ribattei sorridendo, chiedendomi chi fosse la mia interlocutrice.
Mi voltai e mi trovai di fronte ad una donna leggermente più alta di me. Doveva avere sicuramente qualche anno più di me, ma quello che davvero attirò la mia attenzione furono i lunghi capelli mossi, neri come la notte, che contornavano il suo viso pallido come la neve.
Le labbra rosse si incurvarono in un sorriso cordiale mentre i miei occhi sgranavano per la sorpresa. Sapevo che si trattava della donna di cui mi parlava la bambina, solo che non era Caren, anche se era comunque qualcuno che, almeno di vista, conoscevo.
Allungò la mano verso di me mentre io la guardavo con sospetto.
“Sono Jasmine Becketly, ma credo che ci siamo già incontrate questa mattina!”
Le strinsi la mano con sicurezza. “Marguerite Jones, ma sembra che lei sappia già chi sono!”
Le sorrisi freddamente mentre la mia testa si riempiva di domande alle quali non sapevo come dare risposta, prima fra tutte : cosa ne sapeva quella donna del gioco di sguardi?  Doveva avergliene parlato Alan, non vedevo altra spiegazione. Ma quanto ne sapeva lei? Era cosciente o era solo pilotata da Alan?
Dopotutto mi aspettavo una sua mossa, ma non così presto.
“Ti va di sederti Marguerite? Vorrei parlare con te di alcune cose” mi indicò cortesemente la panchina vicina.
“Di solito gli avvocati non parlano in un ufficio?” ironizzai gelidamente. Lei non parve dar peso alla mia insolenza, anzi sorrise sinceramente.
“Non quando non si è un vero avvocato!” si sedette.
Incuriosita presi posto di fianco a lei, cercando però di mettere la maggiore distanza tra di noi.
“Quindi lei non è un vero avvocato?” domandai.
“No!”
“E cosa ci faceva oggi in tribunale al fianco di Alan Black?”
“Lo aiutavo a scagionarsi!” rispose con semplicità e con una punta di divertimento nella voce. Come se lo avesse davvero aiutato, era rimasta zitta tutto il tempo. Il suo tono mi fece innervosire, ma cercai di non darlo a vedere.
“Ma lui è colpevole!”
“Lo so!”
La guardai come se fosse impazzita. “Perché allora voleva che lo scagionassero? ”
“Perché mi serve libero!”
Risi. “L’ha soggiogata!”
“No!” ribattè con tranquillità.
“Bè naturalmente lei non lo può sapere!” dopo aver detto a ciò mi rivolsi alla donna come se fosse Alan, convinta che lui potesse sentirmi, se avevo ragione Jasmine Becketly era stata automatizzata. “Alan vieni a prendermi, cosa aspetti? Mandi i tuoi burattini, ma non hai il coraggio di venire di persona?”
La signorina Becketly scoppiò in una fragorosa risata. Mi accigliai, non mi aspettavo tale reazione.
“E’ davvero molto divertente giocare con te Marguerite!” articolò una volta che smise di ridere.
“Tanto lo so che sei tu Alan!” dissi un po’ irritata. Speravo che Alan si palesasse in una reazione irata da parte del suo burattino, eppure non lo aveva fatto. Perché?
“E’ davvero dolce da parte tua! Credo che Alan ne sarebbe davvero molto molto fiero!”
“Dolce?” la guardai sempre più confusa “Stare in prigione non ti ha fatto bene!”
“E’ dolce che tu creda che l’uomo che ti ha cresciuta sia onnipotente, che sia al di sopra di qualsiasi altro essere che popola la terra, eppure d’altro lato sei così sciocca se credi che sia così!”
Ero sorpresa. Per quanto doveva ancora andare avanti quell’inganno? Ormai lo avevo scoperto.
“Smettila di far finta di niente Alan! Conosco i tuoi trucchetti!”
“Quello che tu non conosci, Marguerite, sono i miei trucchetti!” la donna incurvò le labbra in un sorriso sadico mentre improvvisamente le urla dei bambini divennero insopportabili. Era come se qualcuno avesse alzato bruscamente il volume. Potevo sentire ogni parola con chiarezza, ogni acuto mi perforava i timpani, ogni pianto minacciava di spaccarmi in due il cranio. Istintivamente mi portai le mani sulle orecchie, ma ciò non attutì minimamente la mia sofferenza, mi piegai in avanti e urlai, solo che dalle mie labbra non uscii alcun suono.
Alzai lo sguardo con fatica e vidi che la donna mi faceva segno di stare zitta ponendosi un dito sulle labbra ghignanti. In quel momento lo seppi, seppi che in qualche modo era lei a causarmi tutta quella sofferenza.
“Lo senti il dolore?” percepii la sua voce chiaramente al di sopra di tutto quel brusio che mi stava spaccando i timpani, fu quasi come un sussurro che però riusciva a sovrastare il frastuono. Annuii impercettibilmente sperando che lo facesse cessare.
Il suo ghigno si aprii ancora di più e improvvisamente le voci tornarono a livello normale e il dolore sparì. Ansimando incredula di fronte a quello che mi era appena successo, allontanai le mani dalle orecchie e me le ritrovai intrise di sangue. La vista del liquido vermiglio mi causò un capogiro.
Jasmine pose il palmo delle sue mani sotto le mie e mormorò una parola che non compresi, chiuse gli occhi per una frazione di secondo e, quando li riaprì, il sangue era scomparso e, con esso, la sensazione di vertigine.
Avevo il fiatone e iniziavo a temere la donna che mi sedeva di fianco. Non sapevo chi era, né cosa volesse, sapevo solo che non era al servizio di Alan. Quello era il messaggio che fin dall’inizio aveva voluto trasmettermi, ma per farmelo capire mi aveva dovuto infliggere dolore. Presi l’appunto mentale che avrei dovuto capire più in fretta in un’altra occasione, anche se speravo che quella donna sparisse in quell’istante dalla mia vita per sempre.
“Come hai fatto?” domandai appena ebbi preso un po’ di fiato, dopotutto ero affascinata da come era riuscita a infliggermi quella tortura. Il mio naturale bisogno di potere si era risvegliato e, naturalmente, in cuor mio bramavo di saper fare ciò che era in grado di fare lei. Era così affascinante dopotutto.
“E’ stato divertente vero?” sembrava soddisfatta della sua opera mentre attendeva che mi riprendessi.
La guardai come se fosse pazza. “Non è stato divertente!”
Sapevo di dover prestare maggiore attenzione a ciò che dicevo, ma il mio orgoglio me lo impediva.
“Sei coraggiosa! Mi piace!” sorrise di nuovo gentilmente.
“Cosa vuole da me?” le chiesi ansiosa di chiudere lì la conversazione più strana della mia vita.
“Innanzitutto diamoci del tu! Sono sicura che col tempo noi due andremo molto d’accordo!”
Alzai un sopracciglio incredula, forse non avevo capito bene.
“E poi credo che ti chiamerò Mar! Senza offesa, ma Marguerite è un nome estremamente lungo! “ sorrise. Ero sempre più confusa, un attimo prima quella donna sembrava una pazza furiosa con istinti omicida e un secondo dopo era come se mi stesse chiedendo di prenderci un te insieme.
“Cosa vuole da me?” ripetei gelida, ignorando il suo invito a darci del ‘tu’. Lei parve non notarlo.
 “La vera domanda è cosa puoi voler tu da me!”
“Che se ne vada?” ero fiera di me, stavo prendendo sempre più coraggio mentre il ricordo della tortura subita poco prima sfumava lentamente.
Sorrise nuovamente, era divertita da quella situazione, sembrava quasi che stesse giocando con me. Mi irritai leggermente: come si permetteva? Eppure in cuor mio sapevo che lei poteva fare tutto ciò, in natura vince chi è più forte e, anche se mi costava ammetterlo persino a me stessa, lei era indubbiamente più forte di me. La invidiavo, volevo ciò che aveva lei, ma allo stesso tempo ero consapevole che lei senza quei poteri non sarebbe stata nulla. Sarebbe  stata vuota e incapace. Questo andava a mio vantaggio perché io ero qualcuno anche senza facoltà paranormali, io ero stata forte ugualmente e avevo sconfitto una persona temibile come Alan. Se Jasmine si fosse rivelata una minaccia avrei trovato il modo di sconfiggere anche lei!
“In realtà, Mar, credo di avere alcune buone notizie per te!”
“Sarebbero?” non riuscii a nascondere la mia irritazione.
“Innanzitutto sarai lieta di sapere che Alan Black non conduce il gioco, è solo una pedina, come lo sei tu, del resto!”
Non capivo davvero dove volesse arrivare quindi la lasciai continuare. “Questo vuol dire che non cercherà vendetta!”
Era la cosa più assurda che potesse uscire dalle labbra di quella donna.
“Lei non conosce Alan Black!”
“E tu non conosci me!”
Nuovamente il volume delle voci nel parco aumentò. Istintivamente riportai le mani alle orecchie e mi piegai su me stessa urlando di dolore. Com’era già successo le mie urla erano mute. Ansimai cercando di calmarmi e di non prestare caso al dolore, ma mi fu impossibile. Ogni fibra del mio essere percepiva quel male atroce. Sentii un rivolo di sangue caldo che mi lambiva le mani fino a raggiungere i polsi e i gomiti. Quella tortura sembrò durare all’infinito. Potevo udire le gocce purpuree che dal gomito finivano a terra. Ogni volta che accadeva avevo una fitta che mi trafiggeva il cranio da una parte all’altra, era come se vi avessero conficcato dentro uno spiedo. Urlai nuovamente mentre, ancora una volta, sentii la voce di Jasmine come un sussurro. “Mi devi dare del tu! Per favore non costringermi a farlo di nuovo! Mi servi viva!”
L’orgoglio mi diceva di non piegarmi, di soffrire piuttosto che cedere, eppure la mia testa, traditrice, fece un movimento di assenso. Lei parve soddisfatta e ancora una volta il dolore cessò.
Ansimai e non potei far a meno di provare paura. Mi ero creduta invincibile, in grado di poter fare tutto, eppure ero stata messa in ginocchia da qualcun altro in un modo a me totalmente estraneo.
Guardai Jasmine che mi sorrideva malefica prima di continuare, come se nulla fosse, il suo discorso.
“Io so esattamente che tipo sei Mar! Sei caparbia, determinata, arrogante. So che hai vissuto dei giorni di gloria nel tuo passato, so tutto quello che Alan ha fatto con te, come ti ha insegnato e come tu, divorata dalla voglia di potere, hai deciso di volerne di più. È comprensibile, da questo punto di vista ci somigliamo molto. Inoltre io ho un grande debito nei tuoi confronti, tu hai avuto la brillante idea di distruggere il libro ‘Gioco di sguardi’. Speravo che prima o poi qualcuno ci riuscisse e quel qualcuno sei stata tu! Sono rimasta davvero molto ammirata!”
Ero confusa. “Perché ti avrei fatto un favore?” prestai attenzione ad usare il ‘tu’.
Sospirò. “E’ davvero una lunga storia, forse un giorno te la narrerò!” fece un cenno sbrigativo con la mano, come a liquidare la questione.
“Come dicevo, ti ammiro moltissimo ed è per questo che ti farò un’offerta che non potrai rifiutare!”
Si avvicinò a me con un’espressione furba dipinta sul volto.
“Io so cosa provi Mar! Avevi un grande potere che ti faceva sentire sicura di te. Non avevi una coscienza, non avevi rimorsi o sensi di colpa, eri libera. Chissene importa se per esserlo impedivi agli altri di avere tale libertà. Tu eri padrona delle tue scelte e delle loro, credo sia meraviglioso!”
Sembrava estasiata. Ripensai con un senso di nostalgia a ciò che avevo fatto, a com’ero prima e mi ritrovai ad essere incuriosita da quella donna. La paura si attenuò per essere sostituita dalla brama di saperne di più.
“Ed ora che cos’hai Mar? Ti ho osservata e so che le cose sono molto diverse da com’erano prima. Sei fragile, come un qualsiasi essere umano, il che è un vero peccato per una come te!”
“Io non sono fragile!” sibilai, punta sul vivo.
Lei assunse una finta espressione di stupore. “Oh, scusa. Prima, su quella panchina mi eri sembrata, come dire?” sembrò pensarci un attimo “Distrutta?” sogghignò. Si stava prendendo gioco di me. Strinsi i pugni, ma imposi alla mia lingua di stare al suo posto, avevo ancora le mani insanguinate a ricordarmi di essere prudente.
“La vita sentimentale, Mar è davvero una brutta bestia, rende deboli! Non puoi permettertelo!” scosse la testa convinta, sempre più presa dal suo discorso.
“E se io ti dessi la possibilità di lasciarti la vita che hai ora alle spalle? Se ti dicessi che puoi tornare a rivivere i giorni di gloria? Se ti ridessi il potere che tanto hai bramato e che hai perduto distruggendo la fonte del potere?”
“Come fai a sapere tutte queste cose?” domandai “Tu non mi conosci!” non riuscii a nascondere l’astio nella mia voce.
“In parte la risposta fa parte di quella lunga storia che forse un giorno ti racconterò e, in parte, perché ti ho fatta spiare. Ho delle capacità molto interessanti!” si compiacque di se stessa.
Mi incuriosii. “Che tipo di capacità?”
“Ad esempio posso controllare le persone, un po’ come facevate tu ed Alan, in più posso controllare gli animali e vedere tramite i loro occhi!”
“E perché avresti dovuto tenere d’occhio proprio me?”
Sorrise come se fosse ovvio “Perché mi servi!”
“Anche ad Alan hai fatto la stessa proposta?”
Battè le mani un paio di volte, applaudendomi. “Sapevo che eri una persona intelligente!”
Lo presi per un  sì.
“E lui ha accettato!”
Lei annuì.
“Allora perché non vuole vendetta? Ha di nuovo il potere, perché non usarlo contro di me?”
“Perché fa parte del patto. Poteva riavere i poteri a patto che lui non li usasse contro di te. Come ho detto tu mi servi!”
L’idea di servire a qualcuno non mi piaceva affatto.
“E lui ti ascolta?”
“So essere molto persuasiva!”
Non ne dubitavo, tuttavia mi risultava difficile immaginare Alan che sottostava alle richieste di quella donna, era quasi impensabile.
“E a cosa ti servo?”
“A ricostruire il libro che tu hai così abilmente distrutto!”
Mi accigliai, quella donna era un controsenso vivente.“Ma prima mi hai detto che ti avevo fatto un favore!”
Ancora una volta liquidò la faccenda con una scrollata di spalle.
“In un certo senso è così, ma comunque mi serve quel volume, almeno la parte nera!”
“Ti va male! Io non mi ricordo neanche una parola!”
“Per questo devo ridarti i tuoi poteri! Con la scintilla di essi di nuovo in te sarai in grado di ricordare ogni cosa perché sarai in grado di nuovo di praticare ogni cosa che facevi prima!”
L’euforia si impadronì di me. La tentazione di riavere il potere era molto forte, avrebbe segnato la fine di tutti  i miei problemi, sarei stata la Marguarite Jones forte, decisa, pericolosa. L’idea mi esaltava.
Però ancora qualcosa non quadrava. Mi costrinsi a pensare con lucidità, senza farmi accecare dalla brama di potere, dovevo avere più informazioni se volevo scegliere liberamente e non in maniera sconsiderata.
“Non ti basta Alan?”
“Anche tu hai aperto il libro nero quindi parte dei ricordi degli scritti si è trasferita in te. Diciamo che non ha una memoria completa.”
“Anche se tu mi ridessi i miei poteri, non potrei ricordarmi con precisione ogni singola parola, sarebbe impossibile!”
Sorrise nuovamente. “Sono sicura che ricorderai esattamente ogni parola. Sono stampate a fuoco nei recessi della tua memoria, è la magia che rende possibile ciò!”
Sapevo che aveva ragione perché mi era bastato leggere alcuni passi del libro una volta per ricordarmeli alla perfezione e non avrei saputo spiegarlo meglio se non col termine ‘magia’.
“E se uno di noi facesse un errore?”
“E’ impossibile! Ve lo ricorderete alla perfezione!”
“E se volessimo fare un errore?”
Sorrise sadicamente. “Ve ne pentireste!”
Non ne dubitavo. “Ma come faresti tu a sapere che abbiamo sbagliato di proposito? Come fai a fidarti di noi?”
“Esistono incantesimi di verifica per gli oggetti magici, lo saprei!” aprì le braccia come a sottolineare la semplicità del concetto: non potevamo sfuggire, non potevamo tradirla.
“Credo che tu abbia le capacità di costringermi a collaborare, perché allora me lo sei venuta a chiedere direttamente?” questa era una delle cose che maggiormente mi lasciava perplessa, dopotutto non mi sembrava una persona cordiale di natura. Volevo vedere se avessi rifiutato cosa avrei perso. Se me l’ aveva chiesto una ragione doveva esserci.
“Ottima domanda! Vedi, per trasferire del potere da una persona ad un’altra è necessario che entrambe lo vogliano. Diciamo che io sarò la fonte del potere che ti darò. Io devo volertelo donare e tu devi volerlo ricevere, non posso costringerti in alcun modo, devi esserne fermamente convinta. Non potrei obbligarti a prendere tale decisone usando, ad esempio, i trucchetti che usavi tu. Devi essere tu a volere il potere. Vedi, c’è chi nasce con la magia nel sangue e chi, come te, non ne ha neppure un briciolo. Eppure tu sei stata in grado di utilizzare la magia!”
“Non era proprio magia!” obiettai. Dopotutto si trattava di concentrazione e metodo, io vedevo la magia come qualcosa di più libero, non dettato da regole ferree o da metodi.
“Oh sì che lo era! La magia è esattamente questo. È padronanza di ciò che fai, è rigorosa, come una scienza. Si può dire che in essa non ci sia libero arbitrio, tutto va fatto secondo un preciso schema di parole o di gesti!”
“Ma tu prima non ne hai fatti!”
Sorrise furbamente. “Posso celarli. Fa tutto parte della segretezza di fondo della magia stessa. Se voglio posso mostrarti i gesti che faccio o le parole che pronuncio, mentre se non voglio tu non li puoi vedere, ti sembrerà solamente che io stia facendo tutto con la forza del pensiero!”
Annuii iniziando ad avere un quadro più completo.
“Come potevo allora convincere le persone a fare delle cose se non avevo poteri?”
“Nel momento in cui Alan vi ha insegnato il metodo voi potevate fare quelle cose perché attingevate, in minima parte, alla fonte del potere che però non vi apparteneva, era di Alan, perché solo lui aveva aperto il libro! Sarebbe come se tu prendessi in prestito per pochi secondi qualcosa di mio e poi me lo ridessi come se nulla fosse! Giusto il tempo per ordinare a qualcuno di fare qualcosa.”
“E’ questo quello che vuoi fare? Darmi in prestito i tuoi poteri?”
“No! Per dare in prestito non serve il consenso di entrambe le parti. Io voglio cederti parte del potere in modo che diventi interamente tuo!”
Sospirai tentando di rimettere in ordine tutto ciò che mi stava dicendo. La tentazione di accettare senza ulteriori spiegazioni era forte, ma volevo evitare di essere avventata, prima volevo vederci chiaro, non sapevo ancora se potevo fidarmi di quella donna.
“E io potrei usare il potere che mi darai a mio piacimento?”
“In realtà no. Come ti ho detto la magia è rigorosa quindi ti darò solo quella parte di potere che ti permette di fare quello che tu e Alan facevate prima, nulla di più, nulla di meno!”
Rimasi un po’ delusa, dopotutto mi sarebbe piaciuto poter fare quello che faceva quella donna. Probabilmente avrei potuto diventare più brava di lei e allora sarebbe stata lei al mio servizio.
“Non ci sono altri modi per avere il potere?”
“Forse sì, forse no, non starò qui a rivelarlo a te!”
La risposta ambigua mi faceva intuire che sicuramente c’erano altri modi, ma il fatto che lei non avesse risposto con un ‘no’ secco mi faceva intuire che non mi temeva affatto. Darmi un informazione parziale come quella voleva dire mettermi in parte al corrente della cosa, appunto perché non temeva che io potessi usare quell’informazione contro di lei.
“Sì può prendere potere dagli oggetti!” esclamai fiera di me per aver trovato la risposta.
Lei non parve sconvolta o punta sul vivo. “Mi chiedevo quando ci saresti arrivata! Dopotutto l’hai vissuto in prima persona!” si stava prendendo gioco di me. Strinsi i pugni, ma tentai di non farle vedere quanto mi irritasse.
“Bene, allora direi che posso declinare l’offerta!”
L’insopportabile sorrisetto che aveva dall’inizio del nostro incontro si spense mentre mi fissava incuriosita.
“Vedi Jasmine”  sottolineai col tono della voce il suo nome “io valgo molto anche senza poteri perché so usare alla perfezione quello che ho nella testa. Si chiama cervello!” le sorrisi sfrontata. Le servivo, quindi confidavo nel fatto che almeno non mi avrebbe uccisa e poi avevo trovato un modo per ridiventare quella forte di una volta, dovevo solo resistere un po’, giusto il tempo di trovare un oggetto che contenesse un qualsiasi tipo di potere che io potessi assorbire.
Lei mi fissò accigliata, ma senza interrompermi.
“Se tu un giorno dovessi perdere le tue facoltà, tu non saresti nulla, io invece non ho bisogno di te, io so agire alla perfezione con meno ‘armi’ di quelle che hai tu!”
Il sorriso tornò sulle sue labbra. “Non troverai un oggetto dal quale assorbire potere e anche se lo trovassi non sapresti come estrarne la forza!”
Sbarrai gli occhi. Aveva subito capito quali fossero le miei intenzioni, come se mi avesse letto nel pensiero. Forse poteva farlo veramente, non potevo saperlo, quindi decisi di ammetterlo.
“Non mi è sembrato molto difficile l’ultima volta!”
“Questo perché hai solo dovuto aprire un libro, non ci vuole un genio!” sembrava che si stesse quasi divertendo “I costrutti magici sono solitamente molto più complessi di così. Per liberare la forza che contengono servono chiavi, formule, situazioni particolari. Credi che chiunque decidesse di mettere il suo potere in un oggetto vorrebbe che venisse liberato facilmente?”
Non faceva una piega il suo discorso, eppure non volevo darle la soddisfazione di avermi intimidita. La fissai negli occhi con coraggio.
“Il libro che hai visto tu era un costrutto fatto di fretta da una strega di poco valore e poca maestria” assunse un’espressione di ribrezzo.
“Parli come se la conoscessi!” sibilai.
“Di fama, una fama per lo più immeritata!”
La strega di cui stava parlando era vissuta mille anni prima. Era lei ad aver creato il libro e ad aver imposto la maledizione che grava sul custode, questo almeno secondo il resoconto che Alex aveva fatto a me e a Dave.
Decisi di non approfondire ulteriormente, non me ne importava nulla di una strega morta.
“Fatto sta che non accetto la tua proposta!”
Si finse offesa.
“E’ una proposta più che onesta! Io ti do quello che tu brami di più e tu mi offri un piccolo servizio!”
“Non sono al servizio di nessuno!”
“Potresti esserlo per un prezzo così equo! Pensa, col potere che ti darò potresti avere tutto.”
“La risposta è no!” non mi sarei piegata al suo volere, avrei trovato un modo alternativo di riavere il mio potere e anche se non ce l’avessi fatta sapevo di valere molto anche da persona normale. Inoltre sapendo che Alan non era più una minaccia non avevo nemmeno questa urgenza di avere le mie facoltà, tutto si stava risolvendo. L’unico problema rimaneva Jasmine, ma confidavo ancora nel fatto che mi volesse viva.
“Come?” finse di non aver sentito. Sembrava ancora più divertita. Il suo sorriso mi fece venire i brividi, distolsi lo sguardo.
“Non ci sto. Puoi dire addio al tuo libro nero!”
Ghignai e tornai a fissarla negli occhi, quasi a sfidarla. Lei si concentrò su qualcosa che io non notavo, si portò una mano all’orecchio e sorrise.
“Non senti?”
Mi gelai sul posto, sapevo cosa stava per fare.
Non sentivo niente, ma non glielo dissi, mi limitai ad aspettare che il dolore giungesse. Lei parve gioire di questa mia rassegnazione.
“Credo sia una bellissima canzone, ascolta!” prese tra il pollice e l’indice il mio lobo e improvvisamente sentii la canzone, non era a volume alto, ma normale, non mi causava alcun dolore. La riconobbi, l’avevo sentita in discoteca, probabilmente veniva dalla radio di qualche macchina nelle vicinanze.
“Si intitola ‘bella vita’” sussurrai. Non sapevo quali intenzioni avesse e la cosa mi stava innervosendo.
“Mmm sì, credo di averla già sentita!” per qualche istante parve presa dalla melodia “Tra poco dovrebbe arrivare la parte, com’è che la chiamate? House?”
Annuii impercettibilmente rilassando i muscoli. Non sembrava volesse farmi ancora del male, forse non le importava se io non volevo collaborare.
“Adoro quella parte, i bassi sono così forti da far vibrare gli oggetti! Sembra quasi magia!”
In realtà in tutte le canzoni i bassi facevano tremare le cose, ma non stetti lì a puntualizzarlo.
“Senti! Sta arrivando la parte che preferisco!”
Mentre iniziava la parte house intravidi la macchina sulla strada affiancata al parco. Il volume della canzone crebbe al massimo e nuovamente mi ritrovai ad urlare di dolore. Era una sensazione diversa dalla precedente, non mi facevano male i timpani, ma sentivo tutte le mie ossa pulsare al ritmo della musica. In particolare il cuore sembrava volesse uscirmi dalla gabbia toracica. Ad ogni nota dei bassi tutto il mio corpo vibrava violentemente come in preda  a degli spasmi. Mi mancava il fiato. Mi accasciai a terra incapace di muovermi. Una pozza di sangue si stava allargando per terra in corrispondenza della mia bocca. La macchina parve non passare mai, sembrava andasse a rallentatore. In tutto quel delirio udii una risata cristallina, sapevo a chi apparteneva.
Alzai lo sguardo e vidi Jasmine che mi sovrastava in piedi con un ghigno sempre più grande sulle labbra.
“Sarà molto divertente giocare con te Marguerite!” mimò con le labbra, eppure le parole mi furono chiare come se le avesse urlate. Chiusi gli occhi sovrastata dal dolore. Mi misi le mani sul petto sperando di alleviare la mia sofferenza in quel modo, ma fu tutto inutile. Solo quando la macchina non fu più visibile il dolore mi abbandonò in un secondo.
Non mi sembrava vero, credevo che non sarebbe mai finito. Alzai gli occhi verso Jasmine, ma lei non c’era più, era come svanita. Mi sedetti a fatica sulla panchina riprendendo fiato e tastandomi il petto, come per controllare che il cuore fosse ancora al suo posto.
Lanciai uno sguardo per terra e vidi che tutto il sangue che avevo perso era svanito nel nulla, anche suoi palmi delle mani non ve ne era rimasta la minima traccia. Le famiglie nel parco continuavano allegramente le loro precedenti attività, non avevano notato nulla di ciò che era successo.
Sospirai quasi di sollievo, forse mi ero immaginata tutto. Sapevo che però non era così, forse avevo sbagliato a sottovalutare Jasmine. Dopotutto se le servivo viva, non voleva dire che le servissi sana e con tutte le ossa al loro posto.
“Tutto bene signorina?” alzai gli occhi su una vecchietta che preoccupata mi stava fissando.
Annuii ancora incapace di parlare.


Non ho molto da dire su questo capitolo, spero che non sia noioso perchè è un capitolo chiave nella storia.
Il prossimo aggiornameto sarà mercoledì, arriverà puntuale perchè i tre capitoli successivi a questo sono già scritti e in attesa di essere corretti al più presto. Non li pubblico prima di una settimana perchè voglio avere un po' di capitoli da parte quando l'università sarà rincominciata, così aggiornerò costantemente.
Un grazie di cuore ai recensori che mi riempiono di complimenti anche se non so quanto siano meritati, un grazie a chi legge/segue/preferisce la storia!
Vi ho tutti nel mio cuoricino!
Daisy

 
   
 
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