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Autore: Kitty For Peace    11/09/2013    1 recensioni
Fine ha ventiquattro anni,una ragazza come tante,che sta per coronare il suo sogno d’amore. Finalmente è arrivato il gran giorno,ma il destino decide di giocarle un brutto scherzo: pochi minuti prima dell’inizio della cerimonia,il fidanzato Shade rimane gravemente ferito a causa di un incidente stradale. Il ragazzo entra in coma,le possibilità di risvegliarsi sono scarse. Fine ogni giorno si reca in ospedale,facendogli ascoltare canzoni e sfogliando vecchi album,ricostruendo la loro vita insieme.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 13

 

 

 

 

 

 

 

 

Appoggiai la mano alla ringhiera in legno seguendo Antonio.

Entrai nella stanza dalle pareti di quel violetto tenue che sembrava quasi trasparente.

-Allora,com’è andata la verifica?-mi chiese con aria seria sedendosi di fronte a me.

Presi il libro dallo zaino e lo poggiai in malomodo sull’enorme tavolo.

-Quattro e mezzo.-biascicai prendendomi la testa fra le mani,pronta a una ramanzina stile mamma infuriata.

-Non va bene-rispose Antonio afferrando il libro-Non va proprio bene.-

Sicuramente il litigio con Shade non mi aveva fatto concentrare durante la verifica,ma lo stesso non potevo prendere un otto.

-C’è qualcosa che non va?-mi chiese Antonio preoccupato sgranando I suoi occhioni marroni.-Nelle ultime lezioni ti ho visto distratta,se hai qualche problema di concentrazione puoi dirmelo.-

Concentrazione?Sì,poteva essere quello,ma il problema reale era un altro.

-Forse hai ragione...-

La lezione trascorse molto lentamente,Antonio mi rispiegò tutto il programma con una pazienza incredibile. L’ammiravo così tanto.

Tutte le parole del mondo non sarebbero bastate per ringraziarlo.

Nonsotante la giornataccia,tornai a casa serena.

Studiai fino a tardi per recuperare francese.

Mi addormentai con la testa sul libro,e la mattina dopo faticò non poco per svegliarmi.

Come secondo la routine,arrivai a scuola rischiando di inciampare a ogni scalino.

Entrai in classe,quando il cellulare vibrò nella tasca.

-Pronto?-

-Fine,devi venire in ospedale!-

Guardai il nome sullo schermo del telefono. Era Martino. Ma che ci faceva alle otto di mattina lì?

-Fine,non posso spiegarti tutto,ma se vuoi avere davvero una possibilità con Shade devi venire!-

La chiamata s’interruppe bruscamente.

Shade?Gli era successo qualcosa?

La paura s’impadronì di me.

Già me lo immaginavo,su una barrella e una flebo al braccio.

Presi lo zaino e mi diressi a grandi passi verso la piazza,dove presi giusto in tempo la navetta che mi condusse in dieci minuti dall’altro capo della città.

La struttura si ergeva imponente sul territorio,dandomi un senso d’inquietudine.

Entrai e telefonai a Martino,che mi indicò il piano e la stanza.

Giungemmo in un corridoio ancora poco illuminato,pieno di stanza chiuse.

Solo una era aperta,mi avvicinai lentamente senza far rumore.

Vidi un’anziana donna nel letto,con una flebo al braccio e con un volto sofferente ma calmo allo stesso tempo.

Accanto a lei,avvolto nella penombra,vidi una figura accovacciata in un angolo.

Mi avvicinai e notai che teneva la testa tra le mani e piangeva,avvolto in un lungo cappotto beige e una sciarpa che ridestò subito la mia attenzione.

Guardai Martino come per avere il suo incoraggiamento,e lui mi spinse dentro.

Mi avvicinai al ragazzo prendendo una sedia.

-Shade...-mormorai avvicinandomi a lui e togliendogli una mano dal viso.

Alzò la testa mentre piangeva ancora,e contrariamente a quanto mi aspettavo,non mi respinse,anzi sorrise a stento appena mi vide e mi abbracciò.

Rimasi all’inizio pietrificata,poi ricambiai l’abbraccio.

Piangeva come non avevo mai visto fare da lui. A quanto pare doveva essere quella nonna che aveva nominato l’amico del bar il giorno prima.

-Scusami-gli dissi di getto,senza pensarci.

In fondo,era solo una parola,anche se ha più lettere di ‘’ti amo’’ ,sicuramente era più facile da dire in confronto.

-Sono stata una stupida,ho sbagliato e lo ammetto,so che ormai tu ed Azzurra vi siete lasciati e tutta la scuola sa che ti ha tradito,ma ti prego,almeno dimmi se mi perdoni o no,perché non posso restare ancora un minuto di più senza sapere se accetti le mie scuse. Ogni volta che mi eviti a scuola,ogni volta che mi guardi con quell’aria truce,non sai come mi maledico per quello che ho fatto. Ti giuro che non volevo che tutto questo accadesse,ma sappi che io...-

Presi fiato,mentre Shade si staccò lentamente da me. Sospirai a fondo,tutto quello che avevo tenuto chiuso a chiave negli abissi del mio cuore in tutte quelle settimane era stato travolto da quell’abbraccio,tramutatosi in un’onda che aveva appena spalancato le sue porte che avevo sprangato in precedenza .

Ormai l’oceano di parole che era fuoriuscito dal mio cuore non poteva essere risucchiato,toccava a lui emanare la sentenza.

Shade mi guardò con una serietà che quasi mi meravigliò,mi guardò negli occhi e mi chiese:

-Io?Che stavi dicendo?-

Cinque lettere,due parole. Complessivamente,erano meno lettere di ‘’scusami’’,ma erano separate:forse era proprio questo il problema.

-Io...ti voglio bene-

Undici lettere,tre parole:sicuramente di più,ma meno difficili da pronunciare.

Shade guardò il corpo esanime della nonna che giaceva nel letto,come per chiederle consiglio,poi mi guardò e mi abbracciò.

-Posso prenderlo come un perdono?-osai chiedere come una stupida.

-Sì-mi mormorò nell’orecchio.

Vidi con la coda dell’occhio Martino che sorrideva compiaciuto nel corridoio.

Shade scoppiò di nuovo a piangere.Gli accarezzai I capelli, manto notturno,soffici,come le nuvole che lo offuscano.

Rimanemmo lì,per non so neanch’io quanto tempo,ricordo solo che Martino mi salutò poco dopo e mi lasciò con lui. Non m’importò nemmeno della scuola,del pullman perso,delle preoccupazioni di mamma e Rein,neanche del tempo che trascorreva inesorabilmente.

 

 

 

L'unica persona che contava era quella che  stavo abbracciando.

 

  
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