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Autore: Aule    11/09/2013    1 recensioni
[Questa storia partecipa al Contest APH: OC!Antichi stati italiani indetta sul forum di EFP da darllenwr]
La storia di Lucca raccontata in prima persona, dalla misteriosa scoperta del Volto Santo passando per Castruccio Castracani, fino a giungere alla morte con la campagna di Napoleone in Italia.
Una donna, seguendo il consiglio di un' "amica" da tempo morta, decide da aspettare la morte riflettendo sugli avvenimenti della sua vita.
[Presenza "massiccia" di Oc!Repubblica di Lucca, Oc!Repubblica di Firenze, Oc!Repubblica Marinara di Pisa. Accennati Oc!Garfagnana, Oc!Luni, Oc!Longobardia, Oc!Viareggio, Oc!Milano, Oc!Venezia, Oc!Parma, Oc!Pistoia, Oc!Verona, Paesi Bassi, Svizzera, Francia e Nord Italia]
Genere: Introspettivo, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Nord Italia/Feliciano Vargas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Terzo capitolo




 

La Cattività Pisana e Castruccio Castracani

 

 

«Ma del Lucchese Eroe l' anima grande
Stanca di tollerar tant' alterezza,
Usa ad inclite gesta, ed ammirande;
Conscia di sua terribile fortezza,
Pel suo Stato di guerra il grido spande
A risvegliar l' audace giovinezza;
E il chiaro suon della guerriera tromba
Dall' Appennin fino al Tirren rimbomba.»

[Costanza Moscheni; Castruccio, Canto I v.10]

 

 

 

 

 

 

 

Furono anni per me odiosi, quelli che passai nella costretta compagnia di Guido, odiosi quali mai ne provai in seguito, nonostante sia passata sotto il controllo di altri dopo allora, ed anche ora la mia fine si appresta a causa di un' ultima ed irrefrenabile invasione.
Dopo quella sera e quel giorno terribile tentai di liberarmi, ma senza risultati. Ero debole, incredibilmente debole, e compresi con dolore che tutto quello era causa della mia frammentazione politica che mi aveva corroso inconsapevolmente fino a rendermi facile e prelibata preda del mio nemico. Forse, se me ne fossi accorta prima, se non fossi stata così giovane ed inesperta, mi sarei resa conto in tempo del pericolo e sarei corsa ai ripari; la storia però non può essere cambiata, si fa sul momento e spesso non si ha il tempo nemmeno di pensare: è inutile ragionare e struggersi per ciò che ormai è stato e non può essere modificato in alcun modo mentre è importante impegnarsi a salvare il salvabile anche nelle situazioni di più estremo pericolo, e vedere di uscirne nel modo più vantaggioso possibile, resi forti dalle difficoltà passate. Questo l'ho imparato col tempo, come tante altre cose, all'epoca mi struggevo per la mia libertà tanto amata e ormai perduta senza versare lacrime e mi pareva che quelle gocce che rifiutavo al mondo sempre pronto a scrutare a deridere piovessero dolorosamente dentro di me, una dopo l'altra, affogando il mio cuore e con esso ogni speranza.
In questo stato d'animo tanto distrutto, ma che da fuori veniva interpretato come apatico o inconsapevole, combattei molte battaglie al fianco di Pisa, ed alcune, con mio grande rammarico e felicità ad un tempo, le vinsi. La più famosa di queste fu di certo quella di Montecatini, dove conobbi anche quell'innocente e terribile bambino che si dice sia stato ucciso da Francis in questa sua nuova ed ossessiva smania di potere: Sacro Romano Impero.

Quando lo incontrai era già sulla strada del suo lungo ed inesorabile declino, tuttavia ancora sufficientemente forte da poter essere un valido aiuto nei continui tumulti tra i piccoli ma bellicosi stati italiani, anzi, credo che quello che noi comuni consideravamo come battaglie campali per lui, avvezzo alle estenuanti guerre del nord, fossero poco che scontri tra piccoli eserciti in preparazione di qualcosa di più grande. Guido lo aveva pagato per venire in aiuto alla nostra debole fazione, ma non abbastanza per il servizio che si proponeva di farci e questo mi colpì tanto che riuscii per qualche tempo a distrarmi dal mio dolore; capire le motivazioni che muovevano quel grande stato del nord era una valida alternativa al crogiolarmi nelle mie disgrazie, anche se mi riempiva di frustrazione. Più mi arrabattavo a cercare cosa avrebbe potuto guadagnare uno stato così lontano eppure forte tanto da mantenere una sorta di controllo sull'Italia del nord e del centro, più comprendevo che la sua decisione andava al di là della mera convenienza. Lo vidi poi più chiaramente il giorno in cui, con i suoi uomini, giunse nel nostro accampamento.
Vestiva completamente in nero, fatta eccezione per lo stemma di un giallo pallido su cui però era ricamata un' aquila bicefala del colore della notte più oscura ed i suoi occhi di bambino, azzurri come il ghiaccio, ardevano di un fuoco freddo, di odio feroce e determinazione. Non rivolse che poche e spicce parole a me e Pisa, poi subito si ritirò con i suoi, anche se in realtà passava la maggior parte del tempo solo, a rimuginare quello che immagino fossero tristi pensieri. Ancora, pur conoscendo dell'esistenza di rappresentanti ben più importanti di noi mere esistenze cittadine, non avevo fatto la conoscenza del Nord e del Sud Italia, troppo piccoli ed ingenui, ora come allora, per incidere realmente nella nostra gretta esistenza di tutti i giorni. Probabilmente se avessi conosciuto il bellissimo e dolce Feliciano avrei potuto capire la ferocia e la malinconia di Sacro Romano Impero, il suo combattere apparentemente senza motivo: la sua era paura trasformata in rabbia, la paura che la cosa più importante al mondo gli venisse portata via dal Papa e da Lovino, stretta dai lacci sempre più forti dello Stato Pontificio e del Regno di Napoli. Anche allora però capii che a muoverlo era una sorta di sentimento d'odio verso il Successore di Pietro, una ribellione contro la Chiesa. Per la sua determinazione lo stimai, ed ancor ora posso dire di essere stata fiera di aver combattuto al fianco di un personaggio di tale importanza e carattere. Un bambino nel fisico, eppure un cavaliere da ballata nella mente lucida e nel cuore eternamente in tumulto.
Grazie a lui vincemmo la battaglia, nonostante contro di noi si fossero schierati gli eserciti di Firenze, Siena, Prato, Pistoia, Arezzo e tante altre città alleate della bella e potente Angelica.

Certo fu solo uno spiraglio di luce nell'abisso in cui ero caduta, trascinata da Pisa che, anche se non voleva darlo a vedere, non era più lo stesso dopo la Battaglia della Meloria contro la suo degna compare Genova. Le ombre si facevano sempre più dense ed oscure sopra di noi, entrambi sotto il giogo divenuto insopportabile di Uguccione. Fu allora che mi si aprirono come gli occhi per la prima volta, osservando distrattamente Castruccio Castracani, un Antelminelli cadetto che era dovuto fuggire ,con quel poco che era riuscito a salvare, da Lucca, quando i Neri avevano preso il potere. Esso aveva vagato a lungo, prima ad Ancona, poi in Francia ed infine da parenti a Londra, dove aveva appreso l'inglese e le stranezze di quella terra. A causa di un omicidio commesso per preservare il suo onore era tornato sul continente e lì aveva combattuto prima per il re di Francia Filippo II e poi per l'Imperatore Arrigo VII.
Ora era legato Imperiale al servizio da Uguccione ma nei suoi occhi si poteva leggere l'odio che provava per costui e per lo stato di indigenza in cui aveva trascinato me, la sua terra.
Subito un amore per lui mi prese tutta e, come si sa, nella maggior parte dei casi l'amore del rappresentante per un personaggio equivale all'amore del popolo per quel tale. Così nel corso di poco tempo, sotto gli occhi sbigottiti di Guido e Uguccione, Castruccio divenne potente e famoso nella mia città, fino a che giunse il giorno che inconsciamente attendevo: il giorno della rivolta, il giorno in cui il mio onore ferito ebbe la sua vendetta.

Il fatto avvenne così: Uguccione, sempre più indispettito e geloso della benevolenza che concedevo a piene mani al mio beniamino e preoccupato dalla sua sempre più ampia influenza nella lucchesia decise di farlo imprigionare per poi giustiziarlo come nemico del suo potere.
La prima reazione che mi venne spontanea dal cuore fu la disperazione più nera per quel mio piano ormai quasi giunto a compimento che era stato così brutalmente sovvertito poi però, di fronte al sorriso sghembo e (mi parve) derisorio di Pisa nel darmi la triste notizia, la rabbia mi accecò e senza pensare ad altro lo colpii. Guido mi sovrastava di una testa in altezza ed era fisicamente molto più robusto di me, eppure quella volta non provò nemmeno a fermarmi ed il manrovescio che gli assestai fu sonoro. “Me lo merito” disse mentre si rialzava toccandosi la guancia gonfia ma già non lo ascoltavo più. Da fuori sentivo il tumulto del mio popolo in rivolta e null'altro mi importava se non la mia vendetta. Gliene assestai e un altro ed un altro ancora e lui non batté ciglio, facendosi condurre più o meno docilmente alla finestra, da dove lo spinsi nella piazza sottostante, dolorante e sanguinante a causa dei vetri rotti.
Non ricordo cosa gli gridai dietro mentre se ne andava ma provo ancora ora con estrema nitidezza la felicità e la forza che si impossessarono di me, la risata trionfante che mi sgorgò dal cuore mentre Castruccio veniva liberato e nominato Capitano Generale del Popolo Lucchese.

Pochi giorni dopo mi giunse notizia che anche i pisani si erano ribellati al potere di Uguccione ed avevano ucciso lui e la sua famiglia, nonostante questo Pisa non ottenne mai il mio perdono per i fatti di quel terribile primo giorno di dominazione, ne mai lo otterrà. Ho sempre pensato che fosse troppo facile commettere una malefatta per poi attendere il perdono e disprezzo chi si comporta così, Guido per primo. Io non perdono gli errori nemmeno a me stessa, perché mai dovrei fare una grazia agli altri, perché dovrei perdonare chi mi ha ferito così a fondo e così dolorosamente?

Con l'avvento di Castruccio le mie cicatrici si rimarginarono ma non si sono mai estinte del tutto, mi scopro ancora la notte a lottare con incubi neri, i lividi che bruciano come fuoco.
In quel momento però mi sembrò di rinascere, accettai di buon grado la decisione del Castracani di diventare il mio Signore.
“Sarai la più bella città di tutti i tempi” mi diceva entusiasta mentre passeggiavamo insieme per le strade di nuovo trafficate e ricche di Lucca, ed io non aspettavo altro che di credergli, che i miei ed i suoi sogni si realizzassero.

A Nord mi appropriai della duro e saggio Garfagnana, ad ovest arrivai fino ad assoggettare al mio potere la superba ed altera Carrara, ad est conobbi la piccola Pistoia e divenni sua tutrice insieme a Firenze.
Fu a sud che ebbi più problemi nella mia espansione scontrandomi con Firenze sulla Val d'Arno.

Ebbi paura per un momento, lo confesso, ma Castruccio era sempre al mio fianco ed io mi sentivo pervasa di una forza che non mi era mai appartenuta, ne mai mi appartenne in futuro. Nella Battaglia di Altopascio non solo sconfissi la bella Angelica dai neri capelli che, cavalcando come una novella Diana, incitava i suoi cittadini, ma anzi la spinsi a rifugiarsi dentro le sue mura.
Io, da sempre la più debole tra le due, la brutta, rozza contadinotta che nulla poteva contro i grandi signori di Firenze l' avevo umiliata ed ora potevo ammirarla sporgersi dai merli della sua fortezza, la carnagione perfetta resa livida dalla rabbia e l'espressione sempre dolce tramutata in una smorfia di odio. Quello fu il terzo più bel giorno della mia vita -il primo fu il salvataggio di San Frediano ed il secondo l' arrivo di Castruccio- anche se ancora oggi ho difficoltà a comprenderne il perché.
So solo che quando penso ai capelli sempre in ordine di Angelica scarmigliati ed esposti alla polvere della battaglia, al suo torturarsi le labbra nella perdita, a quel suo modo altezzoso con cui resistette alle continue beffe che mi facevo di lei dal basso, alla sua reazione orripilata al passaggio dei tre vergognosi palii ("li ciuchi, li omini a piedi e le meretrici", li ricordo con la chiarezza di un dipinto), al dolore per la perdita del suo Carroccio, ormai senza batacchio e con lo stendardo orrendamente capovolto... il cuore come mi balsa in petto, batte furiosamente, mi sale come in gola.
Ripetevo “mi odia, mi odia” quando dal mio accampamento ridevo della sua sconfitta ed ora che la mia ora è giunta mi ritrovo a comprendere che forse... No, questi sono gli ultimi pensieri di una vecchia e sciocca pazza e non meritano nemmeno di esser presi in considerazione un momento. Mi sono sempre interessata dei fatti e delle cose più che delle persone e dei sentimenti e così continuerò a fare finché potrò e la mia mente sempre più fragile non crollerà, per cui torniamo ora alla mia storia, ai fatti, agli avvenimenti, a tutte quelle date belle perché chiare e capaci di dare sicurezza nella folla di fantasmi che, sento, mi si avvicinano sempre di più, mi accerchiano nel buio di questi ultimi giorni.

Dunque, il nuovo potere che sentivo dentro di me giovò alla gloria sia mia che di Castruccio a cui nel lontano 1325 fu conferito il titolo di Duca di Lucca ed il suo bello stemma; «Can bianco in campo Azzurro».

Grazie a lui, oltre che vincere battaglie ed allargare i miei domini, costruii un gran numero di fortificazioni per difendere ciò che avevo conquistato ed affermare il mio rinnovato benestare.
Con questi intenti eressi la Fortezza Augusta nel mio stesso cuore, cosicché il Castracani potesse guidarmi come meglio credeva; mi fidavo ciecamente di lui, quasi da crederlo una parte integrante di me stessa, inoltre mi presi cura di Pistoia costruendole una fortezza da cui potevo sorvegliarla e dove lei potesse crescere serenamente.
Lei me ne fu grata, credo, perché non mi odia o, se lo fa, almeno si cura di usare discrezione nelle rare volte in cui ci vediamo. E se è così almeno una cosa buona sono riuscita a trasmettergliela, nonostante la sua cocciutaggine; tenere dentro di sé i propri sentimenti più importanti e fare buon viso a cattivo gioco.

Nello stesso tempo tumultuoso e fertile delle battaglie, della gloria, delle conquiste, delle fortificazioni, iniziai poi ad avere corrispondenza con le altre nazioni europee, soprattutto quelle del Nord.
Si trattavano perlopiù di lettere commerciali in cui confrontavamo prezzi, raccomandavo i miei mercanti nelle maggiori piazze di vendita e confermavo la validità delle note di banco, che oggi Francia si ostina ad imporre a tutti come se fossero una novità. Per quanto ritenessi queste note che inviavo cose importanti solo dal punto di vista monetario furono il germe di qualcosa di molto più grande che si preparava a cambiare la mia vita in un futuro che mai come allora vedevo vicino e pieno di felicità ed onori. Alla morte del mio signore però niente si risolse come avevo creduto, ad ulteriore conferma che il continuo progettare il futuro che mi è congeniale nulla può contro le macchinazioni del destino e che, come con profetica lucidità predicò il Machiavelli, la fortuna è come un fiume in piena che straripando travolge tutto, senza che l’uomo possa far nulla per arrestarlo.

 

 

 

NOTE: Le informazioni storiche di questo capitolo possono essere facilmente rintracciate sull'enciclopedia Treccani alla voce “ Castruccio Castracani” e su Wikipedia con il medesimo metodo di ricerca. A conclusione del capitolo faccio riferimento alla Riforma Protestante.
Messaggio subliminale: Pistoia è tanto carina *^*
Ringrazio tanto chi ha letto questa storia, ma mi piacerebbe tanto ricevere qualche commento! **

Akai

 

  
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