Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Emily Kingston    15/09/2013    2 recensioni
Real...or not real?
-
Era passato tanto tempo dalla morte di Ron, eppure ogni volta che pensava a lui le sembrava di ritornare ogni volta a quel momento, all’attimo in cui l’aveva sentito cadere a terra, colpito da un incantesimo. C’erano momenti in cui le sembrava ancora di sentire il suo odore o di udire la sua voce calda che chiamava il suo nome. Hermione, Hermione, Hermione…
-
Questa storia si è classificata seconda al contest 'Perché due sono meglio di una' indetto da syssy5 sul forum di EFP
Genere: Guerra, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
- Questa storia fa parte della serie 'Perché due sono meglio di una '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
…or not real?
 
 La pioggia cadeva forte, picchettando contro i vetri delle vecchie finestre della Tana.  Era una delle giornate più fredde di quell’autunno arrivato prematuramente, o forse era lei a non riuscire a sentire altro che non fosse il freddo.
Sapeva che non sarebbe dovuta entrare in quella stanza, ma non aveva potuto fare a meno di dare una sbirciatina, nonostante sapesse quanto le avrebbe fatto male.
La camera di Ron era rimasta esattamente uguale all’ultima volta in cui c’era stata. Le pareti erano tappezzate di poster dei giocatori dei Cannoni di Chudley, il letto era rifatto, la scrivania disordinata e l’arancione era ancora il colore predominante. Non c’era odore di chiuso, segno che Molly continuava ad aprire regolarmente la finestra aerando la stanza; probabilmente era il suo modo per fingere che Ron fosse ancora lì.
Dopo aver vagato per la camera senza fare niente in particolare se non guardarsi intorno, si sedette sul letto. Sfiorò delicatamente la coperta dei Cannoni cucita da Molly, ricordando tutte le volte in cui Ron aveva parlato della sua squadra del cuore e in cui l’aveva guardato giocare a Quidditch dagli spalti del Campo, a Hogwarts.
Sentì gli occhi inumidirsi, ma cercò di ricacciare indietro le lacrime.
Era passato tanto tempo dalla morte di Ron, eppure ogni volta che pensava a lui le sembrava di ritornare ogni volta a quel momento, all’attimo in cui l’aveva sentito cadere a terra, colpito da un incantesimo. C’erano momenti in cui le sembrava ancora di sentire il suo odore o di udire la sua voce calda che chiamava il suo nome. Hermione, Hermione, Hermione…
Si passò una mano sulla guancia per scacciare via una piccola lacrima e poi riprese a guardarsi intorno, scorgendo vecchi libri di scuola, maglioni, sciarpe colorate e fotografie. Appoggiata al comodino accanto a letto ce n’era una di Ron al matrimonio di Bill e Fleur. Aveva l’espressione scocciata, ma Hermione ricordò di aver pensato che stesse benissimo con quei vestiti eleganti e di essere arrossita leggermente quando si erano incontrati la prima volta sotto al tendone montato nel giardino.
Nonostante le lacrime che minacciavano di bagnarle le guance, a Hermione scappò un sorriso e si mise a pensare al Ron che aveva sempre conosciuto; il Ron imbranato, insensibile, col quale litigava almeno cinque volte al giorno e col quale non riusciva mai a fare pace, non del tutto; il Ron insicuro, lo studente sfaticato che implorava il suo aiuto ogni volta; il Ron che lei aveva amato con tutta se stessa. Lo stesso Ron che era morto tra le sue braccia e a niente era valso chiamare il suo nome mille e mille volte, perché i suoi occhi erano rimasti immobili e la sua pelle fredda.
Hermione sentì il cuore stringersi in una morsa, mentre nella sua mente, inesorabilmente, prendeva forma il ricordo di quel giorno di guerra…
 
La Stanza delle Necessità bruciava alle loro spalle mentre lei, Ron e Harry correvano il più lontano possibile dall’ardemonio.
Malfoy e Tiger si erano defilati non appena i piedi di Harry avevano toccato terra e loro tre si erano messi a correre subito dopo aver constatato che il fuoco maledetto aveva corroso il diadema di Corvonero, distruggendo così l’anima di Voldemort contenuta al suo interno.
Corsero finché non raggiunsero un angolo meno affollato, ignorando il bruciare dei muscoli e i fasci di luce colorata che esplodevano intorno a loro e lanciando incantesimi di difesa a caso, nella speranza di salvarsi la vita.
“Quei due ci hanno quasi fatto ammazzare, Harry!” si lamentò Ron, pulendosi i capelli dalla cenere, ma Harry non lo stava ascoltando.
Rimasero diversi minuti a parlottare tra di loro in quell’angolo leggermente isolato, finché tre uomini non si fecero strada in quella direzione e iniziarono ad attaccarli a colpi di bacchetta.
Hermione ne atterrò due e Harry e Ron si occuparono dell’ultimo.
Dopo quelli ne arrivarono altri e, pian piano, i tre ragazzi si trovarono in notevole inferiorità numerica, ritrovandosi a dover combattere contro più di tre Mangiamorte contemporaneamente.
“Hermione, devi andartene via!” gridò Ron, schivando il colpo di uno degli uomini mascherati e voltandosi appena verso la ragazza. “Scappa!”
Hermione scosse il capo, scagliando contro uno dei Mangiamorte un incantesimo che Ron non aveva mai visto in tutta la sua vita.
“Non esiste, Ron!” ribatté. “Questa cosa riguarda anche me!”
Il ragazzo sbuffò e , dopo aver messo K.O uno dei Mangiamorte, cercò di avvicinarsi a Hermione.
“Devi andare via, per favore!” la implorò.
Lei non volle sentire ragioni e i due continuarono a combattere spalla a spalla finché non riuscirono a neutralizzare tutti i Mangiamorte che li stavano attaccando – per la maggior parte fu ovviamente merito di Hermione e degli incantesimi che solo lei, in sette anni di scuola, aveva studiato.
Harry si era allontanato da loro per aiutare un gruppo di studenti di Tassorosso in difficoltà e ogni tanto si scorgeva un ciuffo della sua chioma corvina tra la folla.
“Adesso te ne andrai?” domandò Ron, il fiato ancora corto per il combattimento.
“Non capisco perché dovrei andarmene, Ronald!” ribatté la ragazza, indignata. “Solo perché sono una donna non vuol dire che-”
“Non riesco a combattere!” spiegò lui, interrompendola. “Se tu sei qui e so che sei in pericolo, non riesco a combattere. Ho costantemente paura che possa succederti qualcosa.”
Hermione avvampò, esalando un lieve ‘oh’.
“Io… Io apprezzo tutto questo, Ron, ma non c’è un posto davvero sicuro in questo momento. Sarei in pericolo ovunque fossi,” gli disse, appoggiandogli timidamente una mano sul braccio e stringendo lievemente la presa.
“Lo so,” sospirò Ron, “è che… Miseriaccia!”
Nonostante tutto a Hermione scappò una risata, perché a discapito di tutta la morte che aleggiava nell’aria in quel momento, Ron era ancora se stesso. A discapito di tutto quel che stava succedendo, c’era ancora speranza.
“Prometti che starai attenta,” le disse poi il ragazzo, voltandosi a guardarla negli occhi.
“Conosco più incantesimi di te e Harry messi insieme, so cavarmela, Ron,” rispose lei con una risatina e anche Ron sorrise.
Rimasero a guardarsi per qualche secondo, indecisi se voltare lo sguardo o avvicinarsi un po’ di più.
“Oh, al diavolo!” esclamò Ron all’improvviso e un attimo dopo la stava baciando. Le sue labbra si muovevano su quelle di lei mentre le stringeva la vita con le braccia, premendola contro di sé, come se non volesse lasciarla mai andare via, e lei avrebbe voluto dirgli che non se ne sarebbe andata per nessuna ragione al mondo. Mai.
“Mai dare le spalle al nemico,” rammentò lei quando si staccarono e anche a Ron venne da ridere, perché la guerra non aveva cambiato lei.
“Se proprio devo morire, tanto vale che succeda mentre mi diverto!1” esclamò con una punta di malizia e Hermione lasciò cadere il capo nell’incavo del suo collo con rassegnazione.
Si stavano ancora abbracciando, quando, all’improvviso, la voce rabbiosa ma soddisfatta di un Mangiamorte lanciò un anatema che uccide verso di loro. Non lo videro, sentirono solo un ‘Avada Kedavra!’ risuonare nell’aria e poi il sorriso di Ron si congelò e il suo corpo si fece così pesante che Hermione dovette lasciarlo cadere a terra.
Se non fosse stato per il pronto intervento di un ragazzo di Corvonero, probabilmente una seconda maledizione avrebbe colpito anche lei e il suo corpo sarebbe finito sul pavimento a fare compagnia a quello di Ron. E per un momento, quando il ragazzo colpì il Mangiamorte che stava per attaccarla, sperò che non lo fermasse; per un momento sperò che quella maledizione la colpisse in pieno petto, frantumando la sua vita come aveva appena fatto con quella di Ron.
Solo dopo diversi minuti si rese davvero conto di quel che era successo e cadde sulle ginocchia, riversa sul corpo di Ron a gridare il suo nome tra le lacrime e i singhiozzi. Gli afferrò la maglietta ed iniziò a scuoterlo, urlandogli di svegliarsi, di non fare certi scherzi; gli urlò che aveva bisogno di lui, adesso più che mai, che non poteva abbandonarla così, che sarebbe stato un maledetto codardo se l’avesse fatto.
Urlò finché non ebbe più voce e allora si lasciò semplicemente cadere su di lui, appoggiando la testa sul suo petto e allentando leggermente la presa sulla sua maglia.
Prima che la guerra cominciasse si era preparata alla possibilità di perdere qualcuno che amava, aveva pensato che non poteva farsi prendere dal panico o dal dolore, doveva innanzi tutto pensare a salvare chi poteva ancora essere salvato; credeva che sarebbe stata abbastanza forte da vedere persone che conosceva morire di fronte a lei senza farsi travolgere dalle emozioni. Aveva perfino pensato all’eventualità che questa sorte potesse toccare a Ron o a Harry e pensava di essere pronta; lo era, pronta, ma non era pronta a sentire così tanto male.
Non seppe come, ma si ritrovò nella Sala Grande insieme agli altri Weasley e a tutti gli altri sopravvissuti, viva per miracolo o grazie a qualcuno che l’aveva protetta o portata via, non lo sapeva. Non sapeva come aveva fatto a non rimanere uccisa, ricordava solo di essersi addormentata sul petto di Ron e aver sperato con tutte le sue forze che lui iniziasse a respirare, o che un incantesimo mortale la colpisse.
Quando tutti, perfino la signora Weasley, se n’erano andati dalla Sala Grande, lei era ancora lì, inginocchiata vicino al corpo di Ron. Probabilmente anche Molly sarebbe rimasta a farle compagnia, ma era troppo provata e disperata per rimanere ancora a piangere sul corpo del figlio, così Arthur l’aveva portata fuori, a cercare un posto dove poter allestire un giaciglio di fortuna per la notte.
Non aprì bocca per tutto il tempo in cui rimase al suo fianco. Non tentò di parlare con lui né di dirgli quanto lo odiasse per essere morto, pianse e basta. Non fece altro per tutta la notte e in quel momento si chiese se esisteva un limite alle lacrime che potevano essere piante da qualcuno. A un certo punto finivano o potevano andare avanti per sempre?
Era una domanda che una come lei non si sarebbe mai posta, piuttosto l’avrebbe fatto una persona come Luna, non di certo l’intelligente e razionale Hermione, ma in quel momento non sapeva quanto della vecchia Hermione fosse rimasto. In un certo senso, era sicura che Hermione se ne fosse andata con Ron da qualche parte, ovunque fosse andato lui dopo quell’Avada Kedavra, e che tutto ciò che era rimasto vivo di lei fosse soltanto il corpo provato di una giovane donna che non vedeva alcuna via di fuga da quel dolore.
Un dolore che le esplodeva dentro, incendiandole i polmoni, prosciugandole la bocca, annodandole lo stomaco e maciullandole il cuore. E i pezzi di quel cuore potevano essere ritrovati solo da Ron, solo Ron aveva la colla adatta per riparare il suo cuore distrutto, ma Ron non poteva più curarla come aveva fatto tante di quelle volte in passato. Non c’era via d’uscita adesso, non si sarebbe più aggiustata. Non del tutto.
Il funerale si era svolto diverse settimane dopo, quando Molly aveva smesso di sgridare il vento che sbatteva le porte chiamandolo col nome di Ron e quando Ginny aveva smesso di piangere tra le braccia di Harry.
Era una fredda giornata d’autunno e le colline di Ottery St. Catchpole erano ricoperte dalle foglie secche degli alberi, che scricchiolavano sotto i loro piedi.
La cerimonia era stata piuttosto breve, poche parole di rito pronunciate da un officiante di Ottery e poi il tradizionale rituale della piuma di fenice.
Tra i maghi era diffuso questo bizzarro rito della piuma di fenice durante i funerali e quand’era più piccola Hermione l’aveva sempre trovata una cosa affascinate.
Il rituale consisteva nel prendere una colorata piuma di fenice e incantarla affinché diventasse cenere una volta all’anno, precisamente nel giorno della morte del defunto, e poi, il giorno seguente, essa si riformasse dalle sue stesse ceneri. Simbolicamente indicava che nessuno di noi se ne va mai veramente, ma che tutti rinasciamo dalle nostre ceneri e che sopravviviamo anche alla morte, nei cuori di chi davvero ci ha amato.
“Quando la fenice muore, essa rinasce dalle sue stesse ceneri,” disse l’officiante e incantò la piuma, appoggiandola poi sulla lastra di pietra della tomba.
Lei fu l’ultima ad andarsene, come quella notte nella Sala Grande, ma questa volta parlò a lungo con Ron, piangendo le lacrime che ancora le rimanevano, e promettendogli che non avrebbe mai permesso che il suo ricordo venisse dimenticato.
“Ti ricorderò per sempre,” gli disse e poi dette le spalle alla tomba e se ne andò, senza voltarsi indietro.
 
Hermione si ritrovò a singhiozzare raggomitolata sul letto di Ron, gli occhi pieni del ricordo del giorno della sua morte.
In certe notti insonni riusciva ancora a ricordare la sensazione delle sue labbra su quelle di lui; riusciva, in un certo senso, a ritornare a quel momento e a baciarlo di nuovo miliardi e miliardi di volte.
In certi momenti pensava che non sarebbe mai riuscita a dimenticarlo; per quanto ci si impegnasse in ogni ragazzo che incontrava cercava sempre un po’ di Ron e, puntualmente, lui non c’era. Tutto ciò che le restava di lui erano una manciata di fotografie e un film di ricordi, ma niente pelle da toccare o labbra da baciare o capelli da accarezzare. Niente che la facesse sentire davvero viva.
Le restava il rimorso di quell’unico bacio dato disperatamente, di quell’unico abbraccio e di quelle uniche carezze, e della speranza di poterne avere altri cento, quando la guerra fosse finita, e della certezza di poterne dare altri mille.
Rimase a piangere col sottofondo del temporale per quelli che le parvero secoli, poi, da sole, le lacrime si arrestarono e i singhiozzi divennero tanti piccoli sospiri e il dolore smise di sconquassarle il petto.
Inspirò ed espirò diverse volte per riprendere il controllo di se stessa e poi si mise a sedere, cercando di controllare il lieve capogiro dato dallo sbalzo di pressione. Poi si alzò e si avviò verso la porta.
Doveva uscire da quella stanza, doveva scappare da tutti quei ricordi che le urlavano nelle orecchie e le stringevano il collo, facendole mancare l’aria.
Aveva la mano sulla maniglia, quando si voltò istintivamente verso le foto sul comodino. Quando incontrò lo sguardo ridente e limpido di Ron, sentì un singhiozzo salirle in gola, ma lo ricacciò indietro.
Lasciò che le labbra le si distendessero in un sorriso e poi socchiuse gli occhi.
“Quando la fenice muore, essa rinasce dalle sue stesse ceneri.”

 
 
 

Emily's corner 
Heilààà :3
Questa è la seconda storia che ho scritto per il contest 'Perché due sono meglio di una' (la prima è 'Real...'). 
Per chi non avesse letto la prima, vorrei spiegare che ho deciso di non pubblicare le due storie come due capitoli della stessa, poiché gli eventi narrati nella prima e nella seconda non si susseguono, sono bensì due storie diametralmente opposte. Nella prima Ron è vivo, lui e Hermione sono sposati, la voce narrante è prevalentemente Ron e i due ricordano, attraverso l'elemento della fotografia, un momento felice. In questa shot, invece, Ron è morto, lui e Hermione non stanno insieme, la voce narrante è Hermione e lei ricorda, sempre con una foto, il momento della morte di lui, quindi un momento triste. 
Nel pacchetto che ho scelto mi sono stati dati un pairing e diversi elementi tra cui scegliere i due da inserire in entrambe le storie, e io ho scelto il luogo (la Tana) e la citazione dal film Wasabi 1
In questa os ho supposto che al posto di Fred sia morto Ron, quindi Fred è ancora vivo. 
Be', spero che questa storia vi sia piaciuta e che vorrete leggere anche l'altra :3 Se mi fate sapere cosa ne pensate mi fate solo che piacere ^^
Un bacio, 
Emily. 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Emily Kingston