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Autore: Emily Kingston    15/09/2013    4 recensioni
Real... or not real?
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“E quello cos’è?” domandò la ragazza posando lo sguardo sulla copertina blu dell’oggetto.
Ron si grattò il naso impolverato e poi abbassò gli occhi sul libro che teneva tra le braccia.
“Credo che sia un album di fotografie,” spiegò. “Mamma ne ha una marea là sopra, ce n’è uno per ognuno di noi, ne ha fatto uno perfino per Harry!”
Hermione si avvicinò di qualche passo, sfiorando le pagine chiuse dell’album dalle quali scappavano gli angoli stropicciati di alcune foto.
“Questo è diverso, però,” continuò Ron dopo poco. “Qui ci siamo io e te.”
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Questa storia si è classificata seconda al contest 'Perché due sono meglio di una' indetto da syssy5 sul forum di EFP
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
- Questa storia fa parte della serie 'Perché due sono meglio di una '
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Real…
 
 La Tana era stranamente silenziosa, per una volta.
Molly e Arthur avevano portato i bambini al lago sulla collina e gli altri Weasley si erano dispersi tra impegni, nuovi appartamenti, esami da preparare e lavoro arretrato, come ogni estate.
Erano rimasti solo il ticchettio lento dell’orologio magico della cucina e gli sbuffi continui di Ron e Hermione a riempire la casa; come succedeva nei pomeriggi d’estate quand’erano ancora ad Hogwarts e Harry e Ginny s’infrattavano tra i cespugli del giardino, e Fred e George si chiudevano in camera per spiarli dalla finestra, e Molly faceva la maglia in cucina, con la porta chiusa, e loro due restavano da soli in salotto a bisticciare sulla lunghezza effettiva della pergamena che dovevano scrivere per il professor Vitius sugli incantesimi levitanti.
“Sono finiti gli scatoloni?” urlò Hermione dal pianerottolo, con il naso puntato in aria verso la botola della soffitta.
Si sentirono i lamenti del Gohul mescolarsi alle lamentele di Ron e ai suoi passi scoordinati, poi un tonfo pesante e un’imprecazione.
“Miseriaccia!”
“Ron, tutto bene?”
Hermione fece per salire il primo gradino della scala che portava alla soffitta, ma Ron la rassicurò, dicendole che stava bene.
“Sono inciampato in un maledetto libro,” lo sentì dire e poi calò il silenzio.
Quella mattina, Molly aveva chiesto ai suoi figli di svuotare la soffitta di tutti gli scatoloni, cosicché lei potesse dare una pulita al polveraio che si era formato lassù negli anni e potesse dare un’occhiata a ciò che c’era dentro agli ammassi di scatole, bauli e scatoline disseminate per la soffitta. Perciò, dato che tutti si erano dileguati subito dopo pranzo, era toccato al povero Ron fare su e giù per la fragile scaletta di legno almeno una cinquantina di volte, il tutto sotto l’attenta supervisione di Hermione.  
Passarono diversi minuti prima che Ron ridiscendesse nel pianerottolo. Aveva il volto sporco di polvere, un residuo di ragnatela nei capelli – cosa che Hermione si guardò bene dal fargli notare – e un libro tra le mani.
“E quello cos’è?” domandò la ragazza posando lo sguardo sulla copertina blu dell’oggetto.
Ron si grattò il naso impolverato e poi abbassò gli occhi sul libro che teneva tra le braccia.
“Credo che sia un album di fotografie,” spiegò. “Mamma ne ha una marea là sopra, ce n’è uno per ognuno di noi, ne ha fatto uno perfino per Harry!”
Hermione si avvicinò di qualche passo, sfiorando le pagine chiuse dell’album dalle quali scappavano gli angoli stropicciati di alcune foto.
“Questo è diverso, però,” continuò Ron dopo poco. “Qui ci siamo io e te.”
“Ci saranno le foto del matrimonio, no?” ipotizzò la donna, portandosi i capelli dietro le orecchie. Era un gesto che faceva fin da ragazzina e Ron amava che non avesse perso quell’abitudine, perché gli ricordava ogni giorno chi era la donna che amava e quello che avevano passato insieme.
“No,” rispose, tornando alla realtà. “Ci sono foto che non ho mai visto in vita mia. Si è aperto per sbaglio quando ci sono caduto sopra ed è apparsa questa foto di noi due addormentati sotto il castagno in giardino…”
Hermione aggrottò le sopracciglia, probabilmente cercando di ricollegare quell’immagine a un momento particolare di una delle loro estati, e si rilassò soltanto quando riuscì a tornare abbastanza indietro nel tempo da ritrovarsi addormentata con Ron all’ombra di quell’albero.
“Hai voglia di fare una pausa?” propose l’uomo, abbozzando un sorriso implorante. “Possiamo guardare queste foto!” propose.
Hermione si appoggiò le mani sui fianchi e sospirò, ma annuì e seguì il marito in salotto, sette piani più sotto.
Si sistemarono uno accanto all’altra sul divano, l’album appoggiato sulle gambe. Lo sfogliarono lentamente, scoprendo pian piano foto che non avevano idea di chi potesse aver fatto, ma che in qualche modo erano finite lì.
Una, in particolare, attirò la loro attenzione, rievocando nelle mente di Ron il ricordo di un pomeriggio passato a fare la guerra nella cucina della Tana…
 
Era una delle estati più calde che Ron ricordasse. Di solito le colline riparavano la Tana dai forti battiti del sole, ma quell’anno erano servite soltanto a bloccare il soffiare ristoratore del vento.
Per via del caldo, i gemelli avevano proposto una gita al lago e quasi tutta la famiglia li aveva seguiti nella scampagnata, agognando l’acqua fresca del piccolo laghetto tra le colline e l’ombra degli alberi.
Lui, per qualche strana ragione, si era rifiutato categoricamente di accompagnarli, accampando  una qualche scusa sui compiti di Pozioni che doveva ancora portare a termine, e Hermione si era offerta di rimanere a fargli compagnia.
Sicuramente era rimasta soltanto perché doveva finire di leggere quel dannato mattone che si portava dietro ovunque ormai da giorni, non di certo perché avesse voglia di farsi una partita a scacchi con lui.
Quello era uno di quei giorni in cui Ron si metteva davvero a pensare a quanto fosse importate Harry nella loro relazione: era il collante che teneva insieme lui ed Hermione, senza Harry loro due avrebbero potuto benissimo non rivolgersi mai la parola. Sapeva che in realtà non era davvero così, ma certi giorni – come quello – non poteva davvero fare a meno di pensarlo.
Quando tutti se n’erano andati, lui si era chiuso nella sua stanza e Hermione, come previsto, aveva tirato fuori il suo mattone e si era messa a leggere.
Non avrebbe saputo dire per quanto tempo era rimasto steso sul letto a fissare le espressioni ammiccanti di tutti i componenti dei Cannoni di Chudley, ma a un certo punto Hermione era entrata a chiedergli se voleva fare merenda.
“Non credo che mamma abbia lasciato qualcosa,” aveva risposto.
“Posso preparare qualcosa io, tipo…un dolce!”
Lui l’aveva guardata dall’alto in  basso come se fosse pazza e lei, ovviamente, se l’era presa a morte e se n’era andata sbuffando che gli avrebbe fatto vedere di cos’era capace.
Era sempre così tra di loro. Lui diceva qualcosa e lei andava su tutte le furie, e poi lui aveva ancora meno voglia di vederla per scusarsi, anche se era stato un gigantesco idiota. Come in quel momento.
Dopo che la voce di Harry l’aveva ossessionato per quelle che erano sembrate ore, s’era alzato con un violento scatto di reni e l’aveva raggiunta in cucina. E adesso si trovava lì, con la schiena appoggiata alla porta chiusa, ad osservarla mentre teneva aperto davanti a sé un libro di cucina e tentava di seguirne i passaggi.
“Ehm, vuoi una mano?” domandò gentilmente, tentando un passo avanti.
La ragazza neanche si voltò a guardarlo, allungò il braccio e lo bloccò con un movimento della mano.
“No, grazie, Ronald.”
“Hermione, non c’è niente di male se non sei capace a fare dolci,” continuò lui, imperterrito.
Hermione lo fulminò con lo sguardo, poi tornò a mescolare accuratamente il miscuglio di uova e zucchero ch’era in una ciotola di plastica colorata.
Rimasero in silenzio per diversi minuti, con Hermione che mescolava diligentemente e Ron che la osservava con scetticismo dalla soglia della cucina.
“Hermione,” cantilenò lui dopo un po’, muovendo qualche passo avanti e scorgendo quello che sarebbe dovuto essere l’impasto di una torta. “Che ne dici di fare una partita a scacchi?”
Lei non lo degnò d’uno sguardo, ignorando completamente la sua domanda.
Ron sbuffò, esasperato.
“Dai, lo sai benissimo che sei negata nella cucina, l’ultima volta che la mamma ti ha lasciata a controllare il sugo hai fatto bruciare tutto!” rincarò, sperando che si convincesse a lasciar perdere la pasticceria in favore di qualcosa che non avrebbe né fatto esplodere la cucina né provocato un’indigestione a qualcuno – lui, in quel caso.
Fece per aprire bocca e aggiungere qualcos’altro, ma qualcosa gli piombò in testa all’improvviso e in pochi secondi sentì colargli sulla fronte l’appiccicaticcia chiara di un uovo.
Allibito, il ragazzo si portò una mano sulla testa, verificando che Hermione gli aveva effettivamente lanciato un uovo sulla testa. Non l’aveva neanche vista prendere le uova in mano, forse troppo preso dal convincerla a chiudere quel libro di ricette, ma quando portò lo sguardo su di lei la trovò che lo fissava con gli occhi fiammeggianti e le mani sui fianchi, più arrabbiata che mai.
“Sei un maledetto ignorante, Ronald!” gli urlò contro, le guance arrossate dall’ira.
“Mi hai tirato un uovo in testa!” protestò lui, più stupito che veramente arrabbiato. “Tu sei una pazza, Hermione, lasciatelo dire!”
“E tu sei un idiota!” ribatté. “Un grandissimo, enorme idio-” prima che riuscisse a finire di insultarlo la sua bocca si riempì della farina che il ragazzo che le aveva fatto finire sulla faccia con un lesto movimento del braccio. Perfino Ron si stupì di se stesso e della furtiva velocità con cui aveva prima preso una manciata di farina dal sacchetto e poi l’aveva lanciata verso di lei, talmente arrabbiata da non accorgersi di quel che stava facendo.
Hermione si pulì gli occhi e la bocca, imbrattandosi le mani del bianco della farina. Poi guardò Ron con uno scintillio pericoloso negli occhi, quello scintillio che appariva solo nei momenti peggiori. L’ultima volta che Ron l’aveva visto si era trovato appiccicato al muro nel giro di pochi secondi.
Nonostante Hermione stesse camminando minacciosa verso di lui, con i pugni pieni di zucchero, Ron sentì un irrefrenabile bisogno di ridere; e probabilmente questo servì solo a farla infuriare ancora di più, perché ben presto la sua testa divenne un miscuglio appiccicoso di capelli, zucchero e uova.
Con grande dignità, Ron prese un po’ del bizzarro impasto che aveva tra i capelli e poi guardò negli occhi fiammeggianti di Hermione.
“Se proprio devo morire,” annunciò, “tanto vale che succeda mentre mi diverto!1” e detto ciò spalmò la miscela di uova e zucchero sulla guancia di Hermione, imbrattandole quasi tutto il lato destro del viso.
Quel gesto dette inizio a una violenta guerra col cibo.
Tutti gli ingredienti che la ragazza aveva tirato fuori per preparare la torta finirono in parte a terra, in parte addosso a loro. Ad un certo punto del conflitto Ron afferrò il coperchio di una pentola e si creò una trincea dietro al tavolino, proteggendosi dai colpi di Hermione usando il coperchio a mo’ di scudo.
Pian piano, tra il lancio di un ingrediente e l’altro, l’ira di Hermione scivolò via e la ragazza si ritrovò a ridere come una pazza, divertendosi nel tirare cibo addosso al suo avversario. Nonostante questo comportasse per Ron la peggiore delle conseguenze – cioè il compito di ripulire tutta quella confusione prima che sua madre tornasse e si accorgesse del pasticcio che avevano combinato o, nel peggiore dei casi, subirsi una sgridata se Molly fosse ritornata prima del previsto – sentire quella risata divertita e sapere che, per una volta, era tutta opera sua, lo fece sentire estremamente felice.
Dopo parecchi minuti di lotta, i due si ritrovarono seduti con la schiena contro la credenza, ancora senza fiato e ridacchianti.
“Questi vestiti saranno da buttare,” constatò Hermione quando riuscì a parlare, abbassando lo sguardo sulla sua maglietta e poi su quella di Ron.
Il ragazzo annuì, pensando a quale scusa inventarsi per spiegare a sua madre che fine aveva fatto la vecchia maglietta a righe di Percy. Poi spostò lo sguardo sul volto di Hermione e sorrise.
“Hai un po’ di uovo qui,” disse. Allungò un mano verso di lei ed appoggiò il palmo sulla sua guancia, mandando via il residuo giallo dallo zigomo con un movimento delicato del pollice.
Mentre la toccava, Herimione socchiuse gli occhi, dischiudendo leggermente le labbra in un gesto involontario.
Si ritrovò a baciarla senza neanche rendersene conto. Semplicemente, le sue labbra avevano iniziato a muoversi sopra a quelle di lei, tacciandone la morbidezza e il sapore fresco e caldo al tempo stesso.
In pochi secondi le mani di Hermione finirono sul collo di Ron, mentre il bacio diventava sempre più coinvolgente, finché la porta d’ingresso cigolò e le voci concitate degli altri Weasley riempirono la casa.
Fecero appena in tempo ad allontanarsi che Molly fece irruzione nella cucina, probabilmente con l’intenzione di iniziare a preparare la cena.
“Ronald Weasley!” gridò voltandosi verso di lui. “Cosa è successo nella mia cucina?! Ovviamente, non ce l’ho con te, Hermione cara,” precisò poi, guardando Hermione con un lieve sorriso.
La ramanzina durò per quelli che a Ron parvero secoli e fu accompagnata dalle risatine di Fred e George che erano rimasti a guardare dalla soglia della porta, ma Ron non riuscì a sentire neanche una parola di tutte le cose che sua madre gli disse. Non riusciva a smettere di pensare alle labbra di Hermione, a lui che le baciava e alle mani di lei che gli accarezzavano il collo. Non riusciva a smettere di pensarci e non riusciva a pensare a come avrebbe trovato il coraggio di farlo un’altra volta.
 
“Ron, mi stai ascoltando?”
L’uomo sbatté le palpebre, tornando alla realtà.
“Come, scusa?”
Hermione sbuffò, incrociando le braccia al petto.
“Niente, non importa,” lo liquidò, riprendendo a sfogliare l’album di fotografie.
Dopo un breve momento di stordimento, Ron appoggiò una mano sul polso di Hermione, bloccando il suo frenetico sfogliare e attirando la sua attenzione.
“Stavo pensando a quella foto,” spiegò, tornando indietro di qualche pagina e indicandole l’immagine in movimento.
Hermione sorrise, sfiorando la superficie liscia della foto e soffermandosi sui loro volti imbarazzati e sorridenti. Non avevano più parlato di quel bacio, era stato come se ciò che era successo nella cucina della Tana quel pomeriggio non fosse mai avvenuto; come se si fossero dimenticati all’improvviso che le loro labbra si erano scontrate.
“Certe volte mi sembra quasi che non sia mai successo,” osservò la donna, continuando a sorridere. “Che non sia reale.”
Ron avvicinò il suo viso a quello della moglie e lo prese tra le mani, portando i loro nasi a un passo l’uno dall’altro. Poi la baciò, per una volta senza preoccuparsi che i loro figli potessero entrare nella stanza all’improvviso.
“Avevi un po’ di uovo sulla faccia,” si giustificò quando si allontanarono.
Hermione scoppiò a ridere, poi lo baciò di nuovo, e Ron pensò, per l’ennesima volta nella sua vita, che Hermione era la cosa più vera che gli fosse mai capitata.

 




Emily's corner
Saaaalve *fa ciao-ciao con la mano*
Questa è la prima delle due storie che ho scrtto per il contest 'Perché due sono meglio di una'. Ho deciso di non pubblicarle come due capitoli della stessa storia perché non sono conseguenti l'una all'altra o cose del genere, bensì sono diametralmente opposte, quindi ho voluto pubblicarle separatamente e inserirle in una serie, come chiesto dalla giudicia. 
Nel mio pacchetto erano presenti una coppia e diversi elementi tra cui scegliere i due (mi sono limitata al numero minimo di elementi da usare) da inserire in entrambe le storie, e io è scelto il luogo (la Tana) e la citazione dal film Wasabi 1
Spero che questa prima storia vi sia piaciuta e che vogliate legger anche l'altra :3 Fatemi sapere cosa ne pensate!
Un bacio, 

Emily 
 
   
 
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