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Autore: MarySmolder_1308    13/09/2013    2 recensioni
L'amicizia è un sentimento essenziale, che ti travolge improvvisamente.
E così ti ritrovi legata a persone che non avresti mai immaginato di poter conoscere, con cui non avresti mai immaginato di parlare.
L'amicizia spesso e volentieri ti cambia la vita e lo fa senza che tu possa rendertene minimamente conto.
Non ti chiede il permesso. Lo fa e basta.
E' questo che succede a Maria Chiara Floridia, 26 anni, specializzanda in chirurgia al terzo anno al Saint Joseph Hospital, quando incontra i famosi Ian Somerhalder, 33 anni, e Nina Dobrev, 24 anni.
Il problema è che anche l'amore agisce in questo modo.
Possono questi due sentimenti entrare in contrasto?
Possono lottare fra loro, logorando tutto ciò che è sul loro cammino?
Possono far sorgere dei dubbi?
Possono distruggere una persona?
In un mondo in cui è ormai difficile instaurare delle relazioni, tre persone si ritrovano tra le grinfie di questi sentimenti.
Vincerà l'amore o l'amicizia?
--
Ci tengo a precisare che non sono una scrittrice professionista. Utilizzo la scrittura per esprimere al meglio tutti i miei pensieri, tutte le mie sensazioni, tutte le mie emozioni. In ogni capitolo cerco di dare il massimo, quindi spero possiate apprezzare!
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ian Somerhalder, Nina Dobrev, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta, Triangolo
Capitoli:
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POV Mary
Erano passate sei settimane dall'incidente di Ian e lui era ancora in ospedale. Entrai nella sua stanza per visitarlo e vidi Nina con delle valige. 
"Che succede?" sussurrai.
"Devo tornare in Canada. Mi hanno contattata i registi di 'Degrassi' che hanno intenzione di fare delle puntate speciali per far vedere come i personaggi hanno sviluppato le loro vite" disse Nina.
La guardai riempire di attenzioni Ian, poi si baciarono e lei andò via.
Mi avvicinai a Ian e dissi: "Lo sa che domani ti dimettiamo?".
Lui scosse la testa, poi sussurrò: "E' meglio così, deve lavorare e non voglio esserle d'intralcio"
"Capisco" annuii e lo visitai, poi gli augurai buona notte e tornai a casa.

"D'accordo, Robyn. Davvero, non ti preoccupare, me la caverò. Sì, sì, ciao"
"Verranno a prenderti?" chiesi curiosa.
Ian scosse la testa.
"Negativo, praticamente sono in mezzo a una strada" fece una smorfia .
Richiusi la cartella e feci per andarmene, quando Steve arrivò con il modulo di dimissioni.
"Ecco qui il tuo modulo di dimissioni, Ian. Chi ti porta a casa?”
“Ho un problema. Nina è partita ieri per il Canada e mia sorella non può venire. Sono bloccato qui in ospedale”
“Ma davvero? – Steve mi guardò con la coda dell’occhio, sghignazzando sotto i baffi, poi disse raggiante – Mi è venuta un'idea”.
"Sarebbe?" disse Ian speranzoso.
"Perché non stai da Mary? E' un medico, quindi può prendersi cura di te più facilmente; e poi ha una camera da letto al piano terra, perciò non dovresti nemmeno preoccuparti delle scale".
Senza farmi vedere da Ian, lo fulminai con lo sguardo. Steve mi ignorò e guardò Ian. 
"Se per te non è un problema.." Ian mi guardò.
In quel momento fu come se il mondo si fosse dissolto nel nulla e fossimo rimasti solo noi due. Era inutile cercare di negare l'evidenza, cercare di combattere quel sentimento. Mi stavo innamorando di lui e ogni suo singolo gesto mi faceva male. Lui stava con Nina e lei era una mia amica, non potevo farle del male. Non potevo, però, nemmeno lasciarlo lì, abbandonato a sé stesso e con un ginocchio mal funzionante. 
"D'accordo, dammi qua, mi prendo la responsabilità" dissi a Steve, che mi passò il modulo di dimissioni.
Lo firmai e portai a casa Ian. 
Era divertente averlo in casa. Non passavamo un momento annoiati, ridevamo e parlavamo in continuazione.
Una sera, mentre mangiavamo gelato al cioccolato misto a patatine, Ian mi guardò in modo strano.
“Che c’è?” chiesi.
“Ti prego, mi racconteresti di quando sei arrivata in America? Sono incredibilmente curioso” sorrise.
“Non se ne parla, è imbarazzante”
“Dai, ti pregooo” fece il labbruccio.
“Mmmm, e va bene, ma a patto che non ti sbellichi troppo dalle risate”
“Affare fatto. Ora racconta” si sistemò comodamente sul letto e attese che la mia bocca si aprisse per parlare.
“Allora, le prime cose che ho detto appena arrivata in America sono state ‘Adoro questo paese!’. Le seconde ‘Non. Ci. Credo’, dette sotto shock”
“Come mai?” chiese curioso.
Cominciai a raccontare, mentre le immagini di quel primo mese ad Atlanta riaffioravano nella mia mente.
 
"Mi dispiace, Maria Chiara. Dovrai restare qui per il primo mese. Purtroppo la casa che volevo mostrarti non è ancora pronta per essere mostrata, perciò..." Jodie si passò una mano tra i setosi capelli biondi.
Non continuò il discorso e se ne andò di corsa, scendendo le scale malridotte a due a due e urlandomi che mi avrebbe chiamata nei prossimi giorni.
Le valige mi caddero dalle mani.
Davanti a me c'era una stanza di massimo sei metri quadrati, cupa e con i mobili quasi rotti. Sulle pareti si intravedevano delle toppe, causate sicuramente dall'umidità. Scossi la testa quasi nel panico e andai a controllare le altre due stanze.
La camera da letto era messa peggio della cucina-salotto, per non parlare del bagno. Le toppe di umidità sembravano proseguire fino al piano di sotto e c'era persino un tanfo orribile.
"Benvenuta in America" mi sussurrai ancora sconvolta.
Stavo pensando a un modo per far fuori Jodie, quando sentì qualcuno urlare sul pianerottolo.
"Ehi! Ehi!".
Corsi alla porta e vidi un omone pelato con tracce di sudore sulla canottiera bianca.
"Sì?" la voce mi uscì decisamente nauseata.
"Sei la nuova inquilina del 3B?"
"Ehm, sì, sono proprio io"
"Oh, benvenuta. Io sono Tom, l'inquilino del 2B. Se hai bisogno di qualcosa ti basta chiedere, solo... non sempre" rise di gusto e se ne andò verso il suo appartamento, giusto in tempo per accogliere in casa sua una bellissima donna, con un'evidente parrucca bionda, un vestito rosso e delle calze a rete nere.
"Ciao dolcezza" Tom le palpò il sedere.
"Pronto a cavalcarmi?".
Tom non le rispose e chiuse la porta con forza. Rientrai immediatamente e feci due giri di chiave, poi mi sedetti sul pavimento, se così si poteva chiamare, portandomi le ginocchia al petto.
"Ma dove sono capitata? Jodie questa me la paga" dissi quasi spaventata.

 
Il racconto fu interrotto dalle troppe risate di Ian.
“Oh Mio Dio, non avevo mai riso così tanto! Ho le lacrime” rise ancora di più, sicuramente immaginando la mia faccia in quel momento sciagurato.
Quando si calmò, m’implorò: “Raccontami altro del tuo primo mese, ti scongiuro”
“No, mi prenderesti ancora in giro” sbuffai.
“No, lo prometto. Dai, continua” sorrise.
“Non riesco a dirti di no, maledizione” bofonchiai e continuai con un altro aneddoto.
 
Bussarono alla porta e aprii di fretta.
"Ti ho portato un caffè e un cornetto alla crema"
"Oh, Tom, grazie – sorrisi e li presi – Quanto ti devo?"
"Niente, davvero. Mi ripagherai quando"
"Quando ti farò fare gli esami clinici completi, lo so. Ma non sarebbe meglio se invece smettessi di svolgere le tue attività?"
"No, sono abitudini! Ed ecco, a tal proposito.. devo andare" disse imbarazzato.
"E vado pure io, così non ritardo – presi le chiavi e la tracolla e chiusi la porta dietro di me – Buona giornata" mi diressi verso le scale.
"Oh, lo sarà sicuramente!"
"Tom – mi voltai – non lo volevo sapere" conclusi con una punta di disgusto.
Scoppiò a ridere e rientrò in casa. Uscii da quel palazzo e andai verso l'ospedale, con le cuffie e la colazione al seguito. Ero elettrizzata, finalmente era arrivato il giorno che aspettavo da ben quattro settimane. Stavo per cominciare il mio tirocinio al Saint Joseph Hospital.
Sorrisi e cominciai a muovere le dita e la testa, a ritmo di musica, mentre mi guardavo intorno estasiata.
Nonostante vivessi in un tipico appartamentino disagiato americano, non mi ero ancora resa del tutto conto di trovarmi proprio in America.
Il mio sogno si era avverato.
Mentre avevo ancora la testa per aria, pensando alle avventure che avrei vissuto quel giorno e canticchiando ‘What have you done’ dei Within Temptation, mi apprestai ad attraversare, quando una macchina frenò di botto, rimanendo a pochi centimetri da me.
"Ma che fai? Guarda dove vai" mi urlarono un uomo e una donna, poi, spostatami, l'uomo diede gas e ripartirono.
Restai allibita per il resto della strada.
Certo che alcune persone erano proprio cafone.
Entrata in ospedale, mi diressi verso lo spogliatoio e un infermiere mi confermò il mio numero di armadietto.
Presi da lì camici e badge e aspettai di essere chiamata.
"Crane, Davis, Floridia, Walker" disse l'infermiere di prima.
"Eccomi" dissi e andai all'ingresso dello spogliatoio, dove, oltre all'infermiere c'erano l'uomo e la donna dell'auto e un altro uomo.
Gli occhi azzurri del primo uomo e gli occhi verdi della donna si sgranarono, non appena li raggiunsi.
"Ma tu sei la maldestra di stamattina!" sbottò l'uomo.
"E tu sei l'uomo che stava per mettermi sotto" ribadii un po’ imbarazzata.
"Sei sicuramente nuova in città, non hai notato che il semaforo dei pedoni era rosso. Toccava a noi passare" mi fece notare la donna, sicuramente più calma dell'uomo.
"Oh... ops, scusatemi – feci una smorfia, non avevo notato il semaforo, presa com'ero dalla felicità – Abbiamo iniziato con il piede sbagliato. Maria Chiara Floridia, piacere" tesi la mano.
"Rose Davis" disse la donna.
Dopo avermi stretto la mano, indicò l'uomo cafone e disse: "Lui è Steve Crane, il mio fidanzato - poi indicò l'altro - Mentre lui è Alex Walker, un... amico?"
"Senza quel punto interrogativo, donzella - disse Alex e mi guardò con malizia avvicinandosi - Ma di dove sei? Hai l'aspetto di un'italiana"
"Sì, lo sono. Vengo dalla Sicilia"
"Interessante" mi fece l'occhiolino e io rabbrividii.
"Ragazzi, ehmm - ci interruppe l'infermiere - va bene socializzare, ma dovreste andare dal vostro responsabile, siete in ritardo"
"Oh porca" dicemmo in coro e corremmo verso il dottor Wilson.
"Bene, ho quattro specializzandi ritardatari. Che bellezza" fu tutto quello che disse prima di renderci la giornata un inferno.

 
“Aspetta, Mary, frena. Chi è Alex Walker? Non me l’avevi mai nominato prima di ora” Ian mi guardò interrogativo.
“Alex è un coglione, pervertito, amico di Steve. Abbiamo trascorso i primi due anni di specializzazione insieme, ma ora fortunatamente, dato che iniziamo a indirizzarci verso le nostre specializzazioni, pur continuando a fare tutto, lo vedo meno spesso”
“Non ho capito bene”
“I primi due anni di specializzazione si lavora in tutti i reparti. Dal terzo anno in poi, però, inizi a lavorare un po’ di più sul reparto che vorresti intraprendere. Nel mio caso cardio; nel caso di Rose chirurgia generale; nel caso di Steve neuro e nel caso di Alex fisioterapia e ortopedia. Ci sei?”
“Sì”
“Bene. Ovviamente, fin quando non saremo dei veri medici, non potremo lavorare soltanto in quei campi, ma anche negli altri”
“Quindi, vi vedete di meno, perché, anche se continuate a lavorare in tutti i reparti, siete un po’ più concentrati nei reparti che tra tre anni vi accoglieranno?”
“Esatto”
“Tutto chiaro – sorrise – Ora continua l’aneddoto”
“Ok”.
 
Il dottor Wilson aveva dato ordini tutto il giorno e, tra analisi, pronto soccorso, cartelle, esplorazioni rettali, pus e tutto il resto, non avevo nemmeno avuto il tempo di andare a pranzo o di prendere qualcosa da sgranocchiare.
Alla fine del turno, non mi reggevo in piedi.
"Ehi, ehm.. dove abiti?" mi chiese Rose.
"Sono così stanca che non ricordo nemmeno il nome" feci una smorfia.
"Oh... beh, se ti viene in mente dimmelo. Non vorrei che qualcuno t'investisse, data la tua scarsa attenzione ai semafori cittadini"
"Scusami ancora per stamattina! E' solo che... nella mia città natale i semafori non ci sono e nella mia città universitaria non li notavo perché andavo sempre con i mezzi pubblici"
"Tranquilla - sorrise - Sai, mi stai simpatica"
"Anche tu" ricambiai il sorriso.
L'infermiere che aveva accolto tutti la mattina, giunse nello spogliatoio con i turni del giorno dopo, poi disse: "La dottoressa Floridia è richiesta all'ingresso" e se ne andò.
"Ma non sei tu?" Rose mi guardò.
Annuii e senza dare retta agli altri, andai all'ingresso.
Ad aspettarmi c'era Jodie, con un sorriso smagliante.
I suoi occhi azzurri risplendevano e i suoi capelli biondi erano perfettamente raccolti in una coda.
Come faceva a essere così bella dopo una giornata di lavoro?
Inorridii, pensando al mio aspetto.
"Jodie – il mio tono di voce cambiò, ripensando all’appartamento – Hai idea di dove mi hai mandato a vivere? Mi avevi promesso un posto"
"Sì lo so, non continuare. Diciamo che quello era il posto temporaneo e te l'avevo pure detto. Vieni con me. Ti porto nella tua vera casa" mi fece l'occhiolino e mi trascinò fuori dall'ospedale.
Salite in macchina, passammo tutta Atlanta e prendemmo la strada per andare in periferia.
"Ma dov'è?"
"Non essere impaziente, Mary" mi sorrise e continuò a guidare.
Quando arrivammo, rimasi a bocca aperta.
"So cosa stai per dire, credimi! 'Ma Jodie, che casa è?' – mi imitò e accennai un sorriso – Beh, sai che ti dico? E' la casa per te. Quando mi hai contattata su internet mi hai detto che volevi una di quelle case che avevi visto nei film, una casa dove magari avresti potuto costruire qualcosa ed eccola qui! Certo, ha bisogno di qualche ristrutturazione, non lo metto in dubbio, ma è proprio per questi lavori che dovrai fare che la mia agenzia non ti farà pagare tanto. Così potrai permettertela nonostante il tuo stipendio per ora basso da tirocinante. Che ne pensi?".
La guardai a bocca aperta. Quando mi ripresi, balbettai: “E’ p-perfetta. Grazie”.

 
“E ti sei guadagnata questa bellezza al primo anno? Fortunata la ragazza” Ian mi diede una spintarella e continuò a mangiare.
 
La prima settimana con Ian era andata abbastanza bene.
Ma, sfortunatamente per me, nonostante fosse bellissimo averlo accanto, diventava una sofferenza sempre maggiore. Non credevo avrei mai potuto provare una cosa così forte per una persona, davvero, era indescrivibile. Ogni volta che mi guardava, che mi diceva che mi voleva bene, il mio cuore batteva così velocemente, che temevo potesse uscire dal mio petto. Perché mi ero dovuta innamorare di lui? Non potevo restare la sua amica Mary e basta? Il dolore per non poterlo avere cominciava a diventare sempre più forte e tenere nascosto ciò che provavo sempre più difficile. Il faro di un'auto mi destò dai miei pensieri. Scossi la testa e imboccai la prima strada a destra, poi proseguii fin quando non raggiunsi il mio cortile. Scesi dall'auto ed entrai in casa. 
"Sono a casa!" urlai.
"Mary!" rispose Ian dalla sua stanza.
Corsi da lui e gli poggiai sul letto un sacchettino.
"Cinese, come aveva richiesto, sire" dissi, trattenendo una risata.
Lui mi ringraziò con un bacio sulla guancia e cominciò a mangiare. Restai un po’ intontita da quel bacio, poi andai a mangiare anch'io. Quando tornai in camera sua dopo cena, lo trovai seduto con un'espressione strana.
"Tutto bene?" chiesi preoccupata e mi avvicinai istintivamente a lui.
Annuii, poi divenne rosso. 
"Mary – farfugliò – dovresti farmi un favore"
"E sarebbe?".
Abbassò lo sguardo e sussurrò: "Io lo so che è un po’ imbarazzante, però... potresti aiutarmi a fare il bagno?".
Restai paralizzata per istanti eterni, poi annuii ancora stordita e lo accompagnai in bagno. Lo aiutai a entrare in vasca, cercando di combattere la voglia di guardarlo e cominciai a lavargli i capelli. Mi sentivo in colpa, come se con quel gesto stessi tradendo l'amicizia di Nina, ma non potevo non ammettere che mi piacesse essere lì in quel preciso momento. Dopo lo shampoo dovetti lavargli le spalle e la schiena. Il suo corpo si irrigidì e io arrossii. No, non potevo sopravvivere a quel momento, sarei svenuta presto, me lo sentivo. Scossi la testa con forza per non pensarci e presi la spugna tremante. Cominciai a massaggiarlo con essa, fin quando i muscoli non si rilassarono, poi gli dissi: "Fatto, ti puoi immergere"
"Grazie mille" mi sorrise e si immerse.
Uscii immediatamente da quella stanza e cominciai a vagare per la casa, in attesa che quel momento e quel rossore svanissero dalla mia mente e dal mio viso. Più cercavo di non pensarci, più mi martellava in testa.
"Maledizione!" sussurrai, poi sussultai.
Stava squillando il mio telefono.
Corsi in cucina e lo presi. Era Nina. Sembrava che qualcuno si divertisse a mettermi in situazioni di merda. Respirai profondamente e risposi.
"Mary, sono preoccupata"
"Perché?"
"Ian non risponde al telefonino, e se gli è successo qualcosa?"
"No, no, tranquilla! E' solo che sta facendo il bagno e aveva il telefonino in stanza. A dire il vero non l'avevo sentito nemmeno io suonare"
"Perché, sei con lui a quest'ora? Hai la notte in ospedale?"
"Ehm.. No, Ian per ora sta da me, l'abbiamo dimesso qualche giorno fa e io ho una camera da letto al piano terra, così non deve fare le scale".
“Qualche giorno fa? Una settimana, bugiarda!” disse sprezzante una vocina dentro di me.
Perché le avevo mentito?
"Oh. Capisco. Me lo saluti. Ora vado, ciao" Nina riattaccò.
La sua voce era cambiata in un niente. Da agitata a pungente e fredda.
Rabbrividii, non osavo immaginare la sua faccia.
Posai il telefono e andai da Ian.

POV Nina
Riattaccai violentemente. Non sopportavo più la situazione che si era creata. Andai nell'ufficio di Linda, una delle ideatrici di 'Degrassi'.
"Linda, posso entrare?"
"Ma certo, Nina, accomodati"
"Devo chiederti una cosa"
"Dimmi tutto quello che vuoi"
"Quando finiremo le riprese?"
"Ci vorrà circa un'altra settimana, come mai?"
"Piccola curiosità, sai, per le riprese di 'The Vampire Diaries'" sorrisi e mi congedai, poi chiamai un taxi.
Tornata in albergo, prenotai un volo per Atlanta nel fine settimana successivo e mi sdraiai. 
La breve conversazione con Mary era ancora lì, non riuscivo a scacciarla via, come non riuscivo a togliermi dalla mente tutti i momenti che Ian e Mary avevano vissuto insieme da quando si erano conosciuti. Provai tanta rabbia. Dovevo fare qualcosa per separarli o avrei perso Ian per sempre.


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Note dell'autrice:
Innanzitutto (nel caso qualcuno o qualcuna se lo stesse chiedendo) non so da dove mi sia venuta la cosa del bagno, ma l'ho pensata e ho deciso che DOVEVO metterla. Insomma, ve lo immaginate?! Ah xD
Detto questo, lascio determinati pensieri lontani da queste note e divento più seria. Mary ha finalmente pensato la parola "innamoramento". Questo vuol dire che Nina ha tutte le ragioni di questo mondo per essere gelosa, dato che la dottoressa italiana si è presa una gran bella sbandata per il suo uomo. 
Nina ha deciso di fare qualcosa per separarli. Cosa si inventerà? Escogiterà un piano "malefico" o più semplicemente parlerà, facendo venire tutta la sua gelosia a galla? E Ian si accorgerà di questo? Oppure lo ignorerà, così come ancora ignora i sentimenti di Mary?
Lo scopriremo/scoprirete la prossima volta!
Grazie per aver letto :)
ps. Se volete ascoltare la canzone dei Within Temptation che ho citato, eccola: http://www.youtube.com/watch?v=gEgXDhiayz4
  
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