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Autore: winnie343    11/09/2013    2 recensioni
E se il cavaliere di Gemini avesse conosciuto il suo destino? Se gli fosse stata offerta la possibilità di cambiare il corso del Fato? Questa storia narra le vicende del grasso e buffo Edgar, di come diventò il Cavaliere di Pegasus grazie all'addestramento di ben due cavalieri d'oro (Milo e Aioria) e di come, pur non possedendo un cosmo, fece di tutto per proteggere i suoi amici. Perchè non sempre gli eroi del Mito hanno i muscoli.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Scorpion Milo
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo VII

Una nuova avventura


Seduto sull’unica poltrona presente nell’XI Casa, Camus aveva passato quasi tutta la notte sveglio, ad osservare Edgar dormire un sonno agitato nel suo letto.

Rientrato dopo il suo incontro con Milo, aveva trovato l’ometto praticamente svenuto tra le sue lenzuola e non aveva avuto l’animo di svegliarlo. Era abituato a dormire poco e quelle ore di sonno mancato non avrebbero danneggiato il suo fisico e la sua psiche, pertanto aveva deciso di lasciare dormire il suo ospite e si era seduto nella parte opposta della stanza.

Osservandolo dormire scompostamente e sentendolo russare e parlare nel sonno, per l’ennesima volta il cavaliere di Aquarius si era domandato quale fosse realmente il ruolo che avrebbe dovuto giocare quel tizio nella loro storia.

Edgar era tutto fuorchè un pretendente a qualsiasi armatura. Inoltre, durante il colloquio con il Grande Sacerdote, non gli erano sfuggiti gli sguardi che il venerabile Pope aveva scambiato con Calliope.

Di lei Camus sapeva poco e poco era riuscito a scoprire. Negli ultimi anni si era allontanato dal Grande Tempio, la cui aria era divenuta sempre più pesante e malsana da respirare. Nulla di evidente da poter dimostrare, ma la sensazione che certe situazioni viste gli avevano lasciato addosso era che la corruzione aveva cominciato ad insinuarsi nel Grande Tempio e nel cuore del Grande Sacerdote.

Non aveva mai manifestato i suoi dubbi apertamente ed il continuo conflitto interiore lo aveva portato a dubitare di tutti, perfino del suo amico Milo. Alla fine, sotto il peso della frustrazione aveva deciso di andarsene da quel posto per di tornare in Siberia.

La scusa era stata la richiesta del Grande Sacerdote di addestrare degli allievi che avrebbero dovuto combattere per ottenere l’armatura del Cigno. In quell’occasione il Sacerdote di Athena gli aveva manifestato la paura che presto i cavalieri dalle sacre armature avrebbero dovuto combattere contro il male e aveva sottolineato la necessità di trovarsi pronti all’ennesima Guerra Sacra.

Camus allora, benchè pieno di dubbi, aveva acconsentito alla missione. Voleva andarsene da quel luogo e voleva smettere di dubitare del mondo che lo circondava.

Ora, ripensando a quei giorni, sentiva di essere stato un vigliacco: un cavaliere degno di quel nome non avrebbe dovuto rinunciare come aveva fatto lui e avrebbe dovuto fugare il dubbio, affrontando il Grande Sacerdote. Aveva fallito nella sua missione di cavaliere e aveva smesso di credere in Athena. Si domandò quanto meritasse quella preziosa armatura e chi fosse lui per giudicare se Edgar potesse o meno diventare a sua volta un cavaliere.

Dubbi e ancora dubbi. Affollavano la sua mente, rendendolo incerto sul da farsi.

Anche la missione che gli era stata affidata quella sera era diventata fonte di altri dubbi. Cosa doveva fare ad Asgard? Perché doveva accompagnare Aphrodite e Death Mask? Nulla giustificava la sua presenza.

Il Grande Sacerdote gli aveva parlato di una missione di pace, ma questo a lui non diceva nulla. Dalle poche informazioni che era riuscito a raccogliere su Calliope aveva sentito dire che la donna aveva vissuto negli ultimi 15 anni ad Asgard, al servizio della vecchia celebrante di Odino e che, con la nomina di Lady Hilda a nuova celebrante, se ne era andata insoddisfatta ed amareggiata. Perché ora lui veniva mandato in missione di pace con i due cavalieri più subdoli del Grande Tempio?

Sospirò, pensando che i suoi studi gli avevano fatto più danno che altro. Pensò al suo amico e a quanto fosse più ligio al dovere Milo. Ma anche quello forse non era del tutto vero. In fondo anche lui aveva dubitato di Edgar.

Sentì un rumore provenire dall’ingresso e, cercando di non svegliare il suo ospite, sgattaiolò fuori, per vedere cosa stesse accadendo. Ad attenderlo all’entrata del tempio trovò la giovane Mya, la figlia della veggente su cui nutriva molti dubbi.

Della ragazza, invece, non aveva mai dubitato. Nelle poche volte in cui l’aveva incontrata, aveva percepito in lei un profondo sentimento di onestà e un cuore limpido e puro: nonostante quello che aveva sentito in giro sul suo conto, quella ragazzina gli piaceva.

Mya vedendolo avvicinarsi arrossì violentemente. Per lei, essere lì era un gesto ardito e fuori luogo, ma non avrebbe avuto altra occasione di incontrarlo prima che l’uomo andasse incontro al suo destino, e non voleva perdere quell’unica occasione.

Sua madre, fin da piccola, le aveva sempre detto che il fato segna il sentiero di tutti gli essere viventi, ma che, per ognuno di essi, lascia delle crepe, dei spiragli, in cui ogni elemento imprevisto può cambiare le sorti del destino. Lei voleva essere l’imprevisto nella vita di Camus. L’aveva desiderato dal primo istante in cui aveva incrociato il suo sguardo con quello glaciale di lui: amore a prima vista.

Un istante dopo aveva visto il destino che attendeva il suo amore e si era rammaricata di possedere quella dote inusuale: la capacità di vedere il futuro.

Quell’uomo non era destinato a divenire il suo sposo, eppure in lei, con il passare dei giorni e con il crescere del suo amore, si era insinuato il dubbio che ciò che aveva visto non era quello che il fato aveva realmente scritto per lui. In fondo lei aveva solo a disposizione il 50% delle possibilità e non avendo modo di indagare l’altra metà, aveva deciso che sarebbe diventata l’imprevisto nella vita di Camus.

Ciò che le era mancato fino a quel giorno era stato il coraggio di compiere un’azione così ardita. Ma ora, sapendo che presto l’uomo sarebbe andato incontro al suo destino, si era fatta coraggio e aveva deciso di agire.

Camus le si avvicinò, invitandola ad uscire all’aperto. L’uomo non voleva svegliare Edgar ed inoltre si sentiva a disagio a parlare con quella ragazzina in quel luogo di morte. Una volta all’aria aperta, le chiese il motivo della sua visita:

  • Perdonatemi nobile cavaliere per la mia sfacciataggine – Mya arrossì ancora

  • So che se non fosse importante non sareste qui

  • In effetti … - Mya abbassò lo sguardo, come poteva confessargli il motivo della sua visita se non riusciva neanche a guardarlo negli occhi?

  • Che cosa agita il vostro cuore – Camus percepiva chiaramente la lotta che imperversava nella ragazza

  • Io sono venuta qui per dirvi una cosa …. Ma mi manca il coraggio

  • Allora ditela e basta

Il tono fermo e perentorio dell’uomo agitò ancora di più Mya, ma alzando gli occhi ed incontrando quello sguardo così profondo, vide nuovamente davanti a lei l’immagine che tanto aveva turbato i suoi sogni: il suo amore che stringeva fra le braccia una donna che non era lei.

Rammentò che quella sarebbe stata la sua unica occasione e così si decise. Con un balzo portò le sue braccia al collo di Camus e appoggiò le labbra alle sue. Calde e sensuali come le aveva sempre sognate. Quel gesto fu talmente veloce che spiazzò anche il cavaliere, il quale non riuscì a reagire tempestivamente. Sorpreso, più che coinvolto, Camus lasciò che la ragazza continuasse a baciarlo. Mya non sentendo alcun trasporto da parte sua, però, lasciò andare le braccia e abbandonò la sua bocca. Abbassando nuovamente lo sguardo sui suoi piedi, sussurrò:

  • Io vi amo … dal primo istante in cui vi ho visto vi ho amato … so che la mia presenza non è prevista nel vostro destino … ma io Camus vi amo e vorrei che voi ricambiaste i mie sentimenti …. e se non agisco ora non avrò più l’opportunità di farlo … questa è la mia unica possibilità di essere per voi il vostro imprevisto.

  • Mya perdonatemi – Camus la guardò incuriosito – ma non ho capito molto di quello che mi state dicendo

  • Vi ho detto che vi amo – Mya rispose infastidita, più per il sorriso generoso di Camus che per il fatto che non avesse compreso la sua dichiarazione d’amore – cosa c’e’ che non capite?

  • Che cosa significa che la vostra presenza non è prevista nel mio destino?

  • Che voi non siete destinato a me! – Mya rispose come se quella fosse la cosa più ovvia del mondo

  • Come fate a dirlo?

  • L’ho visto

  • Visto? – Camus la guardò ancora più incuriosito

  • Nel vostro futuro … sapete che io vedo il futuro degli altri, vero?

  • Io non credo a queste cose

  • Ma è così! Io vedo il futuro degli altri – Mya sospirò – o almeno uno dei futuri possibili

  • Uno dei futuri possibili?

  • Si … ma questa è una storia che non vi posso raccontare …. – un dubbio affiorò nella mente della ragazza – ma forse questo significa che ricambiate i miei sentimenti?

  • Cosa? – Camus si stupì – no … certo che no!

  • Non sono abbastanza attraente per voi? – la delusione affiorò nel volto della ragazza

  • Non ho detto questo! Voi siete molto carina, ma …

  • Non sono il vostro tipo, giusto?

  • Io non ho un tipo ….

  • Si che lo avete!

  • E voi come fate a dirlo – la curiosità comparve nuovamente nel volto del cavaliere

  • Perché io ho visto quale è il vostro tipo

  • Certo – Camus sorrise, cosa molto rara per lui – nel mio futuro … anzi in uno dei miei possibili futuri, giusto?

  • Si

  • E come è il mio tipo?

  • Voi vi burlate di me

  • Affatto – Camus continuò a sorridere – voi mi piacete, Mya. Trovo che il vostro cuore limpido sia un dono così prezioso e raro che dovrebbe essere custodito gelosamente

  • Perché non volete custodirlo voi?

  • Perché non ne sarei degno

  • Questo è un modo carino per dirmi che non mi volete? – Mya sbuffò

  • Questo è l’unico modo che ho per dirvi che io sono un cavaliere di Athena e che sono destinato a combattere e non ad amare – Camus si fece serio

  • Ma voi vi innamorerete – gli occhi della ragazza divennero malinconici – solo che non sarà di me

  • Mya …. credetemi, per un cavaliere di Athena non c’e’ posto per l’amore …

  • Vi ricrederete quando incontrerete la regina di Asgard! E allora penserete a me e al mio stupido tentativo di cambiare il vostro destino. Stupida! Stupida Mya! Ciò che il fato stabilisce non può essere mutato!

Mya si allontanò in lacrime, senza ascoltare la risposta di Camus e senza permettergli di fermarla. Il cavaliere rimase immobile ad osservarla, mentre scendeva le scale verso la casa del Sagittario. Era sbalordito e confuso. Alzò lo sguardo verso il cielo scuro di Atene e si domandò se il suo destino fosse veramente quello immaginato da Mya. Scrollò la testa, pensando che nel destino di ogni cavaliere è scritta una parola di morte e non di amore.



***


Edgar fu svegliato dalle prime luci dell’alba e dal calcio che Milo diede al materasso, più dal secondo che dalle prime, in verità.

Se avesse potuto, il buffo ometto avrebbe dormito per altre 8 ore, ma evidentemente, pensò tirandosi su dal pavimento a fatica, i cavalieri di Athena erano tipi mattinieri.

Stropicciandosi gli occhi, cancellò il velo di sonno e la sensazione che tutto fosse un sogno: gli oggetti che lo circondavano e la faccia sogghignante del cavaliere di Scorpio gli stavano gridando a gran voce che quello che aveva vissuto il giorno primo non era una sua invenzione o se lo era, continuava a tormentarlo anche da sveglio.

Ma era veramente sveglio? Si diede un pizzicotto sul volto per verificarlo e sentendo il dolore irradiarsi sulle guance si rassegnò al tragico destino che lo attendeva fuori da quelle mura: sarebbe morto entro un’ora, sotto i colpi di ben due cavalieri.

Milo lo incalzò, costringendolo ad alzarsi, a vestirsi e a fare colazione in poco meno di cinque minuti. Avere un energumeno, alto 1 metro e 80, tutto muscoli e capelli, attaccato costantemente al collo non avrebbe invogliato nessuno a sedersi nel tavolo della cucina a sorseggiare una tazza di te. Figuriamoci un tipo dismesso come lui.

Dopo aver mangiato poco e male, Edgar seguì il cavaliere di Athena giù per la scalinata fino all’arena degli allenamenti.

Il giorno prima, l’ometto si era ritrovato ai piedi del Primo Tempio senza avere modo di veder cosa ci fosse in quel luogo misterioso oltre alle Dodici Case dello Zodiaco ed ora che avrebbe avuto modo di scoprirlo, non aveva potuto farlo, troppo impegnato a guardare dove metteva i piedi per evitare di inciampare e cadere addosso a Milo.

Giunti nell’arena, Edgar si rese conto che l’unico altro essere oltre a loro due, era il suo secondo maestro: il cavaliere di Leo.

Il ragazzo dava le spalle ad entrambi e fissava un punto lontano. Distrattamente l’omino pronunciò il suo pensiero ad alta voce:

  • Chissà cosa starà guardando

  • Starà cercando la strada per fuggire

  • Cosa? – Edgar si voltò verso Milo, sorpreso di sentire una risposta al suo pensiero

  • Cosa? – Milo lo guardò incuriosito

  • Perché hai detto quelle parole?

  • E tu perché hai fatto quella stupida domanda?

  • Vuoi dire che ho parlato ad alta voce? Santo cielo!

Milo lo guardò incuriosito, domandandosi fino a dove potesse arrivare l’assurdità di quel tizio, poi scrollando la testa si rammaricò al pensiero che quello sarebbe stato il suo allievo. Si domandò per quanto tempo avrebbe dovuto sottostare a quella ridicola situazione: non solo aveva un allievo scemo, oltre che incapace, ma doveva gestirlo con uno dei suoi peggiori incubi.

Non era mai stato particolarmente gentile con gli altri cavalieri. Al contrario, benchè sorridesse e salutasse tutti, appena gli altri gli voltavano le spalle, Milo ne diceva di peste e corna.

Spesso e volentieri Camus, sentendolo parlare in quel modo dei suoi compagni, gli aveva ricordato che un cavaliere di Athena non deve mai parlar male di un proprio compagno, perché un giorno potrebbe accadere che il tizio che ha preso in giro potrebbe essere colui che gli salverà la vita.

Parole al vento.

Milo aveva continuato a parlar male di tutti ad ogni occasione. Non era colpa sua: il fatto era che i suoi compagni di armi erano, ognuno a proprio modo, fuori luogo e fuori tempo. O troppo antichi come il matusa di Libra o fuori moda come il fantomatico Cavaliere di Ariete (chissà poi se era ancora vivo!) o il cavaliere del Toro. Poi c’erano i tipi strani (Virgo), i matti da legare (Cancer) e quelli troppo vanesi per essere dei veri cavalieri (Fishes). Per non parlare degli esaltati come Capricorno o degli alienati come Camus. Voleva bene al suo amico, su questo non aveva alcun dubbio, ma affermare che il cavaliere di Aquario fosse la persona più socievole del mondo sarebbe stato affermare che l’uomo deriva da una balena. La verità è che ognuno di loro, a proprio modo, era un disadattato. Come poteva essere altrimenti? Tutti loro aveva passato la l’infanzia ad essere presi a calci e pugni e non avevano mai sperimentato cosa volesse dire avere una giornata normale. Per un momento, osservando Edgar, provò invidia. In fondo quell’essere anonimo aveva avuto un’infanzia più normale della sua.

Aioria si voltò ad osservarli ed la rabbia affiorò in Milo. Tra tutti i cavalieri, quello di Leo era in assoluto l’uomo che più detestava. Più volte Camus gli aveva chiesto spiegazione su quel sentimento, ma Milo non era mai riuscito a dare una spiegazione sensata. Lo odiava. Punto e basta. Non doveva esserci per forza un motivo. Aioria lo ignorò, rivolgendosi direttamente ad Edgar:

  • Ciao.

  • Sal….ve

  • Tu sei il mio nuovo allievo, giusto? – Aioria sorrise

  • Giusto - Edgar si rilassò impercettibilmente

  • Sbagliato! – Milo intervenne, chissà poi perché

  • Cosa vuoi, tu? – Aioria lo fulminò con lo sguardo ed in Edgar una leggera sensazione di panico riaffiorò

  • Voglio sottolineare il fatto che anche io sono il suo maestro

  • E chi lo ha detto?

  • Il Grande Sacerdote … non ricordi?

  • Sei dispensato – Aioria lo trattò con sufficienza

  • E chi mi dispensa? Sul volto di Milo comparve un sorriso sinistro che fece venire i brividi ad Edgar

  • Io – Aioria allargò il suo sorriso – mi è sembrato di capire che vorresti essere in tutt’altro posto e che non ti va di addestrare Edgar, per cui, io ti dispenso

  • Non puoi farlo

  • L’ho appena fatto

  • Si, ma non puoi farlo!

  • L’ho appena fatto!

  • Ti HO DETTO CHE NON PUOI FARLO!

  • Fantastico – Edgar pronunciò il suo pensiero ad alta voce

  • Che cosa è fantastico? – Milo diresse il suo sguardo omicida verso di lui

  • Beh …..

L’omino non poteva certo dirgli che trovava ridicolo il fatto che dopo essere stato bistrattato per tutto il giorno precedente, ora veniva conteso come il primo premio di una riffa di paese. Per fortuna in suo soccorso giunse una ragazza dai capelli rossi. Aioria, vedendola arrivare, si sistemò i capelli con un gesto nervoso della mano, mentre Milo diede una scrollata alla sua folta chioma. Edgar, invece, rimase ipnotizzato dalla maschera che indossava la ragazza e non fece alcun gesto di rassetto. Del resto non aveva più tanti capelli e sarebbe stato ridicolo per lui sistemarsi ciò che non c’era più.

La ragazza si fermò vicino a loro e salutò il cavaliere di Leo.

  • Salute Aioria

  • Ciao Marin – il ragazzo mostrò un caldo sorriso – anche tu nell’arena per allenarti?

  • Non sono venuta per allenare me, ma il mio allievo

Solo in quell’istante lo sguardo dei tre si voltò verso il ragazzino che seguiva Marin. Era alto poco più di Edgar e mostrava nel volto tutta la sua giovane età, eppure l’ometto notò nei suoi occhi una fiamma viva, carica di rabbia e di dolore. La stessa fiamma che aveva visto ardere negli occhi di tutti i cavalieri d’oro. Edgar rimase per un istante ad osservare il giovane ragazzo, ammirato da ciò che vedeva. Marin si voltò verso di lui e l’ometto spalancò la bocca, inebetito dalla maschera senza sorriso. Come poteva una ragazza così bella (almeno questa era l’idea che Edgar si era fatto) portare una maschera così orribile?

  • Perché mi guardi in quel modo? – la voce della ragazza era ferma e calma

  • Io …. – l’ometto abbassò lo sguardo

  • E’ per la maschera, vero? Ci farai l’abitudine

  • Come?

  • Tutte le donne guerriere nel Grande Tempio indossano la maschera – Aioria rispose con gentilezza alla domanda che Edgar non aveva ancora posto

  • Perché?

  • E’ tradizione

  • Tradizione? Perché? – l’ometto era incredulo

  • Perché … perché .. perché! – Milo sbottò – che importanza ha perché o per come? E’ tradizione! E le tradizioni vanno rispettate. Questa è la legge di Athena

  • Anche se sono ingiuste? – Edgar lo guardò perplesso

  • Ingiusto? E chi stabilisce che è ingiusto? – Milo lo fulminò nuovamente con lo sguardo

  • Beh …. Ma .. insomma … perché una bella ragazza deve coprirsi il volto?

  • Per evitare di essere guardata da un ebete come te?!?

  • Basta Milo! – Aioria si spazientì – lo stai offendendo e non lo merita

  • Aioria ha ragione - Marin intervenne prima che gli animi si scaldassero più del dovuto – in fondo ha fatto solo una domanda

  • Una domanda stupida!

Milo si voltò e si allontanò. Per lui la conversazione e l’allenamento erano conclusi. Odiava tutte quelle domande e cominciava ad odiare Edgar. Forse perché le domande di quell’essere ridicolo un tempo erano state anche le sue? Marin lo osservò allontanarsi, poi voltandosi verso Aioria gli chiese cosa Edgar facesse lì con loro.

  • Si addestra a diventare un cavaliere

  • Un cavaliere? – Marin lo guardò perplessa ed Edgar non ebbe alcuna ragione per offendersi, visto che anche lui giudicava la cosa ridicola

  • Si – Aioria non mostrò alcuna emozione al riguardo

  • Per quale armatura?

  • Quella di Pegasus

  • Cosa? – l’allievo di Marin sbottò – quella è la mia armatura!

  • Seiya quella non è la tua armatura

  • Si, Marin, è la mia armatura

  • Non lo è perché non hai ancora vinto il combattimento e non l’hai ottenuta in premio – Marin si mostrò calma

  • Si, ma lo vincerò e sarà mia!

  • Calmati ragazzo! – Aioria sorrise – se continui così, avrai sicuramente la tua armatura.

  • Ma tu hai detto … - Seyia lo guardò dubbioso

  • Ho detto che Edgar si allena per avere una possibilità di ottenerla, ma dubito che riuscirà nell’impresa

Il cavaliere di Leo fece l’occhiolino a Marin e l’ometto si sentì profondamente umiliato. Era vero che lui non mostrava alcuna attitudine al combattimento e certo non aveva il fisico scolpito del ragazzino se non per l’altezza, ma visto che il suo nuovo maestro non lo aveva ancora visto in azione, perché doveva darlo già per sconfitto? Almeno avrebbe potuto dimostrare una finta speranza? Mentre Aioria continuava a parlare con Marin e Seiya come se lui non fosse lì presente, Edgar sentì su di sé gli occhi di qualcuno. Voltandosi, vide tra gli spalti deserti Mya.

Se possibile, quella ragazzina era ancora più carina del giorno prima, ma il suo sguardo era triste e spento. Edgar promise a se stesso che se mai fosse riuscito a far sparire quello sguardo triste dagli occhi più belli che aveva mai visto, allora sarebbe riuscito anche ad ottenere l’impossibile: l’armatura di Pegasus.

Una botta violenta e la sensazione di stare per morire, lo fecero tornare immediatamente con i piedi per terra. Si ritrovò sdraiato nella polvere, con il sole in faccia e lo sguardo assassino di Milo puntato addosso.

  • Ora basta con le chiacchiere e con i sogni ad occhi aperti. Si comincia con le cose serie!




Incredibile! Incredibile! Dopo secoli sono riuscita a scrivere questo nuovo capitolo! L’ho sempre detto che odio lasciare le storie incompiute e così ho deciso di riprendere questo racconto con la speranza di terminarlo finalmente. Perdonatemi per l’attesa … spero che vorrete tornare a leggere le imprese del valoroso (non ancora .. ma forse si attrezzerà) Edgar, dello scontroso Milo e dello sfortunato Camus!

Fatemi sapere cosa ne pensate …. Magari così sarò invogliata a scrivere più velocemente!

  
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