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Autore: Silver Shadow    13/09/2013    0 recensioni
[Tonari no Kaibutsu-kun/ My Little Monster]
Natsume convoca i suoi amici ad un pranzo al quale fa l'annuncio di un viaggio che cambierà la vita di Haru. Come riuscirà a trasformarla?
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Movieverse | Avvertimenti: Triangolo
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Quella notte non lasciammo molto spazio al riposo, visto che eravamo intenti a recuperare il tempo perduto. Fra baci, carezze e abbracci, ci addormentammo stretti l’uno all’altra solo qualche ora dopo. Anche se la cosa non era probabilmente reciproca, le sue parole mi avevano spiazzato. Se non altro, sapeva nascondere molto bene le sue emozioni.
La mattina dopo, svegliandomi, non sentii il corpo esile e caldo di Shizuku fra le mie braccia e sotto le mie dita. Mi misi a sedere di scatto, cercandola con gli occhi ancora annebbiati dal sonno. La chiamai due, tre volte prima di capire che probabilmente era già scesa a fare colazione e che mi stavo allarmando per nulla. Ma pochi minuti dopo, realizzai che non era così.
Scesi le scale a piedi nudi, cercando di non fare troppo rumore. Le porte degli altri ragazzi erano chiuse, segno che stavano ancora dormendo, il che non mi stupì visto che, lanciando un’occhiata all’orologio, mi resi conto che segnava le 6 e mezzo del mattino, e che dopo il trambusto del giorno dopo avevano assolutamente bisogno di riposo, anche se quelli con la gamba ferita non erano loro.
La gamba ferita.
Mi ricordai in quel momento che Shizuku era ancora convalescente e non avevo idea di come avesse fatto a scendere le scale da sola. Preoccupato, iniziai a scendere i gradini più velocemente, quando lo vidi.
Mi convinsi pienamente che il mio cuore smise di battere. Fu un secondo, accadde tutto così velocemente, nel momento in cui Yamaken incrociò il mio sguardo intravedendomi dalle scale. Quando le sue labbra si poggiarono su quelle di Shizuku in un bacio che pareva rubato,ma che lei non respinse. Non finché io riuscii a vederli, il che fu solo per poco, giusto il tempo di sbloccare i miei muscoli paralizzati dall’incredulità. Continuavo a ripetermi che non era possibile mentre inciampavo sempre più spesso nei gradini, cadendo sulle ginocchia e procurandomi sicuramente qualche livido che non controllai. Stavo per entrare in camera, ma realizzai che quel posto non mi avrebbe aiutato a non pensare a ciò che avevo appena visto. Così salii al piano successivo, quel posto dove nessuno si recava da anni, a quanto pareva. Trasudava abbandono e trascuratezza, e lo strato di polvere che era posato su ogni oggetto brillava sotto la luce del sole che filtrava debole da una sudicia porta finestra poco più infondo. C’erano due divani, uno blu e uno rosso, e diversi mobiletti in metallo affiancati alle pareti, che contenevano scatoli di tutte le dimensioni. C’erano giocattoli abbandonati sul pavimento, matite e fogli. L’aria era irrespirabile, così aprii la porta finestra e respirai a lungo l’aria umida ed calda. Avanzai lentamente, quasi con prudenza, sulla grande terrazza sulla quale la porta finestra si affacciava. Mi guardai intorno. Da un lato, la campagna che si perdeva in montagne, estendendosi fin dove l’occhio riusciva a vedere, dall’altra il paesino formato da piccole casette attaccate e uno scorcio di mare visibile dall’ angolo. Concentrandomi sui piccoli dettagli di quel paesaggio, riuscii a non pensare per un po’ al bacio di Yamaken e Shizuku, ma la mia mente, viaggiando altrove, tornò su quella scena ben presto. Non mi capacitavo dal tutto di ciò che era successo, e mi sembrava quasi irreale tante erano le emozioni che avevo provato tutte insieme in pochi istanti. Aggrottai le sopracciglia quando, con rabbia e amarezza mescolati insieme, mi stupii del fatto che Shizuku non fosse ancora venuta a cercarmi. Che senso aveva? La sera prima mi diceva che mi amava e la mattina dopo era incollata alle labbra di quel verme. Non la credevo capace di tanta crudeltà. Ma di che essere orribile mi ero innamorato?
Dovevo aver passato davvero molto tempo a riflettere sulla terrazza, perché quando Natsume mi trovò, sbraitando e lanciandomi fiumi di rimproveri sul fatto che mi avesse cercato per tutta la casa (che non ascoltai), era già ora di pranzo.
Scesi lentamente, fiacco e controvoglia, quasi trascinato dalle braccia senza forza di Natsume, che però dopo qualche gradino. La sua espressione si fece seria e i suoi occhi si puntarono nei miei, prima di sentire le poche parole che davvero ascoltai da quando mi aveva ritrovato.
Natsume: E’ per il bacio, vero?
Sentii i miei muscoli irrigidirsi, ed evidentemente lei se ne accorse, perché la sua presa sul mio braccio si allentò trasformandosi in una carezza. Restai in silenzio con lo sguardo basso, e non le servì una risposta per sapere che il motivo era chiaramente quello. E lo sapeva da molto. In un secondo, realizzai che in realtà non era venuta a cercarmi prima perché voleva lasciarmi un po’ solo, e che probabilmente con gli altri si era inventata mille scuse per coprirmi. Aveva sempre saputo che ero lì, all’ultimo piano, sulla terrazza. Mi sentii grato e, in un certo senso, debitore nei suoi confronti. Lo sguardo che le rivolsi successivamente era intento a ringraziarla. Credo che lei lo colse, perché mi sorrise. Allora vidi in Natsume una vera amica che fino a quel momento non avevo mai davvero considerato tale.
In quanto al bacio, so chi gliene aveva parlato.
Natsume: Va’ in camera tua.
Le sue parole non mi diedero il tempo di dire qualcosa riguardo al bacio, e la sua corsa veloce e frenetica giù per le scale non mi diede il tempo di controbattere. Sapevo cosa mi aspettava, e non sapevo se ero pronto ad affrontarlo.
 
  
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